Triptykon with the Metropole Orkest – Requiem (Live at Roadburn 2019)

Il 04/05/2020, di .

Gruppo: Triptykon

Titolo Album: Requiem (Live at Roadburn 2019)

Genere: , , ,

Durata: 45:58 min.

Etichetta: Century Media

Distributore: Sony

90

Se c’è un difetto comune a tutti quando si parla di leggende, è quello di tendere a soffermarsi sull’illustre passato delle stesse, anche quando il presente è altrettanto degno di nota. Una maledizione che subisce tanto più chi ha fatto dell’innovazione la sua cifra stilistica: è il caso di Herr Thomas Gabriel Fischer, noto ai più per la fondamentale militanza nei Celtic Frost come Tom G. Warrior, ma da tempo in sella al nuovo progetto Triptykon, naturale continuazione della funzione avanguardistica del vulcanico musicista svizzero.
Tuttavia, capitano quelle occasioni in cui per parlare del presente ci si debba giocoforza adagiare sul pasato, e lo facciamo qui con ancora maggiore solerzia, dato che con questa nuova release i Triptykon portano a compimento una trilogia iniziata da tanto tempo, per trattare la quale dobbiamo giocoforza rimettere le lancette dell’orologio indietro al 1987. Se siete tra i cultori dei Celtic Frost avete capito benissimo a cosa mi sto riferendo; ebbene, provate anche voi a pensare al vostro primo ascolto di ‘Into The Pandemonium’: personalmente, fu una sensazione indescrivibile se non con la definizione più in voga all’epoca, quella di avantgarde metal. La cosa incredibile è che dopo ben otto tracce di indiscusso valore, dalla cover dei Wall of Voodoo ‘Mexican Radio’ alla classica bordata ‘I Won’t Dance’, il trio sfornò un colosso assoluto come ‘Rex Irae (Requiem)’, proprio in una zona della tracklist dove ci si aspetterebbe che una band convenzionale abbia già detto tutto. Tuttavia, i Celtic Frost non erano una band convenzionale, e condensarono in quei sei minuti tutta la loro poetica, fatta di sonorità senza tempo eppure rimandanti a epoche terribili, condite dalle vocals di Warrior, a un tempo temibili come le sentenze di un inquisitore e languide come i costumi del tardo Impero Romano, cui facevano da contraltare gli algidi acuti di Claudia-Maria Mokri, vera erede delle soprano postmoderne che fanno mostra di sé nelle opere del Novecento, come (appunto) il ‘War Requiem’ di Benjamin Britten. Suona familiare? Certo, perché è la summa di almeno due o tre generi fioriti dopo quel capolavoro. Dopo aver consegnato alle stampe su ‘Monotheist’ una terza parte di quel Requiem iniziato diciannove anni prima, è giunta l’ora per Tom G. Warrior e il suo nuovo progetto di chiudere il cerchio, rilasciando l’attesissima seconda parte all’interno di una presentazione integrale dal vivo della trilogia così completata insieme all’olandese Metropole Orkest al Roadburn dell’anno scorso.
Il risultato? Incommensurabile, come è (quasi) scontato. Se è pur vero che le vocals di Safa Heraghi tradiscono un’impostazione vagamente soul che “arrotonda” il ‘Rex Irae’ spogliandolo della freddezza originaria (complici gli arrangiamenti orchestrali), l’emozione per l’ascolto di un simile gioiello lascia da parte ogni possibile rilievo. Va pur detto che l’intento dei Triptykon è quello di conferire un respiro più ampio pur rispetto all’indiscusso valore dell’originale, ed è in questo solco che si inserisce ‘Grave Eternal’, il tanto atteso secondo movimento rilasciato in questa sede: più di mezz’ora di durata per un capolavoro che riunisce in sé alcune suggestioni che definire universali è il minimo che si possa fare, dall’incedere ora marziale ora solenne di percussioni e fiati, fino al tema del ‘Rex Irae’ richiamato dagli archi e alla tensione alimentata dall’arpeggio nel crescendo conclusivo, con una suspence quasi western. Una descrizione che sembra riguardare i Pink Floyd di fine ’60 / inizio ’70, da cui i Triptykon mutuano la passione per la coralità che tradisce al contempo la comune radice morriconiana, e soprattutto lo spazio lasciato a V. Santura, sorta di Gilmour degli inferi con un inserto di chitarra solista da incorniciare.
E poi, tocca a Safa Heraghi e ai suoi cori guidarci verso la porta di ‘Winter’, il finale ideale, rarefatto come nell’originale e reminiscente della lezione delle Scuole Nazionali su come creare delle atmosfere di tensione con il solo impiego del basso continuo – un effetto affine alla conclusione della suite dei Pianeti di Gustav Holst.
Se anche siete diffidenti nei confronti delle commistioni tra metal e musica classica, continuate pure a diffidare, ma ricordate che Warrior e soci sono tra i pionieri di questo approccio, un merito che li inserisce a pieno merito tra i grandi innovatori del Novecento con una spinta propulsiva e una tensione innovativa che continua anche in questo secolo, nel passaggio di consegne tra i Celtic Frost e i Triptykon, nell’eterna Babilonia che popola i ricordi del Re dell’Ira.

Tracklist

01. Rex Irae (Requiem, Chapter One: Overture)
02. Grave Eternal (Requiem, Chapter Two: Transition)
03. Winter (Requiem, Chapter Three: Finale)

Lineup

Tom Gabriel Warrior: voice, guitar
V. Santura: guitar, vocals
Vanja Slajh: bass, vocals
Hannes Grossmann: drums, percussion
Safa Heraghi: Requiem live co-lead vocalist