Messa – Tra silenzi e distorsioni, in cammino per l’Europa

Il 24/09/2025, di .

Messa – Tra silenzi e distorsioni, in cammino per l’Europa

Per i Messa è arrivato il momento di riportare tutto sul palco. Dopo l’uscita di ‘The Spin’, disco che ha segnato una nuova fase nel loro percorso artistico e ricevuto entusiastici consensi dalla stampa internazionale, la band veneta si prepara a salire su alcuni dei palchi più importanti d’Europa. Prima tappa italiana il 27 settembre al Metalitalia Festival, poi – da ottobre – l’inizio del tour europeo al fianco dei Paradise Lost per l’Ascension of Europe Tour, che li vedrà in apertura in tutte le date. Un passaggio fondamentale per una band che, pur restando lontana dalle logiche commerciali, ha saputo costruire una credibilità artistica rara, conquistando ascoltatori di estrazione e gusti molto diversi. L’impatto del nuovo album potrà misurarsi davvero solo ora, di fronte al pubblico. E se c’è un luogo in cui la musica dei Messa si compie fino in fondo, quel luogo è il palco.

Dopo ‘The Spin’, che vi vedremo portare dal vivo in festival e club in giro per l’Europa, come sta andando? Avete già percepito un cambiamento nel modo in cui il pubblico si rapporta a voi?
“(Sara) Siamo molto contenti di come è andata l’uscita del disco. Sono già passati due mesi e mezzo, tre ormai, e siamo felici perché il lavoro è stato apprezzato. È sempre bello ricevere feedback positivi, soprattutto quando vedi riconosciuto il frutto di mesi – se non anni – di lavoro.”
“(Marco) Sì, ricevere buoni riscontri fa piacere. Che ci abbia cambiato la vita? No, nessuno si è comprato casa grazie a ‘The Spin’, diciamolo! Però sicuramente ha modificato qualcosa nel nostro approccio, specie dal vivo: abbiamo cambiato alcune cose a livello di strumentazione e di presenza sul palco. Più che cambiamenti radicali, direi evoluzioni. La situazione si è arricchita.”
In che senso parlate di evoluzioni? Solo sul piano tecnico o anche umano?
“(Marco) Se guardo indietro a tre o quattro anni fa, è chiaro che il progetto si è evoluto. È diventato più serio, più strutturato, più professionale. Non solo negli aspetti logistici, ma anche nella consapevolezza con cui saliamo sul palco e nel modo in cui ci rapportiamo al pubblico. Sono piccole cose che rendono tutto più solido.”

‘The Spin’ ha ricevuto ottimi riscontri, tanto che si parla di voi come una delle band più interessanti della scena metal attuale. Lo percepite anche voi, adesso che siete tornati a suonare dal vivo?
“(Marco) Io lo dico sempre – e non so se gli altri sono d’accordo – ma i feedback online possono essere ingannevoli. Gli show finora sono andati bene, ma solo con il tour vero, che inizia a ottobre con i Paradise Lost, avremo il polso reale della situazione. Finché non hai le persone sotto al palco, è difficile capire se un disco ha lasciato davvero il segno. La rete distorce. Il palco chiarisce.”
Il vostro pubblico è molto eterogeneo, un aspetto che si nota anche nei concerti. Come lo vivete?
“(Sara) È vero. Fin dall’inizio abbiamo avuto un pubblico vario: chi viene dal doom, chi è più vicino al prog o alla psichedelia, chi non ascolta metal ma viene per le chitarre di Alberto… ed è bellissimo. Oggi, grazie anche al lavoro della nuova label, ci troviamo a suonare in contesti sempre più diversi. Penso al DesertFest, al Roadburn, e ora al Metalitalia Festival o al tour con i Paradise Lost: è un salto importante.”
Rispetto a ‘Close’, ‘The Spin’ ha un taglio più diretto, ma mantiene la vostra identità. È stata una scelta consapevole?
“(Alberto) Sì, volevamo lavorare su un formato più asciutto. ‘Close’ era un doppio disco, molto esteso. Con ‘The Spin’ ci siamo concentrati sull’essenziale: brani più brevi, scrittura più mirata, sonorità anni ’80 con influenze new wave. Anche se sembra più accessibile, nulla è lasciato al caso: tutto è pensato – testi, video, grafiche, merchandising – come un universo coerente.”
“(Sara) L’ultimo brano composto per ‘Close’ era ‘The Course’, che oggi ci sembra quasi un ponte naturale verso ciò che è diventato ‘The Spin’. Forse inconsciamente avevamo già voglia di un cambiamento.”
C’è una forte componente spirituale nei vostri testi e nei suoni. È qualcosa che portate anche nella dimensione live?
“(Alberto) A volte le idee arrivano davvero “dall’alto”, ma poi vanno canalizzate. ‘Reveal’, per esempio, è nata da un sogno. Ma non basta l’intuizione: serve struttura. In sala prove abbiamo costruito un metodo, ci siamo imposti una disciplina per incanalare l’ispirazione.”
“(Marco) Sì, abbiamo affittato una villa e l’abbiamo trasformata in studio. Ogni giorno dalle 10 alle 19, a lavorare. Senza quella forma, tutto rischia di restare vago.”
E i testi, invece? Come nascono?
“(Sara) Ogni testo ha una storia a sé. Scrivere è un bisogno. A volte un testo nasce molto prima della musica, altre volte lo scrivo mentre i ragazzi stanno provando. Non c’è un metodo fisso, ma c’è sempre un ascolto profondo del brano. Se non è autentico, lo scarto. Vale per tutti: ognuno, con il proprio strumento, serve la canzone. È questo il punto.”

Durante i vostri concerti si respira spesso una connessione molto intensa col pubblico. Che tipo di rapporto vivete dal vivo?
“(Rocco) Dal mio punto di vista – da dietro la batteria – vedo persone che cantano, si emozionano, chiudono gli occhi. C’è chi è in trance, chi si lascia completamente andare. È potente.”
“(Marco) Ogni concerto è diverso. A Pola, in Croazia, abbiamo visto di tutto: dal metallaro urlante, all’introverso che piangeva. I festival grandi hanno un’energia diversa dai club, ma in entrambi i casi si crea qualcosa di unico.
Come vivete i momenti in cui il pubblico si commuove, o vi confessa di essere stato toccato dalla vostra musica?
“(Sara) È una sensazione travolgente. Quando capisci che qualcosa che hai scritto è arrivato davvero, è stato compreso. È uno scambio profondo. È come quando vai a una mostra e un quadro ti toglie il fiato. È arte, non solo musica.”
Avete ricevuto attestati o momenti che vi hanno colpito particolarmente in questi mesi?
“(Marco) Il Roadburn 2022, con tre ospiti sul palco. È stato speciale.”
“(Rocco) Anche l’Hellfest: c’erano band enormi, eppure c’erano centinaia di persone lì per noi. È stato un bel segnale.”
“(Alberto) Per me è quando un musicista che stimo mi dice che il nostro lavoro lo ha colpito. Non serve che sia famoso: basta che sia sincero.”
Ora vi aspettano nuove sfide live, a partire dal Metalitalia Festival e poi il tour europeo con i Paradise Lost. Che aspettative avete?
“(Sara) Siamo molto gasati. Il Metalitalia Fest sarà una grande occasione per ritrovare il pubblico italiano e scaldare i motori. Poi, da ottobre a novembre, saremo in tour in Europa con i Paradise Lost per l’‘Ascension of Europe Tour’. Apriremo tutte le date. È un’occasione importante e non vediamo l’ora di salire su quei palchi. Vogliamo vivere questi concerti con tutto quello che abbiamo dentro.”

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