Machine Head – Unatoned
Il 19/05/2025, di Dario Cattaneo.
Gruppo: Machine Head
Titolo Album: Unatoned
Genere: Groove Metal, Thrash Metal
Durata: 41 min.
Etichetta: Nuclear Blast
I Machine Head ci hanno abituato da tempo alle montagne russe. Da sempre possiamo dire… dopo l’incredibile ‘Burn My Eyes’ e il validissimo ‘The More Things Change…’ c’è stata infatti subito la sterzata Nu Metal di ‘The Burning Red’ che non è piaciuta a molti… Poi subito il ritorno al groove degli ottimi ‘Through The Ashes of Empires’ e ‘The Blackening’, il successo di ‘Locust’ (album però già più tamarro), la flessione dell’orrido ‘Catharsis’, la reazione rabbiosa di ‘Of Kingdom And Crown’ ed – eccoci – questo ‘Unatoned’. Com’è? Beh se avete sbirciato il voto in basso diremmo comunque non brutto, ma sicuramente non è nemmeno l’album che avevamo sperato. Tutto ciò però per un motivo ben preciso, che vi spieghiamo nelle prossime righe e che non riguarderà solamente i soliti cliché tipo “si sono rammolliti”, “fanno gay metal” o “Robb Flynn non capisce un cazzo”.
Il punto è che per noi ‘Unatoned’ ha un grosso difetto, che è stato quello di voler prendere una direzione precisa (canzoni corte, più melodia, approccio diretto), senza però ‘compensare’ quello che si stava abbandonando. Guardiamo bene ai dischi che abbiamo citato come punti alti della loro carriera (è un nostro pensiero, certo, ma dobbiamo anche dire che questa classifica è condivisa da buona parte del pubblico metal che abbiamo interrogato al riguardo), e vediamo che una caratteristica comune è la lunghezza corposa delle canzoni. Già con ‘The More Things’ comparivano brani sopra i sei minuti, su ‘Empire’ sono una buona fetta del totale, per ‘Locust’ e ‘The Blackening’ rappresentano in pratica la totalità del disco. I Machine Head si prendono tempo per costruire le canzoni, nei loro album più importanti l’hanno sempre fatto, e quando si sono affidati a soli brani brevi era perché si trattava di album di rottura, si trattava di voler qualcosa di diverso. ‘The Burning Red’ aveva brani corti, ma lì c’era stata la compensazione di cui parlavamo prima: l’afflato nu metal invece che thrash\groove richiedeva infatti quel tipo di alfabeto musicale più diretto e sputato in faccia. Tralasciando volontariamente ‘Catharsis’, già con ‘Of Kingdom And Crown’ trovavamo un tentativo di accorciamento del tempo dei brani, ma la robustezza di quell’album compensa appunto l’abbandono delle strutture più ricche, mostrando la decisione di Flynn nel seguire una direzione precisa. Ecco ‘Unatoned’ manca di questa compensazione.
I brani si sono accorciati, ma la potenza non è aumentata. Il sound non si è arricchito di input allogeni dai generi confinanti e in generale niente è entrato nel pentagramma di questo album. In compenso, molto è invece uscito, lasciando almeno a noi che scriviamo un senso di incompiuto che un po’ ci amareggia. ‘Unatoned’ ha la stessa grafica di ‘Of Kingdom…’, le stesse O con la sbarretta, lo stesso sound, ma tutto più povero. Se si fa i conti questo, che per noi è un grosso limite, poi l’album lo ripetiamo non è brutto. Anzi, ha dei passaggi decisamente di valore, brani effettivamente caratterizzati da buone melodie e da soluzioni strumentali vincenti (la line-up anche se diversa è comunque di primordine), che possiamo citare nella interessante ‘Bleeding Me Dry’ (finamente un brano elaborato), nella avvolgente ‘Outsider’ e anche nel singolo ‘Bonescraper’. I passaggi più ruvidi e tirati hanno anche una bella pacca e un discreto tiro (‘Addicted To Pain’ e ‘Unbound’) e per fortuna cancellano appunto lo scivolone di sei anni fa; ma appunto tutti gli elementi che ci piacciono sembrano messi un po’ col contagocce, sicuramente nelle dosi volute e calcolate da Flynn, ma che in ultima battuta ci fanno finire l’ascolto con la fame di ascoltare qualcosa dai dischi vecchi.
Come avete capire, non sconsigliamo l’ascolto di ‘Unatoned’. Come in tante cose, se si ha curiosità e pazienza i lati positivi ce li si trova, e l’ascolto fila pure liscio. Il punto qui è quanto è forte in voi il rammarico per un aspetto dei Machine Head (la complessità) che qui è stato completamente messo da parte. A superare questo, possiamo anche dire un buon album. Noi però ci abbiamo sofferto un po’, lo ammettiamo.
Tracklist
01. Landscape Øf Thørns
02. Atømic Revelatiøns
03. Unbøund
04. Øutsider
05. Nøt Løng Før This Wørld
06. These Scars Wøn’t Define Us
07. Dustmaker
08. Bønescraper
09. Addicted Tø Pain
10. Bleeding Me Dry
11. Shards Øf Shattered Dreams
12. Scørn
Lineup
Robb Flynn: vocals, guitars
Reece Scruggs: guitars
Jared MacEachern: bass
Matt Alston: drums