Kadavar – I Just Want To Be a Sound

Il 12/05/2025, di .

Gruppo: Kadavar

Titolo Album: I Just Want To Be a Sound

Genere: , , ,

Durata: 41:30 min.

Etichetta: Clouds Hill Records

Distributore: Clouds Hill Records

75

Con ‘I Just Want To Be a Sound’, i Kadavar firmano il loro lavoro più divisivo.
Un album che spiazza, rompe con il passato, e si muove con disinvoltura in una direzione che pochi si sarebbero aspettati — o forse sì, ma non così presto.
Sono ben lontani i tempi in cui echeggiavano massicci riff stoner, compressi e ribollenti come lava sotto pressione.
Quelle sonorità resistono, ma sono presenti in minima parte in questa nuova fase della band, ormai proiettata verso un’estetica più rifinita, più pop, più fluida.
Con l’ingresso di Jascha Kreft alla chitarra e tastiere, e la mano produttiva di Max Rieger, il quartetto berlinese si reinventa in chiave più melodica e accessibile, senza però perdere del tutto il proprio DNA.
L’intenzione è chiara fin dal primo brano, l’omonima ‘I Just Want To Be a Sound’: arrangiamenti puliti, groove più morbidi, voce in primo piano. Un pezzo che vuole piacere, e non lo nasconde.
Non mancano i momenti in cui il passato si riaffaccia — brani come ‘Regeneration’ o ‘Still Running’ mostrano che i Kadavar sanno ancora come si scolpisce un riff, ma ora lo fanno con meno aggressività e più forma-canzone.
La scelta di allontanarsi dalle radici stoner nasce anche da una riflessione condivisa dalla band: la sensazione che il genere, oggi, stia attraversando una fase di omologazione. Troppe band che si assomigliano, troppi suoni che non sorprendono più.
Da qui l’urgenza di rimettersi in discussione, di scrollarsi di dosso le etichette, di cercare un’identità nuova senza dover passare per forza dalle distorsioni familiari.
I ‘Just Want To Be a Sound’ è un disco suonato con mestiere, prodotto con cura, e aperto a nuovi pubblici.
Non è un passo falso, ma un passo netto. Valutato però all’interno della loro lunga discografia, lascia la sensazione che qualcosa venga a mancare — quella tensione grezza, quella forza tellurica che aveva reso i Kadavar un riferimento per tutto un certo mondo heavy-psych.
A conti fatti, se non avessi avuto modo di parlare con Lupus, di ascoltare dalla sua voce questa nuova urgenza — il desiderio di libertà, la volontà di rompere con uno stoner che oggi suona spesso tutto uguale — il mio voto sarebbe stato più severo. Alcune suggestioni richiamano estetiche alla Tame Impala, Jacco Gardner o anche certi lavori più recenti di Ty Segall — artista che ha saputo attraversare territori psichedelici e pop con grande libertà, pur firmando, nel tempo, dischi meno compatti rispetto a prove riuscitissime come ‘Manipulator’.
È un’onda sonora che conosco e frequento da anni, anche con piacere, ma proprio per questo mi è evidente quando un lavoro si muove su quelle coordinate senza raggiungerne la coesione o la personalità.
Se lo giudicassi solo da ascoltatrice, il voto sarebbe stato inferiore. Ma da giornalista riconosco l’urgenza di una band che sente il bisogno di affrancarsi da un panorama diventato prevedibile, e la necessità di esplorare una libertà espressiva nuova.
La coerenza del loro gesto, pur distante dalle aspettative, merita rispetto e un ascolto privo di pregiudizi.
Non è un disco per i fan di vecchia data, che rischiano di restare spiazzati, ma potrebbe parlare a chi Kadavar forse non li aveva mai ascoltati davvero prima.
Che lo si segua o meno, dipende da quanto siete legati all’idea che avevate dei Kadavar.

Tracklist

01. I Just Want To Be A Sound

02. Hysteria

03. Regeneration

04. Let Me Be A Shadow

05. Sunday Mornings

06. Scar On My Guitar

07. Strange Thoughts

08. Truth

09. Star

10. Until The End

Lineup

Lupus Lindemann – voce, chitarra

Tiger Bartelt – batteria

Simon “Dragon” Bouteloup – basso

Jascha Kreft – chitarra, tastiere, cori