Paradise Lost @ Campus Industry – Parma, 14 ottobre 2022

Il 28/10/2022, di .

Paradise Lost @ Campus Industry – Parma, 14 ottobre 2022

Seppur conoscendoli da una vita e avendo avuto la possibilità di vederli dal vivo decine di volte, dai loro brillanti esordi fino al successo fulmineo che li portò a essere uno dei gruppi su cui puntare, per la rinascita del metal anglosassone ed europeo in generale – in ordine sparso, ricordo di averli ammirati come headliner al Dynamo Open Air di Eindhoven, di spalla ai Sex Pistols nella loro celebrata e celebre data allo Stadio Olimpico di Roma, al Monsters Of Rock di Castle Donington, nel pieno del boom provocato dal dirompente ‘Draconian Times’, o, più recentemente, al Graspop Festival, in una data che ha un po’ rivoluzionato la mia posizione sul conto dei Paradise Lost, i quali, a mio avviso e per fortuna nostra, si sono ritrovati solennemente intrepidi e smaglianti grazie ad ‘Obsidian’, full length album dal quale l’ispirazione è tornata a sgorgare a fiotti e dal quale, secco e perentorio, è giunto l’ammonimento, che per la band di Halifax è forse quasi vietato allontanarsi troppo dalla propria strada maestra. E che il rimettersi in discussione ha probabilmente giovato anche in sede live, viste le ottime prove offerte negli ultimi mesi, con la band che suona compatta ed essenziale, meglio focalizzata su sé stessa e meno dispersiva, questa almeno è la mia idea sugli ultimi passaggi dei Paradise Lost, idea che verrà confermata anche nella suggestiva data al Campus Industry Music di Parma, unica tappa italiana estratta dalla tournée europea e tra l’altro suffragata da una notevole partecipazione di pubblico, una presenza tanto folta e considerevole che non era così scontata se pensiamo che, nel solo hinterland milanese, la stessa sera suonavano sia Cradle Of Filth che Tygers Of Pan Tang. Il metal tira, e pure parecchio, e che i suoi detrattori si mettano definitivamente il cuore in pace…

All’interno del club parmense, da segnalare tra i più attivi e intraprendenti a livello nazionale per quanto riguarda la programmazione metal, soprattutto se di stampo estremo, si è potuta respirare l’aria trionfale delle grandi occasioni, alla cui riuscita hanno partecipato, seppur parzialmente, anche i francesi Hangman’s Chair, nell’ingrato compito di gruppo spalla quasi del tutto sconosciuto, nonostante ben sei album alle spalle, l’ultimo dei quali uscito addirittura su Nuclear Blast, il discreto ‘A Loner’ pubblicato nella primavera scorsa. Piuttosto attratto da Type 0 Negative e anche dai disturbanti In The Nursery, il quartetto transalpino è apparso volenteroso e in grado di piazzare il colpo giusto, peccato solo che certe matrici rischiano di grattare il fondo del barile, specie se incappi nella serata sbagliata, e i suoni e le idee non ti assistono nella giusta maniera, almeno questo è quanto riportato dall’esibizione al Campus Industry. Poco male, il tempo per rifarsi ci sarà in abbondanza, la stoffa c’è tutta e brani emotivamente gelidi e nichilisti tipo ‘An Ode To Breakdown’, ‘Who Wants To Die Old’ e ‘Cold & Distant’ lo dimostrano ampiamente.

Con i Paradise Lost ci si addentra in una dimensione forse più congeniale, che sentiamo familiare e meno sfuggente, presi per mano da una band che ha riscoperto vecchie passioni, nonostante sia rimasta scioccata dall’improvviso e inatteso abbandono del drummer Waltteri Väyrynen, passato subito in forza agli Opeth. Un imprevisto che ha complicato non poco i loro piani, rischiando di azzerare appunto la tournée europea alle porte, “salvata” praticamente in extremis con il reclutamento di Guido Montanarini, batterista milanese già partner artistico di Gregor Mackintosh negli Strigoi, l’oscuro progetto death’n’doom avviato dal chitarrista quasi un lustro fa, e appena uscito sul mercato con il secondo, nuovissimo album ‘Viscera’. Ragion per cui la data italiana si è rivelata estremamente funzionale e diciamo “tattica”, e non appena l’opener ‘Enchantment’ ha esploso tutta la sua livida poesia, dubbi e timori son stati spazzati via con quella naturalezza innata nei grandi gruppi, e i Paradise Lost lo hanno rivendicato immediatamente, tale importante ruolo, non abdicando ma ribattendo colpo su colpo: ‘Forsaken’, primo assaggio dall’eccellente ‘Obsidian’, ‘Blood And Chaos’, ma soprattutto ‘Faith Divides Us – Death Unites Us’ ed ‘Eternal’, dal pionieristico ‘Gothic’, hanno scosso il Campus Industry sin dalle fondamenta, elettrizzando il pubblico forse sorpreso dalla foga dello storico quintetto. Nick Holmes, da perfetto gentleman inglese, ha sempre fatto della compostezza e dello stile i suoi migliori tratti distintivi assieme all’ugola urticante e tagliente, che però ha trasformato meravigliosamente bene quando il caso lo ha richiesto, pagando dazio prima con la magnifica ‘One Second’, e lasciandola poi in balia di ‘Serenity’ e di ‘The Enemy’ specialmente, canzone roboante e che tanto dice sulla grandezza dei Paradise Lost. ‘As I Die’ è stato un break improvviso, a ritroso nel tempo, ribadito con prepotenza da ‘The Last Time’ a sfumare le suggestioni marchiate ‘Draconian Times’, preso in consegna dalla chitarra “aristocratica” e fremente di Greg Mackintosh, autentico mattatore della serata. Alla malinconica ‘Say Just Words’ il compito di chiudere le ostilità, prima dei sussulti finali, con la vibrante ‘Darker Thoughts’ e la sontuosità gridata a pieni polmoni da ‘Embers Fire’, brano che fece letteralmente epoca e che indirizzo le fortune del gruppo inglese, trasformatosi da alfiere a re assoluto del metal anglosassone, meglio se a tinte oscure… Con la sincopata, darkeggiante ‘Ghosts’ è definitivamente calato il sipario, su questo incredibile show, capace sia di abbracciare una catarsi liberatoria che di movimentare le pulsioni più basiche e primitive. Distillando l’essenza dell’uomo.

 

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