Graveyard – Per ogni fine c’è un nuovo inizio

Il 17/10/2018, di .

Graveyard – Per ogni fine c’è un nuovo inizio

…E un nuovo disco, un nuovo tour. Era molto importante capire chi sono i Graveyard oggi dopo l’annuncio dello scioglimento di qualche anno fa. È stato fondamentale ripercorrere quel periodo non facile, dove un forte senso di disorientamento predominava sulla creatività  e sulle scelte della band. Abbiamo fatto una sorta di viaggio nel passato e per poi tornare nel luminoso presente dei Graveyard con Truls Mörck.

Dal vostro esordio ad oggi quali elementi sono diventati estremamente difficili e quali invece più facili?
Gli inizi sono stati complicati,  riuscire ad emergere, far quadrare tutto e le tante aspettative e speranze che si hanno quando si incomincia un nuovo progetto di vita artistica. Non posso lamentarmi oggi, faccio un lavoro che amo, ho la possibilità di visitare tutto il mondo e fare musica con i miei amici. A volte soffriamo una certa pressione ma credo che sia del tutto normale e che ogni musicista sappia di cosa sto parlando. Quando siamo in tour ad esempio, può capitare di svegliarti e di non sentirti bene e non puoi fare niente, devi essere in grado di affrontarlo, questo è il rovescio della medaglia.

Vorrei scendere un po’ nel vostro privato se me lo permetti. Tornando indietro nel tempo, a qualche anno fa, c’è stato un momento che potremmo definire di ‘black out’, hai voglia di parlarne?
Sì, in realtà non ho mai avuto la possibilità di scendere nei dettagli dell’argomento. Tutto ebbe inizio due anni fa circa, durante il tour che affrontammo in circostanze personali non facili. Avvertivamo che mancava quella sorta di chimica all’interno della band, sai quelle piccole tensioni quotidiane che conducono al logorio e come accade nella vita, arriva un momento in cui senti l’esigenza di separarti. Alla fine del tour il nostro batterista Axel decise di lasciare la band. Per noi non fu semplice, lui era uno dei membri fondatori della band, un pilastro importante che veniva a mancare e non solo musicalmente, anche a livello personale. Eravamo molto disorientati in quel momento, non sapevamo se continuare senza Axel. Per alcuni mesi non ci siamo neanche frequentati, poi un giorno decidemmo di incontrarci tutti insieme per valutare la situazione, fu subito chiaro che avevamo ancora voglia di continuare a fare musica, non avevamo la minima idea di come sostituire Axel ma ci siamo detti “facciamola funzionare!”. Adesso posso dire che siamo stati molto fortunati, con Oskar (il nuovo batterista, ndr.) ci siamo trovati subito a nostro agio.

Qual è stato il punto di partenza per tornare a scrivere e preparare il materiale per ‘Peace’?
Dopo quel lungo break la prima cosa è stata riprendere a suonare e ascoltare i nostri vecchi brani, rientrare nel mood è stato poi molto più semplice del previsto, ho iniziato a comporre del materiale che ci piaceva, che funzionava. Rispetto ai precedenti album, in ‘Peace’ i testi sono un po’ più oscuri, misteriosi, in questo senso abbiamo avuto un’evoluzione. Abbiamo sempre scritto testi introspettivi ma se devo essere sincero, con questo lavoro volevamo scendere ancora più nel profondo. Cercando di trovare un senso di pace dentro noi stessi e nella band dopo tutto quello che era successo, è nato ‘Peace’.

Come mai avete scelto ‘Please Don’t’ come primo singolo, un brano che vi ha letteralmente riportato sulle scene?
Una volta terminate le registrazioni, personalmente avevo bisogno di una piccola pausa per capire come saremmo tornati sulle scene e con quale brano, quello avrebbe definito il nuovo inizio e un nuovo percorso. Per cui ci siamo rivolti agli amici vicini a noi, al nostro manager ed è stata una scelta corale che è ricaduta su ‘Please Don’t’.

In questo momento quali sono i brani che preferisci suonare live?
Sicuramente suonare ‘Please Don’t’ dal vivo è davvero divertente adesso e ‘Low (I Wouldn’t Mind)’. Sono pezzi che lasciano ampio spazio di improvvisazione.

Mi puoi dire qual è l’elemento fondamentale del vostro sound oggi?
Chitarra, basso e batteria! Lo sono sempre stati! Ovviamente la voce di Joakim svolge un ruolo davvero importante nel conferire carattere e il giusto mood ai nostri brani. Un altro fattore importante è che prima di tutto siamo legati da una profonda amicizia e non ci mettiamo pressione a vicenda, credo che ciò renda tutto più semplice e ci permetta di sprigionare l’energia giusta nella nostra musica.

Pensi che l’amicizia sia una componente essenziale per una band?
Non credo che sia sempre così per tutte le band ma per noi lo è di sicuro! Per i Graveyard ne abbiamo bisogno, è molto importante.

Grazie Truls, è una bella storia di rinascita artistica, personale e professionale la vostra, sicuramente sarà di aiuto a molti 
Prego! È stato un piacere.

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