Opeth – Strip The Soul

Il 14/08/2014, di .

Opeth – Strip The Soul

L’amore per l’Italia e per la sua storica scena progressive, la fruttuosa collaborazione con Steve Wilson e, soprattutto, il nuovissimo ‘Pale Communion’ in uscita il 25 agosto…E’ un Mikael Akerfeldt pronto a svariare su tutti i fronti quello incontrato bel backstage di Rock In Idro, festival che ha visto i suoi Opeth ancora una volta acclamati protagonisti.

Mikael Åkerfeldt è uno dei musicisti più interessanti del panorama metal attuale.
L’impressione che dà di sè è quella di essere un esteta.
Potrebbe stare ore a parlare di musica, spaziando dal death metal alla classica, senza mai annoiarsi, la sua curiosità lo porta a ricercare e sperimentare soluzioni originali che spesso possono non incontrare il pieno consenso di chi lo segue da sempre.
Nel 2011, quando era uscito ‘Heritage’, l’album che aveva concretizzato la svolta degli Opeth verso sonorità che dal death sondavano i vasti territori compositivi del prog, lo stesso frontman aveva affermato che la band avrebbe continuato a fare musica fino a quando avesse avuto qualcosa di interessante da dire, affermazione intelligente e rischiosa che però rende chiaramente palese quale sia la vocazione musicale di chi le ha pronunciate.
“La musica che compongo con gli Opeth” racconta Mikael “E’ la diretta conseguenza della formazione musicale che ogni membro della band si è creato nel proprio personale percorso di musicista. Non smettiamo mai di approfondire, ricercare, studiare, per poi arrivare a trovare la nostra ispirazione. Personalmente ho inizato ad ascoltare rock fin da piccolo e le band con cui sono cresciuto, Black sabbath, Led Zeppelin, Pink Floyd hanno tutte avuto un ruolo importante nel sound che ho sviluppato nella mia carriera di musicista, ma oltre a questi amavo anche i Police, i Chips ed i King Crimson. Quando ero ragazzino il mio hobby preferito era andare a scovare vinili che catturassero la mia attenzione con artwork interessanti, a casa ne ho una collezione davvero niente male!”.
Non si può parlare del presente senza tributare la giusta importanza al passato e Mikael a quel passato guarda costantemente perchè, al di là degli Opeth, i suoi gusti musicali continuano ad essere gli stessi “Ho una predilezione per il prog rock, in particolare amo il prog rock italiano”. Sentire pronunciare da Mikael nomi come Area, Goblin, New Trolls e PFM fa un certo effetto, in particolare stupisce quando si sofferma sul nome di Franco Mussida: “E’ un chitarrista che adoro. Le sue canzoni ed il suo modo di comporre possiedono una melodia ed un suono unici, Se penso a lui mi viene subito alla mente il brano ‘Impressioni Di Settembre’, uno dei miei preferiti, e credo che renda perfettamente l’idea di cosa sia il prog italiano. E’ strano pensare a quale successo questa band abbia ottenuto all’estero e quanto invece in Italia sia rimasta nell’underground, ma credo che questo dipenda dall’indole musicale del paese che ti dà i natali”. Il discorso arriva quindi gradualmente al presente e quello degli Opeth è colmo di novità, a partire dal nuovo album ‘Pale Communion’, undicesimo lavoro in studio della band, la cui uscita era prevista per giugno ma che poi, in accordo con la label Roadrunner Records, ha deciso di posticiparla al 25 agosto. “Una decisione presa con coscienza” spiega Mikael “semplicemente una serie di circostanze ci ha portati a spostarne l’uscita. Tutto è stato fatto per far sì che l’album possa avere l’attenzione che si merita, non vogliamo che neppure il più piccolo dettaglio sia trascurato”. Ma al di là di questo particolare continua a raccontare “E’ il nostro undicesimo album e siamo estremamente soddisfatti del risultato raggiunto. Rispetto ad ‘Heritage’ non ci sono stati drastici cambiamenti, abbiamo piuttosto voluto continuare il percorso che avevamo intrapreso con la sua uscita, direi che il suo processo compositivo dei due album è stato abbastanza simile. Probabilmente le differenze si riscontrano soprattutto nel suono: ‘Pale Communion’ ha parti melodiche più strutturate e ricercate.” Poi Mikael fa una pausa, come se stesse raccogliendo le idee e precisa: “Personalmente credo sia un buon album, gli Opeth hanno fatto un grande lavoro e sono curioso di capire quali saranno le reazioni del pubblico. Quello di cui sono abbastanza convito è che sarà un disco che farà discutere: qualcuno lo amerà, qualcun altro lo odierà… ma non penso che lascerà indifferenti”.
Le idee di Mikael sono chiare riguardo al disco e lo racconta con una semplicità piacevole, anche quando parla del suo rapporto professionale e personale con Steven Wilson il cui nome presenzia anche in quest’ultima fatica degli Opeth: “Ho conosciuto Steven circa quindici anni fa, quando ho deciso di contattarlo via mail per fargli sentire il nostro ‘Still Life’, era il 1999. Fin da subito si è mostrato estremamente disponibile e il fatto che l’album gli piacesse ci ha regalato una grande soddisfazione. Catturare la sua attenzione non era facile. Da quel momento siamo rimasti sempre in contatto fino a quando gli ho chiesto se volesse collaborare alla produzione di ‘Blackwater Park’, il nostro quinto album. Quello è stato il momento che ha sancito la nostra concreta collaborazione professionale che è continuata negli anni. Per ‘Pale Communion’, però, Steven si è occupato solo del mixaggio. Cosa posso dire di lui? E’ un grande amico, oltre che un mentore, musicalmente parlando. Oggi più che mai sono convinto che ci siano artisti che si assomiglino dal punto di vista musicale e che riescano a collaborare bene proprio per questa affinità. Poi ci sono le persone che lavorano insieme alla band con la quale hanno in comune i gusti musicali, so che è un discorso strano, ma è come se fossero chiusi in una scatola e non riuscissero a guardare oltre. Ecco, con Steven questo non succede, lui è fuori dalla scatola degli Opeth e il suo contributo è stato prezioso per i nsotri dischi “.
La stima che Mikael prova per il collega è grande ed esce da ogni parola pronunciata dal musicista.
Tornando però a ‘Pale Communion’, è vero, il nuovo disco degli Opeth non è ancora uscito, ma la band ha già inaugurato la stagione live: “Quello di oggi qui a Bologna è il nostro primo festival estivo” Il Rock In Idro, infatti nella sua terza giornata vede gli svedesi suonare tra i Black Stone Cherry e gli Alter Bridge, in una giornata che avrà come headliner gli Iron Maiden, anche questa band ha segnato l’adolescenza di Mikeal che ci tiene a sottolineare: “Questo festival ha una bill che unisce molti generi diversi di metal, ed è fantastico, siamo molto felici di farne parte! Come dicevo poco fa, questo è il prmo festival, ma abbiamo già programmato un calendario pieno di date che ci porteranno in giro per l’Europa e per tutta l’estate. L’uscita del nostro album sarà quindi battezzata da quello che amiamo fare, suonare per i nostri fan!”.
Da sempre la band è stata protagonista di tour che li hanno portati in giro per il mondo per molti mesi, ma essendo in Italia, Mikael Akerfeldt fa un breve salto nel passato per ricordare: “La prima volta che gli Opeth hanno suonato in Italia è stato nel ’96, eravamo in tour con i Cradle Of Filth ed abbiamo suonato a Roma. Non ricordo il nome del locale, ma ricordo benissimo l’entusiasmo e il timore che tutti noi provavamo salendo su quel palco: entusiasmo perchè avevamo una gran voglia di suonare, timore, perchè era la prima volta in Italia, il pubblico non ci conosceva e non avevamo idea della reazione che avrebbe potuto avere. Dopo quasi vent’anni posso tirare un sospiro di solievo mentre lo racconto” Mikael sorride e continua “E’ stato un grande show! Abbiamo fatto una buona performance ed il pubblico ha reagito con entusiasmo, quindi finito lo spettacolo eravamo contentissimi! Torniamo sempre volentieri dal pubblico italiano che ci accoglie ogni volta con un grande affetto.”
E l’Italia anche oggi li sta aspettando. Mancano infatti poche ore alla loro esibizione ma Mikael è già entrato in sintonia con l’atmosfera che si respira. Arrivato nel backstage ha mangiato, poi è uscito sotto il caldo sole di inizio giugno, si è seduto ad un tavolo ed ha chiesto di poter fare l’intervista non chiuso in camerino, ma all’aria aperta.
“Anche questo mi piace dell’Italia, l’atmosfera rilassata. Oggi abbiamo una gran voglia di suonare e me lo sento, sarà un grande show!”.

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