X Japan – Della Vita e di altri Demoni

Il 25/10/2017, di .

X Japan – Della Vita e di altri Demoni

“La sofferenza è l’unico motivo della coscienza. E sebbene abbia dichiarato che secondo me la coscienza è per l’uomo è la più grande disgrazia, so però che l’uomo l’ha cara e non le scambierebbe colle maggiori soddisfazioni.”, scriveva Fëdor Dostoevskij. Gli X Japan sono un monumento alla musica, all’arte, alla vita e alla caparbietà. Dolore, sofferenza e morte hanno segnato l’esistenza di una band in grado di vendere più di trenta milioni di dischi in patria e di crearsi un seguito, seppur non per quanto meritassero, nel resto del mondo e che ha avuto la forza di tornare, dopo vent’anni di stop, a riprendersi quel che gli spetta. Complice un documentario (meraviglioso) che racconta la carriera del gruppo, abbiamo incontrato a Firenze Yoshiki Hayashi, batterista e principale artefice di quel viaggio splendido e struggente che porta il nome di X Japan.

Prima di tutto, visto che è l’argomento di oggi, parliamo di ‘We Are X’. Vorrei chiederti di tornare alle radici del film e di raccontarci di come è partito il progetto…
Gli X Japan hanno una storia pazzesca alle spalle. La gente, i nostri manager, il mio agente hanno sempre voluto che l’epopea della band venisse trasposta sullo schermo. Io avevo difficoltà a rapportami all’idea, questo per tutto quello che ci ha investito lungo tutta la carriera. Gli X Japan hanno vissuto momenti assai drammatici durante la loro esistenza e questo, come si può capire, ha colpito anche me, il mio modo di essere, la mia maniera e la mia voglia di raccontare le nostre vite. Ho detto no per alcuni anni, molti a essere sincero, poi le persone che mi gravitano intorno sono riuscite a convincermi, soprattutto puntando al fatto che la gente, i nostri fan e anche coloro che non ci conoscevano, dovessero sapere cosa siamo stati. Questo è stato il vero punto di partenza: la voglia di trasmettere l’essenza delle nostre vite e della band.

Vent’anni fa stavate pensando di realizzare un documentario sul gruppo, vero?
Sì, vent’anni fa stavamo pianificando assieme di girare un documentario che raccontasse gli X Japan. Tuttavia, eravamo in un periodo molto difficile, il gruppo si stava sciogliendo e non sapevamo cosa ne sarebbe stato di noi in futuro. Le cose, difatti, hanno preso una brutta piega e, come sapete, l’esito è stato devastante. Con tutto ciò che è successo, l’idea è poi tramontata e l’abbiamo ripresa con ‘We Are X’.

‘We Are X’ è un’opera straordinaria dal punto di vista visuale e narrativo. Ha rispettato le tue aspettative?
C’è sempre qualche scena che si vuole migliorare o che si pensava potesse uscire in una diversa maniera, ma, nell’insieme, ne sono ovviamente soddisfatto. Posso anche dire che la storia degli X Japan era adatta per questo scopo e non ci sono state grandi difficoltà alla base. Una cosa di cui mi sono raccomandato con i produttori e i registi è che ne facessero qualcosa di positivo, qualcosa da cui ricavarne sensazioni effettive, non un dramma strappalacrime senza energia. In questo senso hanno fatto un ottimo lavoro, si respira la forza della band.

Hai seguito le fasi di lavorazione del documentario o l’hai visto solo una volta pronto?
Per la maggior parte l’ho visto come prodotto finito, a parte alcune cose. Vedete, le riprese sono durate circa due anni e, alla fine, vedere il risultato, così come lo potete apprezzare voi, è stato fantastico.

Spesso hai dichiarato che c’erano delle scene non volevi venissero incluse. Come hai fatto a venire a patto con quest’ultime?
Ecco, se si vuole arrivare ad avere qualcosa di eccezionale, bisogna sacrificare qualche piccolo lato anche di noi stessi. Se io o uno della band avesse prodotto, girato, realizzato questo film, credo sarebbe uscito in modo del tutto diverso. Ci sono alcune scene che sono imbarazzanti, altre in cui metto a nudo la mia intimità. Quando, ad esempio, Toshi ha visto il film, era incerto sul raccontare alcuni momenti della sua vita, non era per nulla sicuro del fatto che nel documentario si parlasse di quel che gli è capitato negli anni. A quel punto il regista gli ha scritto una lettera, in cui gli spiegava che servivano tutte quelle scene per creare qualcosa di concreto. Alla fine si è convinto che non c’era nulla da nascondere.

Ti devo senza dubbio chiedere qualcosa sul nuovo album. Fra quanto avremo il piacere di ascoltarlo?
Verrà pubblicato la prossima primavera. È quasi pronto, dovevo finire di registrarlo prima di tutto questo tour promozionale per ‘We Are X’, ma non ho ancora terminato l’intero lavoro. Che ci crediate o no, comunque, dopo vent’anni, ci siamo. Ho bisogno di lavorarci ancora su, forse concluderemo il tutto intorno a gennaio.

Hai lavorato anche con Marilyn Manson. È difficile trovare il tempo per portare avanti collaborazioni del genere quando si è artisti del vostro calibro?
Sì, abbiamo un progetto assieme e ci stiamo lavorando, un po’ qui e un po’ là. Lui adesso è in tour, con il nuovo album appena uscito. Quando due persone hanno così tanti impegni è sempre difficile incontrarsi per portare a termine le cose.

Siete amici con Manson?
Sì, siamo grandi amici. È venuto alla premiere del documentario. Così come Gene Simmons, eravamo al telefono dieci minuti fa ed è strano, perché lui al momento è in Giappone per promozione, mentre io sono qui in Italia. Anche se non ci si vede spesso di persona, siamo comunque buoni amici.

Hai avuto modo di sentire ‘Heaven Upside Down’, nuovo disco di Marilyn Manson?
Certo! È molto interessante, il suo stile mi piace moltissimo. Ha il suo sound, la sua immagine, la sua voce, che è di certo riconoscibile con facilità. Anche nel concepire la musica ha un approccio totalmente diverso, è capace di portare tutto al livello successivo e questo credo lo sappiano fare in pochi. È straordinario.

Per il prossimo album degli X Japan hai preso ispirazione anche da hide e Taiji, vero?
Molte canzoni nel nuovo disco parlano di loro in un certo senso. Ho cercato di trasportare nella musica tutto quello che è accaduto. La morte ha un ruolo primario, così come la vita, sono una faccia della stessa medaglia. Poi ci sono l’amore e tutti i sentimenti che viviamo di giorno in giorno e che ci lasciano cicatrici addosso.

Quanto spesso pensi a loro?
Quando suono le canzoni degli X Japan, do interviste, è inevitabile.

Nel nuovo album ci saranno delle canzoni speed metal come in ‘Blue Blood’ o dobbiamo aspettarci qualcosa del tutto differente?
Per la maggior parte è diverso. Vi faccio l’esempio dei Metallica, che sono cambiati dai primi album e sono arrivati alla svolta del ‘Black Album’ e solo di recente sono tornati a suonare qualcosa di veloce. Il nuovo disco è comunque heavy, ma le canzoni non sono così speed come in ‘Blue Blood’. I bpm sono in ogni caso alti.

Pensi ci siano band in Giappone che possano aspirare a diventare i nuovi X Japan?
Credo che a oggi ci siano gruppi veramente fenomenali. C’è stato un festival, chiamato Visual Japan Summit, nel 2016, del quale ho fatto parte in qualità di organizzatore e dove abbiamo suonato con gli X Japan come headliner, cui hanno partecipato circa cinquantacinque gruppi e, fra di loro, molti erano dei musicisti eccezionali. Penso che tanti abbiano le qualità per diventare delle grandi band.

Non ti vuoi sbottonare su un nome, quindi ti chiedo il tuo parere sulle Babymetal…
Amo le Babymetal! Le ho viste a Londra e le ho anche incontrate. È molto interessante come concetto. Tutte le coreografie e il resto, certo ci sono alcune cose che non possono essere pensate come heavy metal, se lo si considera nel senso più stretto del termine. Tuttavia, credo sia singolare e intrigante il modo che hanno di presentare la loro musica.

Cosa ti è rimasto del concerto alla Wembley Arena?
È stato di sicuro uno dei momenti più memorabili che io e la band abbiamo vissuto e, allo stesso tempo, è stato l’ultimo show che ho suonato prima dell’intervento al collo. Ho sentimenti contrastanti. Il mio corpo era in pratica allo stremo, mi sentivo dolorante e intorpidito, avvertivo che quello poteva essere il concerto conclusivo della mia carriera. Infatti, dopo quello show, ho visto il medico e mi ha confermato che avevo bisogno di quest’operazione. Alla fine, però, è andato tutto per il meglio. Al momento non posso suonare la batteria, ma io voglio tornare sul palco, so che è rischioso ma è ciò che voglio. Forse non potrò più suonare la batteria come facevo prima, ma ho l’intenzione di trovare nella maniera più forte possibile, anche senza headbanging. Adesso non posso nemmeno girare il collo, quindi capirete che è difficile pensare a scuotere la testa. Wembley è stato importante per tutto questo, per queste sensazioni contrastanti: euforia e soddisfazione, dolore e incertezza.

Tu sei un grande batterista e un eccellente pianista. Quali sono i diversi sentimenti che ti trasmettono questi due strumenti?
Sembrerà strano, ma non sono poi così differenti. Come si sa, la batteria richiede un maggior sforzo fisico, però non bisogna sottovalutare nemmeno la difficoltà di suonare il piano, soprattutto per lunghi concerti. Direi che le emozioni sono le stesse.

Non posso esimermi dal chiederti se vedremo gli X Japan dal vivo qui in Italia…
Direi quasi di sicuro. Quando rilasceremo l’album, dopo due decenni di pausa, abbiamo intenzione di portarlo in giro per il mondo. Dobbiamo farlo anche per i nostri fan qui in Italia.

Hai contatti con la fanbase italiana degli X Japan?
Soprattutto attraverso i social, Instagram e Facebook. So che abbiamo un gruppo di fan in Italia, ma non potrei quantificare.

Stiamo per finire e ti voglio trasportare indietro nel tempo. Vuoi condividere un ricordo di quando stavi scrivendo ‘Art Of Life’?
Uh! Ho passato due settimane senza uscire di casa, non ho visto nulla per questo periodo, niente che non fossero gli strumenti. Dovevo concentrarmi per portare a termine quel pezzo. Vi dirò, sono stati anche dei giorni ristoratori, la quotidianità ha lasciato il posto alla meditazione e ne è uscito quello che potete ascoltare.

Ultima domanda, secca: se dovessi scegliere una sola parola per definire gli X Japan oggi? (A questo punto passano circa dieci secondi in un silenzio totale, ndr.)
Disastro.

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