Melvins – Thunderball
Il 05/05/2025, di Anna Maria Parente.
Gruppo: Melvins
Titolo Album: Thunderball
Genere: Sludge Rock/Metal
Durata: 34 min.
Etichetta: Ipecac
Melvins 1983. Un nome e un numero iconici. Il nome: acclamato nella scena internazionale, il numero: l’anno di fondazione di un progetto che avrebbe fatto scuola. Non è passato molto da quando abbiamo parlato su queste pagine dell’ultimo (ora penultimo) lavoro della band made in Montesano.
Proprio lo scorso anno, infatti, nel mese di marzo, ascoltavamo ‘Tarantula Heart’ e ci piaceva, ci piaceva tantissimo. Ma anche la primavera di quest’anno è risultata produttiva, perché proprio in questi giorni è uscito ‘Thunderball’. Un titolo che richiama molti altri album, film, libri, ma che nel caso dei Melvins vibra intensamente anche a volume basso.
Del resto, lo ha detto chiaramente King Buzzo: “Thunderball è il terzo disco che realizziamo insieme e volevo che fosse qualcosa di pomposo”. E quale pomposità più adatta se non quella che richiama le glorie perdute dell’umanità? Non è forse King of Rome — primo brano e singolo d’esordio uscito nei mesi scorsi — a incarnare proprio questo spirito altisonante e solenne?
Una domanda retorica, sì, ma che nel mondo dei Melvins perde ogni senso. Perché qui non si parla, si agisce. Le chiacchiere stanno a zero, a imporsi è la loro furia viscerale, contaminata da un noise abrasivo, uno stoner primordiale e l’indisciplina di Void Manes e Ni Maîtres.
A differenza del lavoro precedente, ‘Thunderball’ abbandona i sentieri già battuti e si apre con due brani dal breve respiro, in cui il secondo ‘Vomit of Clarity’ è un’immersione in un interessante dark ambient che lascia addosso una strana sensazione di inquietudine.
Ma è con ‘Short Hair With A Wig’ che si inizia a fare sul serio. Un monolite di undici minuti che travolge tutto il resto, una marcia lenta e solenne verso qualcosa di indefinibile. Le chitarre sembrano disincarnate, come se suonassero da sole in un teatro spettrale, sospese in un limbo tra l’inferno e le viscere della terra. È una liturgia distorta, una danza allucinata che ipnotizza con la ritmica e la voce spiritata e inconfondibile di Buzz.
Di tutt’altra atmosfera è il quarto brano, ‘Victory of the Pyramids’, un momento di pura potenza. Nove minuti che ci riportano, anche solo per un attimo, con i piedi per terra. È come sfrecciare su un’autostrada deserta, in qualche angolo remoto del profondo sud degli Stati Uniti, tra il calore dell’asfalto e l’adrenalina del viaggio. Poi, con grazia e lentezza, il pezzo ci riaccompagna là da dove eravamo venuti, cioè su quel palco immaginario sospeso nel nulla, dove una voce spettrale e chitarre solitarie continuano a risuonare nell’eco di un mondo irreale.
In Thunderball non si fanno prigionieri, nemmeno alla fine. Con un ultimo brano di nove minuti, i Melvins 1983 aggiungono un’ulteriore pietra al monumentale muro della loro carriera — la incastrano con fermezza, senza esitazioni, senza inutili orpelli. Nessuna paura, nessuna posa, solo l’urgenza di lasciare il segno. E come sempre, lo fanno nel modo che conoscono meglio, un modo inconfondibile.
Lineup
Buzz Osborne – chitarra e voce
Mike Dillard – batteria
Con
Void Manes – elettronica e ‘creepy machine vocals’
Ni Maîtres – elettronica e contrabbasso.