Welcome To Rockville @ Daytona Beach, Florida 15-18 maggio 2025

Il 05/06/2025, di .

Welcome To Rockville @ Daytona Beach, Florida  15-18 maggio 2025

Un evento da record, il Welcome to Rockville di quest’anno.
Più di 230.000 partecipanti provenienti da ogni parte del mondo pronti a sfidare il caldo afoso in nome della propria band preferita, in 4 giorni di vero e proprio fuoco nel bollente circuito internazionale NASCAR di Daytona Beach, in Florida.
Nei suoi ben 4 km di lunghezza e con una capienza di spettatori “abituali” pari a 168.000 ad evento, quest’anno il festival ha sorpreso le aspettative di tutti, regalando serate indimenticabili a pochi km da una delle spiagge più famose al mondo.
Merito di una line-up che definire mastodontica è riduttivo, capitanata dai quattro titani headliners Shinedown, Linkin Park, Korn e Greenday, quest’ultimi meritevoli di aver registrato lo show più grande di tutta la storia di Welcome To Rockville.
Nato nel 2011, partito timidamente con 11.000 spettatori, il Welcome To Rockville è riuscito ad ottenere sempre più consensi e crescere esponenzialmente nel corso degli anni.
Chi siamo, dunque, noi di Metal Hammer Italia per non parteciparvi?
So che definirci rodati è un po’ presuntuoso, ma fra il NAMM show e l’Aftershock della lontana California questa per noi non è di certo la prima esperienza nella terra dello zio Sam…perché si sa, più si visitano gli States più non si vede l’ora di tornarci, in quanto ogni viaggio è diverso come ogni esperienza culturale e musicale, in un poliedrico paese dai mille volti, mille opportunità ed altrettante contraddizioni.
Ma ritorniamo in Florida.
Nonostante la musica live sia stata la protagonista principale del “festival rock più grande di tutto il nord America”, tante sono state le attrazioni che hanno reso l’esperienza live indimenticabile, dalla ruota panoramica al pendolo della nave pirata, dalle più svariate scelte enogastronomiche da tutto il mondo ai tendoni con l’aria condizionata dai quali si poteva vedere i vari show che il programma offriva durante i caldissimi pomeriggi.
Per i più esigenti la presenza dell’area VIP dotata di ogni comfort, nella quale ci si può godere il festival ad un centinaio di metri in tribuna.
Qualche novità rispetto agli anni scorsi, la possibilità di uscire e rientrare dal festival viste le alte temperature, il Pit Stop Shop chiuso e climatizzato con il merchandising (con la possibilità di ritirare la propria t-shirt con il preorder fatto comodamente da casa) e con la possibilità diretta di assistere ad interviste con i propri musicisti preferiti in esclusiva.
Iniziato in quarta il giovedì con gli autoctoni Shinedown, la giornata è proseguita nel migliore dei modi nonostante l’annullamento dell’ultimo minuto da parte dei 3DoorsDown vista l’inaspettata diagnosi di tumore renale al terzo stadio per il cantante Brad Arnold.
Direttamente dalla Pennsylvania gli acclamati Halestorm, capitanati dalla rodata Lzzy Hale, che hanno regalato durante la propria performance l’ascolto in anteprima di qualche estratto del prossimo album “Everest”, la con uscita prevista per il prossimo 8 agosto.
Che dire poi su Rob Zombie? Uno show magistrale sulle note di una scaletta variegata anche se il pubblico è letteralmente esploso con molte canzoni old school tratte da “Hellbilly Deluxe” e “The Sinister Urge”.


Il venerdì è la giornata passata alla storia con il numero maggiore di partecipanti in tutta la cronologia del festival: merito anche degli headliner, i leggendari Green Day, band che ha fatto commuovere, emozionare, scatenare ben oltre 58.000 persone di tutte le età, dall’attempato metalhead con la t-shirt grigia sbiadita al 15enne in prima fila pronto a prendere al volo la bacchetta di Tre Cool, in un mix di grinta e nostalgia, in quasi due ore di show sulle note dei tormentoni intramontabili anni Novanta fino alle ultime hit. Perché si sa, i classici non passano mai di moda, custodi di quel sapere e di quegli aforismi rivelatori che danno risposte a tutti i tipi di domande esistenziali da quasi 40 anni.
Ma il bello delle giornate è la varietà delle band che animano la line-up: Jinjer e Killswitch Engage ad aprire le danze, seguiti da Bush e Good Charlotte, aiutati con clemenza da una finta pioggia rinfrescante che ha concesso alle migliaia di fans di rimanere incollate al palco.
Il sabato si continua sulla cresta dell’onda, fra Municipal Waste, Obituary, e, fra fuoco e fiamme, Mastodon: nel correre da un palco all’altro per non perdersi i vari show diventiamo consapevoli dell’arma a doppio taglio dei festival made in USA: la grandezza. Facendo un confronto con tanti altri festival europei, concepiti in una radura dove se davanti a sé si ha la possibilità di assistere a show su due diversi main stage e voltandosi ci si ritrova davanti ad altrettanti altri, gli States sono famosi per la vastità dei propri spazi, per avere i concerti dentro al concerto, i singoli spettacoli dentro il grande spettacolo…basta avere sempre con sé una bottiglietta d’acqua, una borraccia da ricaricare, un cappellino e delle buone scarpe da ginnastica per fare kilometri.
Ma se per il festival ci lavorate, sappiate che il trattamento verso chi possiede il braccialettino con la scritta media è uno dei migliori: le Golf cart per gli spostamenti sono risultate molto divertenti oltre che pratiche per muoversi da una parte all’altra.
Della lunga giornata di venerdì oltre agli Incubus, che hanno regalato uno spettacolo mozzafiato proprio con un tramonto roseo di sfondo, occorre spendere due parole sul ritorno dei Linkin Park.
Partiamo dal presupposto che, se là fuori esiste una persona capace di reggere il microfono in una band del genere, così carica di ruoli di guida generazionali, quella persona è di sicuro lei.
Una donna (non madre e tantomeno cristiana, cit) verso la quale viene istintivamente meno il confronto (chiamatelo pure paragone o malinconia) verso il rimpianto Chester, nonostante il controverso biglietto da visita presentato sin dall’inizio che suscita non poche domande…potrà mai la figlia di due degli esponenti più noti di Scientology portare avanti, eticamente e moralmente, una band che ha illuminato l’adolescenza di intere generazioni?
Sono domande banali per coloro che si fermano a sentire e a non ascoltare, prive di risposte certe per tutti coloro che, invece, con i Linkin Park, pane acqua ed MTv, ci sono cresciuti.
Tornando allo spettacolo a Daytona, bisogna ammettere che Emily ha retto il ruolo da frontwoman grazie al sostegno di Mike Shinoda, colonna portante della band, di pezzo in pezzo rispolverando i grandi classici. Partiti forse un po’ sottotono affrontando brani inossidabili quali “Somewhere I Belong”, “Crawling” e “Faint” (forse un po’ too much per iniziare) hanno pienamente recuperato nel corso dello show donando vere e proprie emozioni, diretti ed imprevedibili quanto un pugno allo stomaco in grado di far riemergere con lucidità tutti i ricordi più reconditi.
Quindi?
Prima impressione da pelle d’oca. Speriamo che duri.

La domenica racchiude già in sé la precoce malinconia di un qualcosa che sta per finire: grande rivelazione la band Bad Omens, che, nonostante la giovane età, ha messo in scena uno spettacolo psichedelico incantando con un melodico metalcore migliaia di fedelissimi fans.
Teatrale pure lo spettacolo del reverendo Marilyn Manson, che ha saputo riunire famiglie intere per assistere al concerto: in forma più che mai, inquietante, magnetico, spettrale, che si tratti di far cantare tutti  “The Beautiful People”, “The New Shit” o “Sweet Dreams”.
Peccato che proprio durante la sua performance i Testament stavano facendo scatenare la folla dall’altra parte del festival.
Dulcis in fundo, i pioneri del nu metal attaccano alle ore 22: un’ora e mezza di concerto condensato in 20 track, iniziato con “Blind” e chiuso con “Freak On A Leash”, passando per “Twisted Transistor”, “Coming Undone” e “Got The Life”.
Una perfomance pulita, senza fronzoli e senza tanti artifici retorici, perché del resto lo show sono i Korn, nella presuntuosa invettiva fluida, velocissima e senza balbuzie di Jonathan Davis, che rotea da una parte all’altra del palco tenendo incollati i fans.
Che altro dire?
Arrivederci Florida!

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