Slipknot – The End, So Far

Il 04/10/2022, di .

Gruppo: Slipknot

Titolo Album: The End, So Far

Genere:

Durata: 52 min.

Etichetta: Roadrunner Records

72

Settimo album in ventisette anni di carriera per gli otto mascherati di Des Moines, reduci tra l’altro da un recente, e convincente, passaggio in Italia, nello specifico a Villafranca, vicino Verona. Occorre una premessa: per affrontare ‘The End, So Far’ bisogna cominciare ad accettare l’evoluzione che una band, passati anni, con naturalezza (come tutti noi) vive. Le persone crescono, maturano, venendo influenzate da tutto ciò che le circonda, nonchè dal proprio vissuto, ed è normale che per un musicista ciò si rifletta su quello che compone; lo hanno fatto tutti, persino la discografia dei sempre difesi Iron Maiden può essere suddivisa per fasi. ‘The End, So Far’ è un lavoro sperimentale, a più facce, che apre nuovi orizzonti per una band che esplora, osa, e riesce a piazzare un brano dai forti richiami agli anni Settanta come opener, sorretto da linee di basso intriganti, sintetizzatori, ed un tappeto di chitarre acustiche e pianoforte che, come la droga da cui il titolo, stimola.
Non viene dato tempo alla vecchia guardia di sentirsi tradita, perchè ‘The Dying Song (Time To Sing)’ e ‘The Chapeltown Rag’ arrivano al momento giusto in tutta la loro (storica) violenza: niente di nuovo, ma certamente quello che si presupponeva dagli otto. ‘Yen’, che vede pure Wilson scratchare nella parte centrale, smorza i toni grazie al suo spirito grottesco di semi ballad ed una struttura che scorre piacevolmente, condita da strofe acustiche e ritornelli easy listening. Nelle serrate ‘Hive Mind’ e ‘Warranty’ Weinberg è protagonista assoluto, confermandosi come più che degno successore del compianto Jordison; le due canzoni tornano a far felice chi, dagli Slipknot, si aspetta aggressività e spietatezza. Ci si sposta verso un trittico dai lidi più accessibili che inizia con la cadenzata e sinistra ‘Medicine For The Dead’, che come ‘Yen’ dona rabbia pur senza spingere sull’acceleratore, mentre l’articolata ‘Acidic’ è geniale nel riuscire a mescolare una matrice blues a tenebrose distorsioni e pesanti percussioni.
Chiude il cerchio la propulsiva ‘Heirloom’, tanto godibile quanto misteriosa. ‘H377’ è l’ultimo brano feroce della tracklist, con chiari riferimenti al periodo di ‘Iowa’ (2001), mentre il crescendo della malata ‘De Sade’ ricorda i Korn più disturbati e recenti, come quelli di ‘The Serenity Of Suffering’ (2016), seppur con accelerazioni thrash durante gli assoli di chitarra. Il disco si conclude com’era iniziato, dato che ‘Finale’, con il suo spirito sperimentale, evanescente e mesto, è praticamente una sorella più alterata di ‘Adderall’.
Come scritto ad inizio recensione, ‘The End, So Far’ ha tre facce: quella storica e violenta (‘The Dying Song (Time To Sing)’, ‘The Chapeltown Rag’, ‘Hive Mind’, ‘Warranty’ e ‘H377’), quella più easy listening, nonchè empirica (‘Yen’, ‘Medicine For The Dead’, ‘Acidic’), ed infine quella più spiazzante (l’opener e ‘Finale’). E’ un lavoro che, come tanti album (‘Load’ dei Metallica), può piacere o meno, ma ha il pregio di osare, di non sedersi su passati allori. Inutile, quindi, criticare la band, dicendo che doveva sciogliersi tempo addietro, che ormai non ha più stimoli, che procede solo per avere un ritorno economico. Se così fosse, farebbe tutto con il minimo sforzo, offrendovi semplicemente lo stesso, identico, scontato materiale. Ed invece, è proprio maturando ed evolvendo, che dimostra di avere ancora stimoli. Pure voi non siete più gli stessi di vent’anni fa (ma anche di dieci anni fa), perciò perchè pretendere dagli Slipknot sempre la solita minestra, che poi non vi piacerebbe comunque, in quanto riscaldata?

Tracklist

01. Adderall
02. The Dying Song (Time To Sing)
03. The Chapeltown Rag
04. Yen
05. Hive Mind
06. Warranty
07. Medicine For The Dead
08. Acidic
09. Heirloom
10. H377
11. De Sade
12. Finale

Lineup

Corey Taylor: vocals
Mick Thomson: guitars
Jim Root: guitars
Shawn Crahan: percussions, backing vocals
Craig Jones: samples, keyboards
Sid Wilson: record player
Alessandro Venturella: bass
Jay Weinberg: drums