The Ossuary – Il Blues Dell’Oltretomba

Il 15/02/2017, di .

The Ossuary – Il Blues Dell’Oltretomba

Da alcune settimane tra gli addetti ai lavori circola un album, la cui versione Cd verrà pubblicata ufficialmente il 17 febbraio, che riporta in auge le sonorità crepuscolari e maestose di Black Sabbath, Pentagram, Rush, Rainbow, Thin Lizzy, Angel Witch, Witchfynde e Witchfinder General:‘Post Mortem Blues’ dei baresi The Ossuary è un’oscura passeggiata nei territori stilistici dove è nato il movimento metal. A farci da cicerone in questo tour è Max Marzocca, che, da dietro le pelli della sua batteria, conduce con orgoglio il lugubre carrozzone pugliese.

“Il nostro modo di comporre è senz’altro old school” mette subito in chiaro le cose il leader dei neoformati The Ossuary “la genesi di questo album coincide in pratica con la nascita di questa band. Nell’estate del 2014 io e Domenico (chitarra) avevamo del materiale che volevamo registrare con un nuovo progetto, cosicché’ abbiamo chiesto a Stefano (voce) e a Dario (basso) se a loro andava di darci una mano. Dopo qualche prova, tra fine ottobre e inizio novembre del 2014, siamo entrati in studio per registrare un demo di ‘The Crowning Stone’, ‘Blood on the Hill’ e ‘Witch fire’. La maggior parte del lavoro e’ stato svolto in sala prove – non abbiamo fatto più di dieci concerti con questa band sinora – l’album è stato registrato in due riprese perché inizialmente doveva trattarsi soltanto di un promo per le label e, in generale, per farci conoscere un po’ in giro. Poi, però, il risultato ci è piaciuto così tanto che abbiamo aggiunto dell’altro materiale per completare il disco.” Solo una decina di concerti che però hanno confermato che “sala prove e palco sono due momenti diversi ma ugualmente importanti: in studio dai sfogo al tuo lato creativo, ed è un iter affascinante. In pratica elabori, costruisci e poi lasci ai posteri una traccia definitiva di questo processo. Crei in pratica quello che poi suonerai dal vivo, per questo motivo li vedo ugualmente importanti. La dimensione live chiaramente è quella che prediligiamo maggiormente, è lì che tangibilmente raccogli i feedback di quello che hai creato in studio! E in fin dei conti è molto più divertente.” Il primo approccio con l’album è sicuramente positivo, grazie a una copertina senz’altro d’effetto “rappresenta la nostra personale versione del “Trionfo della Morte”, sono un amante della pittura e in generale dell’arte medievale, ma non disponendo, ovviamente, di un’opera originale di un incisore del 1349, abbiamo chiesto a Rossella “Roxhell” Battista, tatuatrice, artworker e nostra cara amica di riprodurre uno completamente da zero. Personalmente sono molto soddisfatto del risultato, è come me l’ero immaginato!”. Anche il titolo dell’album, ‘Post Mortem Blues’, conferma la vena oscura della copertina “è tratto dalla title track, che è semplicemente un blues a tinte nere, quello che io chiamo “Blues dell’Oltretomba”. Trattasi di una sorta di filastrocca su un uomo che riflette e si interroga sul suo destino dopo la morte e nel frattempo “se la canta e se la suona”. Un classico concept doom & gloom!”. Il sound dell’album pone i The Ossuary idealmente a metà strada tra le band che hanno riportato in voga un certo sound rétro di matrice hard e prog e chi ha rilanciato l’heavy metal più classico “sicuramente ci sono un sacco di riferimenti nel nostro sound che vanno dalle band protometal anni 70 fino ai primissimi anni 80, hard prog, classic doom metal, heavy rock! Mi sta bene tutto, alla fine ognuno può trovarci i paragoni che vuole, per noi non è importante l’etichetta o il genere. Per noi conta il riff memorabile, l’atmosfera oscura o il cantato epico.” Una ricetta che potrebbe godere di maggiori favori oltre confine più che in patria “è ancora un po’ presto per dirlo, senz’altro un certo tipo di ascolti è più diffuso all’estero, ma non mi dispiacerebbe avere un buon seguito anche in casa.” Faccio notare che ‘Witch Fire’ e ‘Graves Underwater’ sono i due brani che preferisco “rappresentano due aspetti che convivono nel sound di The Ossuary. ll primo più melodico, quasi folk, d’ispirazione british heavy rock o NWOBHM, è il genere di brano che ti permette di spingere un po’ acceleratore soprattutto dal vivo. ‘Graves’ è il classico brano oscuro, epico e con un finale a tratti progressivo. Entrambi si rifanno a eventi della storia locale accaduti tra il 500 ed il 600 , il primo al periodo dell’Inquisizione, mentre l’altro è un tema legato alla seconda ondata di pestilenza in Puglia”. Difficile, invece, dover scegliere tra le proprie creature “in generale mi piace un po’ tutto l’album, poi vado a periodi: ultimamente prediligo ‘Black Curse’ col riff killer e pesante come un pachiderma!”. Chi invece pare crederci parecchio nell’album – oltre all’edizione in cd, ne usciranno un bel po’ in vinile – è l’etichetta “stando al piano della Supreme Chaos Records, il 17 aprile verranno pubblicate ben tre versioni differenti. La cover sarà sempre la stessa, cambierà’ il colore del vinile: nero, trasparente e “splatter”. La label ha definito così la terza versione, ma io la vedo più psichedelica che sanguinolenta!”. Poi il consiglio per poter godere a pieno di tutte le sfumature di “Post Mortem Blues’ durante l’ascolto “presumo il vinile perché, in teoria la produzione dovrebbe acquistare più calore: aspetto, appunto, l’uscita dell’ LP per scoprirlo…”. In attesa di individuare quale supporto rende maggior giustizia all’opera, la macchina The Ossuary di certo non rimane ferma “siamo già a lavoro sul nuovo materiale e, in tuta sincerità, abbiamo già un paio di brani inediti che portiamo dal vivo da qualche mese, ‘Sleep Demon’ e ‘Southern Funeral’”. Attività live che tra un po’ dovrebbe andare a pieno regime “Nessuna data confermata al momento, ci sono anche delle proposte dall’estero, ma per ora non abbiamo fretta di andarcene in giro, quindi non stiamo esattamente pianificando un tour, anche se ci piacerebbe moltissimo. Vediamo prima come va con questo primo passo discografico!” Però la voglia di palco non può essere nascosta, così Max si lascia sfuggire, proprio in conclusione, un ben augurante “see you on around, rock on!”

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