Nerve – More Time To Kill

Il 17/09/2009, di .

Nerve – More Time To Kill

‘Hate Parade’ è il nuovo, devastante album dei liguri Nerve, band reduce da un entusiasmante tour europeo in compagnia di Hate e Incantation nonché gruppo sul quale puntare ad occhi chiusi per il futuro del metal tricolore. Intervista a cura di Fabio Magliano

Le orecchie stanno ancora fumando, e non potrebbe essere altrimenti. Perché ‘Hate Parade’, seconda fatica discografica dei liguri Nerve, è un’autentica bomba, uno splendido esempio di metal moderno in grado di fondere alla perfezione tecnica e attitudine facendo incontrare idealmente Strapping Young Lad e Lamb Of God senza però lasciare mai indietro un che di personale in grado di rendere i Nerve una di quelle band su cui scommettere per il futuro. Intanto il gruppo si sta forgiando attraverso una serie di importanti tour, l’ultimo dei quali speso in giro per l’Europa con Hate e Incantation. A parlarcene sono il cantante Fabio e il bassista Jacopo…
La presentazione di ‘Hate Parade’ vi propone come la risposta italiana a Lamb Of God, SYL e Devildriver. Vi ritrovate in simili accostamenti?
“(Jacopo) Sì certamente, ma più dal punto di vista della produzione che dal lato artistico. Mi spiego meglio: tutti e tre i gruppi, in particolar modo Lamb Of God e Devildriver, fanno parte dei nostri ascolti e delle nostre influenze, ma ci sono serviti da ispirazione soprattutto per quanto riguarda la tipologia dei suoni che volevamo avere per ‘Hate Parade’. Con Tommy Talamanca si è discusso e lavorato molto a tal proposito: volevamo che l’album suonasse con quella potenza e, nel nostro piccolo, direi che ci siamo riusciti”.
Che cosa volete comunicare attraverso un titolo come ‘Hate Parade’?
“(Fabio) ‘Hate Parade’ è un concetto che si lega sia al lato musicale che a quello visivo del disco. Dal punto di vista musicale penso sia un buon modo per lasciar trapelare il contenuto che ci si deve aspettare all’ascolto. I brani che compongono il disco sono molto pressanti, veloci, in alcuni casi claustrofobici e in altri più distesi, ma sono comunque molto violenti. Hanno tutti lo stesso intento, cosa che ci ha fatto pensare alle canzoni come ad una lista di persone cose o fatti che suscitano odio. Abbiamo pertanto voluto giocare con il concetto di Hit Parade (quelle tutte colorate degli anni ‘80 per intenderci) di musica dance/pop e calarlo in un contesto metal, fondendolo in maniera simbolica anche a livello visivo. Da qui è nata l’idea della cover e dell’artwork in generale, che prende un simbolo musicale come il vinile per distruggerlo fisicamente come a rappresentare il passaggio ad una nuova era o come se non potesse contenere la violenza del suo contenuto. Parlando invece dei testi non si può parlare di ‘Hate Parade’ paragonandolo ad un concept album, tuttavia molti brani sono legati tra loro e c’è un concetto di fondo che li accomuna tutti. Molte canzoni descrivono situazioni per cui si è verificata una lacerazione lieve o definitiva all’interno di un rapporto interpersonale, toccando dei temi come l’abbandono o come l’esilio volontario dell’individuo rispetto alla società moderna, focalizzando l’attenzione sul lato oscuro delle emozioni o i sentimenti che da esse ne derivano”.
‘I Am My Own God’ è un titolo sicuramente forte. Ci parlate del messaggio contenuto in questo brano?
“(Fabio) Ci tenevo molto a parlarne! Non voglio essere frainteso, non è sicuramente un testo autobiografico quanto piuttosto una rielaborazione e una citazione molto personale del pensiero di Max Stirner, pseudonimo di J. Kaspar Schmidt, un filosofo e pensatore anarchico tedesco. Il suo pensiero a cui mi sono interessato per la stesura di questo testo, può tranquillamente essere riassunta con questa sua citazione che chi ha letto il testo può ritrovare quasi intatta : “Se io baso la mia causa su di Me, l’Unico, essa riposa sul proprio effimero e perituro creatore che si auto divora, e posso dire: “Ho basato la mia causa sul nulla”. Ho da subito trovato affascinante questo punto di vista perchè mi sento molto vicino a qualunque forma di pensiero individualistico e sono davvero convinto che la vera forza del uomo risieda nella sua individualità. Fortunatamente però non mi perdo dentro questo pensiero e nella realtà dei fatti lo applico moderatamente… cosa che sicuramente a Stirner non sarebbe molto piaciuta. Questo brano può essere collegato sia musicalmente che a livello di contenuti ad altri due presenti su ‘Hate Parade’: ‘Mescaline’ e ‘Nil’. Il primo focalizza l’attenzione sull’estraniazione più totale dell’individuo nei riguardi della società tramite l’uso di sostanze allucinogene, il secondo è invece un chiaro manifesto del pensiero nichilista”.
‘Generation Lost’… qual è per voi la generazione che sta andando perdendosi? Quella che insegue il mito del Grande Fratello e dei Tokyo Hotel?
“(Fabio) Quella per la quale l’omologazione è una ragione di vita. Quella per la quale le emozioni sono preconfezionate e indotte…in poche parole la nostra società moderna. E’ una situazione che mi rattrista molto, in particolare se penso alle gravi difficoltà comunicative dei più giovani che derivano da un uso massivo dei nuovi mezzi di comunicazione come i cellulari e internet… che vanno benissimo e ci aiutano per certi versi nelle nostre vite, ma non devono oscurare il piacere di una conversazione vera, quella in cui ho davanti una persona, e interagisco fisicamente con essa. Recentemente ho visto i provini per entrare nella casa del Grande Fratello su youtube e sono rimasto shockato! Spero davvero che questa gente si possa riguardare a casa e capire che è il momento di iniziare ad usare il cervello e fare qualcosa di intelligente della propria vita…sembra quasi che ci sia una sorta di mente collettiva che li fa comportare così! Pazzesco! Riguardo ai Tokyo Hotel o chi per essi ripeto quello che dico da anni: chi sono gli imbecilli? Loro che si fanno i soldi o chi glieli fa fare comprando la loro musica?”
Siete redici da un lungo tour europeo. Come sono andate le cose?
“(Jacopo) Magnificamente! Ci siamo trovati benissimo con le altre band, gli eventi erano ben organizzati e pubblicizzati e il pubblico era molto partecipe nella maggior parte dei live.. nonchè l’itinerario era davvero bello: abbiamo suonato in splendide città e attraversato tutto ciò che sta tra Inghilterra, Spagna e Repubblica Ceca… direi che non ci possiamo lamentare! Come band questo tour ci è servito tantissimo per migliorarci in sede live, ma ci ha anche aperto gli occhi sulla situazione metal italiana. All’estero abbiamo trovato molta più professionalità sia da parte dei gestori dei locali che dei promoter, più rispetto per i musicisti e una scena underground più vigorosa. In poche parole, un altro mondo! Lo ammetto con dispiacere perchè so che l’Italia ha delle band notevoli, più valide di altri Paesi europei, ma la situazione metal italiana per quanto riguarda i live preclude molte possibilità e soffoca questi gruppi sul nascere. Che dire.. speriamo che le cose cambino al più presto!”
C’è una data che vi ha particolarmente impressionato e che ricordate con orgoglio?
“(Jacopo) Ci sono molte serate che meriterebbero di essere ricordate, dico davvero, però ne cito una per far capire meglio il discorso che ho fatto pocanzi: Hradec Králové, Repubblica Ceca. L’evento è dovuto cominciare molto presto, verso le 18/18:30 perchè il giorno dopo avremmo dovuto suonare a Prato, in Italia, ed essendoci 1200 km da percorrere non si poteva andare per le lunghe. Quindi alle 18:30 precise abbiamo cominciato a suonare. Pensavamo che non ci fosse quasi nessuno a quell’ora, che quel live per noi sarebbe stato poco più di una prova in saletta, invece il locale (uno dei più grossi dell’intero tour) era già quasi pieno e il pubblico era in fermento, voglioso di metal! Chiaramente è stata una piacevolissima sorpresa, ma ci ha fatto riflettere: la stessa serata, da un’altra parte, sarebbe andata ugualmente bene per tutte le band? Io non credo…”
Avete riscontrato differenze dall’accoglienza riservatavi dal pubblico italiano e da quella degli stranieri?
“(Fabio) Diciamo che a mio parere c’è una sostanziale differenza tra il pubblico italiano e quello estero, la voglia, l’emozione e il mistero di scoprire qualcosa di nuovo che in Italia cede il posto ad un forte senso di esterofilia e uno scarso interesse nel rinnovo della scena metal tricolore. Con questo non voglio dire che i fan italiani sono meno calorosi… anzi! però sicuramente sono più pigri! sembra che la gente la devi andare a prendere a casa per venire ai concerti ormai!”

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