‘Twelve Steps Saga’ – Mike Portnoy e la terapia degli Alcolisti Anonimi: un’Opera Prog
Il 13/04/2025, di Alessandro Ebuli.
In: ProgSpective.

La notizia del rientro di Mike Portnoy nelle fila dei Dream Theater dopo quasi quindici anni non ha stupito nessuno, tra chi attendeva ansioso il suo ritorno nella band e chi invece era certo che questa reunion prima o poi sarebbe avvenuta. Metal Hammer coglie l’occasione, all’alba della pubblicazione del nuovo album ‘Parasomnia’ – che come affermato dallo stesso batterista è frutto di una nuova e totale composizione iniziata proprio con il suo rientro dietro le pelli del Teatro Del Sogno – per raccontare uno tra gli episodi più importanti della percorso di Portnoy nella band. La cosiddetta ‘Twelve Steps Saga’, la saga dei dodici passi, racconta un pesante vissuto del drummer newyorkese attraverso cinque brani estremamente intensi e significativi.
Il percorso dei dodici passi è una terapia per allontanarsi dalla dipendenza dall’alcool, intesa come malattia, dodici scalini da salire uno dopo l’altro per uscire dal tunnel. Il primo passo è la presa di coscienza della malattia, con l’ammissione di essere impotenti di fronte all’alcool e che la vita dell’alcolista è divenuta incontrollabile. Non è facile ammettere la propria sconfitta ed è per questo motivo che si condivide con altri la propria malattia. Benché nel percorso di rinascita degli Alcolisti Anonimi si parli di un Potere Superiore, non si propone una forma di religione, ma l’apertura della mente sul fatto certo che vi sia un’entità più grande e forte della volontà del singolo soggetto.
https://alcolistianonimiitalia.it/cose-a-a/i-12-passi/
Partendo da questa base che è il fondamento sul quale si basa la terapia di gruppo degli A.A., Mike Portnoy, eclettico batterista, personaggio fuori dagli schemi, musicista inclassificabile, fondatore della band Progressive Metal Dream Theater, decide di dare una forma compiuta ad una serie di liriche che andranno a comporre una suite chiamata, a posteriori, ‘Twelve Steps Saga’, suddivisa in cinque atti separati che ripercorrono liricamente i dodici passi della terapia del gruppo Alcolisti Anonimi. La ‘Twelve Steps Saga’ è il risultato dell’esperienza personale di Portnoy; il racconto dei dodici passi dei quali è composta la suite è il racconto della più famosa ed efficace terapia per affrontare la difficile lotta di chi tenta di uscire dal tunnel della dipendenza dall’alcool. Introdotta dall’associazione Alcolisti Anonimi negli anni ’90, la cura dei “dodici passi” viene così chiamata in quanto il metodo per la riabilitazione del soggetto alcolista si fonda su una terapia di gruppo divisa in passi, ognuno dei quali porta gradualmente il soggetto a prendere coscienza della propria condizione, a distaccarsene fino a liberarsi completamente dalla dipendenza. Portnoy ha vissuto il dramma della dipendenza dall’alcool in prima persona ed ha attraversato il periodo della riabilitazione con estrema difficoltà, come dallo stesso più volte dichiarato, al punto di decidere di scrivere una composizione musicale sul tema della terapia.
L’intera opera è dedicata a “Bill W. and all of his friends”. Bill W. (pseudonimo di William Griffith Wilson), fu il co-fondatore dell’associazione Alcolisti Anonimi.
La ‘Twelve Steps Saga’ si mostra come una grande opera Prog, un vero concept album suddiviso in cinque canzoni pubblicate a distanza di due anni ciascuna, ed ognuna estratta da un diverso album in studio dei Dream Theater. L’apertura è affidata a ‘The Glass Prison’ del 2002 (tratta da ‘Six Degrees Of Inner Turbulence’), seguita da ‘This Dying Soul’ del 2003 (da ‘Train Of Thought’), ‘The Root Of All Evil’ del 2005 (da ‘Octavarium’, ulteriore concept album a sé stante di cui parleremo in un articolo a parte), ‘Repentance’ del 2007 (da ‘Systematic Chaos’), fino ad arrivare all’ultima parte nel 2009 con ‘The Shattered Fortress’ (tratta da ‘Black Clouds And Silver Linings’), che sarà l’ultimo atto della saga e sancirà l’uscita del batterista dalla band a pochi mesi di distanza dalla pubblicazione dell’album. Tutti i passi dell’opera-suite iniziano con il suffisso Re-, in riferimento al termine inglese Rehab, ovvero riabilitazione.
L’autore suddivide i vari passi secondo questo schema:
I-Meditazione (Reflection) – II-Restaurazione (Restoration) – III-Rivelazione (Revelation) da ‘The Glass Prison’ (Six Degrees Of Inner Turbulence – 2002);
IV-Riflessi della realtà (Reflections Of Reality ) – V-Liberazione (Release) da ‘This Dying Soul’ (Train Of Thought – 2003);
VI-Pronto (Ready) – VII-Eliminazione (Remove) da ‘The Root Of All Evil’ (Octavarium – 2005);
VIII-Rimpianto (Regret) – IX-Restituzione (Restitution) da ‘Repentance’ (Systematic Chaos – 2007);
X-Controllo (Restraint) – XI-Ricevere (Receive) -XII-Responsabile (Responsible) da ‘The Shattered Fortress’ (Black Clouds And Silver Linings – 2009).
Per quanto riguarda la componente testuale l’opera fa esplicito riferimento alla riabilitazione, con particolare attenzione alle sensazioni ed emozioni che l’autore ha provato durante il periodo di cura. Inevitabilmente le liriche sono legate al lato umano della terapia, a quei comportamenti che il soggetto/paziente deve mettere in atto per migliorare la propria condizione, così da avanzare nella terapia passo dopo passo ed essere da esempio per i nuovi compagni di viaggio. Le parole di Mike Portnoy sono sincere, parole di un uomo che ha compreso di essere stato sopraffatto dall’alcool e vuole definitivamente uscirne, vuole ripulirsi da questo demone che gli impedisce di vivere.
Analizzando i testi, notiamo come Portnoy sia totalmente schiavo dell’alcool e come abbia preso atto della propria condizione:
“Astuto, sconcertante, potente, sono stato ridotto in poltiglia
vigoroso, irresistibile, malato, stanco e steso
dominante, invisibile, black-out, perdita di controllo
travolgente, inestinguibile, sono impotente, devo lasciare andare
non posso sfuggirgli, mi lascia fragile e logoro
non posso più sopportarlo, i sensi sono lacerati e lacerati
resa senza speranza, l’ossessione mi ha battuto
perdere la voglia di vivere, ammettere la sconfitta completa
discesa fatale e a spirale
sono andato troppo oltre per tornare indietro
tentativo disperato, arrestare la progressione in ogni modo
elimina questa ossessione strisciando verso la mia prigione di vetro
un posto dove nessuno lo sa inizia il mio mondo segreto e solitario
molto più sicuro qui, un posto dove posso andare
per dimenticare i miei peccati quotidiani
la vita qui nella mia prigione di vetro
un posto che una volta chiamavo casa”
(‘The Glass Prison’)
Si comprende la volontà dell’autore di fuggire da quella prigione che lo tiene rinchiuso, incatenato a una condizione fuori dall’ordinario che evidentemente non riesce più a gestire né a sopportare.
È importante anche tenere in considerazione i rapporti con i colleghi del gruppo; la band aveva da poco terminato una serie di live shows importantissimi a supporto dell’album ‘Scenes From A Memory’ e Portnoy iniziava a dare evidenti segnali di cedimento fisico e mentale. La tensione tra i musicisti aumentava giorno dopo giorno anche a causa del fatto che oltre ad essere il batterista della band Portnoy ha rivestito il ruolo attivo nella gestione degli eventi live, oltre che il quasi controllo totale circa la direzione musicale da intraprendere in fase di registrazione dei dischi in studio. Una sorta di lavoro da tuttofare che col tempo ha contribuito a schiacciarlo.
Nel tempo, tutte queste importanti responsabilità hanno chiesto il conto, manifestandosi apertamente:
“Ora è il momento di fissare il problema proprio in mezzo agli occhi,
figlio perduto da tempo
voglio sentire il tuo corpo che si spezza
voglio sentire il tuo corpo spezzarsi e tremare e lasciato al freddo
voglio guarire la tua coscienza apportando un cambiamento per riparare quest’anima morente
nato in questo mondo una casa distrutta
trasformando tutto quel dolore in colpa e odio
non una sola cura e divertimento
consumando tutta la vita che hai davanti
risentimenti pieni di vendetta
superando le colpe.
Vivevi una vita di decadenza
recitando, senza pensare alle conseguenze
mentre sputavi su chi era più importante”
(‘This Dying Soul’)
L’autore scrive in terza persona, è l’Alto Potere che gli impone di affrontare il problema.
Il Potere è amico, infatti:
“Vieni qui amico mio,
farò si che questa tortura finisca,
ma non puoi attraversare tutto da solo”
(‘This Dying Soul’)
E adesso è il soggetto ad affidarsi all’Alto Potere:
“Aiutami, salvami, guariscimi,
non riesco a scappare da questa prigione da solo.
Ascoltami, credimi, prendimi,
sono pronto a scappare dalle mura di questa prigione”
(‘This Dying Soul’)
Una volta compresa la radice di tutti i mali (‘The Root Of All Evil’), il paziente è finalmente pronto:
“Sono abbastanza orgoglioso perché voi possiate chiamarmi arrogante.
Sono abbastanza avaro perché voi mi etichettiate come un ladro.
Sono abbastanza arrabbiato perché possa far del male ad un uomo.
Sono abbastanza crudele perché possa non sentire alcun dolore.
Non ho mai potuto avere nemmeno una parte della mia vita,
devo arrivare al cuore di questa situazione,
la radice di tutti i mali è cresciuta in me.
Prendetevi tutto me stesso ed aiutatemi a trovare la forza
per affrontare un nuovo giorno”
(‘The Root Of All Evil’)
Ora, nella consapevolezza di ciò che è stato, l’autore ripercorre a ritroso la propria vita, quasi stesse leggendo la propria autobiografia:
“Fisso la pagina vuota davanti a me,
tutti gli anni di rovina mi attraversano la mente”
(‘Repentance’)
Il libro della rinascita dell’autore inizia a prendere forma:
“Il dolore travolgente ora mi assorbe,
mentre la penna comincia a tracciare il mio oscuro passato.”
(‘Repentance’)
E giunge implacabile il pentimento per il proprio passato e per quei rapporti umani deteriorati a causa della dipendenza.
“Segnali in tutta la mia vita
che avrebbero dovuto avvertirmi
di tutti i torti che ho fatto
per cui devo pentirmi”
(‘Repentance’)
Ecco finalmente la presa di coscienza dei propri errori, l’ammissione di colpa per ciò che è stato:
“Un tempo pensavo fosse meglio rimpiangere le cose fatte
che quelle non fatte.
A volte devi essere in torto e imparare a tue spese.
Proprio quando avrai finito di temporeggiare sarai salvo.
Fino a quel momento non credevo di aver fallito in qualcosa
e mi sentivo come se avessi fallito con la vita,
con i miei figli,
con me stesso.
È molto difficile da affrontare”
(‘Repentance’)
È quindi ancora l’Alto Potere a parlare:
“Sei malato e solo come i tuoi segreti,
ma la verità ti farà libero.
La verità è verità
e l’unica cosa che puoi fare è viverci”
(‘Repentance’)
A questo punto il soggetto ha quasi completato la sua opera di rinascita, ha raggiunto l’obiettivo ed è certo di essere finalmente libero:
“La libertà chiama il mio nome,
la serenità mi mantiene sano di mente,
la felicità allevia il dolore.
Sono onesto nel vedere il mio essere aperto ad altre vie
nella volontà di capire.
Giustizia, ma senza giudicare.
Cortesia per i difetti altrui,
gentilezza, non è difficile.
Autocontrollo della lingua e della penna.
Guarda allo specchio, cosa vedi?
La fortezza distrutta che mi teneva prigioniero”
(‘The Shattered Fortress’)
Poi si rivolge all’Alto Potere, in una preghiera di abbandono:
“Tieni tutto di me,
i desideri che una volta bruciavano nel profondo
mi aiutano a vivere oggi
ed aiutano a darmi la grazia
per compiere la tua strada”
(‘The Shattered Fortress’)
Fino al completamento dell’opera, al diventare maestro per chi verrà, per altre anime perse nel tunnel della dipendenza:
“Io sono responsabile.
Quando chiunque, ovunque
avrà bisogno d’aiuto
voglio che la mia mano sia lì”
(‘The Shattered Fortress’)
È necessario chiudere gli occhi durante lo scorrere dell’opera in modo che l’ascoltatore possa essere trasportato all’interno di una stanza irreale nella quale non è difficile immaginare più persone che si incontrano, si conoscono, si raccontano l’una dopo l’altra esperienze e sensazioni unite tra loro dal filo comune della dipendenza dall’alcool; sopra tutti si erge la figura dell’Alto Potere, l’entità che rappresenta il terapeuta, ma che guida il gruppo nella strada da seguire per ritrovare se stessi. Questa, come accennato a inizio articolo, non si pone come una figura religiosa, ma come la metafora di un vero e proprio stato mentale volto a riconoscere che vi sia qualcosa di più grande di noi a indicarci la strada, sovrastante la volontà del singolo.
Trattandosi di un concept album le canzoni sono musicalmente collegate tra loro, nell’ottica di un procedimento che avanza, ma non dimentica mai di ritornare su quanto appreso in precedenza come in una sorta di flashback. Si noti, riguardo questa caratteristica dell’opera, la somiglianza con il concept ‘Scenes From A Memory’ del 1999, nel quale i flashback si manifestavano nei protagonisti dell’opera attraverso i salti temporali tra passato e presente e viceversa. La terapia dei dodici passi prevede di fatto un avanzamento e miglioramento dello stato mentale di ogni paziente, il quale prende lentamente coscienza del proprio io sconosciuto, dei propri errori e del cambiamento che si sta manifestando, nell’ottica di un rinnovamento che lo porterà ad una nuova vita e diventando a sua volta non soltanto un compagno di viaggio, ma un insegnante, un portavoce dello spirito vitale dell’Alto Potere nei confronti dei nuovi pazienti che di volta in volta subentreranno nel gruppo. Nello specifico dell’opera ogni canzone si collega alla precedente attraverso variegate parti strumentali, tutte riprese nella conclusiva ‘The Shattered Fortress’ in una sorta di riassunto delle precedenti tracce.
In conclusione, si può affermare che questa opera Prog Metal divisa in atti sia la trasposizione delle sensazioni e degli stati d’animo di un uomo nuovo, delle sue paure e dei suoi errori fino al completamento di un ciclo della propria vita, da lui stesso ritenuto buio nonostante moltissimi successi in campo musicale. Altri successi arriveranno, fino all’epilogo di una storia musicale durata venticinque anni.
L’otto settembre 2009 infatti Mike Portnoy sorprende tutti con un annuncio ufficiale sul proprio sito, rende pubblica la propria decisione di abbandonare la band che lui stesso aveva fondato e alla quale aveva dato il nome. Le tensioni nel gruppo però non sono evidentemente mai state sopite e i fan della band ne sono a conoscenza; da una parte l’estro del batterista è stato il motore trainante dei Dream Theater tra dischi e tour, dall’altra la sua voglia di eccedere (senza dimenticare i numerosi progetti paralleli alla band madre) hanno creato uno stress palpabile fino all’abbandono della band. Inoltre Mike Portnoy in quel periodo ha dovuto sopportare il peso della perdita del padre e ciò ha contribuito a rafforzare il suo desiderio di cambiamento sia umano che artistico.
Dopo avere ufficializzato l’abbandono della band, Portnoy ha fondato numerosi gruppi (Flying Colors, The Winery Dogs, Adrenaline Mob, Sons Of Apollo) e collaborato o continuato a collaborare con molti altri (Avenged Sevenfold, Neal Morse Band, Liquid Tension Experiment, Transatlantic).
Indubbiamente Portnoy è un genio incontenibile, una fonte inesauribile di idee, ma anche un uomo dall’animo complesso, e soprattutto all’interno di un collettivo di cinque musicisti il suo estro spesso può risultare incompreso. Molti hanno creduto che questa decisione fosse strettamente legata alla fine della terapia e alla guarigione dalla dipendenza dall’alcool, ma Portnoy ha più volte dichiarato che la sua fase di terapia di gruppo è terminata nel 2001 e nulla ha avuto a che fare con la drastica decisione di lasciare i Dream Theater.
Forse anche questa scelta fa parte di un rinnovamento vitale e quotidiano in “Constant motion”, per citare l’omonimo brano di ‘Systematic Chaos’.
Oggi Mike Portnoy ha ripreso il proprio posto dietro le pelli dei Dream Theater, con buona pace di Mike Mangini che lo ha sostituito per ben quindici anni e che con estrema umiltà gli ha riconsegnato il ruolo di motore ritmico del gruppo. I tempi erano evidentemente maturi per prendere una decisione tanto importante e significativa e gli amici di sempre lo hanno accolto favorevolmente, consci del fatto che quel posto gli è sempre appartenuto.
Ora è venuto il momento di riascoltare l’intera suite ‘Twelve Steps Saga’ e in quelle liriche trovare le parole adatte per la rinascita interiore di ognuno di noi.