Megadeth – Shadow Of Death

Il 17/06/2005, di .

Megadeth – Shadow Of Death

Il presente, il passato ed il futuro di una delle più importanti metal band del Globo nelle parole di un pacato Dave Mustaine, incontrato nell’immediato after show del Gods Of Metal bolognese.

Sono lontani i tempi in cui bastava il nome “Dave Mustaine” per incutere timore e provocare tremolii assortiti nello scribacchino che da lì a poco si sarebbe stato condotto al suo cospetto. Vuoi perché l’abito da rock star il rosso chitarrista l’ha ormai smesso da tempo, vuoi perché il passare degli anni, il rincorrersi di esperienze e gli ultimi problemi di salute fortunatamente superati, hanno fatto maturare il cantante/chitarrista statunitense, smussandone gli spigoli caratteriali, frenandone l’irruenza e facendone emergere il lato più riflessivo e pacato. Eccolo quindi smanioso di parlare con la stampa nell’immediato after-show del Gods Of Metal bolognese e rispondere con grande cordialità e con un pizzico di ironia anche alle domande più scomode. Uno stato di relax reso tale anche dalla buona riuscita del concerto, al quale il pubblico italiano ha risposto con grande partecipazione.
Dopo il sold out nella data milanese dello scorso febbraio, avete avuto oggi una nuova testimonianza di quanto il popolo metal italiano sia affezionato alla tua band, vero Dave?
“(Dave Mustaine) I Megadeth sono una band che da sempre ha un grande feeling con il pubblico o italiano, e questo penso che la gente lo sappia. Il mio rispetto per l’audience italiana è qualcosa di molto profondo perché incarna al meglio il concetto di amore, di rispetto e di passione per una band. Più di ogni altro Paese l’Italia sa trasmettere alla band tutto il suo affetto, vi è uno scambio emotivo molto forte durante lo show e questo lo si può tranquillamente vedere dal modo in cui il pubblico italiano vive lo spettacolo, partecipando attivamente, muovendosi, incitandoti dall’inizio alla fine. In America le cose vanno in modo decisamente diverso, sembra di avere davanti dei morti e la voglia di mandare tutti a farsi fottere è tanta. Qui è diverso: siamo partiti questa mattina dalla Finlandia, abbiamo fatto un viaggio allucinante per poter essere qui a Bologna eppure quando sono sceso dall’aereo tutta la stanchezza è sparita e ha lasciato spazio all’entusiasmo, perché io amo questo Paese e amo il pubblico italiano”.
Pensi abbia ancora senso parlare oggi dei Megadeth come una vera band, e non come un progetto di Dave Mustaine?
“Questa è una condizione che pare ripetersi: quando ho iniziato l’avventura con i Megadeth la gente non faceva altro che considerare questo gruppo come un progetto di Dave Mustaine, oggi, a vent’anni di distanza, mi trovo ancora a fare questo tipo di distinzione. Il fatto è questo: ogni volta che ho provato ad avere una vera band con me, e per vera band intendo una serie di musicisti in grado di mettere le loro idee al servizio della nostra musica, liberi di dire la loro e di esprimersi senza vincoli, insomma, una condizione assolutamente democratica, la musica dei Megadeth è cambiata troppo, ne è uscita snaturata. Quando la band si è fermata per via dei miei problemi al braccio ho avuto modo di pensare molto a questo, tanto che, quando sono tornato a suonare facendo tutto da me, ho ricominciato a fare in tutto e per tutto ciò che mi piaceva, perché sono tornato a fare musica per me, non per compiacere a qualcuno. Ed il successo di ‘The System Has Failed’ dimostra che ho avuto ragione, perché racchiude la vera essenza dei Megadeth.”
Nessuno della “vecchia guardia” ha voluto seguirti fino in fondo in questa tua nuova avventura. Hai proprio rotto con tutti?
“Assolutamente no! Con gli altri ex membri della band i rapporti sono ancora abbastanza buoni: Chris Poland ha lavorato con me in ‘The System Has Failed’, Chuck Behler e Jeff Young sono tutt’ora miei amici, Marty…è Marty, DeGrasso sta collaborando con Montrose, Al Pitrelli è tornato a suonare con Savatage e Transiberian Orchestra… solo con Dave Ellefson non posso dire di essere rimasto amico perché in passato mi ha profondamente ferito. Ha messo più volte il denaro davanti all’amicizia e facendo così mi ha mancato di rispetto. Comunque quello che conta veramente ora, è che sia soddisfatto in tutto e per tutto dei ragazzi con i quali sto portando nuovamente in giro il nome dei Megadeth”.
Dopo i problemi al braccio che avevano messo a repentaglio la tua carriera sei tornato in perfetta forma. Pensi sia possibile parlare di un nuovo inizio per Dave Mustaine?
“Ho passato un periodo decisamente pesante, perché da un giorno all’altro il mio cervello ha smesso di comunicare con il mio braccio, e quindi non riuscivo più a coordinare i movimenti, non riuscivo più a muovere le dita ed ovviamente non potevo più suonare la chitarra. In un certo senso la cosa più difficile in tutto questo è stato dover nuovamente imparare a suonare la chitarra dopo il periodo di inattività…ma in ogni cosa c’è un lato positivo, ed in questa è che, dovendo ricominciare tutto da capo ho scoperto cose che prima non sapevo, ho migliorato alcuni aspetti del mio modo di suonare ed ora hai davanti un musicista migliore”
Dobbiamo considerare quello della malattia il momento più brutto e difficile della tua carriera?
“No, anche perché dalla malattia sono uscito rafforzato e migliorato. Il punto più basso è stato quando Gar (Samuelson, N.d.A) è venuto a mancare, ed io non ho fatto in tempo a vederlo prima che morisse. Suonare assieme ci aveva legato in un modo molto forte, come solo la musica può unire, poi i casi della vita avevano portato le nostre strade a separarsi. L’ho sempre rispettato come musicista e come uomo, e nonostante lo considerassi un amico non ho più tenuto stretti rapporti con lui. Per questo quando mi è stato detto che era morto sono andato in depressione, perché il rimpianto di non essergli stato più vicino e non averlo potuto salutare prima che morisse era ed è grande”.
Qual è invece il momento più esaltante vissuto in questi venti anni con i Megadeth?
“L’apice della mia carriera? Ho avuto un disco al numero 2 in classifica in America ed uno al numero 4 (rispettivamente ‘Countdown To Extinction’ e ‘Youthanasia’, N.d.A) , e questo è un traguardo di cui andare fieri, soprattutto se raggiunto da una heavy metal band. E ‘Countdown To Extinction’ in classifica era subito dietro a ‘Achey Breaky Heart’ di Billy Ray Cyrus, una vera merda per donnicciole, quindi virtualmente eravamo noi al numero uno… questo sarebbe potuto essere il punto più alto della carriera dei Megadeth, ed invece non l’ho vissuto a pieno, perché ero talmente concentrato ad inseguire quel successo che mi era sfuggito con la precedente band, che non sono riuscito a godermi totalmente quello che avevo. Se devo quindi dirti qual è quello che considero l’apice della mia carriera, ti dico : ‘quello che sto vivendo ora’. Essere qui con voi sta sera a parlare della mia carriera e a presentarvi un nuovo capitolo di essa è una delle cose più importanti ed appaganti che potessi desiderare”.
A tratti stentiamo a riconoscere nelle tue parole il Dave Mustaine perennemente incazzato con il mondo intero. Dove hai lasciato la tua leggendaria rabbia?
“Sfogo tutta la mia rabbia sul palco . Quando scendo, invece, cerco di essere più rilassato, certo, sono un essere umano e in quanto tale provo anche io determinate emozioni come la rabbia, dopo tutto sono di origine irlandese e come voi italiani siamo celebri per il nostro caratterino, però oggi ho acquisito consapevolezza riguardo quello che ho e so controllare meglio le mie emozioni. Questa sera sono a Bologna a suonare davanti a migliaia di ragazzi e questo mi basta. Una volta avrei spaccato il mondo per dimostrare a tutti di essere il migliore, oggi mi godo quello che ho, perché sono consapevole che dall’altra parte dell’Oceano ci sono migliaia di ragazzi con una chitarra in mano che sognano di essere al mio posto, quindi è fondamentale comprendere il valore di ciò che si ha. Ho visto tanta arroganza in America, soprattutto tra le nuove band, e questo proprio non mi va giù, perché una regola fondamentale è ricordarsi sempre da dove si è venuti e avere rispetto per chi ci sta davanti. Oggi suono in un grande festival ma l’impegno e l’energia deve essere lo stesso profuso in uno show in un club mezzo vuoto, perché se davanti ho anche solo una persona che non mi ha mai visto suonare, beh, è giusto che quella persona capisca realmente ciò che Dave Mustaine è in grado di fare”.
Non è che, con il successo e la popolarità, la rabbia originaria è venuta un po’ meno?
“Ma io sono ancora arrabbiato! Se non ci credi chiedilo ai miei figli quando rompono troppo! Scherzi a parte, non penso sia necessario vivere determinate situazioni e in determinate condizioni sociali per poter scrivere una buona canzone carica di rabbia. E’ sufficiente guardarti attorno o semplicemente accendere la televisione per trovare spunti interessanti. ‘Kill The King’, ad esempio, l’ho scritta di getto nella mia camera di albergo in Giappone mentre seguivo le elezioni in America tra Clinton e Bush… nulla di studiato a tavolino: guardavo quelle immagini e ‘bam!’ la canzone è venuta fuori da sé. Questo perché io sono fondamentalmente un musicista onesto: non fingo, non recito la parte del perenne incazzato, non scrivo qualcosa perché la gente vuole quello da me: io sono sempre me stesso, forse un personaggio scomodo, ma stai sicuro che se ho qualcosa da dirti te lo vengo a dire in faccia e non aspetto che ti giri per pugnalarti. Sono onesto, e le mie canzoni riflettono questo aspetto della mia personalità”.
Si dice che questo sia l’ultimo tour per i Megadeth. E’ tutto vero?
“Per il momento sì. Poi, io sono abituato a cambiare idea facilmente, però per il momento ho bisogno di andarmene a casa per un po’ di tempo. Voglio continuare a suonare, voglio continuare a collaborare con questi ragazzi perché mi sto veramente divertendo moltissimo con loro e voglio fare divertire ancora chi ama la mia musica, ma tutto a suo tempo. Quando ho inciso ‘The System Has Failed’ avevo materiale a disposizione per tirare fuori due album, quindi volendo avrei già un disco pronto da buttare fuori, però una mia prerogativa è sempre stata quella di dare al pubblico il meglio di me, e per fare questo devo preservarmi, devo coltivare la mia vita dietro le quinte. Suonare tutte le sere tutto l’anno finirebbe per essere dannoso a me e alla mia musica, quindi tutto quello che voglio fare ora è andare a casa, vivere la mia vita, fare esperienze dalle quali trarre ispirazione per la mia musica, e poi stare a vedere cosa mi riserverà il futuro…”

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