Ozora – Viaggio sonoro attraverso le Litanie del prog metal
Il 08/05/2025, di Fabio Magliano.

Gli Ozora sono tornati a far sentire la loro potenza con il terzo album ‘Litanie’. Dopo aver favorevolmente stupito con ‘Perpendicolari’ (2017) e ‘Angelica (2021)’, questo nuovo capitolo segna un passo fondamentale nell’evoluzione artistica della band. ‘Litanie’ ci offre infatti un pugno di tracce che esplorano territori complessi, mescolando il progressive rock e l’alternative metal in modo audace e innovativo. Il sound della band, caratterizzato da arrangiamenti intricati e strutture dinamiche, raggiunge nuove vette, mentre i testi, cantati interamente in italiano, aggiungono una dimensione emotiva unica all’ascolto. Durante la nostra intervista con il batterista Danilo Saccotelli, abbiamo esplorato il processo creativo dietro ‘Litanie’, i temi trattati nell’album e la continua ricerca sonora della band, che si conferma tra le realtà più interessanti e promettenti della scena progressive rock italiana.
Il titolo dell’album, ‘Litanie’, suggerisce un tono di invocazione o di preghiera. Come si lega questo concetto alla tematica principale dell’album?
“Il nostro approccio al “pensiero” è sempre agnostico e rispettoso di ogni credo, ‘Litanie’ è un concetto ampio che non tocca solo le religioni, ma il perpetuo senso delle cose, dell’essere, che è sempre in bilico tra evoluzione e auto-distruzione. ‘Litanie’, nell’album racchiude bene tutti i brani in un concetto poli-semantico”.
Le canzoni di ‘Litanie’ trattano temi di alienazione, perdita e lotta interiore. Quale messaggio cercate di trasmettere attraverso questi temi, e come si riflettono nelle vostre esperienze personali?
“Davide è al 90% l’autore dei testi e spiegherebbe meglio il tutto. Dando io solo qualche input posso solo confermare che parliamo di argomenti tangibili con vari linguaggi al fine di garantire all’ascoltatore lievi coordinate per le proprie mappe personali”.
In brani come ‘Quando Mangio da Solo a Volte Piango (Hangover)’ trattate l’uso di sostanze ansiolitiche come mezzo per sfuggire dalla realtà. Cosa sperate che l’ascoltatore provi o rifletta ascoltando questo brano?
“Ormai siamo tutti farmaco/dipendenti, nessun monito, solo forse l’autoironia nel compensare fragilità con la chimica e piangere solo quando ci si ciba, la cosa più naturale del mondo. Le dipendenze in generale, sono un argomento a noi caro. Tieni presente che ‘Litanie’ è un disco post- Covid, ‘Angelica’ invece è stato concepito e nato durante la pandemia. Per noi il vero Virus è l’essere umano”.
La crisi d’identità è un tema ricorrente in ‘Litanie’. Come la band esplora l’idea di disconnessione e la ricerca di sé attraverso la musica e i testi?
“Noi non siamo più le persone di ‘Perpendicolari’ ne quelle di ‘Angelica’ e non saremo più quelle di ‘Litanie’. Basta riflettere su questo e andare avanti, con la speranza di aver elaborato e non accantonato. La musica parla a te e aiuta a parlare con gli altri…questo è il nostro proposito, Musica e testi hanno il medesimo valore”.
Nel brano ‘Il Gigante e la Formica’, affrontate il tema dei pregiudizi e dei confronti impari. Qual è la vostra visione della società attuale e come pensate che la musica possa contribuire al cambiamento?
“La canzone è figlia dell’oscurità mediatica e di questo tempo governato da giganti incompetenti e arroganti. Una canzone che parla di voci e latitudini che non hanno bisogno di corpulenza o megafoni. Se solo imparassimo dalle formiche”.
Il concetto di incomunicabilità e relazioni negative è esplorato in modo profondo in ‘Litanie’. Qual è la visione della band sull’importanza della comunicazione nelle relazioni umane e sociali?
“Credere ancora nel valore della parola e del confronto. Delineato “il brutto”, non si può che creare solo “il bello”, che costa fatica e impegno. Confidiamo nei giovani, che recuperino un po’ degli aspetti sani e analogici di tempi passati e fertili, rielaborati con i loro valori attuali, che se letti nel modo giusto sono anche migliori di dogmi anacronistici e insensati con i quali sono cresciute le generazioni precedenti”.
In ‘Inedia’, esplorate l’alternanza percettiva della vita, tra alti e bassi. Come avete tradotto questa sensazione musicale, e come riflette l’attuale condizione emotiva della band?
“Inedia è il brano più lungo e il primo composto per il disco, ha dato una nuova visione al nostro pensiero, spostando zone di comfort e ci ha reso più aperti allo smarrimento”.
La “lotta interiore” sembra essere un tema centrale, come nel brano ‘Sensei’. In che modo questo conflitto tra l’io e le proprie emozioni si inserisce nel contesto dell’album?
“La lotta si traduce in lutti, relazioni tossiche, Politiche scellerate, Bollette, rispetto della natura e del prossimo. Diversamente dagli animali, l’uomo ha introdotto il conflitto dell’EGO e non il semplice desiderio di sopravvivenza e procreazione. La lotta è concepire canzoni e un album intero sapendo che lo ascolteranno in pochi”.
‘Torna Da Lei’ è un brano sulla perdita e il rimpianto. Come trattate il dolore e la memoria nella vostra musica?
“Come lo ha espresso Davide nel testo, ispirandosi anche alle tragedie personali di Neil Peart dei Rush”.
C’è un tema ricorrente di “auto-difesa” in molte tracce, come in ‘Estraneo’. In che modo la musica diventa una forma di protezione emotiva per voi, come band?
“Io dico sempre che la musica fornisce pugni mai dati e urla soffocate. In questo siamo tutti uguali, dai Metallari, alla lirica passando anche dal Rap”.
Nel corso degli anni, avete evoluto il vostro sound, incorporando elementi del progressive rock e del metal alternativo. Come descrivereste l’evoluzione musicale degli Ozora e come questa si riflette in ‘Litanie’?
“C’è chi ama radicare uno stile e chi ama mutare in ogni stagione. Noi, nella nostra umiltà abbiamo sempre provato ad unire questi due concetti. Ricordandoci chi eravamo e costruendo quello che vorremmo essere”.
Rispetto a ‘Perpendicolari’ e ‘Angelica’, ‘Litanie’ presenta una composizione più articolata e un approccio più complesso. Come avete deciso di spingere ulteriormente i confini del vostro suono?
“Semplicemente dicendo Si a quasi tutto. Abbiamo anche dilatato l’asse compositivo in maniera democratica e contingente. Abbiamo tutti fornito il nostro 25%”
In ‘Litanie’, la composizione parte dalle linee di basso e vocali piuttosto che dai riff di chitarra. Come ha influenzato questa scelta il risultato finale dell’album?
“Hai colto perfettamente. Davide e Luca (voce e basso), questa volta, hanno delineato maggiormente le trame sonore da sviluppare”.
Le vostre canzoni mescolano elementi di progressive rock, metal alternativo e influenze punk. Come riuscite a mantenere un equilibrio tra questi generi così diversi?
“Noi siamo tante cose. Dove per altri è un limite, per noi è un valore aggiunto. Vince l’idea migliore, non chi urla o paga. Dovrebbe essere così per tutto”.
La sperimentazione sonora è una caratteristica distintiva della band. Come riuscite a rimanere fedeli alla vostra visione artistica mentre vi avventurate in nuove sonorità?
“Rispetto ad altri mostri sacri penso che la nostra ricerca musicale sia umilmente circoscritta ai nostri piccoli orticelli, con lievi divagazioni in base agli stimoli del momento. La curiosità è un elemento basilare per evitare omeostasi”.
L’uso del cantato in italiano è una scelta stilistica molto particolare. Come pensate che questa lingua contribuisca alla profondità e all’intensità emotiva dei vostri testi?
“Da sempre ci abbiamo creduto al coniugare influenze europee e intercontinentali con una marcata identità semantica. Sono sempre stato annoiato dall’esterofilia sterile in ambito artistico. Il nostro patrimonio cantautorale può permettersi molti più suoni e “vestiti” rispetto ai preconcetti attuali”.
Alcuni brani, come ‘Litanie’, presentano un’atmosfera malinconica e riflessiva. Come lavorate sulle emozioni che volete suscitare attraverso la musica e la produzione?
“Sembrerà banale ma è tutto molto spontaneo, da semi-professionisti possiamo permetterci il lusso di piacere solo a noi stessi. I suoni e le atmosfere sono studiati solo dopo una spontanea interiorizzazione del brano. Come strumenti abbiamo tutti chiaro il NOSTRO suono, messo poi nelle mani artistiche di Paolo (chitarra) e Andrea Fusini (Produttore)”.
Il vostro sound è spesso caratterizzato da arrangiamenti complessi e dinamici. Come approcciate il processo di scrittura e di arrangiamento musicale?
“Le canzoni nascono semplici e organiche, nel tempo subiscono aggiunte e implementazioni per coniugare spontaneità e un minimo di cervello e ricerca. Un esempio lampante è il brano ‘Quando Mangio da Solo a Volte Piango-Hangover’, che è nata col pianoforte e voce e poi, non si sa come, è diventata Punk/Rock/Noise”.
Nelle canzoni più intime e personali, come affrontate il processo di tradurre esperienze e emozioni in musica? Che tipo di connessione sperate di stabilire con il pubblico attraverso queste tracce più vulnerabili?
“Il riverbero suscitato e i feedback nel nostro percorso con questi tre album sono trasversali e imprevedibili. Abbiamo estimatori di ogni forma, genere e pensiero. Questo ci rende orgogliosi, tanto quanto la difficoltà, anche dei promoter, di “infilarci” in qualche Live o concerto. Questo genera anche delle frustrazioni di appartenenza, ma da un lato ci impedisce catalogazioni anche spiacevoli. Non ci offende chi non comprende il nostro messaggio. Sarebbe più sgradevole non avere nulla da dire. Hai usato le parole intimità e vulnerabilità, ci appartengono. Altresì siamo cazzoni e sfacciati quando serve”.