Limite Acque Sicure – Un’altra mano di carte

Il 08/03/2025, di .

Gruppo: Limite Acque Sicure

Titolo Album: Un'altra mano di carte

Genere:

Durata: 51 min.

Etichetta: Minotauro Records

Distributore: Virgin

78

Si parla spesso di rock progressivo in Italia. Sapete, è un po’ come quando i britannici scivono grandi romanzi ucronici: “sarà perché ci manca tanto l’Impero”, disse un simpatico scozzese un po’ di primavere fa.
Ecco, per noi invece il prog è una continua ricerca dell’Isola di Peter Pan, quel ricordo di un’Età dell’Oro mai terminata nei cuori degli appassionati. Sì, perché a molti, esperti e no, appare chiaro il quadro di uno scenario anni ’70 dominato dalle grandi band, scampoli delle quali sono ancora in giro a giganteggiare sui palchi della Penisola, quindi è più che legittimo che tempi spezzati e atmosfere fiabesche siano nel DNA dei musicisti del Bel Paese, dai rockers agli headbangers che dir si voglia.
Nello specifico, le tensioni progressive (leggete l’aggettivo a vostro piacimento, al plurale in italiano, o invariabile in inglese) si sono da tempo diramate in due filoni principali: quello più minimalista che tanto deve al neofolk e che tiene scarne le pomposità di matrice emersoniana per esplorare frontiere sovente sperimentali, e quello più tradizionale, che però non può fare a meno di inglobare elementi sedimentati nel corso dei decenni sulla comune matrice rock. Eh sì, perché l’aggettivo metal spesso accostato al prog ha una valenza ormai storica, dovuta non solo al livello di saturazione ma anche a quelle gradazioni di oscurità che scongiurano definitivamente il pericolo di sconfinamento nel pop e nella forma canzone in cui sono incappati tanti dei Grandi Numi di cui sopra.
Diciamolo senza indugi, i Limite Acque Sicure appartengono a quest’ultima categoria. Attenzione, non confondiamoli con la galassia prog metal che ha spesso sciacquato i panni nell’Arno del power e del symphonic; la loro matrice classica è peraltro indiscutibile, seppure affiorino qua e là quegli elementi che fanno di ‘Un’altra mano di carte’ un disco chiaramente composto e registrato nella contemporaneità e non un possibile remake pedissequo di partiture sepolte nei cassetti da mezzo secolo. Ne è esempio l’aleggiare del Banco del Mutuo Soccorso sulle intricate partiture e sulle svolazzanti code di piano di ‘Natale 1914’, laddove l’assolo di chitarra ci rimanda agli insegnamenti del Berklee College of Music e la coda affidata ad ‘Astro del Ciel’ aggiunge elementi nuovi e non ancora del tutto esplorati al sempre efficace canovaccio de La Tregua. Un po’ come faceva Respighi con ‘Madama Doré’, anche i Nostri hanno qui l’intuizione di collocare inserti popolari per sottolineare una narrazione che – come di consueto per il genere – va di pari passo con il commento musicale.
Lo stesso infatti vale per ‘… Non il Bergerac’, il cui organetto spezza il flusso ritmico fin lì condotto a suon di tempi dispari e accelerazioni varie, rappresentandone non tanto un contraltare ma un’integrazione fine alla storia raccontata. Poi, se musicalmente l’opener ‘Joker’ aveva costituito il bignami perfetto del genere, strizzando a l’occhio un tempo alla PFM e un tempo ai Marillion – con un lick di chitarra molto rotheriano in apertura – è pur vero che i pregi di ‘Un’altra mano di carte’ stanno anche nello scoprire “le carte” poco a poco, svelando man mano le varie componenti del caleidoscopio musicale del sestetto.
D’altronde, la Minotauro rappresenta di per sé un sinonimo di ricerca sonora (ne sono stati esempio La Bottega del Tempo a Vapore, oltre alla vastissima produzione del bardo pesarese), cui si aggiunge per osmosi un humus musicale più o meno recente che in Italia ha visto sorgere i Fiaba, gli Old Rock City Orchestra, gli Hautville e le Corde Oblique. Proprio il filone più “mediterraneo” di questi ultimi sembra informare di sé uno degli episodi più interessanti del disco, quella ‘Chita’ che vede Andrea Chendi cedere il microfono alla polistrumentista Ambra Bianchi – ai cori nel resto dell’album – cui fa da contraltare il refrain da menestrello supportato da chitarra e tastiera. Chiude e riassume il tutto ‘Storie perdute’, che ha il pregio di calcare la mano sull’epicità e sulla magniloquenza, e che forse avrebbe beneficiato di una struttura più breve e di impatto per risultare ancor più efficace.
Doveroso infine è il commento sulle tematiche trattate, che – lungi dal presentarci gli scenari bucolici che popolano la fantasia degli utenti del rock progressivo – colgono l’occasione per offrirci uno spaccato sull’attualità e sulle cosiddette storie dimenticate, un po’ come facevano anche alcuni maestri storici del genere, mascherando un’estetica da Dreigroschenoper sotto i richiami a un’Arcadia perduta. Così, le maschere di Cyrano e di Joker celano la lacrima di Pierrot e sono al contempo circondati da vicende di migranti che non hanno voce, se non quella dei moderni cantori che stavolta marciano sotto il glorioso stendardo del prog.

Tracklist

01. Joker
02. Il racconto di Juan della sua terra
03. Natale 1914
04. … Non il Bergerac
05. Chita
06. Storie perdute

Lineup

Andrea Chendi: voce
Ambra Bianchi: flauto, voce, cori e arpa
Antonello Giovannelli: organo, pianoforte, sintetizzatori
Luca Trabanelli: chitarre acustiche ed elettriche
Paolo Bolognesi: batteria
Francesco Franz Gigante: basso elettrico