Cannibal Corpse – Violence Unveiled

Il 19/04/2021, di .

Cannibal Corpse – Violence Unveiled

I Cannibal Corpse da sempre rappresentano una delle band più estreme ed “uncompromising” del panorama metal, ma anche una delle più dedicate e “hard-working”, per dirla all’americana. Presenti sulla scena dal lontano 1989, la band originaria del Buffalo ha pubblicato ben 15 album in 32 anni, e si è sempre distinta per abnegazione e perseveranza, dimostrando nel tempo che si può costruire una storia di successo anche suonando death metal senza compromessi. Altro elemento distintivo della band è l’elevatissimo tasso tecnico di tutti i musicisti, che di fatto hanno contribuito a dar vita al genere “technical death metal”, che tanto va per la maggiore di questi tempi, ma che appunto affonda le proprie radici nei gloriosi anni Novanta.
‘Violence Unimagined’, il quindicesimo parto malefico dei Cannibal, arriva al termine di un periodo non facile per la band, che ha visto il forzoso allontanamento del chitarrista Patrick O’Brien nel 2019 a causa di un bizzarro evento che ha portato al suo arresto, e la felicissima scelta di sostituirlo con Erik Rutan, personaggio imprescindibile della scena death metal USA, fondatore degli Hate Eternal ed ex membro di Morbid Angel e Ripping Corpse, ma soprattutto chitarrista sopraffino e dotato di tecnica eccelsa. Va detto che Erik conosce molto bene la band, avendo prodotto ben 5 album dei Cannibal Corpse, incluso ‘Violence Unimagined’, ed avendo già suonato con loro dal vivo in svariate occasioni, per questo ha rappresentato da subito il naturale sostituto di O’Brien.
Di tutto questo e di molto altro ne discutiamo con Alex Webster, lo Steve Harris del death metal, nonché uno dei membri fondatori dei Cannibal Corpse.

Allora Alex, comincerei dal nuovo album ovviamente. Sei contento dell’esito?
Direi che sono molto contento, sì. Ogni album dei Cannibal Corpse rappresenta il meglio che siamo in grado di fare in quel particolare momento. Ne abbiamo fatti 15, e ‘Violence Unimagined’ non è un’eccezione: abbiamo lavorato duramente su questo. Soprattutto sono molto contento della sequenza dei brani, crea un bel flow da canzone a canzone. Secondo me non hai mai l’impressione di ascoltare una canzone due volte, ciascuna ha il proprio “carattere” identificabile, se vogliamo.

Devo dire che ho sentito il promo un paio di volte (prima dell’intervista… ora sono a quota 20 circa! Nda) e mi ha colpito la varietà del materiale: ho avuto come la sensazione che l’album attraversi delle fasi tra loro diverse.
Sì, chiaramente noi ci impegniamo sempre per far sì che il materiale su ciascun album sia il più vario possibile, nei limiti dello stile Cannibal Corpse chiaramente, ma nel caso di ‘Violence Unimagined’ questo fattore si è verificato in maniera ancora più marcata rispetto agli album passati. Chiaramente questo è anche influenzato dal fatto che il materiale è scritto da me, Rob (Barrett, chitarra) e da Erik (Rutan, chitarra), ma componiamo separatamente, quindi hai tre canzoni scritte da Erik e poi quattro da me e altre quattro da Rob. Abbiamo una visione simile di quello che vogliamo che sia la musica dei Cannibal Corpse, ma allo stesso tempo spingiamo per essere i più creativi possibile, all’interno di quei confini tracciati dal Cannibal Corpse sound. Ciascuno di noi è focalizzato sull’obiettivo di rendere ogni canzone particolare, e poi ognuno ha il proprio approccio e stile di songwriting; io per esempio cerco di far sì che le mie quattro canzoni siano ben diverse l’una dall’altra, e lo stesso fanno Erik e Rob, pur sapendo alla base quali debbano essere le caratteristiche di una canzone dei Cannibal Corpse.

Anche la new entry Erik Rutan quindi ha contribuito al nuovo materiale.
Beh, credo che Erik lo conoscano tutti… il suo background nel death metal è tanto lungo e prestigioso quanto quello dei Cannibal. Oltre a questo, lui ha prodotto in passato quattro dei nostri album, quindi lui già conosceva la nostra musica ed il nostro stile intimamente prima ancora che entrasse nella band, quindi il suo inserimento è stato molto semplice e senza contraccolpi. Lo stile che lui ha sviluppato nel corso degli ultimi trent’anni è incorporato in questo album in modo omogeneo, senza detrarre nulla da quello che era già lo stile dei Cannibal.

Ovviamente l’aggiunta di Erik rappresenta quasi la ciliegina sulla torta di una formazione già quotatissima e rodatissima: com’è nata l’idea di portarlo a bordo, posto che vi conoscete benissimo? Si è proposto lui oppure lo avete approcciato voi?
Allora, chiaramente nel 2019 quando è emersa la necessità di rimpiazzare Pat O’Brien per il touring abbiamo pensato subito ad Erik. Inoltre, avevamo appena terminato un tour proprio con Hate Eternal (band principale di Erik Rutan, Nda), quindi avevamo trascorso un sacco di tempo insieme. Aggiungi che lui aveva già prodotto quattro album nostri, ed anche in termini logistici lui vive in Florida, più o meno vicino agli altri membri della band, io non sono più in Florida dato che mi sono recentemente trasferito dall’altra parte degli USA. Insomma, c’erano un sacco di ottimi motivi per scegliere Erik, ma direi che i più importanti sono la nostra forte relazione e le sue capacità tecniche con lo strumento. Quindi appena è nata l‘urgenza per il tour imminente, abbiamo chiesto ad Erik di unirsi e lui ha detto subito di sì, e poi anche quando abbiamo capito che avevamo bisogno di un sostituto su base permanente di nuovo ci siamo rivolti a lui, e anche in quella circostanza Erik ha accettato… ed eccoci qui!

Una delle domande che ti avrei chiesto era se Erik è nei Cannibal Corpse in modo permanente, ma direi che mi hai appena risposto.
Sì, Erik è un membro permanente dei Cannibal Corpse e questa è la formazione dei Cannibal Corpse che sta andando avanti. E sinceramente spero che rimanga tale il più a lungo possibile. Sai, prima delle ultime vicende avevamo goduto di un lunghissimo periodo di stabilità nella band. L’ultimo cambio risaliva a quando Rob Barrett aveva sostituito Jack Owen nel 2005, e a seguire abbiamo pubblicato cinque album con quella formazione, ed è stato un periodo di ottimo successo per la band. Nel 2006, con l’uscita di ‘Kill’ si apriva quel capitolo di cui sto parlando, e adesso con l’uscita del nuovo album si apre un nuovo capitolo nella storia dei Cannibal Corpse. La speranza è che si possa replicare il successo riscontrato nel capitolo precedente, vedremo!

Ti voglio provocare: non credi che la presenza di Erik nei Cannibal Corpse possa in qualche modo rischiare di rappresentare una distrazione dal resto della band e dalla sua musica? Cioè, come dicevi tu stesso poco fa, Erik ha una storia musicale e un percorso pluridecennale tanto importante quanto quello dei Cannibal Corpse; non c’è il rischio che possa rappresentare una presenza in qualche modo ingombrante?
Capisco il tuo discorso e lo condivido, ma credo che le cose andranno benissimo! E’ vero, Erik ha sviluppato un suo stile unico e particolare attraverso le sue esperienze in Morbid Angel, Rippping Corpse e soprattutto Hate Eternal, che è la sua personale creazione, e tutti lo riconoscono. Ma allo stesso tempo eravamo tranquilli per tutte le cose che ti ho detto prima: Erik ha prodotto quattro dei nostri album in passato, più l’ultimo, che fanno cinque, e ha già fatto parecchia esperienza in tour con noi. Erik è un chitarrista e compositore eccezionale, ha una personalità fortissima, ma allo stesso tempo è anche un team player. Nei Hate Eternal lui ricopre il ruolo di leader; anche in quel contesto gli altri membri della band contribuiscono in modo importante ma il leader chiaramente è lui. Nei Cannibal la situazione è diversa ma lui sa essere un fortissimo team member. Noi abbiamo beneficiato da avere una persona così dedicata e che lavora così tanto nella band, perché ti spinge a fare lo stesso, rappresenta uno stimolo. Persone come Erik elevano quelli intorno a loro. Noi eravamo già in una posizione fantastica prima del suo ingresso, ma ho la sensazione che con questa formazione possiamo fare anche meglio. Siamo eccitati da quello che potrebbe riservarci il futuro!

Non mi ero mai reso conto che, effettivamente, i Cannibal Corpse hanno goduto, in più di trent’anni di carriera, di una stabilità di formazione straordinaria, avendo compiuto appena quattro cambi di formazione dall’inizio ad oggi. E ogni volta la band ha saputo ri-stabilizzarsi e riprendere il percorso come se nulla fosse o alcune volte anche meglio di prima. Anche quando ha visto la dipartita di figure storiche per la band, come Chris Barnes (Primo cantante dei CC, che ha lasciato la band nel 1995, alla vigilia del quinto album, Nda) oppure Jack Owen (Chitarrista e membro fondatore dei Cannibal Corpse, che ha abbandonato nel 2005, Nda), con quest’ultimo che tra l’altro contribuiva in modo importante al songwriting. Hai mai temuto di non essere in grado di andare avanti senza di loro?
La verità è che non eravamo affatto preoccupati, e non dico che non lo dovessimo essere! Probabilmente la motivazione sta nel fatto che eravamo giovani. Noi volevamo Chris Barnes fuori e George Corpsegrinder dentro, e non ci siamo minimamente posti il problema di eventuali ripercussioni semplicemente perché ce ne fregavamo. Noi eravamo focalizzati sul rendere la band esattamente come la volevamo noi, e la direzione che volevamo intraprendere era decisamente con George alla voce. Ovviamente si trattava di un cambiamento enorme, ma quando sei così giovane non sei molto prudente! Non ci pensi proprio. Non escludo che se fossimo stati 30enni o 40enni magari l’avremmo approcciata in modo diversa la questione, ma quando è successo non abbiamo avuto dubbi sul da farsi.
Che poi, il grande cambiamento ce l’hai quando cambi il cantante, che è la faccia della band. Ma la nostra percezione dall’interno era che Chris Barnes fosse importante per noi, ma allo stesso tempo rappresentasse semplicemente il 20% della band. A quei tempi non pensavamo che fosse una mossa rischiosa, non ci davamo peso perché eravamo convinti che fosse la mossa giusta. Ovviamente rimango convinto che era la cosa giusta da fare, anche vedendo come sono andate le cose da lì in avanti!

Torniamo un attimo a parlare dell’album. Ti faccio una domanda difficile: tu lo sai quante versioni del vinile di ‘Violence Unimagined’ verranno pubblicate?
Non ho idea…

Diciassette! Diciassette versioni / colorazioni diverse! Non ti sembra un tantino un’esagerazione? Ciò premesso, essendo io stesso un avido collezionista, ho ordinato la versione rosa… ho sempre sognato di avere un vinile rosa dei Cannibal Corpse!
Sì, effettivamente mi sembrano tante… ma queste decisioni sono nelle mani della record label. Chiaramente loro stanno cercando di sfruttare al massimo questa rinascita del vinile per massimizzare gli introiti. Ormai, con l’emergere della musica liquida e delle piattaforme digitali tipo Spotify e Tidal, nessuno compra più i CD e quindi l’unico vero oggetto di attenzione del collezionista è il buon vecchio vinile. Che in quanto fonte di riproduzione musicale ha una funzione quasi pari allo zero…la musica digitale te la puoi portare in giro, puoi sentirla con tante fonti diverse, non ingombra… ma il vinile è pur sempre il vinile! E’ l’oggetto che tutti vogliono possedere.

Per rimanere in tema di versioni alternative, abbiamo due versioni diverse della copertina: una diciamo più “esplicita” ed una seconda più “soft”: immagino per il solito problema della censura dell’artwork di Vince Locke, che tra l’altro lavora con voi da diverso tempo ormai.
Sì, il motivo è quello… ormai siamo abituati a dover ricorrere ad una versione alternativa dell’artwork che ci permetta di pubblicare l’album anche nei paesi dove c’è una maggiore attenzione alla censura. Confesso che appena ho visto l’artwork originale di Vince Locke per ‘Violence Unimagined’ gli ho detto di mettersi immediatamente al lavoro per creare una versione meno estrema, anticipando che la prima versione sarebbe stata sicuramente censurata! Ormai noi e Vince siamo una macchina rodata, ci capiamo al volo! Sono decenni che lavoriamo insieme, il suo artwork è diventato una componente fondamentale di accompagnamento alla musica dei Cannibal Corpse.

Devo confessare che mentre l’arkwork non mi abbia sconvolto particolarmente, essendoci abituato, mentre il video di ‘Inhumane Harvest’ mi ha invece colpito come un cazzotto in pieno stomaco! Ero abituato ai vostri video incentrati su brevi storie di serial killers e zombi, mentre l’ultimo tratta un tema realissimo e decisamente raccapricciante, quello del commercio degli organi umani, ben lontano dall’essere un mero prodotto della vostra immaginazione.
Sì, è vero, rispetto al passato abbiamo affrontato un tema davvero spaventoso nel video, che può sicuramente disturbare molte persone, infatti se non sbaglio la sua visione su youtube è vietata ai minori di 18 anni. Il video è stato ideato sulla base del testo di ‘Inhumane Harvest’, scritto da Rob Barrett, che appunto tratta il tema del commercio di organi umani. Il video è stato diretto da David Brodsky, che non ha fatto altro che trasformare in immagini le liriche scritte da Rob. Anche se rappresenta qualcosa di diverso rispetto ai classici temi trattati nei nostri video passati, le immagini si sposano benissimo con la musica dei Cannibal, e il prodotto finale è decisamente potente, per quanto inquietante.

Ovviamente Cannibal Corpse rappresenta una storia di successo nell’ambito del death metal, anche sotto l’aspetto commerciale, considerando la quantità di copie di album che avete venduto in questi anni ed il numero di tour effettuati. Se e quando hai cominciato a percepire per la prima volta che quest’avventura musicale stesse diventando una cosa seria, e soprattutto che potesse rappresentare il tuo impiego e mezzo di sostentamento nel lungo termine?
Domanda difficile… ti devo dire che nel nostro caso non c’è stato un momento ben definito in cui è cambiato tutto. In parte perché sotto l’aspetto del business il successo è arrivato in modo estremamente graduale, e vorrei aggiungere che non l’avrei voluto in nessun altro modo. Ho la sensazione che le band che combinano i casini più grandi e durano di meno sono quelle che ottengono successo troppo velocemente. Noi siamo rimasti sempre con i piedi ben piantati per terra perché il death metal non ha mai ottenuto la popolarità che altri generi più commerciali hanno ottenuto. Forse qualche segnale lo abbiamo avuto ad inizio del nuovo millennio, quando abbiamo cominciato a sorprenderci del fatto che le cose continuassero a progredire nella direzione giusta! Mi ricordo di aver pensato: vabbè, rimaniamo tranquilli e vediamo dove ci porta questa strada. Poi a un certo punto smetti di convivere con amici ed altri membri della band e ti puoi permettere un appartamento, come ho fatto io con la mia ragazza che poi è diventata mia moglie. Tanti piccoli passi… Per quanto riguarda il lavoro, dopo il tour di ‘Butchered At Birth’, nel 1991, tutti noi abbiamo potuto abbandonare i nostri “day jobs” e dedicarci interamente alla band. Chiaramente ci facevamo bastare i soldi, vivevamo insieme ad altri amici e cercavamo di risparmiare tutto quello che potevamo, ma poter abbandonare i nostri lavori “normali” è stato un passo molto importante.
Come dicevo prima, verso i primi anni del nuovo millennio tutti abbiamo cominciato finalmente a poterci permettere di comprare qualcosa di nostro, e anche quello forse ha rappresentato un passo importante. Chiaramente, mai sottovalutare la possibilità che le cose possano andare storte, la pandemia in corso ci ha insegnato questo, e ovviamente questa regola si applica non solo alla musica ma a tutti gli aspetti della nostra vita. Le cose non sono mai così stabili come sembrano. La prudenza non è mai troppa, quindi evitare di fare il passo più lungo della gamba, soprattutto sotto l’aspetto finanziario. Noi in questo siamo stati bravi nel comportarci in modo prudenziale nel corso degli ultimi trent’anni, grazie proprio al fatto che il nostro successo si è generato gradualmente nel corso di tanti anni, e non in un mese o in un anno. Questo fa sì che adesso che ci troviamo in una situazione di mancanza di touring, che come noto rappresenta la nostra entrata finanziaria principale come band, riusciamo a cavarcela lo stesso. Certo, se la situazione rimanesse così per cinque anni la cosa diventerebbe più complessa!

Che poi credo che nel “modello di business” dei Cannibal Corpse la componente touring rappresenti l’elemento sempre più imprescindibile… siete al quindicesimo album in poco più di trent’anni, ma poi ogni album va sostenuto con continue date dal vivo, corretto?
Assolutamente… se guardiamo indietro, per ‘Eaten Back To Life’, il primo album, abbiamo fatto solo una manciata di date, tutte concentrate vicino a casa, nella parte Nord-Est degli USA. Non avevamo a quei tempi neanche un booking agent, sostanzialmente eravamo noi a chiamare i vari locali per chiedere se ci facevano suonare. A quei tempi lavoravamo tutti quanti, quindi dopo il lavoro praticamente suonavamo e componevamo ogni giorno. Così il secondo album ‘Butchered At Birth’ lo abbiamo pubblicato ad un anno dal primo, e così il terzo ‘Tomb Of The Mutilated’, ad un anno dal secondo. Dopo i primi tre album i tempi hanno cominciato a dilatarsi, perché man mano che la band cominciava a farsi conoscere, si moltiplicavano le opportunità di svolgere dei tour. E come dicevo prima, è a partire da quando abbiamo cominciato a fare tour seri che ci siamo potuti permettere di smettere di lavorare e dedicarci al 100% alla band.

Certo che l’elemento del duro lavoro è imprescindibile. Non credo ci siano altre death metal band che abbiano ottenuto il successo vostro.
Non ho le cifre esatte, ma sono abbastanza sicuro che siamo la death metal band che ha suonato più concerti dal vivo. Per ogni disco facciamo mediamente due tour negli USA, due in Europa, se non tre includendo i festival estivi, poi ogni tanto andiamo in Australia, Sud America, Messico. Il mondo si è aperto notevolmente negli ultimi 30 anni, e questo ci ha permesso di suonare ovunque, noi abbiamo suonato in circa 50-60 diversi paesi! Comunque, tornando al discorso del duro lavoro, il nostro ciclo di solito funziona come segue: la fase di composizione dell’album di solito dura sei mesi circa, poi seguono le registrazioni per un paio di mesi, infine alla casa discografica occorrono altri quattro mesi per mettere fuori l’album. Quindi, un anno se ne va per la pubblicazione dell’album, poi a seguire cominciamo a fare i nostri tour vari, e quando finiamo il touring, si comincia a comporre il nuovo album. La pandemia in corso rappresenta l’unico elemento che è stato capace di alterare il nostro ciclo, che si ripeteva costantemente da 25-30 anni.

Molte band stanno provando la via del live streaming come parziale sostituto dei concerti, mi pare che voi non ne abbiate ancora fatti. Cosa ne pensi?
Diciamo che qualche conversazione in merito l’abbiamo fatta tra di noi, ma la verità è che puntiamo a riavviare la macchina del touring nel prossimo febbraio, inizialmente negli USA. Ovviamente l’ultimo anno ci ha insegnato che fare piani e previsioni è sempre molto difficile, ma sono confidente che per l’inizio del 2022 cominceremo a riemergere da questo contesto. Per poter suonare fuori dagli USA invece prevedo tempi molto più lunghi, anche perché ogni paese è in una situazione diversa rispetto al COVID-19 e sta affrontando la crisi in modo diverso e con regole e decisioni proprie. Viaggiare attraverso l’Europa è stato molto semplice per tantissimi anni, fino al 2020. Mi ricordo che riuscivamo ad attraversare anche due o tre Paesi diversi nel corso di una notte con il nostro pullman grazie all’assenza di restrizioni, ma chiaramente questo sarà impossibile ancora per molto tempo ancora. Quindi, una timeline per un ritorno in Europa purtroppo allo stato attuale non esiste. Nella sfiga fortunatamente essendo basati negli States, questo ci dà l’opportunità di mettere insieme anche 50 date senza mai attraversare un confine, quindi chiaramente ricominceremo da qui. Chiaramente, se per l’inizio del 2022 le cose non dovessero essere tornate alla normalità e sarà ancora impossibile suonare live, allora sicuramente prenderemo in seria considerazione la possibilità di ricorrere al live streaming.

Beh, trovate il modo perché qui in Europa siamo in astinenza!
Guarda, sicuramente una delle cose che ci lascerà questa pandemia è un diverso modo di vedere e approcciare le cose: non bisognerà mai più dare le cose per scontate! Io personalmente difficilmente rinuncerò ad un concerto come magari avrei fatto in passato perché poi non sai mai quanto tempo potrebbe passare prima che hai l’opportunità di rivedere quella band! Questo è il momento di pensare ad avere pazienza e a prenderci cura di noi stessi e preservare la nostra salute, dopodiché appena ci saranno le condizioni ci rivedremo di persona ai nostri concerti!

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