Novembre – Tales From A Summer To Come

Il 21/08/2018, di .

Novembre – Tales From A Summer To Come

Mi piace pensare che i Novembre non abbiano bisogno di grandi presentazioni, tranne, forse, per i lettori più giovani, ai quali (oltre a consigliare spassionatamente un tuffo nella discografia della band capitolina) basti sapere che emersero dal brodo primordiale dei primi anni ’90, lo stesso in cui sguazzavano le menti creative di Opeth, My Dying Bride, Tiamat, Cathedral, At The Gates, Katatonia, Anathema e ne dimentico di sicuro tanti altri. Emersero con un sound elegante e d’avanguardia, molto personale ma mai ripetitivo, un sound che, se proprio è necessario trovare un’etichetta, si potrebbe classificare come progressive death metal contaminato da sonorità doom e ambient. Dopo diversi anni dall’uscita di ‘The Blue’ (2007) e importanti cambiamenti nella line-up, i Novembre sono tornati nel 2016 con la pubblicazione di ‘URSA’ riscuotendo un plauso pressochè unanime, ed è proprio tirando le somme dei due anni trascorsi promuovendo il disco che inizia la nostra chiacchierata con Carmelo Orlando, mastermind, voce e chitarra della band, che abbiamo incontrato poco prima dell’esibizione al ‘IV Breaking Sound Metal Fest’, tenutosi a Mesagne (BR) lo scorso 4 agosto.

Ciao Carmelo, benvenuto sulle pagine di Metal Hammer Italia! C’è stata indubbiamente una febbricitante attesa per il vostro ritorno, a due anni dall’uscita di ‘URSA’, qual è il bilancio complessivo che ti senti di fare?
Grazie. Siamo tornati a distanza di tanti anni con la pubblicazione di quest’album e devo ammettere che la risposta da parte del pubblico e della critica è stata davvero positiva, molto più di quanto ci aspettassimo. È vero, c’era una grande attesa per ‘URSA’. Abbiamo promosso il disco con una tournée suddivisa in due tranche, tournée italiana e tournée europea; entrambe sono andate nel complesso molto bene, soprattutto le date di Roma, Milano, Firenze e Bari sono state spettacolari. Siamo davvero molto soddisfatti.

E invece all’estero?
È stata una risposta praticamente unanime anche all’estero, il disco è andato bene ovunque. Probabilmente le vendite in America sono uguali a quelle italiane, sappiamo di aver riscosso un discreto successo anche in Giappone e speriamo, prima o poi, di andarci anche fisicamente.

Sembra si sia aperto un nuovo capitolo per la band? Che direzione prenderà?
Si, sembra di si. In realtà non ho ancora cominciato a metterci mano, abbiamo dei nuovi elementi nel gruppo che secondo me porteranno una ventata di freschezza, cosa che probabilmente serve. Sono curioso di vedere in che direzione ci spingeranno Giuseppe (Ferilli, chitarra), Carlo (Ferilli, batteria) e Fabio (Fraschini, basso). Questi ragazzi hanno un grande talento.

Quindi c’è già qualcosa in cantiere?
Si, pensavamo di iniziare a metterci a lavoro all’inizio dell’anno: il materiale già c’è, i riff sono pronti, dobbiamo passare alla fase di assemblaggio.

‘URSA’ è stata principalmente una tua creatura, ho letto di un processo compositivo molto lungo e personale, sul nuovo album invece ci sarà anche l’apporto creativo dei nuovi membri?
Lo spero molto. Giuseppe e Carlo, due menti compositive davvero dotate, abitano lontano da Roma, c’è questa distanza fisica che cercheremo di colmare organizzandoci bene, o incontrandoci di persona o con l’aiuto della tecnologia, vedremo, in ogni caso sarebbe molto bello farli partecipare attivamente.

Anche per il prossimo album ti affiderai alla mano santa di Dan Swanö? Su ‘URSA’ a mio avviso ha fatto un gran lavoro, un suono avvolgente e brillante, ruvido all’occorrenza e, poi, una produzione delle voci incredibile…
Direi proprio di si. Con Dan ci troviamo bene sia artisticamente, sia dal punto di vista pratico, è una persona che ha imparato ad essere molto veloce, cosa che gradisco. Basta fargli un elenco della roba da sistemare e lui te l’aggiusta in dieci minuti. Ci capiamo. E poi lui ci ha cresciuti, c’è il suo tocco sui nostri primi due album (‘Wish I Could Dream It Again’ e ‘Arte Novecento’, ndr.).

Finora come è nato un brano dei Novembre? L’era digitale ti ha facilitato la vita da musicista?
Di solito un pezzo nasce strimpellando: prima nascono i singoli riff, quando è ora di mettere insieme un album ci si concentra sull’assemblaggio, io lo chiamo così, e da lì in poi è tutto istinto, vai un attimino a naso, non esiste un modo preciso, è molto casuale. Il digitale? Assolutamente si, prima bisognava fare tutto a memoria col rischio che in studio non ti tornassero i conti, la mente non può di certo sostituirsi alla realtà, insomma, ora c’è modo di ovviare al problema. Io vengo da un passato pre-internet e adesso ho la possibilità di avere a che fare con la realtà in maniera più immediata. É stata una transizione senza dubbio positiva. Se non hai la fortuna di avere una line-up stabile con cui vederti molto spesso in sala prove per lavorare di strumento, purtroppo non tutti abbiamo questa fortuna, con i nuovi mezzi è possibile annullare le distanze fisiche e rendere tutto più fluido.

Un brano di ‘URSA’ che non riesco a togliermi dalla mente è ‘Agathae’, tu stesso tempo fa lo hai definito come ‘tratti di un capriccio di pura follia jazz/death metal’, il riff iniziale ha però un forte imprinting folk mediterraneo, quanto influiscono le tue origini siciliane su quello che crei?
Le influenze regionali sono cosi, non puoi prescindere perché ci cresci, sono parte del tuo background. ‘Agathae’ è un pezzo molto vecchio, avrà una ventina d’anni, all’epoca era avanguardia pura, forse fin troppo avanti, ho pensato ad una pubblicazione solista, poi però l’idea non è mai andata in porto. Con ‘URSA’ ho pensato fosse finalmente giunto il momento di pubblicarlo.

Come artista ti senti libero?
Si, nel modo più assoluto. Non abbiamo mai avuto restringimenti di nessun tipo dalle case discografiche con cui abbiamo lavorato (Polyphemus, Century Media e Peaceville Records, ndr.). Grazie a Dio non abbiamo mai avuto problemi in tal senso.

Se i Novembre dovessero fare una cover che brano sceglieresti?
Ad istinto andrei indietro negli anni ’80 ma non saprei dirti un titolo preciso, penso che mi piacerebbe fare qualcosa dei The Cure, ci penso da un po’, magari prima o poi…

E invece hai mai pensato di scrivere un libro? Ultimamente sembra interessare a diversi musicisti e con il curriculum e la mente che ti ritrovi, di cose da dire ne avresti parecchie.
No, non non ci ho mai pensato, ci vorrebbe probabilmente qualcuno che i libri li sappia fare a darmi una mano (ghostwriters fatevi avanti!, ndr).

Per concludere e lasciarti al palco del Breaking Sound ringraziandoti per averci dedicato il tuo tempo, c’è qualche nuova uscita/band che consiglieresti ai lettori di Metal Hammer Italia?
Grazie a voi. Guarda, sono un grande fan dei pugliesi Silvered, il gruppo di Giuseppe e Carlo (Ferilli), e dei Plateau Sigma. Ho ascoltato anche l’ultimo album dei Klimt 1918 e mi è piaciuto. Stanno uscendo un sacco di cose belle in Italia negli ultimi tempi, di sicuro sto dimenticando dei gruppi perchè ce ne sono diversi molto validi. Nel complesso posso dirti che la situazione è migliorata parecchio rispetto a una decina di anni fa in cui sembrava fosse morto tutto.

Photo credits: Francesco Ferri

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