Nevermore – The best of the best

Il 31/01/2000, di .

Nevermore – The best of the best

Hanno fatto incetta di riconoscimenti nella Poll lettori di fine anno, hanno surclassato tutte le altre band nella corsa al titolo di “Gruppo del 2000’, hanno dato alla luce quello che, all’unanimità, è considerato l’album capolavoro dell’anno appena concluso. Alla luce di questo e in vista della passerella d’onore che i Nevermore compiranno nel nostro paese tra marzo e aprile, abbiamo voluto dedicare l’esclusivo servizio che segue ad una delle band più influenti nella nuova corrente heavy metal. Nelle parole del leader Warrel Dane, l’universo della strabiliante band di Seattle

 

Avevamo incontrato Warrel Dane a settembre, alla vigilia dell’uscita di ‘Dead Heart In A Dead World’, quinta fatica in studio per i Nevermore, una della band più stimate ed apprezzate nella scena metal contemporanea. Quella volta la chiacchierata era stata all’insegna della speranza e della fiducia in un lavoro sul quale la band di Seattle aveva scommesso molto, aveva rischiato, sperimentato e, orgogliosa, si apprestava a mostrare la nuova creatura ai famelici ed esigenti fan. Quella che segue, invece, è una chiacchierata in cui il leit motiv è la “conferma”. ‘Dead Heart In A Dead World’ non è più una speranza, è ormai una splendida realtà destinata a rivoluzionare il mondo dell’heavy metal e la facilità con la quale si è aggiudicato la palma di “Miglior Album del 2000” tra i lettori, ne è una prova tangibile. Così come la vittoria con distacchi imbarazzanti dei Nevermore nella classifica riservata alle band del 2000 e la presenza dei componenti di questa band in un ideale super-gruppo, non fa che confermare il combo di Seattle come realtà in grado di aprire un’era, tracciando con la sua musica una nuova via per la musica estrema e traghettando, con il suo unico, inconfondibile sound, l’heavy metal nel nuovo Millennio. Con un sempre simpaticissimo Warrel Dane abbiamo tracciato un primo bilancio della carriera dei Nevermore, rivivendo assieme a lui le fasi salienti della storia di questa straordinaria band e cercando di scoprire cosa ha in serbo il futuro per la band statunitense e per tutti gli amanti del suo potente “power-speed-thrash-metal”.
Ok, Warrel, è con grande piacere che ti comunico che i Nevermore hanno stravinto il nostro sondaggio di fine anno, risultando per i nostri lettori la migliore band del 2000!
“That’s really fuckin’great! Sono contentissimo per questo risultato ottenuto, un po’ lo specchio di quanto è successo attorno a noi dopo la pubblicazione di ‘Dead Heart In A Dead World’. Ricevere questi consensi in Italia, comunque, ci fa particolarmente piacere, perché il vostro è un paese che tutti noi amiamo infinitamente. E speriamo che questa vittoria sia di buon auspicio per una nostra apparizione al prossimo Gods Of Metal!”.
Sarebbe grandioso, sempre che le tue labbra non subiscano ulteriori traumi!
“(Scoppiando a ridere) E’ meglio non parlarne! Ho visto l’altro giorno le immagini della nostra esibizione al Gods di tre anni fa; io perdevo sangue dal labbro (pochi giorni prima dell’esibizione al Gods Of Metal, Warrel era stato urtato dal basso di Jim Shepperd procurandosi una lacerazione al labbro che lo aveva costretto ad esibirsi a Milano con alcuni punti di sutura, N.d.A) e sembravo appena uscito da un film dell’orrore!”.
Anche ‘Dead Heart In A Dead World’ ha riscosso ottimi consensi nella Poll di fine anno, venendo eletto dai lettori come “Best Album” del 2000. Un’ulteriore dimostrazione dell’importanza che oggi rivestite nella scena metal mondiale. Come ti spieghi questi risultati?
“Sono risultati che mi entusiasmano, nessuno di noi se li aspettava e, come tutte le sorprese, sono una ragione in più di soddisfazione. Non so darti una spiegazione, però, a tutto questo, perché non ci siamo certo messi a scrivere l’album ponendoci obiettivi di questo genere! L’unica cosa che tutti noi vogliamo quando entriamo in studio è dare il meglio di noi stessi, perciò se, a fine anno, arrivano risultati come questo, sono una conferma che quanto abbiamo fatto era stato fatto bene. Guardandomi alle spalle, però, devo dire che tutto il 2000 è stato un anno estremamente positivo per noi. Quando abbiamo iniziato a incidere ‘Dead Heart…’ si era creata un’atmosfera tale in studio, che lasciava presagire qualcosa di grande. Avevamo tutti una forza interiore enorme, una motivazione mai avuta prima di allora, forse perché ci rendevamo conto quanto rappresentasse per noi quell’album. Il segreto del valore di ‘Dead Heart…’, se mai di segreto si può parlare, forse sta proprio nella nostra determinazione in studio”.
Proseguendo con l’elenco dei riconoscimenti riscossi quest’anno, posso dirti che un singer che forse conosci abbastanza bene, tal Warrel Dane, è stato inserito al terzo posto nella graduatoria riservata ai cantanti, subito dietro a due mostri sacri come Bruce Dickinson e Rob Halford…
“Veramente? Mi hanno votato? Non ci credo! Non mi sono mai considerato un grande cantante, semplicemente ho cercato di far rendere al massimo quello che ho sempre fatto. Cantare è una cosa naturale per me, è principalmente un divertimento, quindi mi sorprende aver raggiunto un simile risultato”.
Eddai, non fare il modesto! Proprio uno scarpone di cantante non sei!
“Ah! Ah! Hai ragione, però dopo aver “sopportato” Andy (Sneap, produttore di ‘Dead Heart…’ N.d.A) gridarmi dietro per giorni e giorni ‘Come’on, baby, puoi fare meglio! Spaccaci il culo!’ Dubbi me n’erano venuti!”.
Facendo un’auto-analisi, pensi di badare di più al lato tecnico o a quello emozionale del tuo cantato?
“Credo sia una giusta via di mezzo tra queste due cose. Per il particolare genere di musica proposto dai Nevermore, devo tenere i piedi in due scarpe, cosa che non molti cantanti fanno al giorno d’oggi. Vedi, attualmente si sta assistendo ad una standardizzazione dei singer, voglio dire: se un gruppo suona heavy metal si assiste ad una gara tra cantanti per essere il più fieri e epici possibile, se un gruppo basa tutto sulla tecnica, si vedono i cantanti perdersi in eccessivi ed inutili virtuosismi. Io credo che sia importante bilanciare questi due aspetti, in modo da rendere la propria musica fruibile a audience differenti”.
Venendo ai Nevermore. Ci eravamo incontrati a settembre per la promozione del vostro nuovo album, ora siamo a marzo. I mesi che sono trascorsi sono stati estremamente vivi e stimolanti, per voi!
“Puoi dirlo forte! Abbiamo suonato negli State assieme agli In Flames ed è stato spettacolare! Sono una band fenomenale e, soprattutto, ottimi ragazzi con i quali è stato piacere convivere nel corso del tour. Abbiamo stravolto il Canada assieme agli Shadows Fall e, soprattutto, abbiamo avuto modo di aprire gli occhi su quella che è la situazione dell’heavy metal negli States. Nell’underground si muovono band di grande valore, ci sono sempre più persone che hanno seguito questo filone e la situazione fa certamente ben sperare per il futuro. E un’ulteriore prova di quanto ti ho detto l’avremo verso aprile quando torneremo a suonare su e giù per l’America con gli Opeth”.
Pensi sia possibile stilare un primo bilancio per ‘Dead Heart…’ per quanto riguarda pubblico e critica?
“Well, a dire il vero sto ancora aspettando di leggere una recensione negativa dell’album! Tutti hanno parlato molto bene del disco e l’unica critica negativa che ci è giunta, ci è stata rivolta da un magazine di Seattle!”.
Però! La vostra città natale che vi pugnala alle spalle!
“Sì, gira e rigira va sempre a finire così! La cosa bella è che sono andati giù veramente pesanti, hanno detto che l’album era una merda, che suonava troppo ottantiano. ‘…E’ come un pessimo cheesburger’ – hanno scritto –‘lo mangi e ti sembra buono, poi ti svegli al mattino e ti viene da vomitare’. Tutto il mondo parla bene dell’album e poi arriva un giornaletto locale e ti tira giù mazzate simili!”.
Simpatici, i ragazzi di Seattle!
“Era una ragazza…bitch! No, il problema che affligge i giornalisti di Seattle, è quella che io chiamo post grunge depression, una sorta di frustrazione che colpisce chi ha vissuto a pane e grunge per troppo tempo. Questi individui faticano a capire che il grunge è morto e continuano a cercarlo in tutto il resto delle altre band. Capisci che se cerchi echi grunge nella musica dei Nevermore fai un gran buco nell’acqua! Ora scherziamo, però ti assicuro che a Seattle è venuta a crearsi una situazione veramente pesante. Moltissimi ragazzi sono stati bombardati per anni con questo nuovo trend lanciato da MTV, e quando questo si è spento si sono trovati a vagare imbambolati e privi di punti di riferimento ”.
Ai vostri concerti, comunque, la risposta del pubblico è stata soddisfacente…
“Assolutamente! Il risultato dei nostri spettacoli ha rispecchiato a pieno i buoni risultati ottenuti da ‘Dead Heart…’. Abbiamo proposto buona parte dell’album e i fan hanno dimostrato di aver già assimilato bene le nuove canzoni, nonostante siano più complesse ed elaborate che in passato. Ricordo quando avevamo inciso ‘Dreaming Neon Black’ e la gente veniva a complimentarsi con noi dicendo che avevamo toccato l’apice. Ora le stesse cose vengono dette per ‘Dead Heart…’ e la cosa mi spiazza leggermente. Se per due volte abbiamo toccato il top, allora è possibile toccarlo una terza, non trovi? Quindi il prossimo lavoro sarà possibilmente ancora più estremo di questo album e alcune soluzioni sonore ancora più esasperate. Sì, ‘Dead Heart…’è il massimo ottenibile per i Nevermore del 2000, i fan ce lo hanno riconosciuto e ci hanno ripagati a pieno. Adesso, però, bisogna voltare pagina e compiere un altro passo importante per la nostra carriera discografica”.
Quindi con il prossimo lavoro dobbiamo attenderci qualche sorpresa?
“Quando stavamo lavorando a ‘Dead Heart…’, l’impressione che si aveva era quella di trovarsi in un grande laboratorio sonoro. Abbiamo prestato molta attenzione al sound delle chitarre, cercando di andare ad esplorare una nuova dimensione per quanto riguarda questo strumento. Secondo noi, se si deve parlare di modernismi in casa Nevermore, ci si deve riferire a questo, quindi gli amanti dei Sanctuary non devono temere sterzate alla Korn o alla Limp Bizkit! Con questo album abbiamo iniziato ad usare le chitarre in maniera differente, adottando soluzioni che ci hanno aperto grandi porte in chiave futura. Non chiedermi come suonerà il nuovo album dei Nevermore, perché non saprei proprio risponderti, però posso dirti che quello che stiamo facendo ci sta esaltando e contiamo di continuare a ‘sperimentare’ anche in futuro”.
Quindi possiamo aspettarci anche un’altra folle cover come già avvenuto con ‘The Sound Of Silence’?
“Mah, chissà! Intanto dal vivo ci siamo dilettati a riproporre in chiave Nevermore una vecchia song dei Doors e questa ha preso la stessa via di ‘The Sound Of Silence’. E’ venuta fuori estremamente oscura ed inquietante!”.
Oddio, avete distrutto un altro classico!
“Sì, è troppo eccitante!”.
Prima hai accennato ai Sanctuary, la tua vecchia band in grado di riscuotere, nel giro di due album, grandi successi e ottime critiche. Cosa ti è rimasto di quel periodo?
“Principalmente il ricordo di momenti speciali vissuti assieme a loro, e l’acquisizione di cose rivelatesi poi importanti, fondamentali al momento di intraprendere l’avventura con i Nevermore. Abbiamo passato anche momenti tristi, estremamente negativi con i Sanctuary, tanto che ho legato a questi periodi i ricordi più bui della mia carriera, però cerco sempre di far affiorare il lato positivo di questa avventura perché, come ti ripeto, è stata fondamentale per me e senza i Sanctuary forse, oggi non ci sarebbero i Nevermore”.
Sono passati ormai dieci anni, all’epoca eravate poco più che ragazzi, eppure per molti heavy metal fan, ancora oggi i Sanctuary rappresentano qualcosa di importante. Come ti spieghi tutto questo fascino che questo nome ancora esercita a distanza di così tanto tempo?
“Forse perché all’epoca, nel panorama thrash-speed metal, i Sanctuary erano una delle migliori band in circolazione! Abbiamo vissuto quel periodo in modo molto intenso; siamo stati come una meteora, infatti abbiamo realizzato solo due album, però in grado di lasciare il segno. Penso che, più che fascino, nei metal fan rimanga il rimpianto, l’impressione di trovarsi al cospetto di qualcosa di incompiuto, di qualcosa che si è spento all’improvviso quando ancora brillava intensamente”.
Tre canzoni Tre, che contengano a pieno l’essenza della musica dei Nevermore.
“Solo tre? My god! ‘The Learning’ da ‘Politics…’, ‘Dreaming Neon Black’ dall’omonimo album e ‘The River Dragon Has Come’ dall’ultimo lavoro. Sono le tre canzoni che mostrano le tre differenti facce del sound dei Nevermore, la potenza, la tecnica e la melodia”.
L’Italia vi attende ora, dopo avervi eletti band dell’anno, alla prova live…
“Già, verremo due volte a suonare da voi nel giro di poche settimane. Verremo ad aprile assieme a Dimmu Borgir, In Flames e Lacuna Coil, una band che trovo fantastica! E prima saremo da voi a marzo nel corso del nostro tour, un’occasione buona per godervi dal vivo tutta l’energia sprigionata sull’album”.
Quindi pensi che i Nevermore che vedremo sui palchi italiani siano gli stessi che abbiamo apprezzato su disco?
“L’energia è la stessa, però la dimensione in studio è completamente differente da quella live! Io adoro registrare dischi perché, come detto in precedenza, quando entriamo in studio sembra di essere in un laboratorio, vengono fuori le soluzioni più folli e deviate…trovo molto stimolante vedere crescere la canzone, lavorare sulla struttura di un pezzo assieme agli altri, cercando di arricchirlo passo dopo passo con soluzioni sempre imprevedibili e intricate. Però, allo stesso tempo, credo che l’energia in grado di infondere un’esibizione dal vivo sia qualcosa di indescrivibile. Tu dai energia ai ragazzi con la tua musica, e loro te la restituiscono vivendo al 100% il concerto”.
Well, Warrel, l’intervista è giunta al termine. E’ stato per me un onore poter conversare con il leader della band simbolo del 2000!
“Ma non fare il pirla (traduzione fin troppo italianizzata ma che rende comunque l’idea, N.d.A)! Piuttosto, vieni a vederci durante il nostro tour italiano; si potrebbe sempre andare a mangiare assieme una pizza Margherita. L’originale, con spinaci e gorgonzola!”.
E’ pazzo, Warrel, completamente pazzo. Ma forse è anche in questo il segreto dell’enorme successo dei Nevermore!
LA MADRE DI TUTTE LE DOMANDE:
Album by Album by Warrel Dane

‘Nevermore’ (1995)
E’ il nostro primo album, il lavoro che ha segnato il nostro ritorno alla musica dopo l’esperienza Sanctuary. Più che un album continuo a considerarlo quasi un demo, perché racchiude quelle song che ci hanno poi portato al contratto con la Century Media, inoltre denota tutte quelle piccole imperfezioni, quei problemi di affiatamento comuni a tutte le opere prime, e anche il sound è estremamente grezzo.

‘In Memory EP’ (1996)
Contiene cinque canzoni scritte ancora per il primo lavoro e che non avevano trovato spazio in esso. Quando ci siamo trovati a scrivere i pezzi per ‘The Politics Of Ecstasy’, ci siamo resi conto che quelle canzoni non avrebbero trovato spazio nemmeno in questo album, quindi, visto che ci dispiaceva sprecarle, abbiamo pensato bene di realizzare questo EP. E nonostante sia stato pubblicato in contemporanea con ‘The Politics…’, è abissale la differenza di sound

‘The Politics Of Ecstasy’ (1996)
E’ un album a mio modo di vedere le cose, controverso, perché contiene canzoni senza dubbio complicate che hanno spiazzato gli ascoltatori abituati al nostro sound degli esordi, tanto che, paragonato a ‘In Memory’, finisce per far sembrare l’EP un lavoro commerciale! E’ il primo album in cui fa capolino la tecnica pura, è un album che esalta le nostre doti di musicisti e che inizia a delineare quella che sarà la natura dei Nevermore. E’ l’album nel quale la nostra casa discografica ha deciso di darci la libertà assoluta; noi avevamo bisogno di incidere un album simile e la Century Media non ci ha posto limiti, quindi abbiamo potuto dare fondo alla nostra inventiva, abbiamo incluso canzoni abbastanza lunghe e complesse. Molta gente lo considera il nostro album migliore, altri non lo hanno capito perché lo hanno trovato troppo complicato.

‘Dreaming Neon Black’ (1999)
Con questo album abbiamo fatto un altro piccolo passo in quanto ad azzardo e sperimentazione, lanciandoci per la prima volta nell’eccitante mondo dei concept album. E’ un lavoro speciale, per me, perché legato a miei ricordi personali. C’è molto di me nelle liriche di questo album, parla di mie esperienze personali, quindi il suo valore aumenta. E’ forse un punto di svolta nella nostra carriera, ci vede maturati come songwriters e contiene alcune delle canzoni più belle mai scritte dai ‘Nevermore’

‘Dead Heart In A Dead World’ (2000)
E’ l’album che vede il processo di songwriting estremizzato all’ennesima potenza, è un lavoro che consolida la personalità del sound dei Nevermore ma, allo stesso tempo, ci lascia aperte molte porte in chiave futura. Il sound è abbastanza moderno, soprattutto per quanto riguarda le chitarre, abbiamo dato ampio risalto alla sperimentazione e, anche dal punto di vista vocale, ho cercato di spingermi sempre oltre, invitato/istigato dal produttore Andy Sneap, un mostro in fatto di heavy metal estremo.

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