Hellhammer – The Return of the Darkness and Evil

Il 17/09/2008, di .

Hellhammer – The Return of the Darkness and Evil

Con la pubblicazione di ‘Demon Entrails’, box contenente i primi, rarissimi demo a firma Hellhammer, torna a circolare il nome di una band inevitabilmente associata con la nascita del movimento black metal. Il gruppo svizzero da cui nasceranno i Celtic Frost è stato infatti un vero e proprio precursore del metal estremo, grazie a pubblicazioni in grado di scatenare feroci polemiche al momento della loro pubblicazione. Per scoprire cosa ci fosse alla base di questa creatura infernale, abbiamo messo il nostro Fabio Magliano sulle tracce del misterioso Tom G. “Satanic Slaughter” Warrior

Quando si tirano in ballo gli Hellhammer non si parla di una semplice metal band, o meglio, della “peggiore band della storia del metal” come la definirono all’epoca alcuni giornalisti, le cui orecchie non erano forse ancora pronte ad accogliere tale cataclisma sonoro. Quando si va a toccare la creatura di Tom G. “Satanic Slaughter” Warrior si finisce inevitabilmente per sconfinare nell’occulto, nel psicologicamente instabile, in un inferno personale che va oltre ad un discorso puramente musicale. Ma andiamo con ordine. Abbiamo appena varcato la soglia degli anni Ottanta quando un giovanissimo Thomas Gabriel Fischer, incurante del clamore che la NWOBHM sta suscitando attorno a lui, un po’ perché innamorato della furia estrema dei seminali Venom, un po’ perché l’esigenza di esorcizzare quel demone cresciutogli in corpo si fa sempre più pressante, decide di dare vita ad una band tutta sua. Nascono così nel 1982 gli Hammerhead, presto convertiti nei ben più oscuri Hellhammer. Accompagnato da Steve Warrior al basso e Bruce ‘Denial Fiend’ Day alla batteria, Tom G. Warrior partorisce la sua prima creatura nel 1983 sottoforma di un demo, ‘Death Fiend’ di infima qualità, condizione questa che non verrà migliorata neppure da ‘Triumph Of Death’, nuova release pubblicata di li a pochi mesi. La “svolta” è però alle porte, perché scoraggiato Steve Warrior molla il colpo sostituito dal carismatico Martin Eric ‘Slayed Necros’ Ain e questo avvicendamento andrà a influenzare notevolmente sul proseguo della carriera degli Hellhammer che, dopo aver pubblicato il leggendario demo ‘Satanic Rites’ avevano attirato l’attenzione anche della blasonata Noise Record. Il primo passo “semi ufficiale” avviene così nel 1984 con la partecipazione alla compilation ‘Death Metal’ in compagnia di Running Wild, Dark Avenger e Helloween, mentre l’esordio ufficiale si registra lo stesso anno con il controverso EP ‘Apocalyptic Raids’ capace di attirare critiche feroci da parte di recensori ancora poco avvezzi ad un sound così estremo precursore di quello che con l’avvento dei Bathory verrà inquadrato come black metal, e shockati da una copertina all’epoca al centro di violente censure. Il tempo corre troppo veloce però, per Tom G. Warrior e soci, la loro musica è in costante evoluzione ed un moniker come Hellhammer presto diventa inadeguato per racchiudere l’essenza dell’arte della band. Da qui alla nascita dei Celtic Frost il passo è breve… Eppure negli anni il nome di questa seminale, estrema band svizzera continuerà a circolare insistente, i demo, sottoforma di bootleg continueranno ad essere oggetto di culto tra gli afecionados… al punto da spingere il duo FIscher/Ain a gettare oggi ufficialmente sul mercato, racchiusi sotto il titolo ‘Demon Entrails’, i primi demo degli Hellhammer ‘Death Fiend’, ‘Triumph Of Death’ e ‘Satanic Rites’, chiudendo di fatto un cerchio rimasto aperto per 25 lunghi anni. Un’iniziativa dal grande valore storico questa, che ci ha spinto ad andare a contattare un criptico Tom G. “Satanic Slaughter” Warrior ripercorrendo con lui il periodo più oscuro della sua esistenza…
Dopo anni di oblio, proprio oggi hai deciso di riesumare il nome degli Hellhammer dando alla luce, in un solo colpo, un lavoro che racchiude i vecchi demo della tua prima band. Come mai un’operazione simile in questo momento della tua carriera?
“(Tom G. “Satanic Slaughter” Warrior ) Fondamentalmente le ragioni alla base di questa operazione sono due: da un lato c’era la volontà di soddisfare le sempre maggiori richieste che ogni giorno ci giungevano da parte di nostalgici degli Hellhammer desiderosi di entrare in possesso di materiale ormai introvabile, dall’altro c’era l’esigenza di dare loro in via ufficiale un prodotto all’altezza, visto che ultimamente tutto quello che ancora circolava degli Hellhammer era piratato e di pessima qualità. Ora, visto l’importanza che questa band ha sempre rivestito per me, e per Martin, abbiamo deciso di andare a tirare fuori tutto il vecchio materiale, rimasterizzarlo e racchiuderlo in un unico lavoro, capace di fare vedere a tutti quello che era il volto originare della band. Il disco che hai tra le mani è una fotografia fedele degli Hellhammer, suona esattamente come suonava la band nel 1983, quando ha inciso quei demo, quindi non c’è niente di artefatto alla base di questa operazione”.
Cosa hanno rappresentato per te gli Hellhammer?
“Gli Hellhammer hanno avuto un’importanza immensa per me, l’impatto che questo gruppo ha avuto sulla mia vita è stato assoluto, perché grazie a questa band ho potuto in un certo senso esorcizzare alcuni miei demoni interiori. Quello che ho suonato con gli Hellhammer, le canzoni che ho scritto per questa band…tutto ha un significato superiore, perché è qualcosa che va oltre al discorso puramente musicale e che sotto molti aspetti ha cambiato radicalmente la mia vita”.
Facciamo un passo indietro e arriviamo ai primissimi anni Ottanta ed al momento in cui decidesti di dare vita a questa, per l’epoca, “band di rottura”. Quali furono i motivi che ti portarono a concepire un gruppo così estremo in un momento in cui tutta l’attenzione era concentrata sulla NWOBHM?
“Erano molteplici i motivi, ma uno solo era per me fondamentale: la mia band doveva essere una sorta di rifugio, una via di fuga da quella che era la mia esistenza in quel preciso periodo della mia vita. Stavo attraversando un momento per me difficilissimo, oscuro, oppressivo, e sentivo la necessità di fuggire da quella realtà, di creare una band che mi permettesse di tirare fuori quello che avevo dentro, di sfogare quel senso di disagio, di oppressione che minava la mia salute fisica e mentale, e gli Hellhammer erano proprio il mezzo migliore per esprimere senza limiti né timori tutto quello che avevo dentro. Se guardo gli Hellhammer mi ci specchio completamente, perché sono la mia creatura, sono la fedele rappresentazione del mio essere, e per un lungo periodo sono stati la mia ancora di salvezza”.
Quanto è stato difficile dare il là ad una creatura all’epoca così estrema come gli Hellhammer?
“E’stato tremendamente difficile, perché all’epoca non esisteva una scena estrema come oggi. Quando gli Hellhammer hanno iniziato a muovere i primi passi l’unico vero punto di riferimento erano i Venom, ma noi per alcuni versi ci volevamo spingere ancora oltre, e la gente forse non era preparata per questo tipo di musica, per un songwriting così estremo e per dei testi così oscuri. E infatti le prime critiche che ci sono piovute addosso ci hanno liquidato come semplice ‘rumore’, ed anche la scena underground i primi tempi ha faticato non poco a digerirci. Oggi si parla di musica estrema e la mente corre veloce alla scena scandinava e a tutto il movimento che si è negli anni sviluppato attorno ad essa. Negli anni Ottanta band estreme non esistevano, quindi tutto ciò che suonavamo veniva ascoltato con un orecchio completamente nuovo e assolutamente impreparato a ricevere questo tipo di sound. Con queste premesse capisci quanto sia stato difficile anche trovare uno studio di registrazione per incidere la nostra musica e soprattutto locali in cui suonare”.
In cosa va ricercata la natura così estrema del vostro sound? Forse dalla tua esigenza di mettere in musica quella rabbia, quella frustrazione che covavi dentro?
“Esattamente. Esattamente. Devi sapere che gli anni della mia giovinezza sono stati molto difficili per me, ho vissuto a lungo con una madre affetta da gravi disturbi psichici, ti assicuro che era l’inferno quello che io vivevo ogni singolo giorno a quel tempo, e in una simile condizione arrivi a sentire il bisogno di sfogare tutta la rabbia, la frustrazione che attimo dopo attimo ti cresce dentro. Io avevo bisogno di una band che fosse qualcosa di radicale, che mi consentisse di tirare fuori quell’inferno che covavo in seno. Non era un semplice discorso musicale, era una questione di sopravvivenza. Quando senti che un mostro sta crescendo dentro di te, arrivi al punto che realizzi che, l’unico modo per non scoppiare, è farlo uscire. E nel mio caso ho trovato nella musica l’unico mezzo per lasciarlo sfogare e farlo manifestare all’esterno. Gli Hellhammer erano la mia realtà parallela, il mio modo di fuggire dalla vita di tutti i giorni rifugiandomi in una dimensione nuova nella quale mi trovavo completamente a mio agio”..
niente di artefatto alla base di questa operazione”isco che hai tra le mani è una fotografia fedele degli Hellhammer, suona es
Come hai affermato in precedenza, una proposta così estrema finì per sconvolgere gli ascoltatori dell’epoca. Ma quello di shockare con la tua musica era uno degli obiettivi che ti eri prefissato, o tutto questo clamore fu anche per voi una sorta di sorpresa?
“Non è stata una sorpresa, come non era tra i nostri obiettivi quello di shockare la gente. La band era un mezzo per fare musica principalmente per noi stessi, era un’espressione di ciò che eravamo e di ciò che erano le nostre vite allora, quindi non ci siamo mai chiesti come avrebbe potuto accogliere il pubblico la nostra musica, semplicemente perché gli Hellammer eravamo noi, e fare qualcosa di diverso non avrebbe avuto assolutamente senso. Certo, musicalmente avevamo già di nostro un’attitudine molto estrema, anche perché dal primo momento in cui ho sentito ‘In League With Satan’ dei Venom ho capito che quella era la strada che avrei dovuto seguire e che quella era la musica che avrei voluto suonare. Da quel momento sono andato dritto per la mia strada senza pormi troppi problemi, se la gente mi odiava per ciò che suonavo la cosa non mi toccava più di tanto, perché tanto ero abituato ad essere odiato e questo non avrebbe mutato di molto la mia condizione”.
Lavorando alla pubblicazione di ‘Demon Entrails’ sei tornato a contatto con il tuo passato. C’è stata una canzone degli Hellhammer che hai riscoperto oggi e che magari ha assunto un significato particolare rispetto a quando l’hai concepita?
“Più che una canzone rimango tuttora legato al demo del 1983 perché è stato il mio primo lavoro in studio. Poi ovviamente ci sono brani che significano molto per me, come ‘Blood Insanity’ o ‘Triumph Of Death’, canzoni alle quali sono ancora molto legato e che ancora oggi ascolto volentieri perché fungono da collegamento tra la mia vita odierna e quello che era il mio inferno giovanile. Dal mio punto di vista la vita è un concatenarsi di eventi e di circostanze in costante evoluzione, e queste canzoni non sono altro che il trait d’union tra ciò che ero allora, e ciò che sono oggi”.
Perché nel 1984 decideste di porre fine alla cavalcata degli Hellhammer?
“Ci sono molteplici ragioni. La principale è che ad un certo punto abbiamo incontrato problemi a trovare musicisti in grado di condividere a pieno l’esperienza Hellhammer. Gli ultimi mesi di vita della band sono stati un problema continuo a livello di line-up, e questo ha finito per minare lo spirito della band e distruggerne l’anima. Poi c’è stato un discorso puramente stilistico. Con gli Hellhammer ormai eravamo etichettati come band satanica e da questa dimensione era davvero difficile sganciarci. Noi sentivamo il bisogno di esprimerci senza barriere, di mettere le nostre ideologie, i nostri pensieri, le nostre emozioni in musica, ma questa non doveva essere per forza musica estrema. Il nostro modo di concepire la musica era a 360°, nelle nostre teste il metal poteva tranquillamente convivere con la musica classica e con il dark, quindi abbiamo iniziato ad avvertire il bisogno di scrollarci di dosso le vecchie etichette e di ricominciare con una veste completamente nuova”.
Una veste nuova poi racchiusa sotto il moniker Celtic Frost. Ma quanto c’è degli Hellhammer nella tua attuale band?
“Molto, moltissimo, già solo per il fatto che due terzi degli Hellhammer, ovvero il sottoscritto e Martin Ain, ancora oggi sono il cuore dei Celtic Frost, Eravamo noi che scrivevamo musica e testi all’epoca degli Hellhammer e siamo stati noi i principali compositori dei Celtic Frost, quindi è inevitabile che questi ultimi siano stati influenzati dalla nostra prima band. Degli Hellhammer abbiamo preso il lato più oscuro, più claustrofobico, e lo abbiamo trasportato in un contesto musicale più ampio ed elaborato, che ha da sempre caratterizzato la musica dei Celtic Frost”.
In una precedente intervista dichiarasti che “I Celtic Frost non sono una band, ma sono un’esperienza di vita”. Pensi che la stessa considerazione valga per gli Hellhammer?
“Sicuramente, perché gli Hellhammer non sono nati come band, ma come espressione di una determinata situazione. Alla base della musica di questa band ci sono esistenze difficili, c’è il bisogno di comunicare, c’è l’emarginazione, la povertà, la pazzia, il disagio, c’è una gioventù non vissuta, c’è l’esigenza di fare tutto con le proprie forze per riuscire a sopravvivere…tutto questo e le emozioni da ciò scaturite sono andate a comporre le note delle canzoni degli Hellhammer, e se ancora oggi in molti si ricordano di noi e di una band così estrema ed unica, è proprio per questa sua dimensione che esula da qualsiasi altro gruppo”.
Sono in molti ormai che parlando degli Hellhammer usano il termine “pionieri”, “precursori”. Ma tu, personalmente, ti sei mai considerato “capostipite” della scena black?
“Non mi sono mai guardato sotto questa ottica. Ho sempre fatto musica per me stesso, senza pensare che un giorno sarei stato un punto di riferimento per altri musicisti o una sorta di precursore del metal estremo. Forse se mi fossi fermato a pensare a questa cosa non avrei fatto ciò che ho fatto, perché la particolarità degli Hellhammer è sempre stata quella di guardare oltre la musica, senza fare troppi calcoli. Certo, oggi se mi guardo attorno e vedo tante band che dicono di essersi ispirate a noi non posso che essere orgoglioso, forse perché solo adesso, che le acque si sono un po’ calmate, riesco a comprendere a pieno ciò che ho fatto 25 anni fa”.

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