Black Sabbath – O specchio, specchio delle mie brame…

Il 21/06/2021, di .

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Black Sabbath – O specchio, specchio delle mie brame…

‘Sabotage’, forse l’ultimo, grande album dei Black Sabbath classici, fu un importante spartiacque, quello che probabilmente cambiò per sempre il destino artistico di Tony Iommi & Co., un album che oggi possiamo sviscerare ancor più compiutamente grazie alla BMG, che lo riporta sul mercato in doppio formato, in lussuosi cofanetti in CD e vinile, per la gioia dei collezionisti e dei fans più incalliti. Fatti e misfatti di un album che portava con sé rabbia, stupore e più di un segreto… Celandoli proprio come uno specchio.

Suonare una sera sì e l’altra pure, perché devi guadagnare più soldi che puoi perché altrimenti rischi il fallimento, i Black Sabbath sono stati anche costretti a farlo, e, paradosso dei paradossi, nel bel mezzo della loro ascesa compositiva, quella che li aveva spediti dritti dritti tra le braccia dell’America, prodiga ma tentatrice ed estremamente pericolosa. Lassù, tra le ovattate colline di Bel Air, pur stordito da montagne di cocaina e fiumi di alcool, lo storico four-piece fu comunque in grado di realizzare un totale capolavoro del calibro di ‘Volume 4’, direi una svolta stilistica se rapportato agli schemi quasi asfittici dei primi tre lavori. Prima di rientrare alla base perché attesi da un nuovo album, ‘Sabbath Bloody Sabbath’, che venne registrato al Clearwell Castle, un maniero infestato di fantasmi situato nella Foresta di Dean, nel Gloucestershire. Dalla soleggiata e scanzonata California, alle brume e all’inquietudine della campagna inglese, non proprio il massimo per i quattro che si ritrovarono più confusi e disorientati che mai, alle prese con un album che si rivelò sì brillante e ispirato a livello compositivo, ma che non fu accettato pienamente, specie da una critica costantemente spietata nei confronti dei Black Sabbath.

Una band arrivata in cima al successo, ma è soltanto un’apparenza, una band che, nonostante dischi ai vertici delle classifiche di vendita e tournée fortunate e all’insegna del sold-out ovunque nel mondo, si ritrova praticamente in rovina, appena scopre che Patrick Meehan (manager tanto fidato da esser considerato il quinto elemento della band) ha messo in piedi una bella truffa ai danni dei quattro di Birmingham, una truffa studiata e perpetrata sin dai loro esordi di carriera… Già, si può dire che per Tony Iommi & Co. l’atmosfera si era fatta fosca e pesante, dato il pieno potere che Patrick aveva sia nei riguardi della loro stessa carriera, sia degli effettivi guadagni di cui i quattro videro solo le briciole, finalmente se ne resero conto e fecero buon viso a cattivo gioco, per evitare di far precipitare del tutto gli eventi. E ‘Sabotage’, arrivato nel luglio del 1975, non solo è l’ultimissimo, grande album firmato dalla classica line-up dei Sabs, ma resta solido e incorruttibile, nonché sprezzante e sferzante anche nel titolo stesso, un solenne dito puntato contro il sabotaggio attuato dal loro manager, finalmente ex, ma ancora a bordo e con i suoi discreti interessi legali e più di un’interferenza anche di natura artistica, in questa lunga sfida animata da battaglioni di avvocati e consulenti fiscali. Si respira grande amarezza dentro ‘Sabotage’, e non potrebbe essere altrimenti, l’opener ‘Hole In The Sky’ è già di per sé accusatoria, ma pure vogliosa di rivalsa, tra i migliori “affreschi” di un album che ancora oggi suona straordinariamente fresco e attuale con le sue numerose frecce all’arco, prima fra tutte la monumentale ‘Symptom Of The Universe’ che vede all’opera un Tony Iommi fenomenale, sia nel riffing che nell’assolo, epocale, in questa track sensibile ai richiami ecologisti.

Perentorie e ruvide anche ‘Megalomania’ e ‘Am I Going Insane (Radio)’, altre canzoni che fanno la differenza, decise, determinate a girare la clessidra del tempo perduto, con un Ozzy Osbourne quasi riflessivo e profondo, il rimettersi in riga non è soltanto più un’opzione, ma un imperativo. Assoluto. Ma, probabilmente, la summa di tutto l’album è condensata nel pezzo finale ‘The Writ’, raggelante scorribanda di oltre otto minuti in cui i Sabbath fanno e disfano a loro piacimento, chiamando all’appello rigurgiti prog e svisate improvvisate, quasi a voler flirtare con il Canterbury sound tanto in voga all’epoca, naturalmente tutto temprato nel puro acciaio di classica tradizione Midlands, non scordiamo mai da dove arrivano questi ragazzi, nati e cresciuti nel grigiore di una Aston post bellica…

‘Sabotage’ che oggi torna sul mercato ripubblicato in diverse versioni, tra cui questa Super Deluxe Edition di 4 CD che altri non è che uno scrigno pieno di preziosi, sia a livello di gadget – dalla replica del tour book e del poster promozionale, al libricino contenente ben 60 pagine riepilogative di quel periodo storico, per i Sabs estremamente complesso, ma comunque significativo per il destino della band, dato che punterà molto sull’aspetto live per potersi risollevare dai propri guai – che sul fronte prettamente musicale; se il primo CD contiene l’album originale, opportunamente rimasterizzato, il quarto è una gustosa replica su CD dell’edizione giapponese del singolo ‘Am I Going Insane (Radio)’, i riflettori si accendono luminosi invece sulla coppia di dischetti che chiama in causa il tour americano del ’75, quando i Black Sabbath, tra luglio e dicembre, girarono in lungo e in largo gli States, scrollandosi di dosso ruggine e tossine, oltre che togliersi l’enorme soddisfazione di sbancare posti di prestigio per esempio tipo il Madison Square Garden, leggendaria venue newyorkese che il four-piece adorava letteralmente. Forte di una scaletta a dir poco magniloquente – dall’opener ‘Supertzar’ a ‘Hole In The Sky’, da ‘Symptom Of The Universe’ a ‘Megalomania’, quattro brani portanti del nuovo ‘Sabotage’, sigillati con gli storici classici ‘War Pigs’, ‘Iron Man’ e ‘Paranoid’, e un occhio di riguardo per il monumentale ‘Master Of Reality’, prima con la rarefatta ‘Orchid’, poi con la stridente, “medievaleggiante” ‘Embryo’ che di fatto introduce a ‘Children Of The Grave’, lugubre cavalcata metallica che non smette mai di incantarci, a dispetto del suo mezzo secolo di vita…

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