Cultura Tres – Camino De Brujos

Il 06/05/2023, di .

Gruppo: Cultura Tres

Titolo Album: Camino De Brujos

Genere: , , ,

Durata: 45 min.

Etichetta: Bloodblast Records

Distributore: Universal

83

I Cultura Tres si candidano a essere una delle rivelazioni di questo 2023, esattamente come lo furono per Metal Hammer UK in una fase differente della loro (nascente) carriera. Stavolta i presupposti sono diversi: non parliamo più della misconosciuta quanto promettente band di sludgers del Venezuela dedita alla rigida tabella di marcia album/tour all’insegna del DIY, ma di un progetto che ha abbracciato la via maestra del metal sudamericano, quello stesso percorso che più di trent’anni fa aveva trasformato quattro thrashers di Belo Horizonte in uno dei punti di riferimento della scena mondiale. Ecco perché – come si usa per le grandi occasioni – abbiamo deciso di presentarvi non una, ma due recensioni di ‘Camino De Brujos’, a firma Stefano Ricco e Francesco Faniello…

‘The World And Its Lies’ apre in maniera prepotente e prorompente la quinta fatica dei Cultura Tres e ci catapulta nella “Chaos A.D./Roots-era” dei Sepultura, con i quali la band sudamericana condivide il bassista Paulo Xisto Pinto Jr: thrash metal carico di groove e di energia. ‘Camino De Brujos’ non si limita al thrash ma propone un coacervo di sonorità che pescano indistintamente dallo sludge, dal rock e dall’hardcore più intransigente. La voce di Montoya rapisce per intensità e immediatezza, grazie ad una performance viscerale, aggettivo che descrive bene la musica della band. Ogni brano si lascia ricordare per qualche peculiarità, come ‘Time Is Up’ che, dopo un break down sonoro, rimanda a sonorità à la Alice In Chains. Interessante l’incipit di ‘Signs’, con una chitarra che richiama il proto-doom di Tony Iommi, per poi evolvere in una sorta di ballad emotivamente toccante, con un bellissimo quanto inaspettato assolo chitarristico a base di wah-wah. Ancora impeto e urgenza vocale in ‘The Land’, con un bel riff di apertura che informa interamente il brano, cadenzato e marziale, dando poi pieno spazio alla chitarra solista che sembra esprimere rabbia, dolore e sopportazione. Abbiamo accennato all’hardcore, che trova un’ottima espressione nella bipolare ‘Zombies’, inarrestabile solo per metà della sua durata. Il disco mostra un altro dei suoi momenti migliori con ‘The Smell Of Death’, brano che, con i suoi echi sludge, risulta particolarmente trascinante e accattivante, nonostante alcune sonorità “maligne”. La lunga title-track in chiusura si presenta invece come un brano piuttosto introspettivo, orientato all’implosione e in effetti rilascia uno stato di sospensione, una sensazione di incertezza che non riguarda certo la nostra opinione su ‘Camino De Brujos’: ci confrontiamo con disco davvero interessante e meritevole di riconoscimenti, nel quale ogni amante della musica heavy potrà rintracciare eterogenee radici sonore provenienti da un passato più o meno remoto.

di Stefano Ricco

 

Qualche volta succede ancora. Succede ancora di capire al primissimo ascolto che un disco non uscirà dalla propria personalissima heavy rotation del periodo e – auspicabilmente – del futuro prossimo venturo. È stato il caso dei Cultura Tres, che con il loro singolo apripista ‘The World And Its Lies’ (nonché opener di questo ‘Camino De Brujos’) avevano chiaramente alzato la posta in gioco, aprendomi il mondo dei fratelli Montoya. Ora, la provenienza sudamericana della band è chiarissima sin dalle prime note e dai primi slogan urlati al microfono dal singer Alejandro Montoya, talmente chiara che sulle prime avevo pensato a un riuscitissimo tentativo di imitazione della tradizione carioca, come quello portato avanti dagli italo/brasiliani Amassado una decina d’anni fa. Comunque sia, siamo dinanzi a un combo venezuelano nato come progetto sludge/doom che a un certo punto ha incrociato le proprie strade con quelle di Paulo Jr. – o Paulo Xisto Pinto Jr., come preferisce farsi chiamare oggi. Una decisa virata verso la la matrice più duratura impressa dai Sepultura era dunque inevitabile e, a dispetto di quanto possa sembrare dalle premesse, molto verace e ancor più efficace. Con l’orologio ben piantato sul 1993 ma con una visione a 360° dell’evoluzione sonora da allora intrapresa da molte delle avanguardie, i Cultura Tres con Paulo Jr. al basso hanno prima tirato fuori una serie di singoli apripista, e poi questo disco denso sì di amarcord per chi come me ha vissuto “quegli” anni, ma anche della conferma che un suono e un’attitudine come quella marchiata a fuoco da dischi come ‘Chaos A.D.’ siano tuttora pregni di un’urgenza e di un’attualità viva, per non parlare di tematiche e di istanze che – se possibile – si sono persino acuite nel corso degli ultimi trent’anni.
Come anticipato, l’opener ricorda un po’ quell’incedere percussivo di Fudge Tunnel e Nailbomb che fu una via intrapresa anche dai Napalm Death di ‘Diatribes’: se è impossibile non riconoscere l’influenza di Max Cavalera nell’impatto sonoro, va anche sottolineato come “l’altro” Montoya sia un chitarrista con mire espansionistiche ben evidenti su ‘Signs’ (sagacissima la variazione arpeggiata), ‘The Land’ e ’19 Horas’. I più ci vedranno giustamente un emulo di Kisser nella fase ‘Roots’, io non posso fare a meno di pensare a una certa influenza noir di matrice renzulliana – e va detto a onor del vero che lo stesso Kisser mi aveva fatto pensare a qualcosa di simile, al primo ascolto di ‘Endangered Species’. È tutta una questione di wah, ovvio!
In ogni caso, al di là delle opinioni personali, è indubbio come la formula dei Cultura Tres, più poliedrica di quanto appaia a prima vista, possa rischiarare anche una track plumbea come la già citata ’19 Horas’ (che i più attenti avranno riconosciuto essere la nuova versione della title track del loro primo full length, ‘La Cura’), per non parlare dell’alienazione convogliata dalle vocals di chiara derivazione Alice In Chains di cui è esempio ‘Time is Up’.
Ecco, magari l’incedere della strofa di ‘Proxy War’ vi farà sorridere; a me no, prendo molto seriamente queste cose. Così come l’apparente procedere per slogan di ‘Zombies’: Max Cavalera era tra i profeti della mia generazione, e un gruppo nato in una zona ancor meno “fortunata” del continente latino non può che farsi onore, nel recuperare per i propri fini artistici un modello di quel calibro. Se poi è chiaro come in un lavoro come ‘Camino De Brujos’ non possa mancare la quota di riferimento alla tradizione indios con ‘De Maracay’, non va mai dimenticata la radice marcia e punk/crust delle sonorità del quartetto, ben chiara in un monito come ‘The Smell of Death’ o nella sofferta title track collocata in chiusura. Non ho altro da aggiungere, torno decisamente ad ascoltare quello che è un disco che difficilmente verrà scalzato dalla mia playlist…

di Francesco Faniello

 

Tracklist

01. The World And Its Lies
02. Time Is Up
03. Signs
04. The Land
05. Proxy War
06. 19 Horas
07. Zombies
08. De Maracay
09. The Smell Of Death
10. Camino De Brujos

Lineup

Alejandro Londono Montoya: chitarra, voce
Paulo Xisto Pinto Jr: basso
Juan M de Ferrari Montoya: chitarra
Jerry Vergara Cevallos: batteria