Dream Theater – I vent’anni di Octavarium

Il 07/06/2025, di .

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Dream Theater – I vent’anni di Octavarium

Alla fine del 2004 i Dream Theater sono reduci da un lungo tour mondiale di supporto all’ultimo album studio ‘Train Of Thought’ uscito nell’anno precedente e culminato con la pubblicazione del ‘Live At Budokan’, resoconto dell’ultima delle quattro date presso la storica Budokan Hall di Tokyo. A novembre del 2004 la band entra al The Hit Factory Studio di New York e inizia a lavorare all’ottavo album. ‘Octavarium’ viene pubblicato il sette giugno del 2005, esattamente quando la band è pronta per festeggiare i vent’anni dalla formazione. ‘Octavarium’ è un album estremamente differente dai suoi diretti predecessori: ‘Six Degrees Of Inner Turbulence’ (trovate QUI  l’articolo del ventennale) e ‘Train Of Thought’, due opere mastodontiche costruite su trame sonore dal carattere fortemente metal, soprattutto il secondo dei due, oscuro a partire dalla copertina e in molti brani con virate in territori al limite del Thrash vecchia scuola. Con ‘Octavarium’ i Dream Theater decidono di tornare ad uno stile sì elaborato come nei primi album, ma soprattutto a quel Prog (metal, beninteso) che ne aveva caratterizzato i grandi successi degli anni novanta. Di fatto le composizioni risultano essere più snelle e più corte rispetto al passato – tranne la titletrack come vedremo in seguito – così che ogni brano risultasse più asciutto, più fluido e più fruibile rispetto alle estremizzazioni di suoni e minutaggio dei due dischi precedenti. Ovviamente stiamo parlando di una band che della lunghezza dei brani ha fatto un trademark, tuttavia in questo caso si avverte un cambiamento.

L’album nasce da un’idea di Mike Portnoy e ruota intorno al numero otto e diviene di fatto un concept degno del capolavoro della band ‘Metropolis Part 2 – Scenes From A Memory’, con le dovute differenze del caso. ‘Octavarium’ è costruito sulla base dell’ottava musicale e i riferimenti al numero sono disseminati ovunque nelle tracce e nell’artwork accuratamente costruito per continui rimandi al numero scelto. L’album spiazzò il pubblico che non mancò di criticare il gruppo con le accuse più banali tra le quali la volontà di essere più commerciali – come del resto accadde nel 1996 con ‘Falling Into Infinity’ – ma non era quello l’intento della band che nel tempo ha cambiato pelle più volte – e lo abbiamo visto in questi ultimi vent’anni. Chi conosce i Dream Theater sa perfettamente che durante le sessions in studio allestiscono uno spazio d’ascolto in cui numerosi album vengono passati in rassegna al fine di trovare ispirazione e spesso le influenze di questi ascolti entrano prepotentemente all’interno delle composizioni nella fase di scrittura del disco. Qui possiamo infatti ascoltare influenze degli U2 in ‘I Walk Beside You’, oppure dei Muse in ‘Never Enough’ e ‘Panic Attack’ o ancora dei Coldplay in ‘The Answer Lies Within’. Le influenze si sentono, inutile negarlo, eppure l’album nel tempo ha saputo maturare e lentamente questi rimandi a gruppi di successo sono svaniti e i brani hanno assunto una propria identità e collocazione nel concept dell’album. Sono otto i brani in setlist, of course, e l’apertura è affidata a ‘The Root Of All Evil’, una composizione dal forte impatto Prog Metal e dall’ipnotica circolarità del refrain; questo brano è la terza di cinque parti che andranno a comporre una suite chiamata ‘The Twelve Steps Saga’ (per completezza vi rimando all’articolo che trovate QUI ). C’è spazio anche per una lunga composizione di undici minuti, ‘Sacrificed Sons’, ispirata e dedicata alle vittime degli attentati dell’11 settembre 2001 a New Work. In questo lungo e delicato brano, in cui il crescendo musicale vuole ricordare minuto dopo minuto un dolore in continuo aumento, assistiamo ad una prova vocale estremamente emozionante da parte di James LaBrie che interpreta il brano in maniera magistrale e toccante. C’è poi la vera gemma dell’album: la titletrack ‘Octavarium’, un concentrato di sperimentazione Prog, Rock e Metal che al suo interno mescola, se non addirittura centrifuga, tutte le influenze di ogni membro del gruppo e qui, per ovvi motivi, entrano in gioco decine di band che hanno fatto la storia della musica. Yes, Genesis, Pink Floyd, Marillion, King Crimson, Emerson Lake & Palmer, Jethro Tull, Rush, Beatles, Metallica e chi più ne ha più ne metta. Ventiquattro minuti di miscellanea Rock che tutto prende e niente prende dal passato, come sempre accade in casa Dream Theater. I Pink Floyd emergono fin da subito nella prima parte, un’introduzione di Rudess che superata la somiglianza con ‘Shine On You Crazy Diamond’ dei PF si mostra in tutta la propria eleganza; poi dentro il brano assistiamo alle solite magistrali ed impeccabili prove strumentali dei musicisti, nulla di nuovo in questo senso, ma il gusto per la costruzione musicale e melodica del brano supera anche la bellezza della suite contenuta in ‘Six Degrees Of Inner Turbulence’, nonostante la differenza di durata (sono oltre quaranta i minuti di quest’ultima).

Oltre alle influenze di cui abbiamo parlato e allo snellimento generale dei brani, per quanto riguarda il concept potremmo parlare per ore. Sono numerosissimi i riferimenti al numero otto e altrettanto numerosi gli intrecci grafici tra l’otto e le immagini di copertina. Partiamo dal titolo ‘Octavarium’, una parola inventata che riporta alla piovra e ai suoi otto tentacoli – Octa – ma che ne varia irrimediabilmente il senso; Octa letto al contrario diventa Atco (la Atco Records, nella fattispecie) l’etichetta per la quale viene pubblicato questo album e che chiude il lungo contratto tra le parti. ‘Octavarium’ è anche un grido di rabbia contro la Atco Records con la quale la band da anni si trovava in disaccordo (a tal proposito vi consiglio di andare a guardare anche il booklet di ‘Six Degrees Of Inner Turbulence’, troverete sette immagini segmentate studiate apposta per ricordare alla casa discografica che l’ultimo album prima dello scioglimento e della dissoluzione del contratto si stava avvicinando). E la copertina? Beh, qui dovremmo aprire un capitolo a parte per quanti riferimenti all’otto si possono trovare, più o meno nascosti. Viene curata da Hugh Syme che sotto la guida della band ed in particolar modo da Mike Portnoy inserirà un numero imprecisato di riferimenti al numero in questione. Aprendo interamente il booklet dell’album si possono contare otto sfere, due delle quali, quelle più esterne, ferme in una posizione che risulta essere fisicamente impossibile, mostra una staticità in un costante movimento, come a fare intendere che la chiusura del contratto con la Atco Records non fermerà la band, che infatti due anni dopo passerà alla Roadrunner e nel primo album con la nuova etichetta inserirà la canzone ‘In Constant Motion’.

All’interno del booklet troviamo una piovra, sott’acqua, davanti ad un cartello di forma ottagonale con all’interno il logo della band; un segnale che indica lo stop e il riferimento è ovviamente alla Atco. È poi presente la foto di un ragno, che ha otto zampe, bloccato all’interno di un labirinto di forma ottagonale.

Il booklet differisce di alcuni elementi tra la versione in compact disc e quella in vinile. Nella versione in cd, nel retro copertina, troviamo una tastiera di un pianoforte: sui tasti bianchi sono inseriti i titoli dei brani, su quelli neri si intravedono i visi dei musicisti; questa immagine non è presente nella versione in vinile, così come la palla da biliardo nera (la numero otto), contenuta soltanto nel cd, sopra la quale anziché il numero otto troviamo il logo della band.

‘Octavarium’ per certi versi ha rappresentato un punto di svolta nel corso della carriera dei DT; sicuramente un’opera coraggiosa anche alla luce dei due album precedenti in cui il suono era stato estremizzato. Se all’inizio non aveva suscitato consensi troppo positivi, con il tempo anche il pubblico più integralista della band ha iniziato a riscoprirlo e ne ha colto la qualità che sappiamo non è mai mancata alla band e adesso, per festeggiarne degnamente i vent’anni, è giunto il momento di riascoltare un’opera che saprà stupire e deliziare anche i palati più difficili.

Hammer Fact:

– Per la prima volta i Dream Theater registrano con una intera orchestra diretta da Jamshied Sharifi i brani ‘Sacrificed Sons’ e ‘Octavarium’. Ciò sarà il preludio al live ‘Score’ che verrà pubblicato nell’agosto del 2006 e che testimonia il tour per il ventennale della band. Jamshied Sharifi ha studiato insieme a Mike Portnoy, John Petrucci e John Myung al Berklee Collage of Boston.

– Poco prima della pubblicazione di ‘Octavarium’ in rete venne diffuso un disco spacciato per il nuovo album della band statunitense. In realtà si trattava di ‘Elements of Persuasion’ il nuovo disco solista di James LaBrie, uscito anch’esso nel 2005. La distrubuzione in rete del disco di LaBrie creò una enorme confusione al punto che Mike Portnoy decise di oscurare il sito della band fino all’effettiva pubblicazione di ‘Octavarium’ il sette giugno.

– ‘Octavarium’ viene pubblicato in vinile per la prima volta al mondo nel 2013. La stampa per il mercato venezuelano comprendeva una spilla della band mentre quella per il mercato tailandese un ciondolo con il logo della band: il Majesty.

Line-Up:

James La Brie: Vocals
John Petrucci: Guitars
John Myung: Bass
Jordan Rudess: Keyboards
Mike Portnoy: Drums

Tracklist:

01. The Root Of All Evil
02. The Answer Lies Within
03. These Walls
04. I Walk Beside You
05. Panic Attack
06. Never Enough
07. Sacrificed Sons
08. Octavarium

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