Neurosis – Note Neurotossiche

Il 22/10/2016, di .

Neurosis – Note Neurotossiche

Al Roadburn Festival abbiamo ascoltato in anteprima il nuovo album dei Neurosis che uscirà per la Neurot Recordings probabilmente in autunno. Non ci è stato anticipato nulla, neppure i titoli. Abbiamo lasciato che parlasse la musica (sempre imperiosa, surreale, oscura) e per il resto ci siamo dati appuntamento tra qualche mese. Però abbiamo scambiato quattro chiacchiere con Scott Kelly, un uomo che non ha bisogno di presentazioni.

Scott Kelly è un omone con il barbone da boscaiolo e lo sguardo gentile. Davvero ad incontrarlo non si capisce come possa concepire una musica malata, virulenta e platealmente ammorbata come quella dei suoi Neurosis, band con trent’anni di vita che ha anticipato praticamente tutto ed ispirato le generazioni di musicisti a venire. Vederla dal vivo è un’esperienza psico-fisica di incredibile intensità e possenza. Essa ti sa trasportare in altre galassie, dove le eterne forze del bene e del male combattono battaglie abissali. Anche quest’ultimo album di cui Scott preferisce non parlare fino ai tempi ufficiali della promozione, è una sorta di colonna sonora di un possibile fantasmagorico film di fantascienza. Ciò che sorprende e che tali allucinazioni sensoriali possano essere sputate fuori dalle viscere di un uomo apparentemente così mite, che sul palco però, insieme a Steve Von Till e agli altri, sa trasmutarsi in un drago dell’apocalisse sonora. Cio’ che Kelly ci anticipa è che anche per quest’ultimo lavoro la band ha seguito sempre lo stesso iter creativo. “Di solito prendiamo spunto dal nostro passato, dal livello che abbiamo raggiunto attraverso l’album precedente e lo spostiamo un passo oltre. Ci troviamo tra noi e cerchiamo di delineare un orizzonte nuovo da esplorare, dopo di che lasciamo che le idee si sviluppino spontaneamente attraverso la musica”. Trent’anni di onorata carriera sono più di un matrimonio che ha raggiunto il traguardo invidiabile delle nozze d’argento. Com’è possibile stare per così tanti anni all’interno della stesso gruppo sopravvivendo ai cambiamenti epocali e personali senza implodere? Ci dice Scott: ”E’ molto importante darsi lo spazio di evolversi e sperimentare anche al di fuori della band, ad esempio con progetti collaterali. Credo che sia il segreto per le relazioni durature anche nella vita privata, che senza ossigeno soffocano. Poi, quando decidiamo di tornare insieme e ci troviamo nella stessa stanza, la vecchia alchimia è sempre lì, inalterata. Per cui è sempre un piacere fare dischi con i Neurosis. Ci conosciamo molto bene, sappiamo cosa aspettarci gli uni dagli altri, quindi il processo creativo avviene naturalmente”. Fatto sta che questo combo di Oakland ha partorito negli anni musica stupefacente, con un approccio praticamente avanguardistico che ha aperto una strada. “Tre decenni fa eravamo molto giovani ed inesperti, ma con le idee ben chiare su come avremmo voluto essere e sul fatto che ci sarebbe piaciuto sviluppare un concetto sonoro diverso da ciò che ascoltavamo in giro. Malgrado ciò, impiegammo un paio di anni per arrivare al punto che ci interessava raggiungere. Io avevo queste visioni in mente, ma dovevo trovare il modo giusto per trasporle in suono. Ho una mente piuttosto contorta, che riesce a partorire incubi surreali. Credo che se non avessi avuto la musica per incanalare un certo tipo di oscurità che domina il mio inconscio, probabilmente sarei finito ricoverato in un reparto psichiatrico o in carcere. In questo senso la musica è veramente un strumento terapeutico potente. Essa è stata la mia salvezza. Ora ho anche mia moglie e i miei figli che mi costringono a stare con i piedi per terra. Essere in una band, passare dallo studio di registrazione ai tour, ti porta a fare una vita sconnessa dalla realtà. Non è un’esistenza sana. La famiglia mi riporta alle cose vere della vita e al senso di responsabilità”. Così Scott, per trovare un luogo di pace, si è trasferito dalla California all’Oregon, dove può garantire a se stesso e ai suoi figli un ambiente più salutare. “Abito in un posto bellissimo a contatto con la natura situato a qualche ora da Portland. Camminare tra le montagne, in mezzo ai boschi e poter stare vicino agli animali è il mio modo per ritrovarmi e mantenermi sano dentro, è la mia forma di depurazione dopo aver passato mesi nel folle mondo del rock n’roll”. Anche la musica come la natura può essere però una grande strumento taumaturgico. “Credo che la musica mi abbia insegnato una certa forma di spiritualità difficile da spiegare a parole. Mi ha guidato verso una profonda conoscenza del lato nascosto dell’esistenza, oserei dire occulto. Ad un livello personale credo di avere ancora molte lezioni da imparare, devo lavorare ancora tanto per diventare una persona migliore. Ci sono molto demoni che giacciono dentro di me e so che affrontarli e l’unico modo per trascenderli, e scrivere canzoni e suonare è l’unica via che conosco per manifestare questo processo”. Tra i vari progetti collaterali a cui Scott ha partecipato spiccano gli Shrinebuilder, un album solo omonimo fatto uscire da questo super-gruppo formato con Wino, Al Cisneros, Dale Crover e Toshi Kasai, che sarebbe bello riascoltare presto. “Gli Shrinebuilder sono stati un progetto estemporaneo e non credo che si riformeranno. Piuttosto mi piace dedicare del tempo ai miei progetti solisti, perché tutto risulta molto più semplice. Siamo solo io e la chitarra e non devo fare compromessi. Cimentarmi da solo, a mia totale responsabilità, mi ha aiutato a diventare un musicista migliore, a crescere dal punto di vista tecnico, perché a quel punto non hai più la band a cui appoggiarti, e neppure ti puoi nascondere dietro alle pesantezza di riff e alle distorsioni. Sei costretto a metterti a nudo. La musica scaturisce ancora dallo stesso luogo ma per per esprimerla devi essere in un differente stato d’animo, più calmo e totalmente onesto”. Guru in carne ed ossa per un’intera progenie di musicisti, Scott Kelly non si sente un pioniere e neppure vuole gli onori dovuti ai maestri iniziatici. “Credo che la musica basti a descrivere se stessa e che un musicista debba mantenersi umile rispetto al suo mistero e alla sua forza. Tuttavia se potessi essere utile alle nuove generazioni in qualche modo, ne sarei felice”. Lontano dalla psicosi neuronale dei Neurosis Scott è un family-man che ama fare sport e guardare la tv. “Mi piace anche leggere anche se adesso, con l’avanzare degli anni, mi addormento ogni volta che tengo un libro in mano” spiega ridendo. Contrariamente al suo aspetto un po’ rude, egli è un uomo colto, che segue anche i fatti di attualità e politica e che ha da dire la sua sulle prossime elezioni americane. “La campagna per le elezioni presidenziali sono un totale disastro con Donald Trump. Mi piacerebbe se vincesse Bernie Sanders, ma sono sicuro che l’ordine precostituito, le corporazioni, non lasceranno che ciò avvenga. Certo, dovesse trionfare Trump, gli Stati Uniti si troverebbero davvero catapultati in un’era di regressione medioevale. Non credo che vincerà, ma con gli Americani non si può mai dire. Anche Ronald Reagan era un idiota e tutti dicevano che era impossibile prendesse voti e poi ce lo siamo trovati come presidente per otto anni, e prima d’allora era stato anche il governatore dello stato in cui vivevo”. Nell’era reaganiana Kelly era già attivo con i Neurosis e cercava di estrinsecare il lato oscuro di quella pancia americana che Reagan ci teneva a negare, con il suo edonismo costruito su una politica neo-liberista fatta a spese delle classi più deboli. “Non credo che la musica possa cambiare il mondo, ma magari serve a veicolare certi valori. Io ai miei figli insegno ad essere gentile, umile. e a trattare gli altri con rispetto. Sembrano cose banali, ma nel mondo deviante in cui viviamo non lo sono affatto”.

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