Tales from the Inner Circle: Bård Faust

Il 21/04/2021, di .

In: .

Tales from the Inner Circle: Bård Faust

Bård Faust o semplicemente Faust, pseudonimo di Bård Guldvik Eithun (Hedmark, 21 aprile 1974), è un batterista norvegese, noto principalmente per la sua militanza negli Emperor. E per aver ucciso una persona.

Con gli Emperor ha inciso l’EP omonimo del 1993 e il primo disco in studio ‘In the Nightside Eclipse’ (1994), l’opera magna del black pubblicata dopo il suo arresto per omicidio.

Omicidio di chi? Di Magne Andreassen, passante trentaquattrenne norvegese, reo di  aver tentato di adescarlo mentre rincasava: Faust lo uccise con 37 coltellate, tornò a casa, si lavò e si mise a dormire come se nulla fosse. Inizialmente la polizia non aveva un sospettato, tuttavia al rientro ad Oslo, Faust aveva confessato l’omicidio a Øystein “Euronymous” Aarseth, Varg Vikernes, Mortiis e ad altri membri dell’Inner Circle. Dopo l’omicidio di Euronymous da parte di Vikernes nell’agosto 1993, Faust venne arrestato e confessò l’omicidio di Andreassen. Venne condannato a 14 anni di carcere, ma ne scontò solamente 9. Indiscrezioni sottolineano che Faust sembrava avesse completamente dimenticato la vicenda e non mostrasse nessun rimorso per l’accaduto. Pare che il motivo dell’omicidio non fosse l’omofobia, considerati anche gli ottimi rapporti con Gaahl (ex Gorgoroth, God Seed), dichiaratamente omosessuale, ma il puro gusto di uccidere una persona. Gaahl stesso ha più volte affermato in diverse interviste che proprio il collega musicista e amico Faust lo supportò psicologicamente quando fece coming out. Uscito di galera nel 2001, Faust ha ripreso l’attività musicale con gli Scum, gli Aborym e i Blood Tsunami, oltre a scrivere testi per gli Zyklon, band fondata da Samoth, suo collega negli Emperor.
Ma esattamente cosa è successo?
Era il 21 agosto del 1992. Era una tiepida sera dell’estate norvegese a Lillehammer (cittadina il cui nome non vi sarà del tutto nuovo perché, due anni dopo i nostri fatti, ospitò le Olimpiadi Invernali da cui portammo a casa ben 7 ori, nda). Bård Faust era lì quella sera perchè aveva fatto visita alla famiglia e proprio quella sera il nostro batterista accoltellò a morte un uomo, tra le oscure fronde degli alberi del bosco che costeggiava il parco olimpico.
Ma ve lo voglio far vivere con le sue stesse parole, rese anni dopo, durante un’intervista: “Ero uscito con l’intenzione di prendermi una birra ma avevo rinunciato a causa della troppa gente perciò stavo tornando a casa. Mi si avvicina un uomo: era ovviamente ubriaco e soprattutto a mio modo di vedere un essere insulso. Voleva parlarmi. ‘Okay. Dimmi pure’, gli ho risposto. Mi stava chiedendo se potevo dargli da accendere ma aveva già una sigaretta accesa in bocca. Era ovvio che stesse cercando un contatto. Poi mi chiese se potevamo andarcene via da quel posto e andare a farci un giro nel bosco. Io accettai la proposta perché avevo già deciso che l’avrei ammazzato. Così c’incamminammo, la strada era lunga. Proprio la questione della lunga camminata è stata utilizzata contro di me durante il processo, dato che l’accusa voleva cambiarmi l’imputazione in omicidio di primo grado (premeditato) perché la strada era stata molto lunga e io non volevo portarlo nel bosco per picchiarlo ma per togliergli la vita.
Questo è quello che diceva l’accusa e ovviamente era anche quello che io avevo fatto, nonostante, ovviamente, al processo non ne avessi fatto menzione: continuavo a dire che avrei voluto solo picchiarlo e rubargli tutti i soldi ma è evidente che non sia molto logico farsi tutta quella strada nel bosco solamente per rapinare un uomo. Non ricordo cosa stessi pensando ma, ad un certo punto, ho realizzato che non avrei avuto un’altra possibilità, se non avessi agito subito. Così ho afferrato il coltello, mi sono girato e l’ho pugnalato. Lui stava camminando dietro di me perciò girandomi l’ho accoltellato allo stomaco. Dopo di questo non ricordo molto, solo che stavo guardando l’intera scena come se fossi fuori dal mio corpo. Era come se stessi guardando dall’alto due persone che lottavano. Non riesco a ricordare bene ma dopo averlo accoltellato allo stomaco lui è caduto sulle ginocchia. Ho iniziato a colpirlo sul collo e in faccia.
Quando è caduto sono saltato sopra di lui e continuavo a pugnalarlo. La mia intenzione era quella di togliergli la vita completamente. Non volevo che finisse all’ospedale e raccontasse tutto. Era così facile togliergli la vita e sperare che tutto sarebbe andato bene. Non ha combattuto molto. L’ho colpito veramente forte dietro e la lama si è incastrata nelle scapole. Ho dovuto fare leva con i piedi sul suo corpo per recuperare il coltello infilato nelle ossa. Penso che a quel punto ormai fosse praticamente morto.
Dopo stavo per scappare ma sentii qualche verso. Ho pensato ‘Non è ancora morto’ e sono tornato indietro e l’ho preso a calci dietro alla testa, tante volte. Volevo essere sicuro che fosse morto, poi me ne sono andato. Non ricordo se fossi nervoso. Ho dovuto camminare indietro nei boschi abbastanza in fretta, nel caso qualcuno ci avesse visto. Sono arrivato ad un torrente e mi sono lavato le mani perché erano sporche di sangue e poi ho ripreso a camminare. Fortunatamente nessuno mi aveva visto, credo. Devo prendermi la responsabilità di ciò che ho fatto e andare avanti. Non c’è nessun rimorso. Gli ho tolto la vita e ora sto pagando. Non è un grande scambio, almeno secondo la mia opinione.”

Faust fu beccato dopo un anno perché, pare, Vikernes si vantasse in giro del fatto che loro non scherzavano, che un blackster, uno con le palle, uno dell’Inner Circle avesse ammazzato una persona. Lo stesso batterista disse di aver tradito molti personaggi della scena black durante gli interrogatori della polizia.
Dell’allegra combriccola che si riuniva all’Helvete e che tanto ha dato alla musica, per diversi motivi, alcuni macchiati di sangue, in pochi anni rimasero solo le ceneri, Faust ha dichiarato riguardo al suicidio di Dead: “All’inizio degli anni ’90 affittammo una vecchia casa deserta nella foresta.
Avevamo bisogno di un posto per provare così finimmo per prendere quella casa. Ci volevano venti minuti per arrivare al negozio più vicino e l’unico modo per andare nella città più vicina era il treno. Le persone che passavano vicino alla nostra casa, affrettavano il passo. Avevano paura di noi. E gli insegnanti delle scuole vicine dicevano ai bambini : ‘Non avvicinatevi a quella casa. E’ infestata dai fantasmi.’ Tutti ci odiavano ma questo in un certo modo ci faceva piacere. Euronymous era occupato con la sua etichetta e passava tutto il giorno a scrivere. Io suonavo la batteria e Dead si chiudeva in stanza a coltivare la sua perenne depressione. Vivevamo così: ognuno nel proprio mondo. Euronymous e Dead non andavano molto d’accordo: Dead non si fidava di Euronymous, Euronymous non si fidava di Dead.
Le risse verbali finirono per trasformarsi in sanguinose aggressioni fisiche. Mi stufai presto delle loro liti e andai a vivere da mia nonna, tornando da loro, praticamente, solo per le prove. Un giorno decisi di andare ad Oslo con i miei amici. Prima di partire incontrai Dead che era particolarmente depresso: ‘Guarda, ho comprato un coltello, è molto affilato’. Queste sono state le ultime parole che gli ho sentito pronunciare. Euronymous stava uscendo con me quella mattina per andare in città a lavorare sulla sua etichetta. Qualche giorno più tardi, quando tornò indietro, la casa sembrava deserta.
La porta davanti era chiusa e mancava anche la chiave nel nostro nascondiglio segreto. Euronymous fece il giro della casa e notò che la finestra di Dead era aperta. Si arrampicò fin dentro da lì e trovò Dead disteso a terra: una parte della sua testa era schizzata via a causa del colpo di fucile. Euronymous prese un’automobile per correre al negozio più vicino a comprare un rullino per la macchina fotografica. Poi ritornò a casa e fece delle foto al cadavere di Dead.
La cosa che mi sorprese è che il coltello era appoggiato sopra al fucile. Sarebbe dovuto essere da qualche altra parte dato che Dead si sparò con il fucile. Forse Euronymous non andò mai in città quel giorno e mi ricordo che quando mi chiamò non sapeva che cosa dire: ‘Dead è tornato a casa’, mi disse, ‘in Svezia?’, chiesi. ‘No, si è fatto esplodere la testa’.”

Libri sono stati scritti e film sono stati girati, ma un alone nero di mistero dal macabro fascino continua a sedurci e a farci porre pruriginosi interrogativi su quello che era lo stile di vita, le vicissitudini, le ispirazioni e le disperazioni della scena black norvegese dei primi anni ’90. In fondo sappiamo che qualcosa di sbagliato c’è, ma ci piace continuare a parlarne.