Michele “Dr. Viossy” Vioni – Lo stereo nella mia testa

Il 10/12/2020, di .

Michele “Dr. Viossy” Vioni – Lo stereo nella mia testa

Come avrete già letto in sede di recensione, siamo di fronte all’esordio solista per uno dei più prolifici chitarristi italiani, sia in sede live (sul palco con Mr. Pig, Michele Luppi Band, Killing Touch, Maestro, Absynth Aura, Dyanonymous, Vivaldi Metal Project, turnista con Blaze Bailey, Edu Falaschi e TM Stevens) sia in chiave “virtuale” considerando le visualizzazioni  (‘Sonata al Chiaro di Luna’ di Beethoven con oltre 16 milioni di visite nonché 130.000 iscritti al suo canale). Abbiamo approfittato dell’uscita di ‘The Adventure So Far’ per approfondire il discorso e sottoporlo ad un vero e proprio interrogatorio.

Quando è nata l’idea di un album strumentale solista?
L’idea mi girava nella testa da tempo immemore. Non l’ho mai fatto prima, perché non mi sono mai sentito sicuro di potercela fare, di essere “al livello giusto”, di essere pronto al 100% insomma! Sempre che esista una cosa simile all’essere pronto al 100%. Diciamo che ho voluto raggiungere un livello di consapevolezza e sicurezza tale da farmi decidere di buttarmi in questa avventura. Avevo iniziato già in passato a tirare giù idee, ma poi non le ho mai sistematizzate in modo metodico. Ho sempre pensato che se avessi fatto un album, questo sarebbe dovuto essere perfetto. Ma, pensandoci bene, anche perfetto non significa granché quando si parla di Arte. Che vuol dire? Tutti brani ‘belli’? E poi belli per chi? Se li compongo io e decido di registrarli, poi farli uscire per il pubblico, che siano ‘belli’ per me è ovvio. Oppure doveva essere un album tecnicamente perfetto? Anche qui potremmo discutere per mesi di che cosa sia la perfezione in Musica, ma non ci arriveremmo mai…A un certo punto ho lanciato il cuore oltre l’ostacolo e mi sono deciso ad iniziare a produrre i miei brani, con un pensiero in mente: faccio il meglio che posso oggi, con le conoscenze che ho, con gli strumenti che ho, con i mezzi che ho, con la consapevolezza che ho. Il prossimo sarà sicuramente migliore di questo. E quello successivo sarà migliore dei primi due.

Perché strumentale e non cantato?
Perché per tua fortuna e del mondo intero…io non canto! Tranne quando suono live coi Mr. Pig e canto ‘Enter Sandman’. Scherzi a parte, questo è il primo album che esce a nome mio, dopo diversi album dove ero chitarrista di una band, quindi ho voluto mettermi in gioco e metterci la faccia in pieno. I brani sono interamente miei, li ho composti, arrangiati, pre-prodotti nel mio studio, sempre tutto da solo. Poi, diciamo la verità, non sono un genio a creare linee vocali… e questo album doveva essere interamente mio. Una sorta di sfida con me stesso, con l’obiettivo di fare solo quello che mi passava per la testa, senza condizionamenti di alcun tipo. Sapevo che avrei imparato un sacco di cose nuove su composizione, arrangiamento, produzione, registrazione, editing, mixaggio…non ho solo prodotto un album, ho imparato nuove tecniche sullo strumento, ho imparato moltissimo su come gestire i suoni, su come mixare, ho approfondito lo studio dell’armonia. Io ascolto tantissima musica strumentale, che sia classica o moderna, chitarristica, pianistica, sinfonica, movie soundtrack, metal o altro. Ovviamente penso che sia altrettanto emozionante di quella cantata. È solo un tipo di esperienza di ascolto diverso.

Come sono nate le canzoni che sono andate a comporre questo disco?
Ho buttato giù tantissime idee nel corso degli anni. Per questo album sono andato anche a pescare spartiti e demo che avevo in vecchi backup, magari semplici riff isolati, o temi. Mi sono messo a riascoltare, ripensare, comporre cose nuove. Non sempre con la chitarra in mano però. Altrimenti è facile che le dita mi vadano dove sanno già andare. Non so se mi spiego. Se, ad esempio, devo improvvisare su un brano, nella mia testa scattano dei riflessi muscolari che mi portano ad utilizzare i lick che già conosco. Perché l’improvvisazione è pur sempre composizione, solo che è estemporanea. Quindi, o hai un database di centinaia di possibilità, oppure rischi di diventare monotono e fare, appunto, ciò che il cervello (quindi le dita) sanno già fare. A me capita la stessa cosa se devo comporre un brano. Ho scritto diverse parti dei brani usando una tastiera, proprio perché la suono in modo scandaloso. So benissimo dove sono le note, ma non ho neanche un pattern in testa, ci metto diversi secondi a fare un accordo con due mani, quindi per forza mi sono uscite cose che con la chitarra non avrei mai fatto. Mai! Poi la sfida era suonarle con la chitarra. Un po’ come ho fatto con la ‘famosa’ sonata di Beethoven che ho sul mio canale YouTube. A volte invece buttavo giù idee semplicemente pensandole e poi imparandole ad orecchio direttamente dallo ‘stereo nella mia testa’.

Mi parli della copertina? Disegnata a mano. Che un pochino ricorda ‘Passion & Warfare’…
Vero (ride, ndr.)ma non era voluto. Per un disco strumentale non è semplice ideare una copertina. Non ci sono testi, quindi non “si parla” di temi di alcun tipo. Una sera mi sono messo, insieme alla mia ragazza Diana (che è musicista anche lei e canta con me nei Dyanonymous), a fare brainstorming su come rappresentato quel che diavolo mi era passato per la testa quando scrivevo certe cose. Abbiamo buttato giù una bozza, che poi è stata stravolta (in meglio) da Valentina Liviero, l’artista che ha disegnato la copertina vera e propria. Ogni elemento del disegno rappresenta un brano, o una parte di un brano, dell’album. Non volevo una copertina in digital art, volevo qualcosa di particolare e di cui ci potesse essere un esemplare unico fisico. Quindi la scelta di chiamare Valentina è stata ovvia, avendo visto i suoi lavori. Mi ha spiegato a grandi linee come avrebbe ricreato le idee e poi ha avuto carta bianca. Il disegno mi è piaciuto tantissimo e adesso l’originale è appeso nel mio studio.

Abbiamo letto del tuo dubbio se stampare o meno l’album ed in che formato. Sei arrivato a qualche conclusione?
Sì, per ora l’ho pubblicato su tutte le digital platform e ho messo in vendita la copia digitale con diversi mastering a diverse risoluzioni. Mi pare la scelta più sensata per un album tutto mio, di cui ho tutti i diritti e che esce a fine 2020. Le previsioni sono che il CD andrà scomparendo entro breve. È molto bello per qualcuno avere il CD da collezionare o avere qualcosa di fisico come testimonianza tangibile del supporto al musicista, lo so bene e ne abbiamo anche parlato in pubblico, come hai ricordato. Ma per ora ho preso questa decisione. Considera che ho composto interamente i brani, ho suonato/programmato tutto io, tranne la batteria di ‘Transcendence’, suonata da Paolo Caridi, e il basso di ‘Entertrain’, suonato da Giorgio ‘JT’ Terenziani. Ovviamente due garanzie inossidabili. Ho pure fatto un crash course di ‘stesura degli accordi sul pianoforte’, tenuto magistralmente da Andrea Goldoni, che aveva già suonato con me nei Killing Touch e che ringrazio molto dell’aiuto! E per la cronaca, il mastering, voglio sottolinearlo, è stato fatto da Michele Luppi nel suo MiLu’s Rocklab II. Quindi sul team, per quanto piccolo, non ho altro da aggiungere, Vostro Onore! Questo è un album che sento mio al 100%. Pur avendo ricevuto varie offerte, da persone e label che stimo tantissimo e che ringrazio davvero per l’interessamento, ho pensato di fare anche la pubblicazione da solo. Ho riflettuto sull’andamento generale del business, sui record deal, sulla promozione… Io ho un canale YouTube che ha 132.000 iscritti, un pochino di ascoltatori posso puntare ad averli. I video li voglio caricare sul mio canale, voglio lavorare in autonomia fin dove posso arrivare e penso che prima o poi sarà il destino della maggior parte di noi. Non solo nel business musicale, ma in generale, visti i tempi. C’è sempre meno stabilità, meno sicurezza, più volatilità in moltissimi settori. Quando una cosa diventa alla portata di tutti, poi rischia anche di perdere valore sul mercato. Se io, che non sono certo un genio, posso fare un disco a casa, praticamente da solo, allora significa che possono farlo altre migliaia di persone. E se possono farlo migliaia di persone, allora difficilmente questo ‘prodotto’ verrà valutato come in passato. Esattamente come molti lavori nell’era della globalizzazione. Certo, io ho fatto il mio album con tutto l’impegno possibile, al massimo delle mie possibilità, ma questo lo so io e non è detto che ciò traspaia dall’ascolto. E non è detto che, nel marasma di decine di migliaia di titoli che escono ogni anno, poi il mio prodotto sia valutato più di altri. Ma qui entriamo in un discorso molto lungo, preferisco non addentrarmi troppo su questa china perigliosa!

Che sensazioni avevi durante la stesura dei brani?
Ah tutto fantastico. Il processo creativo mi entusiasma tantissimo e me la godo moltissimo anche nel cesellare il tutto durante le fasi di arrangiamento. Prendere un tema, rivoltarlo in cento modi, ripresentarlo in un’altra forma più o meno riconoscibile, sia all’interno dello stesso brano che in un altro, cercare di incastrare in modo meticoloso tutti gli strumenti, in modo che ognuno abbia un posto dove vivere serenamente e concorrere al ‘tutto’. E’ proprio un piacere. Piacere intellettuale che diventa anche fisico. Poi sentire il brano che prende forma, immaginarlo con i suoni definitivi, capire con quali strumenti raggiungere quell’equilibrio che nella testa è perfetto, ma che non puoi semplicemente scaricare dal cervello con un collegamento USB…dai è proprio il top del top!

Quali sono gli artisti musicisti con cui ti piacerebbe collaborare?
Oltre a quelli con cui lavoro già, che per me sono già tra i top che potrei desiderare…mumble mumble…è difficile, perché non saprei ‘per fare che cosa?’. Collaborare ad un album? Ma lavorando insieme o a distanza? Co-scrivendo o semplicemente come turnista? Troppe variabili. È chiaro che così a pelle ti direi ‘chiunque dei Dream Theater’ dato che sono la mia band preferita di tutti i tempi.

Quali sono i tuoi chitarristi di riferimento. Chi ti ha ispirato?
Sono cresciuto musicalmente prima con gli anni ’80, intramontabili per me. I primi brani hard rock o metal che ho imparato e che mi hanno spinto ad intraprendere lo studio della chitarra seriamente sono stati brani dei Kiss e dei Metallica. Poi ovviamente tutti i mostri sacri del rock/metal varie epoche, Jason Becker, Van Halen, Gilbert, Malmsteen, Petrucci, Vai…non ha nemmeno senso dire solo qualche nome, perché tutti mi hanno insegnato qualcosa. Tra i chitarristi di oggi che mi piacciono tantissimo ci sono Daniele Gottardo, Govan, Plini, Jason Richardson, Nick Johnston.

Cosa pensi di internet e di tutto quello che ci ha portato? Pensi sia utile come promozione o è ancora meglio il live?
Ne penso tutto il bene possibile. Come tante altre cose, Internet è una cosa, un mezzo per fare qualcosa. Internet rappresenta un cambio di paradigma vero e proprio. Esiste un mondo pre-Internet e esiste il mondo di oggi, con Internet. Così come è esistito un mondo pre-elettricità imbrigliata dall’uomo e un mondo post. Un mondo pre-motore a scoppio e un mondo post. Ogni volta che c’è un grande cambiamento ci sono dubbi, resistenze. Ci sono sempre quelli che vogliono fermare il cambiamento, perché questo ‘porterà disgrazie bla bla bla’. Un conto è governare il cambiamento, un conto è fermarlo. Io sono per governarlo. Primo perché non avrei la forza (o la voglia) di fermarlo da solo, poi perché solitamente i cambi di paradigma hanno portato bene all’umanità. Non sempre eh, nota bene, ma solitamente. Poi uno può vedere sempre le cose in più di un modo. Uno può vedere le possibilità che Internet gli dà. Un altro può vedere solo i limiti di Internet e i problemi che può dare. Quello che vede le possibilità, abbraccia la nuova tecnologia e la usa al massimo per migliorare la propria vita. L’altro si concentrerà sempre e solo sui problemi che questa nuova cosa porta inevitabilmente con sé e rischierà di venire escluso dai benefici. Internet ha reso tutto più democratico ed accessibile. Come ho detto prima, persino io posso autonomamente fare un album e farmi promozione. Se devo fare una pubblicità su Mediaset, questa mi costa centinaia di migliaia di euro. Se la faccio sui social, per raggiungere le stesse persone, spendo molto meno. Poi c’è anche l’altra faccia della medaglia, cioè la sovraesposizione continua ai contenuti, che rende il decadimento di qualsiasi cosa molto più veloce che in passato. Ma per me il bilancio è notevolmente positivo. I live? Come mezzo di promozione secondo me non contano più nulla. Sono un’altra cosa. Sono un momento unico di aggregazione, di esperienza musicale, una cosa che tu vedi in quel momento e che scorre nel tempo inesorabilmente. Quel momento lo vivi lì e solo lì, non tornerà più, quindi sarai costretto a portarlo con te in qualche modo e a reinterpretarlo. Anche se esce un filmato del live a cui hai presenziato, non è comunque la stessa cosa, esserci o non esserci. Questo è il live secondo me. Ma come promozione vera e propria? Mh…tu dici che la gente va a un concerto di una band e poi, successivamente, inizia a seguirla e a comprare i suoi album? Forse succedeva anni fa. Adesso TUTTI fanno promozione solo ed esclusivamente sui social. Lasciamo stare il discorso Covid, visto che i live sono proprio sospesi. Parlo in generale. Poi è chiaro che una band punta anche a suonare live. Ma perché gli piace! Perché magari guadagna più da questa esperienza unica per lo spettatore, che da altro. Infatti (pre-Covid) il pubblico ai concerti è aumentato molto negli ultimi anni. Perché? Proprio perché la musica ormai è talmente accessibile, talmente ‘liquida’, come si suol dire citando Bauman, che solo se la fai in maniera diversa, attrai più pubblico. Il digitale viene ancora percepito come qualcosa di gratuito, di pubblico, non come qualcosa di tangibile. Siccome c’è la possibilità di pagare un abbonamento mensile di pochi spicci e vedere e ascoltare praticamente TUTTO, allora questo ‘tutto” ha meno valore di un tempo. Invece il live è irripetibile e quindi viene vissuto, quindi venduto, in modo diverso. È un bene? È un male? Il giudizio lo lasciamo ai critici. Noi possiamo decidere se muoverci nel mondo che c’è oggi, oppure provare a cambiarlo, oppure isolarci da esso. Io mi muovo nel mondo di oggi, puntando all’unica cosa che posso davvero cambiare: me stesso.

Ci parli della scelta che hai fatto per la realizzazione dei video tanto cliccati?
Ma guarda, quando ho aperto il mio canale YouTube, l’ho fatto quasi per gioco. Mai avrei pensato di diventare uno dei chitarristi Italiani più visti al mondo su quella piattaforma. C’era questa nuova piattaforma, si potevano caricare video e farsi conoscere, magari condividerli su… ehm… MySpace! Mamma mia, sembrano passati cento anni, invece era il 2007… poi è arrivato Facebook. Insomma, sai anche tu com’è andata. La scelta? Be’, filmavo ciò che sapevo fare e ciò che pensavo avrebbe potuto ‘funzionare’. Non sapevo nulla di YouTube o degli algoritmi e di “tutte quelle cose lì”. Il mio primo video, se non ricordo male è stato il  ‘Capriccio 24’ di Paganini, fatto in versione da metallaro capellone. Con dei suoni… ossignur! I primi plugin di strumenti virtuali… le prime esperienze di mix a casa… sì sembrano passati 100 anni sul serio. Poi ho pubblicato altre cose, ma molto saltuariamente. Anzi molte le ho poi persino tolte. Poi un bel giorno mi è venuto in mente di iniziare a fare qualche cover dei soli di Petrucci, il mio idolo assoluto e qualche video ha iniziato a girare, ho iniziato ad avere più visualizzazioni… fino alla sonata di Beethoven che poi è diventata virale ed è stata coverizzata da tantissimi chitarristi. Insomma, la cosa è cresciuta da sé, senza sponsorizzazioni, senza fare niente di particolare, se non suonare quello che sapevo suonare e che ritenevo degno di essere pubblicato.

Torniamo al tuo lavoro. ‘The Adventure So Far’ e lo specchio di ciò che sei ed eri fino ad oggi?
È lo specchio di ciò che ero nel momento in cui l’ho fatto. Perché anche se ci sono alcuni elementi che ho recuperato da anni fa, è tutto stato ricreato ed elaborato nell’ultimo anno, anno e mezzo. Prima non avrei mai potuto fare un album così. Non ero pronto, non ero nel mood, non ero degno, insomma un sacco di pippe mentali, che però avevano anche una ragion d’essere. È nel momento in cui davvero fai le cose, che ci metti ciò che sei e ciò che tiri fuori dal cappello in quel preciso momento per esprimerti e per migliorarti. Come penso capiti a tutti, se riprendessi in mano le sessioni, cambierei cose, farei altre cose diversamente. Ma questo è ovvio. Finché sei in fase di elaborazione, tutto è ancora possibile. Avrei anche potuto cancellare tutto e fare altri dieci brani da zero. Potrei anche un giorno riprendere in mano qualche brano e riarrangiarlo completamente. Ma arriva il momento in cui devi decidere: pubblichi l’album e fine del discorso. Altrimenti non metti mai un punto fermo, puoi continuare a modificare all’infinito.

Pensi che ‘l’avventura’ continuerà?
Certo. Per questo l’album si chiama ‘The Adventure So Far’. Perché c’è anche un ‘Adventure Ahead’. Almeno nella mia testa. Non so quando, non so come. Ma finché sono al mondo e sono in salute, so che posso fare altri brani, altri album. Intanto non mi fermo, continuo a lavorare ad altri progetti. Sto finendo il nuovo album di Michele Luppi, che sarà un’opera monumentale. Coi Dyanonymous, la mia band di ‘Modern Metal’, stiamo scrivendo i brani del nuovo album che registreremo nel 2021. Ho già terminato di registrare le mie parti del nuovo Vivaldi Metal Project, un progetto che coinvolge centinaia di musicisti da tutto il mondo. Poi è appena uscito il primo singolo dei Flames Of Heaven di Cristiano Filippini, un giovane compositore di Pesaro che ha scritto un album metal spettacolare, dopo aver composto molta musica per orchestra. Anche qui sono in buona compagnia tra Caridi, Terenziani e Pastorino. Da solo o in ottima compagnia ci sarà del bello! Daje! Grazie davvero per avermi ospitato, è stato un piacere!

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