Dream Theater – Images & Words: il Prog/Metal compie trent’anni

Il 07/07/2022, di .

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Dream Theater – Images & Words: il Prog/Metal compie trent’anni

Asserire che il Prog/Metal compia trent’anni oggi non è una affermazione errata. Al contrario, se andiamo a scavare nei solchi dei dischi che hanno iniziato a lasciare segni importanti in quello che sarebbe divenuto uno stile a sé stante non possiamo che riconoscere un grande merito ai Dream Theater. Prima di loro i Queensryche di ‘Operation: Mindcrime’, Prog, sì, ma con forti influenze provenienti dall’Heavy Metal classico; i Fates Warning di ‘Perfect Simmetry’, anch’essi molto vicini ai Queensryche se pure dediti a suoni dalla forte componente Prog/Rock proveniente in larga parte dai Marillion; oppure i Psychotic Waltz autori nel 1990 del validissimo album ‘A Social Grace’, pregno di sonorità Prog classiche di chiara ispirazione seventies, e qui Genesis docet. Ma soprattutto una delle più importanti influenze dei Nostri: i Rush, i veri precursori di tutta la scena Prog/Rock più vicina ai suoni Heavy. Numerosi i loro album imprescindibili, tra tutti potrei citare ‘2112’, ‘Permanent Waves’, ‘A Farewell To Kings’, ma la loro produzione è così vasta che diverrà inevitabilmente un importante bagaglio per i Dream Theater. Inutile girarci troppo intorno, ‘Images & Words’ è l’album che di fatto sancisce la nascita di una nuova variante del Metal, quello che oggi chiamiamo Prog/Metal.

È il 7 luglio del 1992 quando l’album viene immesso sul mercato e soltanto il 29 agosto verrà rilasciato il primo singolo ‘Pull Me Under’ che grazie ai passaggi sul canale televisivo MTv riuscirà a dare grande visibilità alla band. Questo accade a dispetto del contesto musicale di quel periodo che vede nel neonato genere Grunge una saturazione dei network internazionali che a tutto farebbe pensare meno che alla possibilità di dare spazio ad un gruppo come i Dream Theater, che si presentano con suoni puliti e cristallini e una ricercatezza nonché un’abilità nell’utilizzo degli strumenti ben lontani da quanto proposto dal Grunge. Senza entrare nel merito delle numerosi ed evidenti differenze tra le parti basti ricordare che in mezzo ai video di MTv, quello di ‘Pull Me Under’ viene molto apprezzato dal pubblico tanto da essere richiesto in frequente heavy-rotation sul canale. Il brano è la perfetta summa di ciò che troveremo nel disco, non a caso scelto come primo singolo e opener dell’opera. Dallo stile compositivo e dal suono che possiamo ascoltare dalle prime note di tastiera, chitarra e batteria possiamo capire di essere di fronte a qualcosa di speciale, di epocale.

Da qui i Dream Theater emergono abilmente con un’opera che rasenta la perfezione, che non mostra alcun segno di debolezza e fa della produzione affidata a David Prater uno dei suoi punti di forza, insieme all’ingegnere del suono Doug Oberkircher (che ritroveremo in futuro al lavoro con la band). L’attenzione del produttore a mettere in risalto ogni singolo strumento senza sovrastare gli altri ha dell’incredibile, specie se cucito sulla voce meravigliosa di James LaBrie, nuovo ingresso in line-up (vedi Hammer Fact a fine articolo). Un paragone con il precedente album ‘When Dream And Day Unite’ è inevitabile e ‘Images And Words’ vince a mani basse. ‘When Dream And Day Unite’ pur presentando alcuni brani degni di nota (‘The Ytse Jam’, ‘Afterlife’, ‘Only A Matter Of Time’) restava ancora troppo legato allo stile Prog/Rock e in alcuni frangenti sfiorava addirittura certo AOR di matrice Journey, forse più per l’approccio vocale di Charlie Dominici che per il contorno musicale nel quale si intravedeva senza ombra di dubbio un enorme potenziale.

Questo lungo preambolo per presentare un prodotto che nel 1992 era davvero avanti anni luce rispetto a quanto fatto in precedenza dalla band stessa ma anche da altre compagini. Qui si traccia un solco imprescindibile per chiunque abbia voluto e ancora voglia approcciarsi al Prog/Metal.

I Dream Theater sono musicisti sopraffini dotati di tecnica indiscutibile e per questo motivo, a posteriori, troppo spesso accusati di eccessivo esibizionismo, di esagerati tecnicismi, di un approccio didattico e freddo troppo distaccato dal cuore che, si sa, è necessario per scrivere brani convincenti e durevoli nel tempo. Kevin Moore, John Myung, John Petrucci e Mike Portnoy nei tre anni successivi alla pubblicazione dell’esordio discografico e nella spasmodica ricerca del nuovo singer (che troveranno in James LaBrie, canadese proveniente dalla band Winter Rose), scrivono canzoni emozionanti che confluiscono dentro ‘Images And Words’. L’opener e come detto in precedenza primo singolo è ‘Pull Me Under’, brano che fin dalle prime note e soprattutto dall’ingresso della batteria dopo poche battute chiarisce immediatamente che il gruppo è cambiato; anzi, di più, ci troviamo davanti ad un nuovo gruppo, nonostante soltanto un membro sia stato sostituito. Cambiano le dinamiche, cambiano gli obbiettivi, ma soprattutto cambia l’approccio alla scrittura e alla produzione delle canzoni. Sonorità elaborate, ritmiche intricate, scontri e rincorse tra chitarra e tastiere senza che l’una disturbi l’altra in una avvincente costruzione sonica. Prendiamo ad esempio la superlativa ‘Take The Time’, ascoltate gli scambi tra i soli della chitarra di Petrucci e le tastiere di Moore, semplicemente perfetti per non dire geniali. Il tutto condito da una linea di basso pulsante che seppure talvolta risulta essere apparentemente nascosta, è nei numerosi stop & go che si rende manifesta con incursioni da manuale. ‘Another Day’ e ‘Surrounded’ sono due mid-tempos che nascondono piacevoli sorprese: la prima ha un fantastico e sognante intro che vede crescere la linea melodica del cantato di LaBrie  grazie ad una interpretazione estremamente evocativa e nella presenta del sax – vi rimando agli Hammer Fact in fondo all’articolo per maggiori info – un elemento importante per la completa riuscita del brano. Il sax negli anni ottanta in particolare è stato uno strumento molto utilizzato, persino talvolta abusato nella produzione Pop/Rock, ma nei primi novanta viene completamente abbandonato dalla maggior parte degli artisti. I Dream Theater decidono di inserirlo all’interno di uno dei pezzi dell’album e non sbagliano perché ‘Another Day’ diverrà nel tempo uno tra i più amati della loro produzione. La seconda, ‘Surrounded’, inizia con un delicato giro di tastiere e pianoforte accompagnato dalla voce di LaBrie, ma ben presto si trasforma in un up-tempo frizzante e coinvolgente che vede nel complesso lavoro della batteria di Portnoy il suo punto di forza. ‘Under A Glass Moon’ evidenzia ancora le abilità dei musicisti – impossibile non notare quanto siano migliorati nel tempo rispetto all’album d’esordio – e dopo una breve introduzione giunge al bridge con evoluzioni sonore in cui le intricate partiture della batteria si mettono al servizio di chitarra e tastiere per costruire un brano che riporta ad un Metal leggermente più classico – doppia cassa molto presente, chitarra più secca e diretta soprattutto nel refrain a tre quarti del pezzo – ma comunque pervaso da un’aura Prog imprescindibile. Probabilmente si tratta del brano meno forte del lotto, ma stiamo pur sempre parlando di perle meravigliose, inutile cercare il pelo nell’uovo. ‘Wait For Sleep’ è un breve intermezzo di pianoforte e voce che se ad un primo ascolto lascia interdetti immediatamente dopo cattura e ammalia, uno spaccato strumentale nel quale i Dream Theater sanno destreggiarsi egregiamente (dieci anni dopo ritenteranno l’esperimento con ‘Vacant’, tratto da ‘Train Of Thought’, con risultati meno convincenti) e che evidenzia il gusto sopraffino di Kevin Moore, un tastierista dalla tecnica eccelsa che (purtroppo) lascerà la band troppo presto; suonerà infatti ancora in ‘Awake’, il successore di ‘Images And Words’, peraltro regalando una prova magistrale del suo buon gusto nella costruzione delle architetture sonore all’interno delle composizioni. ‘Wait For Sleep’ anticipa il brano più lungo ed elaborato del disco: ‘Learning To Live’, uno dei più amati dell’intera discografia dei Dream Theater ed uno dei più elaborati in assoluto. Qui una tastiera introduce il brano e viene seguita dalla ritmica di Portnoy che con i suoi controtempi – marchio di fabbrica del batterista e del gruppo – fa crescere il brano attraverso sonorità dinamiche e coinvolgenti; il brano si snoda attraverso numerosi cambi d’atmosfera, da quelli più lenti ed evocativi a quelli maggiormente movimentati, pur sempre costruiti con perizia e gusto invidiabili. La lunga parte strumentale all’interno del brano rievoca fasti tipicamente Prog/Rock in cui si palesa anche una chitarra acustica. Qui più che in altre composizioni dell’album si apprezza la ricercatezza per uno stile che apra a nuovi orizzonti ma che non dimentichi quanto i grandi gruppi del buon vecchio Prog hanno fatto. Sull’arpeggio della chitarra acustica di Petrucci si apre uno scenario in cui la batteria la fa da padrona mentre l’acustica si trasforma in elettrica su un solo da pelle d’oca. Da qui si innestano le tastiere di Moore e inizia la danza dei cambi ritmici fino al termine del pezzo. Capolavoro.

Una menzione a parte per quello che diventerà il brano più importante di ‘Images And Words’, ovvero ‘Metropolis-Part 1, The Miracle And The Sleeper’. Considerata una concept-story, in realtà questo brano della durata di quasi dieci minuti racconta poco di quello che troveremo nel racconto dettagliato del disco del 1999 di cui ne è di fatto precursore. Mi riferisco a ‘Scenes From A Memory, Metropolis – Part 2’, visto dai più come il vero capolavoro della band nonché uno dei migliori in assoluto nell’intero panorama Prog/Metal; comunque lo si veda ne è il suo diretto anticipatore e ispiratore. Personalmente ritengo il qui celebrato ‘Images And Words’ lievemente superiore a ‘Scenes From A Memory’, quantomeno tenuto conto dell’importanza storica di ‘I&W’ e della ventata di freschezza e novità portata al pubblico in un periodo certamente non favorevole per questo stile musicale, ma neppure per la band che soltanto grazie all’ingresso di James LaBrie ha evitato di arenarsi e chissà, forse anche di sciogliersi. In ogni caso, qualunque sia la vostra opinione in merito, ‘Metropolis-Part 1, The Miracle And The Sleeper’ è un brano emozionante e coinvolgente, costruito sulla falsa riga di ‘Learning To Live’, in cui sono numerosi i cambi ritmici, gli intrecci e le rincorse degli strumenti, in una sapiente ricerca sonora e in un gusto eccellente per la melodia. Più o meno a metà del brano è presente una sorta di solo di basso ad opera di Myung che lascia esterrefatti per gusto e perizia tecnica. Le abilità dei Dream Theater lasciano a bocca aperta ad ogni ascolto, anche chi conosce l’intera loro opera nota per nota. Il grande pregio di un artista è nascosto qui, nella capacità di emozionare non soltanto a distanza di trent’anni come nel caso di ‘Images And Words’, ma nel riuscire ad evocare ed offrire differenti sensazioni all’ascoltatore ogni qualvolta avrà l’opportunità di approcciarsi ad una nuova esperienza di immersione nelle composizioni di un gruppo. ‘Metropolis-Part 1, The Miracle And The Sleeper’ dà il meglio di sé sul finale, con un crescendo unico e irripetibile, in cui la prova di LaBrie è sicuramente insuperabile.

‘Images And Words’ vanta anche un altro primato. Oltre ad essere il fantastico album che tutti conosciamo (e se qualcuno non lo conosce termini l’articolo e corra ad acquistarlo) composto da otto tracce strepitose, vanta anche il demerito di averne esclusa una assolutamente eccezionale dalla tracklist finale. Sto parlando della lunga suite ‘A Change Of Seasons’, brano inizialmente composto e registrato su un 4 piste insieme a ‘Metropolis Part 1’, ‘Take The Time’ e ‘Learning To Live’, brani eseguiti dal vivo in quel periodo con ‘To Live Forever’, anch’esso rimasto fuori dalla tracklist finale, ma decisamente minore rispetto a ‘A Change Of Seasons’. Questa fortunatamente vedrà la luce nel 1996, se pure registrata in una versione piuttosto differente da quella suonata nel periodo compreso tra ‘When Dream And Day Unite’ e ‘Images And Words’.

Merita menzione anche la complicata copertina – come dire che le intricate trame sonore delle canzoni sono rappresentate graficamente in un altrettanto intricato collage di elementi visuali. La cover di ‘Images And Words’ – concept a cura della band stessa con fotografie di Dan Muro, si presenta così: all’interno di una stanza c’è un letto a baldacchino con tendaggi e lenzuola rossi e sulla decorazione in alto alla struttura del letto appare il logo del gruppo: il Majesty. Di fronte al letto una bambina in vestaglia con in mano un piccolo specchio. Alla destra della bambina una porta-finestra chiusa, senza tendaggi ad oscurare la vista dell’esterna in cui un cielo blu stellato e la luna ci osservano dall’alto. Questo sarà un richiamo per il successivo album ‘Awake’ che presenterà una copertina con uno sfondo composto da un cielo scuro e in alto la luna. ‘The Mirror’ sarà anche un brano inserito in ‘Awake’. Inoltre lo specchio sulla copertina di ‘Awake’ è lo stesso, ma molto più grande, che la bambina di ‘Images & Words’ tiene tra le mani. Non soltanto, la luna sarà ripresa ancora una volta nell’album ‘Black Clouds And Silver Linings’ del 2009, ultimo con Mike Portnoy in formazione, che mostrerà estratti dalle copertine di tutti gli album della band. La bambina sembra stia guardando in direzione di un vaso colmo di fiori e sul vaso alcune decorazioni in stile greco/romane. Infine, al centro della copertina di ‘Images & Words’ svetta l’ormai famoso cuore avvolto dal filo spinato e dalle fiamme, marchio di fabbrica della band che va a fare il paio con il logo storico dei Majesty, nome del gruppo prima di diventare Dream Theater. Certamente una copertina elaborata con evidenti richiami a brani o altre covers della discografia della band, un collage che conferisce al disco un aspetto riconoscibile, immediatamente individuabile tra mille altri, e questo gioca a favore dello stile musicale che troveremo nei solchi dell’album. Se la musica è elaborata lo è anche la copertina. Nulla è lasciato al caso. Il retro copertina è invece trascurabile in quanto mostra i giovani musicisti all’interno di in un fotomontaggio in pose piuttosto impacciate. Un punto debole ‘Images And Words’ doveva pure averlo.

‘Images And Words’ raggiunge dunque il traguardo dei primi trent’anni di vita e sembra sia passato un attimo da quel giorno. Probabilmente i Dream Theater non sono più la stessa band di quel lontano 1992, e in parte è giusto che sia così. Come spesso accade una nutrita discografia può mostrare numerose variabili e talvolta anche qualche caduta di stile, del resto sono cambiate molte cose in casa Dream Theater, ma non è questo il caso. Qui si celebra un capolavoro, un capostipite del Prog/Metal, un gioiello di classe sopraffina e di canzoni di grande forza e impatto che è oggettivamente – e Mr. De Gustibus se ne faccia una ragione – indiscutibile.

Hammer Fact:
-Il sax presente sul brano ‘Another Day’ è suonato da Jay Beckenstein fondatore del gruppo Spyro Gyra che ha collaborato anche in un altro brano della band: ‘Through Her Eyes’ del 1999, tratto dall’album ‘Scenes From A Memory – Metropolis Part 2’.
-Il brano ‘Take The Time’ ha alcune particolarità: all’inizio la canzone presenta dei sample estrapolati da vari brani. Nello specifico si tratta di “Hold it now! Wait a minute. Come on!”, estratti da tre brani di tre differenti artisti: “Hold it now” dal brano ‘Christmas Rapping’ di Kurtis Blow (1979); “Wait a minute” dal brano ‘Dancing Fool’ di Frank Zappa (1979); “Come on!” dal brano ‘Power To The People’ di Public Enemy (1990), qui ripresi esattamente dagli originali. Inoltre all’interno di ‘Take The Time’ c’è un importante omaggio nei confronti di un importantissimo film del cinema italiano. Si tratta della frase “Ora che ho perso la vista ci vedo di più“, sample di un dialogo del film ‘Nuovo Cinema Paradiso’ (1988) del regista Giuseppe Tornatore, preceduta nel testo dalla frase I can see much clearer now I’m blind.
-Il brano ‘Pull Me Under’ termina improvvisamente al minuto 8:12. Non è un errore né una scelta casuale. Si tratta infatti di un riferimento all’Amleto, al quale tutto il brano è ispirato. Nello specifico il testo di ‘Pull Me Under’ narra del desiderio di Amleto di vendicare la morte del padre. Alla fine del brano James LaBrie canta queste parole tratte dalla scena seconda del Primo Atto dell’Opera, in cui il protagonista desidera mettere fine alla propria esistenza: “O, that this too, too solid flesh would melt”. Queste parole e l’improvvisa interruzione del brano rimandano metaforicamente a una morte improvvisa di Amleto. Inoltre la versione demo di ‘Pull Me Under’ intitolata ‘Oliver’s Twist’ (reperibile negli ‘Images And Words Demos’), conteneva una sezione poi  scartata dalla versione ufficiale e riutilizzata in ‘Erotomania’, brano inserito all’interno di ‘Awake’ del 1995.
-‘Learning To Live’ nei tour di inizio anni duemila viene proposta con un breve intermezzo reggae poco dopo il nono minuto. Una versione facilmente reperibile è quella inserita nel ‘Live Scenes From New York’ del 2000 che potete guardare nel video sottostante.
-La scelta del nuovo cantante verterà su James LaBrie, come la storia ci insegna. Ma i Dream Theater faticarono non poco prima di riuscire a trovarlo e ciò avvenne grazie a un nastro inviato proprio dallo stesso LaBrie appena venuto a conoscenza del fatto che il gruppo fosse in cerca di un cantante. Prima di lui si erano avvicendati in studio per le audizioni numerosi vocalist: John Hendricks, John Arch (proveniente nientepopodimeno che dai Fates Warning), Steve Stone e Chris Cintron, al quale il buon LaBrie ha praticamente soffiato il posto a giochi conclusi, cambiando definitivamente le sorti e la storia della band grazie alla sua ugola straordinaria.

Line-Up:

James La Brie: Vocals
John Petrucci: Guitars
John Myung: Bass
Kevin Moore: Keyboards
Mike Portnoy: Drums

 

Tracklist

01. ‘Pull Me Under’
02. ‘Another Day’
03. ‘Take The Time’
04. ‘Surrounded’
05. ‘Metropolis – Part 1 : The Miracle And The Sleeper’
06. ‘Under A Glass Moon’
07. ‘Wait For Sleep’
08. ‘Learning To Live’

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