Meshuggah – Album per album

Il 03/04/2017, di .

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Meshuggah – Album per album

Dopo l’intervista esclusiva vi proponiamo un’analisi album per album, fino a ‘Koloss’, della discografia dei Meshuggah. Una grande firma di Metal Hammer torna sulla carriera degli svedesi passo a passo con dei brevi commenti.

‘Contradictions Collapse’ – May 1, 1991 – Nuclear Blast
Il primo disco dei Meshuggah, da me stroncato. Risentito con il senno di poi non è un disco bruttissimo, anzi, ma è un tentativo molto acerbo di riprendere il discorso iniziato – e subito abbandonato – dai Metallica con “And Justice For All”. Interessante in prospettiva con quello che sono diventati i Meshuggah dopo, ma certo il loro disco meno interessante

‘None’ (EP) – November 8, 1994 – Nuclear Blast

Una specie di reset del suono dei Meshugah – l’ovvia influenza dei Metallica è quasi scomparsa, e al posto c’è una “mostruosità” come Aztec Two-Step. Un sacco di persone che avevano apprezzato Contradiction Collapse scosse la testa incredula: era lo stesso gruppo? Per me, i Meshuggah iniziano qui

‘Destroy Erase Improve’ – May 12, 1995 – Nuclear Blast

Per molti questo è “Il disco” dei Meshuggah, perchè contiene “Future Breed Machine”, che è stato il loro pezzo “signature” per tanto tempo (e per qualcuno lo è ancora), anche solo per la versione “misheard lyrics” (“Computer DVD!”) che ha fatto furore su YouTube. Il che è un peccato, perchè è un disco bello dall’inizio alla fine. Particolarmente i pezzi più “strani” come “Inside What’s Within Behind” e “Vanished”.

‘Chaosphere’ – November 10, 1998 – Nuclear Blast

Tre anni dopo DEI, questo disco spiazzò molti di coloro che avevano apprezzato il disco precedente, ma avevano comprensibilmente pensato che quello successivo sarebbe stato più “accessibile”. Invece i Meshuggah premono sull’accelleratore e creano una specie di mecchina tutta spuntoni e lame, come nella migliore tradizione dei film alla Mad Max. “The Mouth Licking What You’ve Bled” fa letteralmente scappare qualcuno inorridito, mentre altri (tipo chi scrive!) sono attirati come le classiche falene da una fiamma.

‘Nothing’ – August 6, 2002 – Nuclear Blast

Quattro anni passano prima che esca Nothing, un lasso di tempo enorme per tanti gruppi. Ma ne vale la pena, anche se la sensazione di spiazzamento aumenta e molti fan di DEI semplicemente si arrendono, mentre altrettanti fan nuovi scoprono il gruppo. Un disco enormemente cupo e violento, da sentire da cima a fondo. “Perpetual Black Second”, “Spasm”, “Stengah”, “Glints Collide” parlando di un metal nuovo e inesplorato. Ri-pubblicato quattro anni dopo con suoni di chitarra nuovi (io preferisco la seconda versione). Semi ufficialmente questo è il disco di partenza del genere djent, a cui però il gruppo non si sente associabile

‘I’ (EP) – July 13, 2004 – Fractured Transmitter

Questo EP (un pezzo unico di 21 minuti suonato come una jam session) è ufficialmente per molti il segnale che i Meshuggah sono proprio diventati “Meshuggah” (“pazzi” in linguaggio yiddish). Una “tremenda fanfara” che i fan hanno richiesto più volte dal vivo, ricevendo (come spesso capita con i Meshuggah) – essendo un pezzo completamente improvvisato, difficile riproporlo come canzone “normale” su un palco. Detto questo, i Meshuggah hanno fatto cose ben più strane.

‘Catch Thirtythree’ – May 16, 2005 – Nuclear Blast

Forse il capolavoro del gruppo, e uno dei dischi più spiazzanti mai fatti da un gruppo metal “importante”. Pezzo unico di 47 diviso in “movimenti” simili a canzoni (ma senza interruzioni), evita il destino di altri esperimenti “prog” di questo genere con dosi enormi di violenza e di stranezza qui veramente aliena, e mettendo, come ogni buon gruppo metal deve fare, il riff spaccaossa al centro del tutto. Un disco ossessivo e ossessionante, che forse ha condizionato un certo modo di fare metal di frontiera come nessun altro. Anche il metodo compositivo e di registrazione fu anomalo – la band compose i pezzi praticamente tutti insieme nello stesso studio, e sia batteria che basso furono campionati. Da ascoltare e amare (o odiare) in toto, C33 non è un disco che ammetta mezze misure

‘obZen’ – Released: March 7, 2008 – Nuclear Blast

“Obzen” è “Bleed”? “Bleed” è “Obzen”? Il vero pezzo signature dalla band, e un nuovo salto di ferocia, all’interno di un disco molto diverso da Catch 33, prodotto all’insegna di una perfezione e precisione ai limiti dell’inumano. L’ennessimo cambio di direzione fece qualche vittima fra chi voleva un nuovo C33, ma sarebbe stupido negare come Obzen, per quanto artificiale in tanti punti, è il disco che ha fatto conoscere il gruppo ad una nuova generazione di ascoltatori. “Pravus”, “Dancers of a Discordant System” e ovviamente “Bleed” i pezzi più memorabili, ma tutto il disco è sorprendentemente accessibile.

‘Alive’ – February 5, 2010 – Nuclear Blast

Arriva il disco dal vivo ed è esattamente quello che ci si protrebbe aspettare dai Meshuggah – per esempio nella track-list “Future Breed Machine” viene volutamente ignorata, nonostante il gruppo la faccia regolarmente dal vivo. I pezzi suonato tutti “bene”, ma le prestazioni migliori visive sono probabilmente quelle registrate nel colossale Saitama Super Arena a nord di Tokyo, nel primo tour giapponese della band. L’attenzione è tutta concentrata su Jens Kidman (il cantante) e sui suoi surreali intermezzi (“Tokyo, mi senti? C’è un sacco di silenzio qui! Un concerto metal non dovrebbe essere più rumoroso?”)

‘Koloss’ – March 23, 2012 – Nuclear Blast

Altro disco, altro cambio di direzione. Questa volta chi rimane spiazzato è il pubblico che era arrivato con “Obzen” e con “Bleed”. Invece del gelo chirugico del disco precedente, il gruppo impone (perchè i Meshuggah raramente propongono) una pesantezza e una durezza mostruosi – e l’aggettivo per una volta non è buttato via. A costo di rinunciare per una volta a quella che sembrava essere la loro caratteristica principale, cioè l’estrema complessità dei ritmi. Un disco forse lievemente di transizione, che pero contiene futuri classici: “Koloss”; “The Hurt That Finds You First”, e un vero capolavoro, cioè l’implacabile “Swarm”, primo pezzo scritto dalla band in sala prove da almeno un decennio, e che punta a chissà quali svolte future…

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