Dream Theater + Devin Townsend @ Mediolanum Forum Assago – Milano, 7 maggio 2022

Il 11/05/2022, di .

Dream Theater + Devin Townsend @ Mediolanum Forum Assago – Milano, 7 maggio 2022

Vento di riapertura… lo si sente dire spesso, adesso che la pandemia degli ultimi due anni sembra essere alle spalle, come una sorta di frase fatta che ci convince che tutto sia finito. In realtà, e il forus di Assago questa sera sembra dimostrarlo, un po’ di lividi e ossa rotte sono ancora visibili nel campo della musica, rock e no. Il numero di settori vuoti infatti è – almeno a parer nostro che Petrucci e compagni al forum li abbiamo visti tante altre volte – una grossa nota stonata, così come la popolazione sul parterre, che non raggiunge nemmeno la tanto famosa zona mixer. Insomma, non sappiamo se per gli strascichi di una diffidenza verso i luoghi affollati ancora radicata in noi o semplicemente per la vicinanza ai concerti di Magnum, Ghost e altri, ma ci saremmo aspettati più gente per questo evento. Mettiamo però da parte questa nota malinconica perché, almeno per chi era presente, le cose non sono andate per niente male…
A salire sul palco alle 19:45 in punto un volto piuttosto conosciuto: l’istrionico, geniale e anche un po’ folle Devin Townsend, al quale spetta dunque il compito di scaldare la folla prima dell’arrivo degli headliner. Ci viene un po’ da ridere alla frase appena usata: scaldare la folla… se consideriamo il livello di energia e veemenza messo sul palco dalla band tutta, si può ben dire che gli abbiano proprio dato fuoco! E’ infatti un set ad altissimo tasso di adrenalina quello presentato dal vulcanico frontman canadese; una scaletta di appena un ora secca ma che pesca a piene mani dalla sezioni più violente e rumorose di tutte e tre le incarnazioni del Nostro: carriera solista, Devin Townsend Project e Strapping Young Lad. ‘Failure’ (D.T.P) introduce le danze con melodia e arrangiamenti ariosi ma spremendo da subito ogni watt possibile dal muro di aplificatori a loro disposizione, ma sono ‘Kingdom’ e ‘By Your Command’ a cominciare a frullare per bene i timpani del pubblico. Una ancora più massiccia dose di cattiveria la troviamo poi anche su ‘Aftermath’ (Strapping Young Lad) con le sue brusche accelerazioni e sulla vigorosa ‘March Of The Poozers’, marziale e terremotante come al solito. In mezzo a tutta questa fisicità però c’è anche spazio per un piacevole momento di melodia, con quella bella ‘Deep Peace’ sulla quale i flash dei cellullari ammiccano simpaticamente, strappando sorrisi anche ai quattro sul palco. Dopo un ora precisa il carismatico frontman ci saluta, lasciandoci sicuramente un buon ricordo della serata e facendoci un po’ armeggiare con il dito nell’orecchio. Che energia!
Le mazzate sembrano finite dopo la conclusiva ‘More!’ dei D.T.P, ma c’è sempre tempo per prenderne di nuove; infatti – appena terminato il rapido cambio palco – forsennati colpi di batteria e gonfi riff di chitarra investono nuovamente il pubblico, correndo sulle note della arrembante ‘The Alien’. Il pezzo di apertura del nuovo disco dei Dream Theater – sebbene non suonato fin dall’inizio proprio perfettamente e funestato nell’intro da un mix un po’ sbilanciato – si dimostra da subito un buon opener live, coprendo perfettamente il suo ruolo di antipasto e fornendo al pubblico uno assaggio sincero dell’attuale stile chitarristico di Petrucci, ricco di un grande uso di chitarre ribassate e dall’approccio ritmico quasi al limite del djent. Quasi a voler ricordare subito al pubblico che ci sono anche i dischi degli Anni ’90, parte subito dopo la notissima ‘6:00’, che vede ancora il barbuto axeman come grande protagonista, ma che impegna alla grande anche le mani di Rudess – precise sulle note del mai dimenticato Moore – e l’ugola (oramai provata) del frontman LaBrie col suo approccio vocale aggressivo che per fortuna il Nostro riesce abbastanza a mantenere. Scaldato il pubblico con questa prima rassicurante doppietta, la band si cimenta poi in un pezzo del nuovo album – uno dei migliori – proponendone in maniera precisa l’irruenza e la spigolosità delle melodie. Quello che sembrerebbe essere stato il momento più apprezzato dell’intero concerto si avvicinas subito dopo questi primi tre brani; e una doppietta da urlo monopolizza i successivi venti minuti: ‘Endless Sacrifice’ e ‘Bridges In The Sky’. La prima – tratta dal cupo ‘Train Of Thoughts’, fa subito la parte del leone, trascinando l’intera folla presente con i suoi roboanti riff che seguono una dolce intro arpeggiata; mentre la seconda, più ariosa, fa cantare il palazzetto sulle note del suo spendido ritornello. La parentesi ‘Invisible Monster’ (non la nostra preferita, lo ammettiamo, la troviamo un po’ inoffensiva) viene rapidamente archiviata e raggiungiamo quindi una nuova, emozionante, parte della serata, con la frizzante ‘About To Crash’ ad introdurre l’attesa ‘The Ministry Of Lost Soul’, che con le sue montagne russe di parti strumentali vorticanti, sezioni melodiche e incredibili assoli riempie più che degnamente il quarto d’ora a sua disposizione. In chiusura di serata troviamo come atteso la lunga suite che da il nome all’ultimo album… e dobbiamo ammettere che – nonostante la complessità di digerire un pezzo così lungo magari ancora non assimilato benissimo – la scelta di ‘chiudere’ (al netto dell’encore) la serata con questo brano si è rivelata vincente. Complice una scenografia azzeccata, volumi finalmente perfetti e le belle scene cinematografiche proiettate sullo schermo dietro la band; le multiformi sezioni della suite colpiscono l’attenzione, guidandoci attraverso mondi diversi ben rappresentati appunto dalle immagini sullo sfondo: la complessa parte iniziale viene infatti rappresentata da faticose scene di uomini che scalano montagne, la liquida sezione centrale ci richiama tranquillizzanti immagini di vita sottomarina mentre le emozionanti scene di volo accompagnano la liberatoria parte finale. Davvero un ottimo lavoro di unione di musica e immagini, dobbiamo ammetterlo. Curiosamente è un’altra lunga suite a chiudere lo show, e le vibranti note di ‘The Count Of Tuscany’ pervadono quindi l’aria del palazzetto per ultimi venti minuti di musica, guidandoci prima attraverso le verdi colline Fiorentine e poi dentro le sinistre segrete di un maniero, sempre accompagnati dalla voce di Labrie che ci racconta come ‘tema per la sua vita’, prima di tornare però all’anelata libertà per un bel lieto fine.
Si chiude di fatto così uno show che ha avuto dalla sua una certa leggerezza, qualità che a volte è mancata alle esibizioni della band, aiutata qui dalla scelta di concentrarsi su meno brani ma più lunghi, che la band si è presa il tempo di rappresentare alla perfezione davanti alla folla meneghina presente. Peccato per la scarsa affluenza, ma serata decisamente positiva.

 

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