Moonlight Haze – La Forza della Passione e il Potere della Libertà
Il 29/06/2025, di Dario Cattaneo.

È una Chiara energica e carica quella che incontriamo nello scenario raccolto e suggestivo della sala principale del Legend Club di Milano. Siamo alla vigilia di un doppio evento importante: l’uscita di ‘Beyond’, il quarto album dei Moonlight Haze, e l’inizio del nuovo tour. Con quattro dischi pubblicati in sei anni e una formazione ancora intatta, la band può dirsi un piccolo caso raro nella scena. A tutto questo si aggiungono le recenti esperienze europee di Chiara sul palco con il celebre carrozzone degli Avantasia, che hanno sicuramente contribuito a darle ulteriore slancio. Approfittiamo del momento per scambiare quattro chiacchiere con lei, parlando del nuovo lavoro, ma anche di ciò che ruota attorno alla band e al suo percorso.
Partiamo subito dal presente… immagino sia un periodo piuttosto frenetico! Tu sei appena rientrata dal tour con gli Avantasia, Giulio ha gli impegni con la sua scuola, tutti voi avete una miriade di cose da fare… e nel frattempo esce un nuovo album e parte il tour. Come fate a gestire tutto questo?
“Con pochissimo sonno! Scherzi a parte – anche se è vero che dormiamo poco – penso che la vera chiave sia la passione. Finché c’è motivazione e voglia di fare, si riesce a superare anche i limiti imposti dal tempo e dagli impegni. E questa motivazione, in ognuno di noi, è ancora fortissima. Ed è ciò che ci tiene uniti.”
I Moonlight Haze sono arrivati al quarto album senza mai cambiare formazione. Un bel traguardo, no?
“Assolutamente, ne siamo molto fieri! Credo dipenda anche da come ci siamo formati. Ricordo bene quel periodo, era il 2019, un momento di transizione dopo l’esperienza con i Temperance. Un giorno mi arriva questa mail da Giulio, oggetto: “Canzoni top secret”. Dai, come fai a non aprirla subito? Era tardi, ma l’ho aperta lo stesso. Dentro c’erano questi brani praticamente già pronti… una figata dietro l’altra! L’ho ricontattato subito, e da lì abbiamo iniziato a parlarne: chi coinvolgere, chi poteva essere all’altezza di suonare quei pezzi. Ci sono subito venuti in mente Alberto Melinato e Marco Falanga, con cui avevamo già condiviso esperienze, se non direttamente, almeno dividendo il palco in alcune occasioni. Li conoscevamo come musicisti e, soprattutto, come persone. È stata una scelta azzeccata. Come vedi, siamo ancora tutti qui. Nessuno si è perso per strada!”
Quindi la vostra coesione nasce dal fatto che andate d’accordo anche a livello personale?
“Anche, sì, ma quello che dicevo riguarda soprattutto le origini del progetto. Quelle famose “canzoni top secret”… all’inizio non avevamo pressioni. Non dovevamo scrivere un album pensando a tour, promozione o aspettative esterne. Dovevamo solo fare qualcosa che ci piacesse davvero. Nessuno ci correva dietro. Al massimo, se fosse andata male, avremmo avuto un disco nostro da ascoltare in macchina nei momenti di relax. Questa libertà iniziale ci ha permesso di lavorare in modo spontaneo e autentico su ciò che amavamo. E da lì è nata una motivazione forte, vera.”
A proposito di spontaneità: ‘Beyond’ ne è pieno, si percepisce chiaramente. La produzione ha un approccio molto “live”. Possiamo ipotizzare lo zampino di Sasha Paeth, con cui hai collaborato nel progetto Avantasia?
“L’esperienza con Sasha è stata bellissima e molto importante per me, come lo è stato tutto il progetto Avantasia. Detto questo, noi Moonlight Haze abbiamo sempre lavorato in cinque, senza cambi di formazione né collaborazioni esterne. Proprio per questo, avere un contributo da fuori, da una figura diversa, è stato significativo. Quando ho conosciuto meglio Sasha durante il tour, ho capito che era la persona giusta per farci fare un vero salto di qualità con questo album. È venuto in Italia per una settimana e abbiamo lavorato fianco a fianco, più sugli arrangiamenti e le rifiniture che sulla composizione. Il suo intervento ha fatto emergere ancor di più certe nostre caratteristiche che c’erano già, ma che forse non avevamo pienamente consapevolizzato.”
Parliamo dei singoli… Eravamo abituati ad anthem cantabili come ‘Till the End’, e in questo senso ‘Chase the Light’ non ci ha davvero deluso. Ma a colpire davvero stavolta è stata ‘Tame the Storm’: più aggressiva, più ruvida… Come è nata e perché avete scelto proprio questa come singolo, considerando la sua unicità?
“Non c’è mai una formula fissa o una strategia definita. Il bello di lavorare con questa band è che tutto nasce in modo molto spontaneo. ‘Tame the Storm’ è partita, come spesso accade, da un’idea di Giulio, e poi si è trasformata in qualcosa di più intenso quando l’abbiamo suonata tutti insieme. È così che funziona: le canzoni si evolvono nel momento, naturalmente.
Visto che hai citato ‘Chase the Light’, ti racconto un aneddoto: ero andata da Giulio in studio per lavorare su altro, ma siamo finiti su questa base ancora in embrione. Appena l’ho ascoltata, mi è venuta in mente subito la melodia – ta nana, taaa nana (canticchia il ritornello) – e nel giro di mezz’ora avevamo praticamente già in mano la canzone. Curiosamente, il ritornello è rimasto all’inizio del pezzo, cosa insolita, ma ci è sembrato perfetto così.”
Anche voi, come molte altre band oggi, avete pubblicato tre singoli prima dell’uscita dell’album completo, che contiene dieci tracce. I Within Temptation, ad esempio, ne hanno rilasciate cinque su nove totali… ormai è questo il modo in cui funziona la promozione? Condividi questo approccio?
“Non è tanto una questione di condividerlo o meno, è semplicemente il modo in cui funziona oggi. Fa parte del gioco. Ma ti dirò: a me non dispiace affatto. È bello far ascoltare qualcosa di nuovo alla gente, anche perché a volte lavoriamo su alcuni pezzi così in fretta che quasi ci dispiace dover aspettare l’uscita dell’intero disco per farli sentire. Quindi sì, ogni singolo è un piccolo evento, e io sono felice ogni volta che esce una nuova canzone.”
Il vostro messaggio è spesso positivo. Lo notavo parlando con mio figlio, venendo qui. Nel metal non è così scontato: molti sottogeneri si nutrono di rabbia, dolore, protesta… Da dove nasce questa vostra impronta più luminosa, piena di speranza, anche nei testi e nei video?
“Credo che rifletta quello che siamo noi, come persone. Le nostre canzoni sono espressione delle nostre esperienze e delle nostre emozioni, e se tendono verso un messaggio positivo è perché, in fondo, siamo fatti così.
Poi certo, se qualcuno mi scrive dicendo “Questa tua canzone mi ha aiutato in un momento difficile”, per me è una soddisfazione immensa. Perché io ero esattamente così da ragazza: quante volte la musica mi ha aiutato ad affrontare situazioni complicate.
La musica ha un potere enorme. Come artista, mi piace esplorare il rapporto tra la mia interiorità – fatta di speranze, dubbi, problemi – e la realtà esterna, con tutte le sue ombre e le sue luci. Nella vita, come nella nostra musica, c’è sempre un’alternanza tra buio e luce. E credo che a noi piaccia proprio restare in quella zona di mezzo, ma sempre guardando verso la luce.”
Parlando di aspetti più pratici: oggi abbiamo visto all’opera Setti, il batterista che vi accompagnerà in tour al posto di Giulio. Ci spieghi questa scelta?
“Giulio resta il motore creativo e motivazionale della band. Però, tra i suoi impegni personali e il desiderio di concentrarsi di più su tastiere e arrangiamenti piuttosto che sulla batteria, ha preferito non affrontare il tour.
Setti è arrivato dopo diverse audizioni con musicisti molto validi. In realtà è stato proprio Giulio a proporlo, non so dove l’avesse conosciuto, ma diceva: “È lui quello giusto per sostituirmi.” Dopo le prove, ne siamo stati convinti anche noi.”
Dal vivo c’è un brano dei Moonlight Haze che ami particolarmente cantare? Un tuo “figlio preferito”?
“Domanda difficile! Come sai, la nostra musica è molto varia e ogni pezzo esplora stili vocali diversi. Ed è proprio questo che mi piace: ogni brano mi permette di usare una parte diversa della mia voce, quindi mi danno tutti qualcosa.
Negli ultimi album ho esplorato magari un cantato più rock, più vario, forse più “basso” rispetto al mio punto di partenza, che era più lirico e sinfonico – in stile Nightwish, per intenderci.
Oggi non farei un intero disco in quel vecchio stile, ma quando posso tornare a quel tipo di canto, mi sento comunque molto a mio agio. Ci sono sempre legata. Ma no, non riesco a scegliere un brano preferito… davvero impossibile.”
Un’ultima domanda sul tour imminente: come vi state preparando? Siete emozionati?
“Assolutamente sì! Anche perché, se ci pensi, è il nostro primo vero tour! Sembra strano dirlo al quarto album, ma è così: il primo disco è nato senza l’idea di fare tour, con il secondo è arrivata la pandemia, il terzo ci ha portato fin qui ma tra mille impegni che ci hanno impedito di partire.
Abbiamo fatto tante date, partecipato a festival… ma questo, con i Gloryhammer, è il nostro primo tour continuativo come Moonlight Haze. E non vediamo davvero l’ora di viverlo fino in fondo!”