Accept + White Skull @ Live Club, Trezzo sull’Adda (MI), 24 febbraio 2023

Il 04/03/2023, di .

Accept + White Skull @ Live Club, Trezzo sull’Adda (MI), 24 febbraio 2023

Se si va a un concerto degli Accept, è solo e soltanto per venerare il Dio Metallo, senza la minima concessione a modernità o a contaminazioni varie, pura e semplice ortodossia che, lasciatemelo dire, in un periodo storico dove la confusione regna sovrana anche negli stretti vincoli musicali, è godimento reale e concreto. È un po’ come tornare in famiglia dopo essere stati lontani per tanto, troppo tempo, e la rimpatriata risulta più salutare che mai. D’altronde trattasi di uno di quei gruppi storici con i quali siamo cresciuti tutti, alzi la mano chi non si ricorda quel famoso attimo fuggente scaturito all’ascolto di ‘Fast As A Shark’, meraviglia proto-speed che nel 1982 creò più di un imbarazzo anche tra coloro che già si cibavano di Motörhead e Venom. Forse si rischia sempre di piombare nella nostalgia più ripetitiva, ma a noi piace così, specie quando abbiamo a che fare con quei classici che ci hanno letteralmente svezzato, ragion per cui tornare a scapocciare sotto al palco degli Accept – e pazienza se della line-up classica è rimasto il solo Wolf Hoffmann, chitarrista e indiscusso nume tutelare della band – è tipo partecipare a una festa, gioviale, e in compagnia di amici fedeli, che la pensano esattamente come te.

Festa quindi al Live Club di Trezzo sull’Adda a cui hanno fieramente preso parte i nostrani White Skull che, in fatto di heavy metal belligerante e poco disposto al compromesso, non sono secondi a nessuno, recentemente rientrati alla grande con il nuovo full length ‘Metal Never Rusts’, solo dal titolo tutto un programma! Al chitarrista Tony Fontò, intrepido capitano di ventura e lider maximo dei White Skull, brillavano letteralmente gli occhi, per l’entusiasmo e il calore riservati a una band che non ha risparmiato una stilla di energia, lungo una scaletta che ha doverosamente strizzato l’occhio alle nuove canzoni a partire dalla stentorea e roboante ‘Metal Never Rusts’ che si è immediatamente cementata con la successiva ‘Tales From The North’, uno degli evergreen più gettonati del gruppo vicentino. Giusto per sottolineare che, in casa White Skull, gloria e tradizione vanno di pari passo, oggi come ieri, e sempre più netta tale sensazione si è fatta all’attacco sia della livida ‘Ad Maiora Semper’ che della sibilante ‘Skull In The Closet’, coppia dentro la quale si è andato ad incastonare soprattutto ‘The Roman Empire’, brano di punta dello storico ‘Public Glory, Secret Agony’, quarto album fondamentale per i White Skull e che al sorgere del terzo millennio li portò nelle grazie della Breaker Records e della Nuclear Blast. E, oggi come ieri, a dare una marcia in più lasciando l’imprinting vincente, è stata la cantante Federica De Boni, tra le migliori a livello europeo a poter incarnare la figura della frontgirl come il metal più robusto richiede. La quale ha ricevuto infine la sua degna investitura prima con ‘I Am Your Queen’ e poi con la dirompente ‘Black Ship’, che del nuovo album è brano significativo e ottimale per torchiare il palcoscenico. Ennesimo gioiellino pescato dalle brume del passato, l’atto finale ‘Asgard’ che ha ribadito sia il valore dei White Skull che la particolarità dell’evento in sé, ovverossia una performance speciale che ha conquistato anche coloro che dei vicentini non conoscevano le (grandi) virtù sia sul palco che compositivamente parlando.

Forse anche per rispondere allo sfoggio di bravura e a una coscienza metallica da non sottovalutare che gli Accept si sono presentati azzannando letteralmente lo stage, eruttando subito ‘Zombie Apocalypse’ e ‘Symphony Of Pain’, tra i brani portanti dell’ultimo, notevole ‘Too Mean To Die’, prima dell’accoppiata ‘Restless And Wild’ più ‘Midnight Mover’, la cui veemenza ha rivoltato come un calzino l’intero Live Club! Essenziale, diretta, tutta sostanza e zero fronzoli, la band originaria di Solingen è appunto amata per questa sua natura selvaggia, per l’istinto belluino capace di rinverdire fasti antichi, ma mai tramontati, e costantemente in grado di aggiungere nuovi calibri al suo già formidabile arsenale, si spiega così l’impatto di ‘The Abyss’ o di ‘Overnight Sensation’, pezzi urticanti e legati a doppio filo metallico da una ‘Objection Overruled’ al cardiopalma, devastante title-track dell’ultimo grande album realizzato con Udo Dirkschneider. Pugni al cielo e polmoni surriscaldati con il medley ‘Demon’s Night’ / ‘Starlight’ / ‘Losers And Winners’ / ‘Flash Rockin’ Man’, ma è con ‘Breaker’, brano epocale ed elemento distintivo di un preciso periodo storico, che lo show ha impennato definitivamente, l’ugola di Mark Tornillo era rovente al punto giusto, ma soprattutto è stata la nuova line-up a tre chitarre a marchiare la serata, con l’ultimo innesto Philip Shouse che, brano dopo brano, si è impossessato della ribalta. Wolf Hoffmann lo aveva già detto ai nostri microfoni, che Philip si sarebbe rivelato un grande acquisto non solo in fase di composizione di ‘Too Mean To Die’, ma che avrebbe fatto la differenza nelle tournée dal vivo, e infatti così è andata… Nativo di Nashville, con un passato nei Blackfoot e una militanza come bassista nella band di Ace Frehley, Shouse ha impressionato sia per lo stile che per la naturalezza con cui ha interagito con Wolf, dinamico e costantemente in prima linea, e Uwe Lulis, più nelle retrovie e coinvolto solo sul finire del concerto, ma pur sempre “ascia” affilata e di nome. Per dirla in gergo calcistico, ormai saltati schemi e marcature, il Live Club ha vissuto degli ultimi, grandi sussulti, tra classici che più classici non si può – ‘Princess Of The Dawn’, ‘Fast As A Shark’ e ‘Metal Heart’ – e capisaldi di nuova generazione: prima ‘Teutonic Terror’ e subito a seguire ‘Pandemic’, a testimoniare la grandezza di un album qual è ‘Blood Of The Nations’. Nel lotto degli encore finali, se ‘Balls To The Wall’ è stato il “consueto” anthem schiacciasassi, cosa aggiungere invece di ‘I’m A Rebel’, boogie-metal di una semplicità disarmante, ma in grado sempre di coinvolgere e di entusiasmare sin dalle prime battute, rispettando in pieno quella prerogativa innata che hanno determinate, fondamentali canzoni, la scintilla o ce l’hai o non ce l’hai…

Parafrasando un celebre slogan pubblicitario: Accept. Basta la parola.

Foto di Melissa Ghezzo

 

 

 

 

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