Metal Cinema (17) – Non aprite quella porta 2 (1986)

Il 17/06/2020, di .

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Metal Cinema (17) – Non aprite quella porta 2 (1986)

Tredici anni dopo le fatidiche vicende del primo terrificante Texas Chainsaw Massacre la famiglia Sawyer si sposta verso Dallas e continua a mietere vittime, tra cui due giovani ragazzi massacrati in diretta radio. L’unica testimone, la deejay locale Stretch (la bella e convincente Caroline Williams), decide di aiutare il tenente Lefty Enright (Dennis Hopper) nella ricerca dei terribili carnefici per vendicare i suoi nipoti, vittime dei Sawyer nel 1973.

Riportare in auge le vicende di Faccia di cuoio e famiglia sarebbe stato azzardato per chiunque, anche per lo stesso Tobe Hooper, il quale ridà vita ben dodici anni dopo alla famiglia Sawyer e alla loro terrifica mascotte: Bubba Sawyer, o come tutti preferiscono ricordarlo, Leatherface (qui interpretato da Bill Johnson e non dall’imponente Gunnar Hansen). Nel farlo, Hooper abbandona il realismo gelido e ostico – quasi documentaristico – e i toni tetramente gravi del suo capolavoro di genere del ‘74 surrogandoli con caratteri a dir poco farseschi, una fotografia vivida, una scenografia doviziosamente bisunta e un ingente, smaccato gore a cura di Candy Duke e Tom Savini (come al solito tagliuzzato dai produttori). Il risultato è una spassosa e satirica black comedy.

Hooper abbandona il realismo gelido e ostico – quasi documentaristico – e i toni tetramente gravi del suo capolavoro di genere del ‘74 surrogandoli con caratteri a dir poco farseschi…

In ‘The Texas Chainsaw Massacre 2’ (film di notevole controversia, bandito in Australia per ben vent’anni) infatti l’inquietudine malsana (ancora presente a singhiozzi, però, nella prima parte del film) viene meno, in un impianto – sia strutturale che visuale – che perde man mano di effetto e plausibilità, e in cui si può respirare un compiaciuto, sbizzarrito, ma geniale gusto dell’orrido misto a un grottesco humour (efficaci e simpatici, in tal senso, il monologo familiare e l’esilarante “innamoramento” di Faccia di cuoio).

Hooper, così, avvalendosi anche di una buona colonna sonora, tra personaggi rocamboleschi (come l’esaltato e carnevalesco tenente interpretato da un grande, ma sopra le righe, Dennis Hopper) e avversari/maniaci ancor più degenerati nella loro caricaturale follia (nota di merito per un giovane ed esordiente Bill Moseley, l’Otis Driftwood della famiglia Firefly de ‘La casa dei 1000 corpi’), mette alla berlina l’archetipo della famiglia tipo andando via via punzecchiando la questione della lotta di classe sì in modo pedissequo, ma assai d’effetto, servendosi con nonchalance di una ricca serie di espedienti visivi potenti e fieramente grandguignoleschi. Elementi, questi, validi nel rivalutarlo ed ergerlo ad innegabile status di cult.
Memorabili la lunga sequenza notturna dell’assalto alla stazione radio, il balletto di Faccia di cuoio, la scena del sudicio bacio e i siparietti con Nonno Sawyer, il personaggio più iconico del lotto.