Nothing More – Le Storie Che Ci Raccontiamo

Il 04/11/2017, di .

Nothing More – Le Storie Che Ci Raccontiamo

Ai nostri giorni, i Nothing More, hanno deciso semplicemente di premere il tasto play e di ripartire. Sono infatti trascorsi ormai quattro anni dal loro precedente album omonimo. Si è di certo trattato di una pausa in linea con i bioritmi della band, ma stavolta è stata anche necessaria a far integrare nel gruppo il nuovo batterista, Ben Anderson. E sapete una cosa? Se ne escono con ‘The Stories We Tell Ourselves’ , uno dei migliori album della loro carriera. Non sorprende tanto la qualità media delle singole canzoni, quanto la ricchezza del loro nuovo stile che ibrida generi diversi come il pop, l’hard rock e l’heavy metal. Come è facile intuire dalle parole del chitarrista e membro storico, Mark Vollelunga, l’entusiasmo è davvero alto, per cui non ho potuto far altro che partire dalle sue impressioni sul nuovo disco e indagare quali siano gli elementi chiave che hanno spinti i Nothing More a questo cambiamento…

Ascoltando il tuo nuovo album vi è un mix di elementi anche in forte contrasto tra loro, passaggi rock/pop contro le parti più heavy che creano dinamiche di grande intensità. Tu come percepisci e descrivi il tuo nuovo album ‘The Stories We Tell Ourselves’?
Mark Vollelunga: È difficile descrivere lo stile dell’album, ognuno lo vede infatti in una prospettiva diversa. Di certo il nostro suono è cambiato anche grazie all’aggiunta del nostro attuale batterista Ben Anderson. Sui nostri dischi di solito era il nostro cantante [e batterista aggiunto n.d.a] Jonny Hawkins a scrivere e registrare tutte le percussioni. Ben è un batterista incredibilmente diverso, con un forte talento per la musica progressiva, quindi ha sicuramente influenzato il nostro modo di scrivere. Questo è stato anche il nostro primo disco in cui abbiamo potuto lavorare assieme in sala prove. Jonny in realtà di solito era confinato alla batteria in passato e abbiamo sempre registrato demo grezzi della musica per poi lavorarci separatamente. Il lavoro di squadra ci ha permesso di spingere i confini più in là.

Ho letto che hai scritto il nuovo album in viaggio, tra un concerto e l’altro… Potresti dirmi un po’ di più sul processo di scrittura per “The Stories We Tell Us”?
Mark Vollelunga: Sì, esatto. Tutti abbiamo scritto da soli negli ultimi anni, ma non ci siamo riuniti come una band per ultimare il lavoro a gennaio del 2016. Una cosa straordinaria di questa band è che si tratta di un vero e proprio sforzo collettivo. Tutti abbiamo idee per nuove canzoni da condividere, ma nulla diventa realtà fino a quando non ci riuniamo e iniziamo quindi a lavorare come squadra. Non importa quale sia l’argomento, o quale sia il nostro passato, prima di tutto viene la canzone, conta solo quella. Alla fine noi tutti ci siamo sporcati le mani, una volta completato il disco, i testi e le melodie diventano qualcosa di nostro.

Mi piacerebbe che mi raccontassi qualcosa di più del vostro nuovo batterista Ben Anderson. Ho trovato che il suo contributo sia stato davvero incredibile…
Mark Vollelunga: Assolutamente! Ho il massimo rispetto per Ben. Sono così felice che faccia parte dei Nothing More. Si è trattato di una ventata d’aria fresca e ci ha ispirato in nuovi modi, trovando una perfetta collocazione nella band. Sin dai primi istanti in cui lo abbiamo sentito suonare durante la jam, io e Dan [il bassista Daniel Oliver, ndr.] sapevamo che di aver trovato la persona giusta. Ben proviene dal nostro stesso background musicale così è stato sicuramente più facile partire con una stessa base. Ha eccellenti abilità di improvvisazione, ha avuto diverse esperienze in tour e ha anche una storia come ingegnere del suono. Queste sono le esatte caratteristiche che stavamo cercavamo in un nuovo batterista. Tutti siamo stati colti di sorpresa quando Paul ci disse di voler rinunciare, ma abbiamo capito e appoggiato la sua decisione anche se eravamo dispiaciuti per aver perso un fratello con cui siamo stati in un viaggio per così tanto tempo. Tuttavia, questa non è stata di certo la nostra prima sfida e abbiamo immediatamente avviato la ricerca per la sostituirlo…Fortunatamente abbiamo trovato quindi Ben… è anche una persona ottima, che è di certo più importante del solo aspetto tecnico! Ci siamo trovati un nuovo membro incredibile e non possiamo essere più soddisfatti in proposito. Abbiamo spiegato a Ben che eravamo disponibili a scrivere con lui sul nuovo disco e lui era già pronto per darci una mano. Ha aiutato ampiamente con il processo di registrazione di ‘The Stories We Tell Us’, perché noi stessi produciamo i nostri dischi insieme al nostro manager e amico Will Hoffman. Avere Ben con noi ci ha dato più forza e efficienza su questo album.

Sul tuo ultimo album omonimo (2013), i testi sembrano raccontare l’influenza dei media sulle pubblico. Vorrei sapere qualcosa di più su nuovi testi, partendo dal titolo del disco ‘The Stories We Tell Ourselves’… sembra essere legato al nostro spazio inconscio…
Mark Vollelunga: Questo album riflette l’umore e lo stile di ogni membro della band e probabilmente dei nostri fan. È un buon mix tra le cose passato e del presente… mi piace molto la vita moderna. Il lato egoistico di me stesso, quello che vuole vivere nel comfort mi imporrebbe di dire che siamo nell’epoca migliore per vivere… MA i doni della nostra epoca moderna (maggiore ricchezza, mobilità e libertà) possono essere incredibilmente tossici quando mescolati con l’ignoranza. L’ignoranza delle nostre radici, della nostra storia e del nostro cammino può rendere la condizione umana un problema sempre più complesso nel momento in cui ti vengono date troppe scelte, troppi soldi e un’abbondanza di strumenti che aumentano all’isolamento. L’ansia, la depressione, la perdita di uno scopo, il nichilismo, il narcisismo e tutte le forme di comportamento nevrotico prosperano nel vuoto dell’ignoranza e del tempo libero. Amo ogni canzone del nuovo album.

Ci sono canzoni che consideri più rappresentative per il nuovo album?
Mark Vollelunga: La mia canzone preferita è ‘Let ‘Em Burn’, assolutamente. Penso sia anche il miglior esempio di quello che è lo stile dei Nothing More ai nostri giorni, con buon mix di melodia e parti più heavy.

Ti andrebbe di raccontarmi qualcosa di più del video di ‘Go to War’?
Mark Vollelunga: La fiducia è la base di ogni relazione. Quando la fiducia si erode, la necessità di controllo cresce. ‘Go To War’ descrive quel problema, racconta di quando entriamo in quella spirale, il cui risultato ultimo è la guerra.

Quali sono i vostri piani per il futuro? So che ci sarà una data live in Italia…
Mark Vollelunga: Piani? Tour, tour e ancora tour…ahahah. Abbiamo pianificato tante date negli USA e all’estero, ma abbiamo intenzione di aggiungere altre date a dire il vero. L’idea è quella di stare in tour tutto l’anno. Ci piacerebbe, idealmente, fare più concerti in Canada, tornare in Giappone e Australia e magari provare a fare concerti in Sud America. Poi di certo ci spostiamo in UK e in Europa. L’1 dicembre suoneremo un concerto a Milano a Legend Club, siete pronti ragazzi?

Ti andrebbe di raccontarmi qualcosa di te, della tua evoluzione come chitarrista e circa le tue influenze?
Mark Vollelunga: Non saprei se “evoluzione” è la parola corretta per descrivere la mia situazione… Amo la musica e sono un ragazzo fortunato, questo è tutto…ahahah…Per quanto riguarda le mie influenze, amo la musica rock, specialmente quella degli anni ‘70 e ‘80, poi un pò di pop music e l’incredibile energia di di alcune band heavy. Per farti qualche nome: Muse, Led Zeppelin, The Doors…

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