Kampfar + Negura Bunget + Selvans + Kyterion + Ossific @Traffic Live Club – Roma, 10 Novembre 2016

Il 15/11/2016, di .

Kampfar + Negura Bunget + Selvans + Kyterion + Ossific @Traffic Live Club – Roma, 10 Novembre 2016

Cinque gruppi per quasi sei ore di musica, che ne dite? Dovevano essere quattro ma i Negura Bunget (che fino a poche settimane fa non erano previsti nemmeno loro) si sono portati dietro gli Ossific .
Ossific, ovvero, tre canzoni quando ancora il locale è semi-vuoto, una tastierista con la maschera di Sadako, il bassista progressivo col capo inguainato in un cappuccio alla Portal celante NSAS (nerdezza somatica altamente sospetta) e il cantante “zampette dolci” e biondino from ‘Keneda’, l’aria mite e l’approccio spirituale, che, prima di finire la breve scaletta pollìna, si è incasinato la vita con una specie di rituale a base di accendino e un ‘tocco’ di qualche strano incenso che non voleva proprio saperne di incensare. La musica? Death romantico a basso contenuto di chitarre e con un pizzico di horror vacui.
Ma passiamo oltre che la serata è lunga…

Parliamo del Traffic, right, right?! È un locale fico, le serate che organizzano pure e la contiguità (che significa vicinanza) tra pubblico e artisti, è davvero… ehm, contigua. E il problema, a volte, sta proprio qui. Non ci sono filtri, capite? Nel senso che i Kyterion, i Selvans sono saliti sul palco e hanno iniziato a fare il check davanti alla gente. Ok, fino qui non è così male: sono gruppi italiani, non hanno una lunga carriera di successi alle spalle e nessuno pretende di vedere degli assistenti lì a sistemar microfoni e ampli al posto loro, ma sorbirsi anche i Negura Bungete i Kampfar, allo stesso livello di self-made, senza un sipario che cali tra loro e il pubblico, è stato drammatico e deprimente. Soprattutto i nordici… prima erano lì che srotolavano jack col cappuccio in testa e l’aria incazzatissima e dopo tornavano sul palco tutti euforici, gasatissimi, scappucciati, pronti a urlare, slinguazzare figurativamente il pubblico in onore della nera fiamma che tutti ci avvolge. I Negura uguale: ho visto questi tizi che mettevano a posto gli strumenti e ho pensato, cacchio come vestono male ‘sti roadies romeni… e invece erano la band!

E i Kyterion? Prima che rientrassero con i loro cappucci da vedove inconsolabili (anche loro molto Portal) noi del pubblico abbiamo avuto il dispiacere di vederli a viso scoperto, impacciati: stavano lì e armeggiavano, ingiubottati con cavi e gli strumenti in mano. Poi sono spariti dietro le quinte e al ritorno con i costumi non potevamo fingere di non averli osservati bene senza, no? Per dire, il frontman, con la maschera e i braccioni muscolosi e tatuati, il cinturone con il bafometto al centro, incuteva rispetto e timore da mascherato ma nessuno mi toglieva dalla testa il suo volto alla Buster Keaton di pochi minuti prima, mentre scrutava preoccupato un punto indefinito tra il mixer e il bancone del bar con l’aria apprensiva di chi non va di corpo da tre giorni e deve decidere se sia il caso di fare qualcosa o attendere ancora. Questo mi ha impedito di credere alla sua “luciferis panica” e lasciarmi avvincere dalle sue ‘pose dantesche’. Soluzione provvisoria Per i Kyterion? Fare il soundcheck con le maschere e possibilmente non toglierle MAI!

Anche i Selvans, licantropi etruschi d’Abbruzzo, ce li siamo squadrati per bene in quasi venti minuti di ‘pressappunto’ dei suoni. Abbiamo osservato il loro trucco da fiere silvane spietatamente denudato dalla luce di posizione diretta su braccia, petto, schiena e volto; make-up fatto alla buona, niente di costoso. Oltre al facepaint lupesco, io mi sono fissato come un gay sulle coscione stupende del cantante… davvero un bel fisico, specie dal bacino in giù. Di faccia ricordava Piero Pelù travestito da Abbath per Halloween ma glutei e adduttori fieri e possenti mi stimolavano il lato selvaggio. A volte mostrava anche una tendenza alla postura un po’ Balilla ma poco male via. Un tipo, gente, l’aveste veduto… Aria spazientita, instabile, belva in gabbia, il suo tic da setto deviato lo costringeva a tirar su col naso, come un cocainomane ‘ngrullito, aggiungendo al suo fare nevralgico un certo aplomb da chimico psicotico… camminava avanti e indietro rivolgendosi improvvisamente a un tecnico del locale con un monte di parole tutte insieme per poi richiudersi in un silenzio torvo e sospettoso. Un bell’attrezzo da palco davvero, un frontman eccellente. Gli altri, il bassista e i due chitarristi, avevano lo stesso stile da rassegna rock di paese, anche se truccati tipo ‘The Munsters’; Il chitarrista solista in particolare ricordava il lupetto di quel telefilm… gli altri erano più ‘Voglia di vincere a Fabro’ però nell’insieme, devono crescere e possono farlo ancora tanto, la via è quella buona, le canzoni sono ottime (e lo stesso dico dei Kyterion, non fraintendetemi) ma i Selvans mi sono piaciuti di più. Ci lavoreranno ma come band hanno già qualcosa da dire. Specie al fonico. “Abbassa sto cazzo di monitooooruuuuuuuuuuhh! Un po’ atipico per essere uno slogan da live ma assai più originale dei Kampfar, i quali hanno optato per il “porcodiuuuu” che ormai è la cosa più scontata che si possa urlare al pubblico durante un concerto metal (e c’è sempre qualcuno che ci gode a sentirlo dire a un norvegese o un americano, che palle). Ma almeno cambiate bestemmia, cazzo! Un diuuucaniiii o un madonempestattaaaa ci potrebbero stare lo stesso, no?
I gruppi italiani che ne avrebbero di molto originali da pronunciare di bestemmie, invece si mantengono sobri e rispettosi delle istituzioni cristiane.

Torniamo al discorso sul Traffic e la contiguità. Non devo spiegare a nessuno la regola base del “distacco misterioso” tra band e pubblico, si sa… serve a dare ‘potere’ a chi si esibisce e avvincere chi assiste. Di conseguenza, caro Traffic, davanti al palco ci vuole un telo. Persino al martano Riverside ce l’avevano, cazzo. Si sollevava quando era il momento di cominciare e prima che questo avvenisse, il pubblico sentiva solo i rumori degli strumenti e non poteva sapere se fosse la band prossima a esibirsi o degli assistenti a provare i suoni. Era fico, perfetto. C’era riserbo, mistero. Niente era così nudo e crudo. Il telo alla fine si tirava su e iniziava lo show con un’ovazione orgasmica. Datemi retta, Traffic… Come dice il romeno con cui colgo le olive: CI VUOLE TELO! METTI TELO, DAJE TRAFFIC!

In ogni caso i Negura sono stati grandiosi, specie nei momenti non elettrici, quando ci davano di percussione come dei Tullio De Piscopo dei Carpazi. Il loro black metal contaminato è sempre più vicino al progressive rock ma l’inserimento di strumenti folk e l’aria da ‘metalli per caso’ della band, per attitudine più vicina alla trance-latina degli Africa Unite e Tony Esposito che al nichilismo underground di chi blackeggia disprezzando l’umane genti paganti, è davvero imperdibile. E poi intorno diventa improvvisamente pieno di romeni col cellulare che riprendono e parlano in romeno, felici. Non potete perdervi una cosa del genere: pensate, italiani e romeni in comunione empatica senza che ci siano dei blocchetti da sistemare da qualche parte!

E infine i Kampfar. Attitudine punk and roll eccetera. Il blondie tiramolla Dolk, frontman con la faccia di un Ciccio Ingrassia dopo il rinvenimento e le movenze in stile Scott Weiland + Taake (ma Hoest dal vivo ha innumerevoli esplosioni in stile Steve La Chance tra un lambrusco e un barolo) e concessioni al cinema espressionista tedesken. Gli altri due, chitarra e basso, bassottelli, (quasi certamente discendenti dei vikings che rimanevano a casa a coltivar la terra e amministrare la mostura dell’idromele invece che salpare sui drakkar per fare il culo ai frati britanni), dicevo i due, non potendo competere con l’appeal “devastato” di Dolk, si sono comunque ostinati a zompettargli intorno in un vano tentativo di catturare l’attenzione della gente ma senza riuscirci mai. Capirai, il bassista pareva un CI-Joe sporco di fuliggine e il chitarrista era un po’ come il virus cattivo di ‘Siamo fatti così’ in un momento di frustrazione antisettica. Il gruppo ha grandi canzoni da suonare (l’ultimo disco è un capolavoro) e soprattutto, alla matrice black chiassosa alterna lunghe parti in quattro quarti con riff tamarri perfetti per lo scapoccio. Credetemi, dopo dieci minuti si era già così headbangato che l’aria attorno a me era pregna di un maelstrom olfattivo di shampoo e balsamo e minestra cipollina, neanche fossimo stati al concerto dei Pantera del ‘94 o a una reunion delle Spice Girl per la convention de L’oreàl!

NOTE IN APPENDICITE

Ho subito per quasi tutto il concerto il pogo scriteriato e insistente di una ragazza rossa piuttosto carina e ubriachissima che sembrava sapere a memoria le parole di tutte le canzoni dei Kampfar, ma le cantava sommariamente a cazzo, e soprattutto era così fuori che non riconosceva più il suo fidanzato, visto che dava baci a tutti i maschi intorno a lei, tranne che a ME!

Dolk poi ci ha anche ammansiti con il momento nostalgia. Il suo ritorno a Roma gli ha fatto ricordare uno dei migliori periodi della sua vita, ha ammesso, quando ci era venuto con la sua bellissima ex ragazza vent’anni prima. ‘Eh, allora tutto era più bello, più emozionante, più giovane. Sono felice, tuttavia, di ritrovarmi ancora nella capitale, specie in questo periodo, visto che a casa nostra, in Svervegia, nevica alla grande. Ehm… via, diamoci dentro, allora: Satana! Porcudiooo! Eccovi una linguazza malefica!’ Certo, certo, up the horns ma… niente è stato più lo stesso per almeno un quarto d’ora.

Più tardi, inappagato dallo sbalzo umorale che ci aveva inflitto, sempre l’irresistibile Dolk, ha voluto insegnarci una parolaccia in norvegese, visto che noi avevamo ‘arricchito’ il suo vocabolario di porcodieeeeei. ‘Anche io voglio donarvi una parola che non conoscete. Un termine terribile che da noi si dice a denti stretti mentre qualche vecchia ne rimane così sconvolta da buttarsi di finestra chiedendo pietà al posto del peccatore che l’ha detto’. Ok, fico, che cacchio di bestemmia può essere, diccela!

‘Ecco: Helvete!’
Ehm, cosa?
‘Helvete’
Ah… Helvete, cioè… Inferno?
‘Esatto, Inferno’
Ok, quindi i momenti in cui proprio vi girano le palle e odiate tutto e che ne so, la rabbia, il livore, vi esplode tutto da dentro e quando aprite bocca dite: ‘…Inferno!’
‘Sì, non è terribile?’
Ehm… veramente
‘Non c’è niente di peggio da esclamare in Norvegia!
Niente altro?
‘Niente altro. Credi sia pochino, vero?’
Beh… facciamo così. Tenetevi il porcodieeeeu e fatene buon uso, ne avete bisogno più di noi!

Tra i vip in sala ho registrato la presenza di Cristiano Borchi, solare (ma con gli occhi sempre più pandati alla Tagtgren) e il grande Vinz Barone di HM il quale mi ha salutato dicendomi, col sorriso, che io sono l’uomo più odiato della scena e che devo avere cura di me. Gli ho chiesto: quale scena? E lui senza rispondermi è passato a salutare mia moglie insistendo, senza ridere, che LEI deve avere cura di me.
Grazie Vinz!

Menzione a parte per la pastosa Martina L. McLean alla biglietteria. So che ci legge per controllare se diciamo cazzate sul numero dei presenti. Intanto la ringrazio a nome di Metal Hammer per la gentilezza e la disponibilità che dimostra ogni volta che andiamo nel suo locale e mi scuso per aver toppato la cifra dei presenti al concerto degli Enslaved sul report dell’altra volta: erano più di 350 e io ho scritto 150. Aveva ragione lei, errore mio. Stavolta per i Kampfar erano, quanti? 170? Sì, ma si sono divertiti tutti, eh?. Specie quella rossa che pogava le strofe sbagliate contro i ragazzi delle altre.

Foto Mara Cappelletto

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