Elder – Twists And Turns
Il 07/07/2021, di Federica Sarra.
In: Lysergic Emanations.

“…L’immortalità non è un dono,
L’immortalità è un compimento;
E solo coloro che si sforzano molto
Potranno ottenerla.”
Edgar Lee Masters
Capita delle volte che alcune band con una prolifica produzione discografica, apprezzatissime anche dalla critica più esigente, restino in qualche modo nascoste in una nicchia e sconosciute al grande pubblico.
È questo il caso degli Elder, band statunitense attiva dal 2008 con ben cinque album pubblicati, di cui l’ultimo ‘Omens’ uscito proprio nello sciagurato 2020.
Capitanati da Nick Di Salvo, gli Elder, hanno attirato sin da subito le attenzioni di molti addetti ai lavori e di ascoltatori più attenti alle novità. La loro cifra stilistica lambisce i classici paesaggi Stoner Rock, si spinge verso mondi psichedelici e viaggia in territori progressive, prende svolte melodiche mantenendo sempre un riffage dall’approccio pesante.
L’etichetta Stoner è però decisamente stretta per questa band, che suona e compone in modo raffinato ed è in un continuo crescendo proprio come i loro brani. La soluzione che non ti aspetti è sempre lì dietro l’angolo, cambi improvvisi e un mood altalenante non finiscono mai di sorprendere l’ascoltatore che in un brano degli Elder, troverà condensato tutto ciò che di più emozionante la musica possa offrire. Epici, trascinanti ed efficaci nel costruire atmosfere.
“Per costruire l’impalcatura di un brano di solito registro tutte le idee che mi vengono in mente nel mio home studio e fra queste ce ne sono alcune che senti funzionare da subito. Può succedere di ritrovarvi a lavorare su quattro, cinque pezzi contemporaneamente.”
Da una piccola città costiera nel Massachusetts al mondo.
È l’anno dell’album di debutto ‘Elder’, fortemente orientato su sonorità Stoner/Doom. Un buon esordio, nel quale emergono subito le qualità compositive.
Nel 2011, con ‘Dead Roots Stirring’, il gruppo volge lo sguardo verso il progressive e lo fa in modo naturale senza forzature. Cambiano le connotazione a noi note e l’incontro generato fra più influenze diventa un’irresistibile sound, in quanto unico e viscerale.
“Da sempre il nostro punto di partenza per un album è capire che tipo di atmosfera vogliamo ottenere in quel momento. L’ispirazione poi non è una scienza, ti può arrivare in qualsiasi momento!”
Ci vorranno ancora un paio di anni e un paio di album, prima di poter consacrare gli Elder come una delle voci più innovative dell’heavy rock underground.
È Il turno di ‘Lore’, la prova discografica uscita nel 2015. L’aria che si respira in questo album è ossigeno puro, stordisce per le novità introdotte e l’ecletticismo dei brani.
“Capisco che molti non apprezzano i brani troppo lunghi, capita persino a me di non aver voglia di ascoltare un brando di 13 minuti! Tuttavia rimango sempre stupito dall’attenzione del nostro pubblico, non è musica per tutti. L’importante è far evolvere un brano cercando di non essere mai ripetitivi, ci deve sempre essere una sorpresa lì che ti aspetta.”
Come in un grande crescendo di pathos, la band segue il suo personale percorso, album dopo album, aggiungendo un alto valore della musica proposta e nuovi temi a questo bellissimo viaggio che trova il suo climax con ‘Reflections Of A Floating Words’ del 2017. Esaltato dalla critica, promosso come uno degli album migliori dell’anno, stupefacente tanto da attirare le attenzioni della rivista americana ‘Rolling Stone’ che definisce gli Elder come una delle band più interessanti del panorama musicale. Brani lunghissimi, dal più breve di nove minuti, a ‘Blind’ di oltre tredici minuti. Le lunghe suite scorrono vivaci e articolate, facendo perdere la cognizione del tempo, fino al silenzio, facendo prigioniero l’ascoltatore come in un assalto ipnotico.
“Non mi sarei mai aspettato tutto questo clamore, sapevamo che il materiale composto aveva delle caratteristiche e delle particolarità e c’era del potenziale ma è stata una gran sorpresa ottenere l’attenzione di ‘Rolling Stone’ ecco!”
Ci pensa ‘Omen’ a mantenere alto il climax e i pareri esaltatati scatenati dal suo predecessore.
Sia ‘Reflections Of A Floating Words’ sia ‘Omens’, sono dischi organici, ricchi di intento, laboriosi ed elaborati, i brani sono concepiti per essere contenitori di continue sorprese e soluzioni deliziose che abbracciano gli anni ’70, riff grevi che ci riportano agli anni d’oro dello Stoner, visioni lisergiche, brevissimi fraseggi jazz. Sono composizioni lunghe ed epiche, la cui durata permette all’ascoltatore di abbandonarsi completamente al suono, lasciare che questo saturi l’ambiente che lo circonda. Mai noiose, mai scontate, mai copie di qualcos’altro. E non è poco. Si nutrono di rigorose scelte stilistiche che definiscono la sintesi creativa della band statunitense, forti anche di un impatto concettuale.
“Anche i nostri artwork si sviluppano di pari passo con il mood del disco, l’artista che si occupa delle nostre copertine è praticamente un altro membro della band. Ha una visione che ci rappresenta alla perfezione e ha da sempre carta bianca per creare ciò che i brani gli ispirano.”
‘Omen’ introduce ancora novità, come evoluzioni Space e un maggiore utilizzo di synth. Melodie lussureggianti, ritmiche intricate che dissolvono liquide. La sperimentazione è più marcata e sempre più caratterizzante e gli Elder sono perfettamente a loro agio, trovano una propria identità fra passato e presente. Calati nell’incarnazione di una delle band più innovative e interessanti degli ultimi 10 anni, senza se e senza ma.
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