Marthe – Alle radici del Male

Il 03/04/2025, di .

Marthe – Alle radici del Male

L’assoluto clamore suscitato dall’uscita di ‘Further in Evil’ di Marthe non poteva lasciarci indifferenti, tanto più che già ‘Sisters of Darkness’ aveva scosso i padiglioni acustici dei più attenti tra noi, quelli che tra un ascolto e l’altro non disdegnano l’amore per le nebbie simil brughiera e per le atmosfere vichinghe di qualsivoglia provenienza. Naturale dunque che il sottoscritto proponesse a Marziona questa intervista-fiume, arricchitasi in corso d’opera dell’uscita del dittico ‘The Vision – Holding The Eternal Grudge’ e caratterizzata dal sempiterno adagio caro ai Wretched, Finirà mai? Ecco finalmente il risultato, verace e diretto, proprio come il sound di Marthe…
‘Further in Evil’ è uscito ormai da un po’. Qual è il riscontro, sinora? Come descriveresti le tue sensazioni legate al disco e alla sua uscita?
“Ciao! È andato sold out in pochissimi mesi quindi direi bene e con grandissima soddisfazione da parte mia in quanto significa che in molti e molte hanno apprezzato quello che ho creato nei mesi di scrittura. Sapere che c’è chi apprezza una cosa così intimamente personale dà un senso di compimento al tutto, sono legatissima a questo disco per innumerevoli motivi, ma soprattutto sono legata alla community stretta attorno a Marthe, soprattutto su Bandcamp e via mail, se fosse un’interazione cartacea sarebbe come ai vecchi tempi quando ci si scambiavano lettere tra maniaci di musica estrema. Quindi le sensazioni predominanti sono gratitudine e senso di compimento, portare a termine le cose mi riesce spesso difficile ma in questo caso mi sono sentita realizzata con me stessa in primis per aver concluso una cosa così importante per me.”
Il deal con la Southern Lord ti ha catapultato nel magico mondo della promozione che noi scribacchini specializzati conosciamo bene. Come sta andando la fase promozionale? Ti senti a tuo agio o magari è uno di quegli ambienti di cui faresti tranquillamente a meno?
“Non ne capisco molto, sono immersa nel DIY da che ho memoria musicale e al massimo uscivo sulla fanzine di mio cugggggino, ora la platea si è ovviamente un po’ allargata ma il tutto in coerenza con la mia persona e il mio essere quindi sto mantenendo un approccio molto easy alla cosa. Avere persone che mi affiancano se c’è bisogno e mi facilitano molte operazioni tipo gestire le richieste per interviste, etc. è una cosa nuova e che apprezzo molto, ci sono davvero dei professionisti e delle competenze sbalorditive spesso dietro le quinte di ciò che è più visibile. Io farei a meno di tutto ciò che non è strettamente musicale ma anche la parte visual vuole la sua parte, quindi devo ricordarmi di fare di tanto in tanto foto, video e contenuti social perché viviamo in un mondo frenetico dove tutto evolve velocemente quindi le persone apprezzano di tanto in tanto qualche contenuto. Sono poco attiva devo dire, sono anche abbastanza riservata e un po’ a disagio con la mia immagine, non per l’immagine in sé ma perché per la prima volta come dici tu questa collaborazione mi ha catapultato in un ambiente più vario e che non rientra nella mia bolla o comfort zone. Mi sono sentita più esposta e ho visto la mia immagine sotto forma di foto prendere il largo indipendentemente da me, ho smesso quasi subito di leggere recensioni o commenti, di seguire in generale dove vanno parole e immagini legate a Marthe una volta consegnate. I video sono un grande dramma ogni volta, non mi sento sicuramente telegenica e spesso è difficile capire che taglio dare a una trasposizione video. Ci tengo molto alla trasparenza di come sono nella vita vera, non amo le cose troppo artefatte quindi cerco di comunicare e apparire più o meno come nella vita quotidiana. Non mi interessa crescere, avere numeri, visibilità o chissà cosa, mi interessa che la musica venga apprezzata, una mail o un messaggio con due righe di affetto vale più di centinaia di follower.”
D’altronde, anche tu immagino sia cresciuta nel mondo della carta stampata (riviste e fanzine), perciò il cosiddetto web 2.0 (con interazioni e simili) ha i suoi pregi e difetti per noi “vecchietti”…
“Esatto, quoto parzialmente quello che dicevo qui sopra. Quello che mi manca è la minore voracità nel fagocitare un prodotto, io personalmente apprendevo di più perché avevo più tempo per dedicarmi e approfondire un gruppo e ciò che gli girava attorno. Ho notato che la mia soglia dell’attenzione e capacità di interiorizzazione è andata in modo inversamente proporzionale rispetto alla maggiore esposizione alla pluralità di stimoli ricevuti. Sono però anche una grande fan della modernità e per quel che mi riguarda cerco di abbracciare le novità positive che i tempi portano con sé.”

È recentissimo il tuo debutto da vivo! Come ti hanno convinta? Cosa dobbiamo aspettarci dai prossimi live set dei Marthe? Spero non la cover di ‘Woman of Dark Desires’ in chiusura… (magari!)
“Avrei sempre voluto fare ‘You Don’t Move Me… And I Don’t Give A Fuck’ potendo scegliere, hahaha! Scherzi a parte, credo sia già sufficientemente complicato fare le cover delle mie stesse canzoni per mettere un’altra cover al fuoco. Certo che con i cavalli di razza che ho nella scuderia avrei potuto spaziare in ogni ambito musicale! Mi hanno convinta perché, ricollegandomi alla domanda in cui parliamo dei pregi e dei difetti della modernità, mi sono resa conto che non potendo avere il tempo necessario per dedicarmi più celermente alla scrittura di nuovo materiale con un ritmo più attivo, mi sembrava giusto intervallare l’attesa con un live molto intimo e specificatamente dedicato all’incontro delle persone che mi seguono. Dico intimo perché è stata una giusta dimensione, un festival (Chaos Descends) dove si respira aria allegra e con una carica incredibile, pieno di appassionati, nel bosco, con un trenino panoramico che fa il tour della foresta pieno di metallari e uno dei djset più clamorosi di sempre. La promoter che mi ha invitato, Nine, è assolutamente una persona adorabile e questo aggiunge cuore al tutto. Ci avevo suonato con gli Horror Vacui nel 2022 (mio gruppo post punk) e siamo stati benissimo nonostante la diversità di genere, c’è molta apertura e passione per la musica. Se potessi dedicarmi di più alla scrittura e sfornare dischi con maggiore costanza forse sarei riuscita a tenermi su un ritmo più accettabile anche per fare solo ed esclusivamente studio, ma potendo preparare la versione live ho pensato che può essere carino avere questa opzione a disposizione per occasioni molto selezionate tra un disco e l’altro. È stato incredibile, emozionante, non senza difetti ma la scarica di energia e l’amore ricevuto non li avevo quantificati, sono ancora emozionata!”
Veniamo a ‘Holding the Eternal Grudge’, il tuo nuovo singolo. Vuoi parlarcene?
“La genesi di questo pezzo è diversa dagli altri scritti in precedenza, perché non fa parte di un insieme vero e proprio, ma è più un elemento a sé stante svolto a tra virgolette, festeggiare l’anniversario dell’uscita di Further in Evil. La scintilla che ha fatto nascere il tutto è stato vedere il dipinto allora inedito fatto da Mariya per un’occasione particolare. Quel dipinto mi ha colpito molto e ho subito desiderato con un po’ di rammarico poterlo usare per Marthe ma mi sono resa conto che non avevo materiale pronto. Allora mi sono ricordata che nell’aprile 2024 ero stata risucchiata da una fase specifica come spesso mi accade: io la chiamo la fase Aisha Kandisha perché ogni tanto, amando molto anche le sonorità delle percussioni tradizionali, bilancio in letture, suoni e sperimentazioni prettamente di influenza araba. Questo è dovuto anche al fatto che passo la maggior parte del mio tempo a contatto con la cultura araba per motivi di lavoro, infatti il 90% dei miei studenti provengono dal Nord Africa. In quel periodo mi sono comprata una darbuka marocchina e mi sono cimentata nella registrazione di una sorta di marcia che nella mia testa doveva essere una rivisitazione del tema iniziale del film “La Maschera del Demonio” in particolare quando la strega Asa viene condotta al rogo. Mi immaginavo, per giocare, di sovrapporre il risultato a queste immagini così per puro divertimento. Ovviamente, persa negli impegni della vita, questo piano è naufragato e il pezzo, così come tante altre sperimentazioni è rimasto incompleto nel mio computer finché non ho visto la copertina di Maria che per pura casualità ritraeva una donna dai lunghi capelli nell’atto di suonare un tamburo. Solo allora mi sono ricordata di questa bozza, quindi dovevo dargli un senso compiuto perciò ho suddiviso la canzone in due, creando una intro che si chiama ‘The Vision’, ovvero il titolo originale del dipinto e poi un pezzo per completarlo. Nella mia mente era una sorta di piccolo regalo a tutte le persone che sono in attesa della nuova uscita (che ho iniziato a scrivere recentemente). A giochi fatti, quando ho concluso il pezzo, ero soddisfatta perché mi ero fatta un regalo, mi sono divertita estremamente e dentro di me speravo che fosse ricevuto nello stesso modo dalle persone, cosa che è stata confermata con la caldissima accoglienza che ha ricevuto. Non l’ho tenuto da parte a prescindere perché mi sembrava un pezzo molto in linea con il disco precedente che quindi poteva fungere benissimo da bonus in quanto perfettamente in linea, ma le cose che sto scrivendo per il disco nuovo sono lievemente influenzate anche da altri elementi per non proporre sempre la solita formula ma spaziare anche in altri ambiti di mio interesse o giocare con le melodie che sento risuonare nei miei umori di questo pesantissimo 2025.
Di qui la scelta di autoprodurlo?
“Ho autoprodotto il pezzo perché appunto era una sorta di bonus Track a sestante, quindi è stato più immediato autoprodurlo per la mia “etichetta” Studio Hammer.”

Secondo me tutta questa somiglianza tra il tuo estro e quello di Quorthon è una frase fatta, una cosa che ormai è nell’aria e va detta. Certo, i Bathory sono tra le tue influenze, ma tutti questi commentatori avranno mai ascoltato davvero ‘Twilight of the Gods’, tanto per dirne una?
“È un’associazione che è emersa con la demo, sicuramente per la produzione lo-fi, per quel tocco un po’ epico in alcuni punti, un po’ di cantanto clean mio malgrado stonato e la copertina che ha giusto giusto un pizzico di tributo a ‘Blood Fire Death’ hahaha, ma all’epoca ho lasciato carta bianca all’artista (Mariya di CRNOBOG ART) che ascoltando la demo ha creato quella valchiria stupenda quindi è stata la sua personale interpretazione, che la accomuna a quella di molti altri. Sinceramente è un paragone che mi riempie di orgoglio, ma non avrei mai ambito a tanto né cercato di proposito di approcciare quel filone. Non c’era intenzionalità, ecco. La musica di Bathory è ad oggi la mia personale “quadra” su tutto ciò che mi piace, sarebbe l’artista che porterei sull’isola deserta potendo sceglierne solo uno, e lo sceglierei sempre. Avendo ascoltato Bathory all’infinito credo di averne interiorizzato molto, soprattutto singoli elementi evocativi più che vere e proprie influenze, quindi se penso alla creazione di una canzone, la mia testa, il mio cervello, il mio cuore e il mio orizzonte sonoro vanno verso quel tipo di sonorità.
Tra i pochi che ho letto, il mio commento preferito ad oggi è chi ha scritto “Quorthon is back and is a woman now!”, gli ho dato un senso molto divertito ovviamente, una vita degna di chiamarsi tale ha bisogno secondo me anche di spazi di leggerezza, sicuramente io non sono una gatekeeper anzi, mi annoia parecchio chi prende ogni cosa troppo sul serio quindi ben vengano interpretazioni personali, riferimenti ibridi musicali, sfumature soggettive, neologismi fantasiosi. Dopo essere stata inserita sempre con più enfasi nel suddetto filone, ho coniato l’espressione “VALKYRIAN METAL”, mi piaceva un sacco l’immaginario viking declinato al femminile, fino a quel momento mai messo nero su bianco. In realtà l’ha usato Agipunk quando ha fatto gli adesivi per la demo in LP non sapendo che nome dare al mio genere musicale haha, direi che mi piace un botto e da lì l’ho fatto mio.”
Magari te lo avranno già chiesto in cento, ma ‘I ride alone’ è o non è una dichiarazione di intenti per il progetto Marthe?
“Me lo hanno chiesto e la risposta è no, ‘I Ride Alone’ parla di quelle persone che mi hanno lasciato in un momento di fragilità, senza una parola o un gesto per verificare come mi sentissi. C’è quella frase che recita “solo uscendo di scena si scopre il ruolo che si è ricoperto” ed è stato esattamente così. Un misto di ghosting e indifferenza da parte di persone fini ad un certo momenti centrali nella mia vita che mi ha fatto comprendere quanto sia importante avere la forza interiore per risollevarsi da soli, sapere di bastare per sé stessi, ho rinnovato la mia già spiccata introversione (che non si nota molto a una conoscenza superficiale, a dire la verità). Quando scrivo “misanthropic” tra alcuni aggettivi per descrivere Marthe mi riferisco proprio a questo e non a chissà quale atteggiamento, la consapevolezza crescente dell’ineluttabilità della solitudine come catarsi e momento di guarigione e cura in momenti di difficoltà.”
Parliamo di un altro paio di cosette legate al disco: un pezzo come ‘Victimized’ dà spazio alla melodia, in continuità con qualcosa ascoltato sul precedente ‘Sisters of Darkness’. Ne sentiremo ancora di più in futuro, di inserti melodici?
“Mi piacciono moltissimo le melodie e le canzoni con parti “catchy”. Dipende dal mood, generalmente mi piace inserire in modo spontaneo parti melodiche perchè mi permette di spaziare maggiormente creando scenari sonori più ampi che mi fanno viaggiare con il cuore e con la testa. Io adoro la musica estrema ma per colpirmi al cuore un pezzo deve sempre avere un inserto melodrammatico. Ho una playlist Spotify che sto compilando, si chiama “Heads Up//Tears Down” ispirata da una chiacchierata intercorsa tra me e il mitico Mirko dei Bunker 66/Noia una mattinata in cui anziché rispondere alla presente intervista mi sono persa via a pensare a tutte le canzoni che hanno questi spunti melodici all’interno della purezza del metallo, dirompenti e da pelle d’oca senza però essere ballads (per quello c’è la compilation “Metalheads with broken hearts” haha). Quindi sì, spero di avere ancora l’ispirazione per la melodia.”
Ancora su ‘Further in Evil’… la tua versione di ‘Sin In My Heart’ ne fa uno di quei tipici episodi conclusivi un po’ etereo, alla ‘Garden of Delight’ dei favolosi Mission. Lo dico per mantenere un registro “alto”, altrimenti citerei gli ABBA o i Ghost! Comunque sia, è un po’ un riferimento al sound dei “tuoi” Horror Vacui o sbaglio?
“Eh, ‘Sin In My Heart’ è una delle mie canzoni preferite di uno dei miei dischi preferiti di Siouxsie, ma l’idea mi è venuta perché nella parte finale c’è un lavoro di ricamo nelle melodie di chitarra che ogni volta mi faceva pensare a “quanto sarebbero interessanti declinate in chiave metal”, tipo in bending. Una gag in pratica. Quindi il tutto è nato quasi per gioco, ovviamente avendo anche un gruppo post punk/death rock questo pezzo fa parte di un macrocosmo di ascolti che si mescolano nella mia testa. Inizialmente la volevo fare uguale, ho registrato la batteria in modo maniacalmente uguale, ci ho perso un sacco di tempo. Poi non mi sembrava giusto disonorare una delle mie canzoni preferite con una cover che fondamentalmente non mi sembrava gli rendesse onore fino in fondo. Da lì, siccome ero in fase sperimentazione synth, ho provato a fare una versione solo strumentale, scarna. La mia idea era di metterla eventualmente sul flexi ma a Greg è piaciuta così tanto che ha voluto includerla nel disco. Lui è una persona dagli ascolti estremamente trasversali, si gasa sempre un sacco quando gli propongo qualcosa che spezza un po’ gli schemi, quindi era contento di questo crossover di genere e stilistico. Non so se sia piaciuta o meno, o che tipo di riscontro ha avuto. Ad alcuni sicuramente non è piaciuta, spesso la skippo anche io ascoltando il disco, ma l’elemento che mi interessa sempre è la discrepanza tra chi crea e chi riceve. Per me questa cover segna un passo importante per la mia crescita, in quanto la colloco come la prima canzone in cui prendo completa consapevolezza della mia voce. Non è facile, soprattutto se come me si è trascorsi gli ultimi 25 anni con uno strumento in mano o dietro la batteria, trovarsi ad avere a che fare con la propria voce, o almeno, per me non lo è stato. Dalla primissima ‘Sisters Of Darkness’ (con seimila effetti e 30 linee di voce volte a nascondere a me stessa la percezione che fossi io) a ‘Sin In My Heart’ (pulita, senza effetti e dirompentemente sola) io avverto un oceano immenso di presa di coscienza, accettazione, consapevolezza di me stessa. Forse da fuori viene dato per scontato, ma da dentro, per me, neofita del cantato, è stata la mia vera e propria nascita quindi – al netto dell’indice di gradimento o comprensione della scelta – questa è una pietra miliare per me, come per la demo è stata ‘Awake Arise Silence’ per altri motivi ovvero ho compreso qual era il mio timbro cantando la parte finale.

A proposito di Horror Vacui, sei famosa per avere un mucchio di progetti musicali attivi. Vuoi dirci qualcosa sullo “stato dell’arte” dei tuoi gruppi?
“Non più, purtroppo il lavoro a scuola ha assunto dimensioni orarie tali da impedirmi di dedicarmi alla musica come vorrei e fare 8-18 lascia poco tempo per creare, una gabbia che un po’ mi pesa se non che faccio il lavoro più bello del mondo. Da ormai un paio d’anni ho solo gli Horror Vacui come gruppo attivo, e Marthe come studio e qualche live sporadicamente ma siamo in fase embrionale. Prima avere più gruppi era la normalità, e ci tengo a sottolineare tutti curati con lo stesso amore e mai lasciati indietro a favore di altri o altro. Ora purtroppo mi è impossibile materialmente, e siccome mi piace dedicare cura ai miei progetti ho anche bisogno di tempo per fare le cose per bene. Il tempo dedicato alla musica, suonata o ascoltata, è una percentuale irrisoria della mia settimana, e questo mi fa soffrire molto. D’altronde (e credo che potrai capirmi) lavorare in una scuola a costante contatto con persone genera una over stimolazione che spesso mi costringe a godermi il silenzio. Facendoci caso, le cose che produco a livello musicale escono in contemporanea alle vacanze scolastiche, quelli sono i miei momenti di massima carica. I miei ascolti sono diminuiti vertiginosamente per mancanza di tempo per me, ma lottando un pochino riesco a tenere insieme i pezzi.”
Tornando all’aspetto promozionale, come vedi i videoclip come mezzo di diffusione? C’è qualche video “storico” a cui sei legata, o qualche idea che potrebbe svilupparsi in futuro?
“Io odio apparire in video, ma so che vanno fatti. Ci metto tutta la buona volontà, ma non sono abituata a “pensare in grande”, prediligo sempre l’aspetto affettivo ovvero farlo con persone a me vicine infatti ho sempre delegato questa parte a Silvia, la mia scudiera in questa crociata del visual, e una buona parte la affido al principio del DIY. Ma ci ho provato con serietà eh, ad esempio, per il promo di ‘Further In Evil’ sono andata in moto in una località sui colli bolognesi a me molto cara e mi sono auto ripresa facendo un po’ di editing per pubblicizzare l’uscita, ho passato un bel pomeriggio. Per il video di ‘Further In Evil’ ho fatto delle riprese mentre ero in vacanza in Islanda usando mia mamma come operatrice e le ho integrate con altre riprese in Liguria (davanti all’incredulità dei bagnanti perché avevo zero tempo quindi sono dovuta andare in pieno giorno).
Il video più professionale è quello di ‘Sisters Of Darkness’ e di ‘To Ruined Altars…’.
Per ‘Sisters’ siamo andati in una serie di location che erano davvero speciali, c’è una storia divertente come retroscena che ho allegato nella Posterzine dell’edizione limitata della maglietta appena uscita. Per ‘Altars’ siamo andate in riviera romagnola e anche lì ci sono state delle gag, compresa l’improvvisata delle scene con le candele che abbiamo deciso di fare impulsivamente la stessa sera delle riprese al mare, finendo alle 4 di notte e divertendoci un botto, senza eccessiva pianificazione. Litighiamo sempre perché io amo i filtri e i freestyle mentre Silvia è metodica e professionale ma alla fine troviamo sempre una quadra. L’altro video fatto è quello di ‘Embers’, uno strumentale composto nella mia fase di approccio ai synth, e anche in quel caso ci sono vari aneddoti soprattutto relativamente allo strumento a cui ho dato fuoco e che poi è finito in copertina. L’unica cosa che posso dirti (altrimenti scrivo papiri) è che avendo sempre problemi di tempo, per le riprese e quindi anche le foto ero in pigiama appena sveglia, senza trucco parrucco e con la vestaglia da letto.
Mi piace documentare molto le fasi di preparazione: ho realizzato un videodiario di tutta la fase di composizione di ‘Further In Evil’ ma lo tengo privato perché mi piace l’idea di condividerlo solo con persone davvero legate a me e al progetto.”

“Video a cui sono legata? Tutti quelli che passavano su Videomusic prima e MTV poi, nel limite delle mie preferenze musicali. In 5^ elementare ho visto il video di ‘Crazy little thing called love’ dei Queen e l’immaginario di tutte quelle cosce in shorts, pelle, occhiali a specchio e anfibi mi ha mandato in pappa il cervello! Solo dopo avrei scoperto i Judas Priest ma sicuramente il cerchio dell’immaginario si è così completato. I video dei Queen sono stati la mia unica fonte visual per anni, avevo la doppia videocassetta e l’ho mangiata viva. Sempre alle elementari sono stata fulminata dal video di ‘The Final Countdown’, le luci, il pubblico, la carica che sale e quell’elemento catchy epico che ancora oggi ricerco sempre in un pezzo quando sono in ascolto. I capelli cotonati con la luce dietro, per sempre faro nella notte. Poi alle medie è arrivato molto altro, sicuramente nel 1992, a 11 anni, ho visto il video di ‘November Rain’ e quello per me rimane l’unico modo esistente di suonare la chitarra. Poi i Metallica e i Sepultura hanno fatto il resto, per dirla citando i GBH lì è iniziato il mio culto per i “coltivatori di capelli”. Capelli, luci, fumo, borchie, denim and leather.
Uno dei miei sogni è sicuramente suonare un rullante che schizza acqua tra fumo e penombra. Ma in generale ogni posa con gamba divaricata alla ‘Territory’ fa parte del desiderabile (super cute loro nello sfondo che muovono la gambetta mentre Max canta. Quanto amore). Menzione d’onore il video di ‘Fast And Frightening’ delle L7 in cui danno una lezione di portamento degna del corso di laurea in “mosse da palco”. Potrei andare avanti all’infinito. Non comprendo i video minimal e sterili, è una forma mentis che non si inserisce in nessuna delle mie sinapsi infatti ho chiamato un gruppo “Horror Vacui” perché more is better.”
A proposito del futuro di Marthe: immagini possibili collaborazioni con altri artisti, italiani o stranieri?
“Per ora ho collaborato con Greg Anderson nel suo progetto The Lord e sono stata troppo gasata nel farlo, un sacco di atmosfere e di cantato in pulito, mi sono divertita un botto! Con lui collaborerei sempre, è una persona stupenda e versatile, sempre entusiasta! Mi piacerebbe in generale l’idea di collaborare in modo individuale e non a nome Marthe, magari alla batteria in quanto mio strumento principale, un tribute live, ad esempio trovo stupendo quello che sta per accadere con il tributo a Quorthon che ha visto questa super all star band riunirsi lo scorso agosto per celebrare i 20 anni dalla morte. Cose così, non ho mai pensato a vere e proprie collaborazioni perché sono ancora troppo concentrata sulla fase di creazione. Magari in futuro quando avrò una stabilità maggiore con all’attivo più materiale potrò avere tempo per spaziare di più.”
Andiamo con le domande “da rivista”: con chi ti piacerebbe condividere il palco, magari presso un bel festival?
“Ho suonato nello stesso cartellone dei Voivod, questo mi sembra già qualcosa di inimmaginabile per la me delle scuole medie. Incredibile. Potrebbe già bastare così. Ho già soddisfatto alcuni voglini nella vita, di media o ampia grandezza. I Sunn, Lydia Lunch, i TSOL e altro che non ricordo ora.
Vediamo, sognamo? Con la reunion della line up originale dei Sepultura?!??? Ahaha!
Scherzi a parte, in generale non ho aspettative o pensieri di questo tipo, solitamente si rimane sempre delusi. Meglio lasciare i propri eroi nel dominio degli eroi senza conoscerli.
Poi sono abituata agli squat e ai palchi piccoli, per i festival vedremo se arriveranno occasioni particolari ma sicuramente è una realtà per me ancora aliena. Per me aver suonato in passato con gruppi come Doom e Wolfbrigade per citarne due, avere il privilegio di chiamarli “amici” è già una medaglia al valore nel mio cuore.
E ancora… quali sono i dischi della tua vita?
“Tiamat ‘Wildhoney’, Sepultura ‘Chaos AD’, Extreme Noise Terror ‘Retro-Bution’, Bathory ‘Hammerheart’ ma tutto in realtà, Cure ‘Disintegration’, Wretched ‘Libero di vivere’, Amebix ‘Arise!’, L7 ‘Smell the magic’ e vabbè un oceano di altre cose.”
C’è una teoria che sostengo da sempre, quella del genius loci nei progetti musicali: nel senso che la scelta di un determinato sound sia spesso dettata da dove si sia nati o dove si stia operando in un determinato momento, in conformità o in contrasto ai luoghi. In questo senso, quanto c’è di bolognese e/o di spezzino nel tuo sound? Ti ispirano di più le nebbie, le scogliere o i picchi?
“Mi hai fatto una bellissima domanda. Assolutamente la Lunigiana e la costa ligure apuana. Mi sento profondamente in colpa perché nulla di tutta questa medievalità che si respira a Bologna mi fa vibrare, ci sono oggettivamente architetture da paura. Ho “usato” scenari dell’hinterland bolognese e anche romagnolo (vedi il “vulcano più piccolo del mondo”, i boschi del Corno alle Scale e la chiesa di Ozzano) per i video, i “flat fields” pieni di nebbia con i campanili a picco nello skyline sono sicuramente suggestivi, forse più per il goth rock nel mio immaginario. Ma tutta la musica è stata composta a ridosso tra il mare e i monti della Lunigiana più selvaggia, addirittura in macchina valicando L’Appennino. Non esistono altre foreste, montagne, laghi e spiagge in grado di emozionarmi come quelle delle zone in cui sono nata e cresciuta. Se mi serve comporre vado li. Senza campanilismo, puramente un fattore di energie.”

Tra l’altro, sei praticamente la mentore del progetto Hiking Metal Punx… vuoi dirci di più?
“Ho creato la pagina nel 2010, l’idea iniziale era di creare un libro in cui vari musicisti più o meno noti suggerivano i loro itinerari preferiti per fare hiking, magari luoghi con un valore storico o con curiosità, una sorta di “atlas obscura” curata da me che raccoglieva le collaborazioni. Purtroppo non avevo nessun tipo di gancio quindi non mi hanno cagato in molti, menzione d’onore per Fenriz e Joel Grind che si sono prodigati con materiale molto particolare. Non c’era ancora la diffusione di Instagram e avevo ancora MySpace, girava tutto ancora molto in mail e non era facile reperire i “big” approcciandosi direttamente ai loro profili come accade ora, ma con il senno di poi ne sono contenta perché il progetto si è poi spontaneamente aperto a tutti, le persone hanno iniziato a condividere le loro foto e itinerari preferiti. Ho coinvolto da qualche anno la mia amica di Limbs Disarm/Feral Thurst che è una boss totale per ciò che riguarda viaggi e itinerari con megaliti, la adoro e ammiro immensamente la sua dedizione. Ha prodotto anche del merch di assoluta qualità, rigorosamente a costo spese per mantenere l’etica del progetto no profit. Non ho molto tempo né per curarlo né per fare molte gite in questo periodo ma la cosa che apprezzo è il senso di comunità che si è creato attorno.”
Tasto dolente: rimpianti? occasioni mancate?
“Hm. Non a livello pratico musicale, ad oggi mi sono spinta fin dove le mie possibilità mi hanno permesso, con coerenza e guadagnando sul campo ogni millimetro di quello che “ho”, difficilmente mi piovono occasioni dal cielo senza aver faticato. Non mi ha mai regalato niente nessuno. Un tempo rimpiangevo di abitare in un buco di culo di paese ma ora mi rendo conto che il fatto che sia ancora qui con la stessa fotta di quando ero un’adolescente lo devo alla deprivazione che mi ha causato proprio quel tipo di isolamento in quel paese di merda. In it for life, per dirlo con parole altrui. Il mio unico rimpianto è forse quello di essere stata ed essere tuttora troppo spontanea e vera nella vita e nella musica, nonché a tratti troppo gentile verso chi non se lo meritava. Fossi stata più “imprenditrice di me stessa” magari avrei ottenuto di piú, ammiro molto chi sa fare self branding, ma non è il mio caso. Ottenere cosa poi? A me basta suonare con i miei amici, andare in tour e stare bene divertendomi facendo quello che mi piace. Fine. Non sono ambiziosa, questo è forse un altro mio difetto. Occasioni mancate ce ne saranno, perché non ho più 20 anni anche se me ne sento 14 quindi vediamo fino a quando potrò andare avanti, spero per sempre, ma fisiologicamente il viale del tramonto farà il suo corso.”
Dì la verità: hai ripreso la rullata di ‘Victimized’ da ‘Law Dealer’ degli Ancient Cult! Che poi magari entrambe sono un “nod” a ‘Love Gun’ dei Kiss…
“Hahah! Acquaaaa! Per dirla tutta la sera della stesura della rullata c’è stato un meeting WhatsApp casuale con Michele Giorgi di The New Noise che si stava sincerando sull’avanzamento dei lavori quindi gliene ho sottoposte due versioni, alla fine ha vinto la versione ‘Am I Evil?’ come la chiamiamo noi hahah!”
Cosa fa Marzia quando non è nel suo studio casalingo (di cui non ricordo il nome?)
‘Studio Hammer, appunto!!! Haha! Marzia lavora come una merdaccia (cit.) troppo tempo e passa il restante tempo arrancando tra composizione per altri progetti, prove con gli Horror Vacui, tenta di avere una vita privata e di divertirsi come le persone normali uscendo e andando ai concerti. Posso dirti quello che sicuramente non fa: si riposa, si veste bene e si prende cura di sé, hahah!”
Bene, è tutto… le tue ultime parole sono per i nostri lettori!
“Marthe è un progetto umile fatto da me nella mia cameretta, nato per diletto. “Cameretta” mi fa molto ridere perché mi ricorda “La Saga Di Addolorato” di Elio e le Storie Tese hahaha! Tornando seri, io non sono la “nuova” niente, non ci sono aspettative qui. Mi piace solo tantissimo scrivere e registrare musica che rispecchia i miei gusti e il mio percorso, e che dalla mia bolla più intima arriva al mondo. Sto crescendo assieme a questa esperienza, e scoprendo lati di me che erano ancora nascosti. È bello continuare ad evolvere e scoprire nuove potenzialità. Spero sempre che l’amore che ripongo in ogni nota di Marthe si percepisca.”

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