Dream Theater – The Spirits Carries On

Il 17/09/2008, di .

Dream Theater – The Spirits Carries On

115 concerti in 105 città in 35 Paesi differenti in 5 diversi continenti. Questo è stato l’imponente “Chaos In Motion Tour”, l’estenuante tournèe che ha portato i Dream Theater ad esibirsi in ogni angolo del globo. E che oggi viene fotografata attraverso ‘Chaos In Motion’, un doppio DVD che immortala le fasi salienti di questo trionfale tour, accolto alla grande anche dai fan italiani che lo hanno subito proiettato in vetta alle classifiche di vendita tricolore. Per saperne di più abbiamo messo Fabio Magliano faccia a faccia con un rilassato Mike Portnoy…

I Dream Theater vivono nell’eccesso. Parole e musica di Mike Portnoy. In questo caso, però, non si tratta di quell’eccesso che ha reso celebri e molto, molto intriganti le vite di Motley Crue, Rolling Stones, Motorhead e compagnia bella. In questo caso l’eccesso al quale si fa riferimento è puramente artistico. Perché come afferma lo stesso batterista della band statunitense, i Dream Theater vogliono sempre di più, sempre più dischi, sempre più concerti, sempre più progetti. E sempre più live album. Ecco quindi che a dodici mesi di distanza dalla pubblicazione del controverso ‘Systematic Chaos’ salta fuori ‘Chaos In Motion’, doppio DVD ma anche in versione triplo live, contenente un fedele spaccato di quello che è stato l’ultimo anno on the road della più celebre progressive metal band del globo. Un lavoro che come al solito ha scatenato l’entusiasmo dei fan che sono corsi a farlo loro proiettandolo direttamente al primo posto nelle classifiche di vendita italiane, solleticando in noi la curiosità di capire il perché di così tanti lavori live, soprattutto se rapportati al numero di album in studio. Nulla di meglio, quindi, che prendere la cornetta e farci spiegare di più dal sempre disponibile batterista…
Sono passati appena due anni dall’imponente lavoro discografico svolto per celebrare i 20 anni della band, e oggi uscite nuovamente con un’opera immensa, tra DVD e album dal vivo. Che cosa c’è dietro ad una decisione come questa?
“(Mike Portnoy) Ogni tour che abbiamo fatto è molto particolare, quindi ci è sempre parso giusto documentare ogni nostro show. Lo abbiamo sempre fatto, e oggi a maggior ragione, perché i fan del 2008 ci chiedono sempre più media, vogliono sempre di più, setacciano youtube alla ricerca di video, di concerti, di materiale… i nostri fan, poi, sono dei veri fanatici, vogliono davvero tutto quello che ha a che fare con la band, registrazione di concerti, scalette, bootleg… per questo ci è sembrato giusto dare loro un nuovo DVD. Anche in considerazione del fatto che i Dream Theater non hanno mai proposto doppioni ai loro fan, ogni DVD è completamente differente da quello che lo ha preceduto. In questo caso, ad esempio, non si è più trattato della registrazione di un singolo show come avvenuto in passato, bensì è la testimonianza di un intero tour, abbiamo effettuato riprese in ogni concerto fatto, in ogni angolo del mondo. Se poi prendi i nostri vecchi DVD puoi vedere come alcune canzoni si ripetano, invece ‘Chaos In Motion’ è qualcosa di assolutamente nuovo”.
Si, però converrai che sei album dal vivo a fronte di dieci in studio sono una media abbastanza singolare per una band…
“Si, può essere, però è quello che i nostri fan vogliono da noi. Negli anni Settanta una band incideva il disco dal vivo dopo quattro/cinque dischi in studio oppure a coronamento di una lunga e luminosa carriera, oggi le cose sono cambiate radicalmente, la richiesta di dischi live è altissima così come è grande la richiesta di DVD, perché ora come ora non basta più sentire suonare una band dal vivo, oggi i fan vogliono anche vederla, e fino a quando ci vengono richiesti lavori simili, io sono il primo a volerli promuovere perché mi sento molto dentro a questo tipo di progetti”.
Personalmente ho avuto modo di vedervi all’opera diversi anni addietro e anche in tempi più recenti, e l’impressione avuta è che dal vivo siate migliorati tantissimo. Soprattutto James oggi canta senza quelle incertezze che ne avevano segnato le performance sul finire degli anni Novanta. A cosa va attribuito questo miglioramento, se il miglioramento a tuo avviso c’è realmente stato?
“Certo che c’è stato, ed è inevitabile, perché con gli anni viene ad accumularsi quell’esperienza che andrà ad influire sulle nostre performance. Suonare tanto insieme, fare tour, incidere dischi, scrivere musica non può fare altro che cementare i rapporti all’interno del gruppo e rendere più fluide certe dinamiche. Noi siamo quel tipo di musicisti che per rendere al meglio hanno bisogno di mettersi sempre alla prova, ogni volta alziamo di più l’asticella e cerchiamo di saltare sempre più alto. Non si può certo dire che negli anni i Dream Theater abbiano inciso sempre lo stesso album, ci piace spingerci oltre e provare cose nuove, viviamo bersagliati da stimoli, ed in queste condizioni viene semplice progredire e migliorarsi”.
Il “Chaos In Motion Tour” vi ha portati a suonare 115 concerti in 105 città in 35 Paesi differenti in 5 diversi continenti… Quale è stato, per te, l’highlight di questa estenuante tournèe?
“Trovare un singolo show è un po’ un’impresa ardua soprattutto tenendo conto dell’elevato numero di concerti tenuti e della durata di questo tour. Posso dire che ci sono posti nei quali adoriamo suonare dal vivo, come Parigi, Los Angeles, New York, amiamo l’Olanda ed il Brasile, e non possiamo fare a meno dell’Italia. Da voi ogni concerto ha un che di speciale, e anche se so che in questo momento i tuoi lettori staranno pensando “ma guarda che paraculo!” posso dirti che la prima data del tour, quella che ci ha visti suonare a Milano al Gods Of Metal, è stata incredibile. Il primo show di ogni tour di solito di terrorizza, ed in questa occasione in particolare, perché si trattava di una data inserita in un grande festival, perché suonavamo per intero ‘Images And Words’ il che non è semplice… però abbiamo voluto esprimere così l’unicità di questo concerto con uno show che ci ha emozionato e che, dai responsi ottenuti, ha coinvolto al massimo anche i nostri fan italiani. Ora, vorrei solo fare una precisazione con relative scuse: nel DVD, in coda, ho scritto che ci siamo esibiti al Monsters Of Rock a Milano. Ho preso una cantonata, e per questo mi scuso”.
Oltre a Paesi più tradizionali, nel corso di questo tour avete anche avuto modo di esibirvi in luoghi più esotici e dal grande fascino come Bangkok. Che tipo di atmosfera, di pubblico avete trovato ad accogliervi?
“Oh, a Bangkok un pubblico meraviglioso. Abbiamo voluto suonare molto in Oriente, in Corea, Giappone, Cina, Singapore, Tailandia, Taiwan… e abbiamo trovato sempre pubblici molto particolari ma non per questo meno calorosi. A Bangkok, in particolare, il pubblico era completamente pazzo, vi siamo arrivati con in testa la particolarità del pubblico orientale, solitamente molto composto, molto posato, ed invece ci siamo trovati davanti una realtà che non ci aspettavamo affatto. Sembrava di essere in Brasile, o in Italia…tante urla, tanta follia, tanta passione… è stata davvero una cosa inaspettata ed infatti abbiamo inserito nel DVD anche estratti di quei concerti”.
Il ‘Chaos In Motion Tour’ è stato allestito per promuovere ‘Systematic Chaos’, un album accolto con reazioni contrastanti da pubblico e critica. Visto ora, ad oltre 12 mesi di distanza, come giudichi il vostro ultimo lavoro in studio?
“E’ tuttora un album speciale per noi, ci abbiamo messo il cuore dentro, quindi non potrebbe essere altrimenti. Personalmente lo guardo e ci vedo dentro il disco più oscuro e potente mai inciso dai Dream Theater, però non penso di essere la persona adatta a giudicare questo disco, o meglio, non penso sia il momento adatto per farlo. Vedi, di solito un disco si ‘assesta’ nella discografia di una determinata band solo dopo parecchi anni, ci vuole tempo affinchè il suo valore emerga e risulti chiaro se era un bidone o un capolavoro. Pensa a quanti dischi sono stati etichettati come schifezze appena usciti, e poi dopo anni sono stati riscoperti capolavori, troppo avanti per l’epoca in cui sono stati pubblicati. ‘Systematic Chaos’ è per me un disco che potrà essere giudicato lucidamente e con coscienza solamente tra diversi anni”.
L’impressione è che le canzoni che componi tu siano tutte molto arrabbiate, pesanti…mentre quelle composte da Petrucci siano decisamente più dolci…
“Se si prende in considerazione ‘Systematic Chaos’ posso dirti che le liriche di John sono molto più orientate verso il fantasy, verso il racconto…ma questo perché ha voluto scrivere in maniera differente rispetto al passato. Per quanto mi riguarda io ho sempre messo molta rabbia in quello che scrivevo, e infatti se prendi le canzoni che ho composto per ‘Train Of Thought’ o anche ‘Falling Into Infinity’ ci puoi leggere dentro una buona dose di cinismo, questo perché ho sempre considerato tutto ciò il migliore mezzo per esprimermi. In ‘Systematic Chaos’ invece le mie song sono incredibilmente ottimistiche, forse le canzoni di questo disco sono le più rilassate che abbia mai scritto….”
Ma credi che il fatto di scrivere determinate cose rifletta in qualche modo il tuo modo di essere e la tua personalità?
“No, non penso. Non sono una persona rancorosa, non sono una persona arrabbiata. Mi considero normale, molto equilibrato come carattere. Penso che scrivere canzoni così rabbiose sia più che altro una sorta di terapia, un mezzo per sfogare il mio lato oscuro e tirare fuori tutto quello che di negativo porto dentro. Non è niente altro che un innocente sfogo”.
Quando uscì ‘Systematic Chaos’ dichiarasti che “…il modo in cui eravamo visti nel 1985 è lo stesso in cui eravamo visti nel 1995 ed è ancora lo stesso oggi, nel 2007”… una situazione che, a modo suo, non è poi così entusiasmante…
“Dipende da come vedi la cosa. Noi abbiamo saputo mantenere intatta la nostra identità artistica, siamo stati fedeli alle nostre convinzioni e questo, credimi, a livello di popolarità ci ha sorriso. Quando siamo usciti impazzava il glam metal, il thrash e il pop, noi ci siamo passati attraverso prendendo forse un che di thrash ma conservando comunque una precisa identità stilistica. Nel 1995 si sentivano solo i Nirvana ed il grunge, e noi ancora una volta ci siamo passati attraverso senza cambiare di una virgola le nostre convinzioni. Nel 2005 è stata la volta del nu-metal: in radio c’erano solo Limp Bizkit e Korn, non esistevano più gli assoli di chitarra ma noi ce ne siamo fregati, e siamo ancora qui fedeli alla nostra musica. Forse attraverso gli anni abbiamo condito la nostra musica con qualche ‘aroma’ pescato da questa o da quell’altra corrente musicale, ma alla fine dei conti non ci siamo mai venduti al trend del momento, abbiamo sempre sperimentato e abbiamo sempre seguito la nostra strada. Questo è un percorso rettilineo che è iniziato nel 1985 e che prosegue tuttora”.
Quello che intendevo dire è che la vostra proposta stilistica è indubbiamente cresciuta nel corso degli anni ed essere percepiti nel 2008 nello stesso modo in cui eravate percepiti nel 1985 forse non vi rende giustizia…
“Aspetta, un conto è parlare di cambiamento umano, un conto parlare di cambiamento di vedute e di convinzioni. E’ ovvio che oggi siamo persone diverse rispetto a quelle del 1985, oggi non siamo più ragazzini, siamo musicisti migliori, abbiamo tutti una famiglia, facciamo una vita agiata, abbiamo una bella casa, abbiamo una voglia di sperimentare con la nostra musica che all’epoca non avevamo, forse perché oggi avendo maggiore consapevolezza dei nostri mezzi, possiamo azzardare a spingerci sempre oltre. Ma la filosofia che c’era allora alla base dei Dream Theater, quella filosofia non è cambiata, è rimasta immutata nel corso degli anni, ed è quella che viene percepita dai nostri fan”.
Toglimi una curiosità. In passato avete ospitato come special guest Barney dei Napalm Death. Qual è il tuo modo di porti nei confronti del metal estremo?
“Mi piace molto, sicuramente sono quello all’interno del gruppo che ha ascolti più estremi. Ultimamente mi piace molto ascoltare roba violenta, oscura, death metal fatto bene e suonato alla grande, ed infatti adoro i Meshuggah, gli Opeth… quella con Barney è stata una collaborazione stimolante, anche perché io nei miei ascolti estremi avevo sempre inserito i Napalm Death, e quando ho avuto modo di conoscere Barney ho scoperto che era un grandissimo fan dei Dream Theater e che ci seguiva sin dal nostro primissimo disco. Quando abbiamo collaborato insieme, a metà degli anni Novanta, abbiamo pensato fosse interessante incidere una canzone dei Metallica (‘Damage Inc’, Nda) con il cantato più estremo, quindi Barney si è unito a noi ed è stato molto divertente”.
Hai citato gli Opeth ed io non posso chiederti cosa ne pensi di loro visto che sono in molti a vedere in loro i vostri naturali eredi…
“Io credo che il loro legame con i loro fan sia lo stesso che i Dream Theater hanno da sempre con i ragazzi che li seguono e li supportano. Soprattutto in America gli Opeth godono di grande rispetto e di stima sconfinata, e questa è certamente una carta importante per il proseguo della loro carriera. Abbiamo avuto modo di suonare con loro nel corso delle date americane del nostro tour, e devo dire che è stato davvero un bel confronto. Sicuramente loro sono molto più estremi di noi, il loro background è puramente death metal, però sanno curare molto bene il loro lato melodico così come quello psichedelico, quindi alla fine nonostante siano differenti da noi, la loro musica ha uno spirito progressive molto accentuato. E’ difficile da descrivere come condizione, ma è quello stato che rende band apparentemente molto differenti le une dalle altre, come Dream Theater, Opeth, Symphony X, Radiohead… incredibilmente vicine. Tornando alla tua domanda, adoro gli Opeth, mi piacciono moltissimo, andare in tour con loro è stato molto stimolante, tanto che ora spero di poter ripetere questa esperienza anche in Europa”.
Si continua a parlare di progressive e di nuova ondata prog ma, a ben vedere, i Dream Theater sono stati l’unica band di questo filone ad aver fatto il botto e ad essere uscita da protagonista in un mercato solitamente dominato da gruppi pop e rock. Come mai il progressive fatica così tanto a diventare un genere di massa e perché, invece, la tua band ci è riuscita?
“Non lo so, non ne ho proprio idea. Spesso me lo chiedo anche io, soprattutto dopo aver visto gruppi di grande talento come i Fates Warning o i Symphony X faticare ad uscire da una dimensione di cult-band. Forse ci ha dato una mano il tempo, siamo usciti con il disco giusto al momento giusto, o forse siamo stati semplicemente più fortunati di altri gruppi. Certamente noi non abbiamo mai cercato di fare canzoni che andassero ad un unico tipo di ascoltatore, i nostri brani sono multidimensionali, vanno bene per chi ama la melodia ma anche per chi ama il metal, vanno bene per chi cerca brani da pogare e per chi vuole musica più raffinata. Fa parte di un processo compositivo ben preciso, abbiamo sempre cercato di comporre per la gente senza però mai tradire noi stessi né la nostra musica”.
Come tu ben sai l’Italia può vantare una scena progressive estremamente ricca, con radici sin negli anni Settanta e band come la PFM, il Banco, Le Orme tuttora incredibilmente attuali. Se dovessi consigliare ad un tuo fan una band progressive italiana, su chi punteresti il dito?
“Io penso che i ragazzi che amano i Dream Theater non abbiano bisogno di suggerimenti riguardo a band progressive italiane da ascoltare, perché se è vero che i Dream Theater hanno seminato molto negli ultimi quindici anni, è anche vero che prima la scena italiana era capace di andare avanti con le proprie gambe e di insegnare anche all’estero come suonare al meglio il progressive, quindi direi che i nomi che hai fatto tu siano già noti da tempo ai nostri fan. Piuttosto vorrei consigliare vivamente il disco solista di Charlie Dominici. Negli ultimi tre anni ha inciso due dischi molto validi con eccellenti musicisti italiani, soprattutto il lavoro svolto con i Solid Vision è ottimo. Sono musicisti incredibili, bravissimi songwriter, il loro lavoro con Charlie mi ha impressionato parecchio”.
Negli ultimi anni le label hanno lanciato l’allarme dipingendo scenari apocalittici per il mondo della musica. Tu come stai vivendo questa situazione?
“A mio avviso la crisi c’è, ma riguarda l’industria discografica, però sono convinto che le band da tutto questo non solo usciranno vive, ma anche rafforzate, perché con la crisi delle etichette potranno riconquistare un’autonomia che in passato era stata loro negata. Negli anni Settanta le label decidevano della carriera artistica di un gruppo, lo indirizzavano, dicevano cosa e come suonare, pubblicavano solo quello che volevano loro… oggi grazie al download in internet i gruppi possono riconquistare l’autonomia, possono agire in totale libertà e diffondere la loro musica senza i vincoli delle label. Sono sicuro che tante di quelle band che oggi parlano di crisi finiranno per idolatrare internet perché le porte che questo strumento sta aprendo loro sono davvero immense”.
Uno dei motivi della crisi dell’industria discografica va ricercato nell’elevato numero di album che ogni mese vengono messi in commercio, e in questo voi fate del vostro visto l’immensa mole di progetti, side project, jam session a cui partecipate e che finiscono per diventare album. Non pensate però che questo possa diventare economicamente insostenibile per chi vi segue e vuole avere tutto di voi?
“Allora, qui bisogna capire che questi side project sono di vitale importanza per i Dream Theater. E’ impensabile che un musicista suoni solo ed esclusivamente con una band per oltre vent’anni. Sentiamo l’esigenza di comunicare con altri musicisti, di confrontarci, di sfogarci, in modo da non uscire frustrati dal lavoro con i Dream Theater e consentire così alla band di respirare e di godere di buona salute. Pensa solo a cosa è capitato a Jason Newsted con i Metallica: si è trovato soffocato, impossibilitato a coltivare altri progetti, ed alla fine è imploso. Per noi invece è naturale suonare cosa si vuole con chi ci pare, a patto che la priorità rimangano sempre i Dream Theater. Per quanto riguarda il discorso economico, sì, è vero, però i nostri fan sanno che noi vogliamo sempre di più, che viviamo nell’ eccesso e vogliamo sempre il più possibile: più musica possibile, più progetti possibile, più live album possibile, questo perché i Dream Theater sono fatti così. Se così non fosse non arriveremmo a comporre canzoni di 25 minuti… I nostri fan lo sanno benissimo, ed è per questo che tutti questi progetti hanno un senso anche per loro”.
In conclusione, sei ancora convinto che il miglior capitolo della storia dei Dream Theater sia ancora da scrivere?
“Assolutamente si. Se guardo alla band e ai suoi 23 anni di carriera, non vedo assolutamente un gruppo di nostalgici che suonano per inerzia illuminati del successo del passato. Siamo tutti carichi come molle, abbiamo tanta energia in corpo, tanta voglia di fare, di suonare, di sperimentare. C’è un enorme entusiasmo a muovere la band, e considerando tutto questo viene naturale pensare in positivo al futuro. In questo momento, poi, siamo in studio che stiamo lavorando al nuovo disco, e posso assicurarti che ciò che sta venendo fuori lascerà tutti a bocca aperta…”

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