Pier Gonella – il chitarrista che ne sa una più del diavolo

Il 24/05/2023, di .

Pier Gonella – il chitarrista che ne sa una più del diavolo

In occasione dell’uscita del secondo album solista ‘667’, abbiamo catturato Pier Gonella, chitarrista ligure dall’importante curriculum potendo contare collaborazioni di grido con Necrodeath, Mastercastle, Vanexa, Labyrinth, Odyssea…, per approfondire il discorso e capire cosa si nasconde dietro alle nove tracce del successore di ‘Strategy’, prima fatica in solitaria datata 2020. Ma ovviamente non poteva finire qui, perchè il curriculum del virtuoso della sei corde è tale da portarci a indagare anche sulle sue collaborazioni…

Ciao Pier, benvenuto tra le pagine di Metal Hammer.
“Ciao a tutti i lettori di Metal Hammer e grazie mille per questa chiacchierata”.
Partiamo un po’ dall’inizio, da come è nato il tuo amore per la musica e da come ha trasformato questa passione in un lavoro. 
“Cercando di essere sintetico e senza esagerare (suonavo già a due anni, ecc.), posso dire che sono sempre stato interessato alla musica sin da bambino, appassionandomi alle sigle dei cartoni animati e dei videogiochi. Nel 1989, ho visto in TV il live dei Pink Floyd a Venezia e guardare David Gilmour mentre faceva gli assoli fu una grande ispirazione. Poco dopo guardando in particolare vhs di Scorpions e Deep Purple supplicai la buon anima di mio padre a comprarmi una chitarra elettrica e da lì son andato avanti senza sosta. Anche la registrazione mi ha sempre appassionato. Ho cominciato a registrare con un 4 piste su cassette e a produrre demo tape di cover e brani originali che regalavo in giro. Con i primi demo del mio progetto “Odyssea” ho incontrato Roberto Tiranti e De Paoli, che mi hanno proposto un’audizione per i Labyrinth nel 2003. Successivamente, sono entrato nei Necrodeath e poi in altri progetti musicali come Mastercastle, Vanexa, Athlantis, Verde Lauro e infine il Pier Gonella trio. Mi sono sempre dedicato all’insegnamento di chitarra, dando lezione ad un amico e poi ad un altro, fino ad aprire nel 2011 la struttura MusicArt (www.musicart.eu) dove oggi lavorano per i corsi di musica anche Peso (batterista dei Necrodeath e del progetto Pier Gonella), Giulio Belzer (bassista del progetto Pier Gonella e polistrumentista), Giorgia Gueglio (cantante dei Mastercastle) Steve Vawamas (bassista die Mastercastle Athlantis). Mi sono sempre dedicato ad attività parallele come l’insegnamento e la registrazione/produzione così da mantenere sempre una buona stabilità in termini di stipendio… Negli ultimi anni, mi sono dedicato alla produzione di basi musicali e altri “tools” per musicisti in formato digitale (qui) seguendo i cambiamenti del mondo musicale”.

Oggi torni, con un album solista intitolato 667. Ci racconti dove nasce il titolo, la canzone e quindi la scelta del titolo del disco?
“Vorrei cominciare con questo link riservato a chi mi intervista, i cui lettori appassionati del supporto cd fisico potranno acquistare il digipack “667”ad un prezzo d’eccezione con un omaggio di due album della mia discografia fuori produzione e il gadget dei miei plettri. 667 è il secondo album solista, seguito di “Strategy” del 2020. Devi sapere che la maggior parte dei brani sono nati da mie idee o strutture che avevo già creato su cui Peso alla batteria e Giulio Belzer al basso hanno elaborato le loro parti. Tuttavia alcuno brani sono nati da “pattern” o idee di batteria dello stesso Peso che le ha suonate da solo sul metronomo e dicendomi “io te la registro poi se ti viene qualche idea ci scrivi un brano sopra”. Così è accaduto per il brano “Floor 666” costruito sul ritmo “tribale” iniziale. Quando feci sentire a Peso il brano definitivo rimase molto soddisfatto e pronunciò la mitica frase “ne sappiamo una più del diavolo” così 666 è diventato 667…” 
Margarita è il primo video singolo. Cosa pensi dei video? Ne farete altri? Facendo musica strumentale non puoi ricorrere ai lyric video, che altri modi ci sono per far conoscere la tua musica?
“Sono estremamente soddisfatto del lavoro svolto dal giovane regista Jay Be e del risultato ottenuto con il video musicale di “Margarita”. Jay Be è un professionista molto competente con cui avevo già collaborato in passato per alcune sue produzioni cinematografiche e, anche in questo caso, si è dedicato con grande passione al progetto. Di sicuro realizzerò un altro video per la titletrack “667”, che verrà pubblicato in estate. Anche se non è possibile realizzare un lyric video, ci sono molte altre modalità creative di combinare immagini, riprese in sala prove o dal vivo, per creare qualcosa di nuovo e, magari, anche ironico, come abbiamo già fatto con il video di “Rocks’n’Roll” (qui il link per vederlo). Per quanto riguarda la mia presenza online, mi sono ben adattato al mondo digitale e mi muovo tutto sommato con facilità. In un paio di anni sono riuscito a far crescere la mia pagina Spotify da 300 a oltre 1500 ascolti mensili, senza comprare nessuna pubblicità. Spotify è la bocca della verità, una delle poche piattaforme in cui la media degli ascolti mensili viene aggiornata quotidianamente, quindi se si comprano degli ascolti, questi scompaiono rapidamente. Ogni mese pubblico un brano del disco come singolo e poi pubblico anche le versioni “per musicisti”, senza chitarra, basso, etc. In questo modo riesco a rimanere all’interno dell’algoritmo che ripropone i miei brani in giro. Faccio anche qualche apparizione nei video di alcuni youtuber conosciuti, il che, insieme ad alcune date live, rappresenta un’ottima forma di promozione per la mia musica”.
‘Rock The Galacy’ mi ha riportato alla mente ‘The Clayrovaiant’ degli Iron Maiden, ovviamente non tutta la canzone, ma solo un fraseggio (se è giusto chiamarlo così). Te ne eri accorto? È una citazione/omaggio? Oppure è assolutamente non voluto e magari non ve ne eravate neanche accorti?
“Cakkio che forte, non ci avevo fatto caso, hai ragione! Praticamente le prime note del “ritornello” di “Rock the Galaxy” hanno lo stesso ritmo e gli stessi intervalli dell’intro di “Clairvoyant”. Beh lunga vita ai Maiden, seppur senza pensarci mi fa piacere questa citazione, o questo “omaggio”.
‘Make It Rock’ è l’unica canzone che ha dei cori. Come è nata questa decisione?
“Durante le registrazioni, una volta che avevamo selezionato gli 8 brani migliori, si discuteva se fosse opportuno produrne un altro. Peso mi ha suggerito l’idea di creare un brano che presentasse delle voci, ma in modo tale da non diventare un pezzo cantato in senso stretto. Mi sono ispirato al brano “Crowd Chant” di Joe Satriani, in cui il chitarrista ha portato in studio una ventina di cantanti e persone del mondo musicale, facendoli improvvisare piccole frasi e vocalizzi sulle sue melodie di chitarra. Ho pensato così di creare un coro da stadio, o qualcosa di simile, con la sola frase “Make it Rock”. Ho cominciato con il bassista del progetto, Giulio Belzer, che è anche un supercantante e polistrumentista, e poi mi sono fatto aiutare da chi si trovava in quel momento in “MusicArt”, per i corsi di musica o per altri motivi. Hanno partecipato alla registrazione Giorgia Gueglio (Mastercastle), Giusi Laiosa e Giulia Moladori (Julia and the Roofers). Ad ognuno ho fatto improvvisare la loro parte al volo molte volte, e poi ho sovrapposto tutte le registrazioni. Potete ascoltare il risultato nella traccia 6 del disco”.
Come nascono le canzoni strumentali? Parti da un riff e di lavori sopra o ti viene in mente qualcosa di più complesso?
“Ci tengo a precisare che “667” non vuole essere (anzi non è) un disco strumentale ipertecnico o autocelebrativo, che piace solo ai chitarristi “nerd”, ma vuole essere un album di “canzoni”, dove la chitarra prende il posto della voce realizzando melodie che costituiscono le strofe e i ritornelli. Per cui da una parte è più difficile perché con tutte le band, dai Necrodeah ai Mastercastle, ai Vanexa, scrivo le melodie insieme al cantante mentre qui “me la suono e me la canto”, però dall’altra parte il metodo è lo stesso. Cerco di creare dei buoni “riff” con cui cominciare ed identificare il brano, e poi dei bei ritornelli. Da qui vado a completare il resto del pezzo aiutandomi con Peso alla batteria e Giulio al basso”.
Essendo tu un compositore e scrivendo per band dai generi totalmente differenti, quando ti viene un’idea come fai a capire come svilupparla e che destinazione avrà?
“In tutte i progetti musicali principali di cui faccio parte (Necrodeath, Vanexa, Mastercastle) scrivo i brani col resto della band o col cantante oppure con qualche membro della band, per cui in maniera naturale la presenza degli altri musicisti mi indirizza verso un progetto o l’altro. Poi in maniera naturale c’è un periodo in cui ho più in testa il disco per una band piuttosto che un’altra e mentalmente mi concentro più su quel genere”.

Torniamo all’album cosa significano i titoli delle canzoni, alcuni sono davvero strani (Gonzo in Pittburg).
“È curioso il fatto di dare un titolo a dei brani strumentali. Di solito, per scegliere il titolo, mi affido all’ironia o a qualcosa che mi viene in mente ascoltando il brano. Nel caso della traccia d’apertura di questo album, “Margarita”, è nata durante le riprese del videoclip. Stavamo pensando se fosse opportuno aggiungere altre scene oltre a quelle in cui suoniamo e così Peso ha suggerito “Pier seduto al bar che si beve un Margarita”. La traccia principale 667, è perché’ ne sappiamo una più del diavolo. “Gonzo in Pittsburgh” invece è una “distorsione” del titolo originale “Bonzo Goes to Bitburg”. Si tratta di una cover dei Ramones e l’idea di modificare il titolo è semplicemente perché si tratta di una versione strumentale. Altri titoli come “Holy Water” sono nati dal fatto che, nel periodo in cui ho scritto il brano, avevo letto delle previsioni di “guerra” che potrebbero insorgere se l’acqua dovesse scarseggiare. “Planet for Sale”, invece, evoca una sonorità molto triste che richiama alla mente la “svendita” del pianeta, quando sarà distrutto dall’inquinamento. Infine, “Unforgettable” è una ballad che richiama i momenti indimenticabili che ognuno di noi custodisce nella memoria”.
Su cosa stai lavorando attualmente?
“Dal punto di vista puramente discografico, sto ancora godendo dei positivi riscontri di questo album e di “Singin’ in the Pain”, il disco dei Necrodeath uscito pochi mesi fa. Più in generale invece negli ultimi anni, ho modificato notevolmente la mia attività lavorativa nell’ambito musicale. Lo studio di registrazione Musicart non è più aperto al pubblico, in quanto lo occupo quotidianamente per la produzione di “Backing Tracks” destinati a musicisti. Chi è curioso può trovare ulteriori informazioni qui. Ad oggi, ho pubblicato più di 7000 brani, che vendo attraverso le principali piattaforme digitali come Apple Music, Amazon Music e Bandcamp, mentre il resto dei ricavi proviene dagli ascolti su altri portali come Spotify, Youtube, Deezer, eccetera. In cinque anni, ho ottenuto oltre 100 milioni di stream e oltre 10.000 download. Per me, questo è un risultato estremamente soddisfacente, perché nel 2023 siamo tutti lì a pubblicizzare “cose” su Facebook, ma la verità è che la musica non la vende quasi nessuno. Questa attività mi permette di portare a casa una buona parte del mio “reddito”, vendendo le mie tracce, il che rappresenta per me una soddisfazione impagabile. Inoltre, molti dei brani che ho inizialmente concepito come accompagnamenti musicali sono diventati parte della mia discografia ufficiale, come ad esempio la traccia “Re Minore” (http://bit.ly/3zNrd08), che è diventata il singolo principale dell’ultimo album dei Mastercastle (http://bit.ly/3Mrz5Mu)”.

 

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