Marillion – Tutta la storia: la biografia non autorizzata

Il 16/03/2024, di .

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Marillion – Tutta la storia: la biografia non autorizzata

Qualche giorno fa cercavo mentalmente una frase a effetto per riassumere sia l’opera biografica di Massimo Longoni sui Marillion che la carriera del quintetto inglese e ho pensato a un’espressione del tipo “le biglie del giullare coraggioso”. Il fatto è che in inglese le “biglie” sono un po’ come le “rotelle” in italiano, come ben dimostra il personaggio di Tootles in “Hook – Capitan Uncino”, perciò anche il pensiero più estemporaneo assume significati molteplici, quando si parla di Rothery e soci.
Vi dirò, nel primo approccio a questo ‘Marillion – Tutta la storia: la biografia non autorizzata’ ho riflettuto sul mio rapporto con la band, che era (ed è, visto che il processo di evoluzione è tuttora in corso) quello di un difensore ferreo del canone di Fish che aveva eletto ‘Vigil in a Wilderness of Mirror’ come legittimo quinto full length del combo di Aylesbury, un po’ come i die-hard fan di Kai Hansen fanno con ‘Heading for Tomorrow’ dei Gamma Ray quale diretto successore delle Zucche di epoca Keepers. Il motivo? Duplice, direi: in primis un amore spasmodico per quanto realizzato dai Nostri nei gloriosi anni ’80, contro ogni moda e trend del momento, in secundis una profonda ignoranza di quanto sia arrivato negli scaffali dei negozi da ‘Seasons End’ in poi. Sapevo che Steve Hogarth si fa chiamare H (un po’ come il sommo Adrian Smith, ma quella è un’altra storia!), sapevo dell’importanza di ‘Brave’ perché una rivista dell’epoca aveva sottolineato come la copertina di ‘Encomium’, album tributo ai Led Zeppelin molto in voga all’epoca, fosse stata ripresa a piene mani dal concept in questione, ma nulla più. Ecco, questo libro serve a colmare proprio un gap come quello che avevo io, grazie a uno stile di scrittura (spoiler? Fose sì) davvero agile e accattivante, che mi ha fatto spesso mettere mano a madame YouTube, ma ancora più spesso mi ha portato a immaginare scenari sonori allo stesso modo in cui si elabora un personale fluire delle immagini nella lettura di un romanzo. Roba seria, vero? E a proposito di spoiler, ‘Seasons End’ è sostanzialmente il quinto disco di “quei” Marillion con solo qualche innesto laterale di matrice prog/pop (mi vengono in mente i Kansas…), dato che le effettive variazioni sul tema verranno in seguito…

Insomma, so perfettamente che per approcciarsi alla lettura di un testo così capillare e approfondito ma così “specifico” serva un interesse di base, che può essere anche dettato dall’ortodossia fishiana di cui sopra, ma non è per forza un male: la capacità di coinvolgere il lettore da parte di Longoni passa anche attraverso la narrazione degli esordi del gruppo, dall’esordio con il monicker Silmarillion (con un’autentica icona del prog del futuro che si troverà tra il pubblico!) alla progressiva estromissione dei membri primordiali di cui farà le spese per ultimo Mick Pointer. Nonostante siano dunque il tipico caso di un gruppo senza membri fondatori, va osservato come i Marillion abbiano mantenuto un’encomiabile stabilità di line-up il cui scossone più “recente” è appunto la rottura con Fish, avvenuta però ben trentacinque anni fa! Il virgolettato sul termine “recente” non è però a caso, data la presenza nel testo di un paragrafo chiamato appositamente “Il nuovo cantante… da trent’anni” che ben descrive la pesante eredità che Hogarth si è trovato a sostenere, affrontandola con l’estro e la creatività che da sempre lo contraddistingue e che lo ha inserito alla perfezione nel team compositivo. Certo, pescare un estratto a caso del “nuovo” corso (magari da ‘Anoraknophobia’, così per dire) può regalare sensazioni stranianti a chi come me è avvezzo a ‘Bitter Suite’, a ‘Warm Wet Circles’ o a ‘Forgotten Sons’, ma il percorso artistico dei cinque e il presente libro sono entrambi una vivida fotografia di una band che non teme il rinnovamento, il collocarsi al passo coi tempi o in avanti rispetto a essi, come dimostra la lungimiranza in fatto di fundraising o nel rapporto sin dagli anni ’90 con l’emergente fenomeno internettiano. A proposito di ‘Anoraknophobia’, un episodio di notevole interesse per gli addetti ai lavori fu il comunicato promozionale che conteneva la sfida lanciata alle testate specializzate a non usare nelle recensioni termini come “progressive rock”, “dinosauri”, “concept album” e simili. Sembra un po’ uno di quei giochi linguistici che facevamo da bambini, no?

Il libro poi fa emergere anche un interessante parallelismo tra Marillion e Iron Maiden, nato dalla sostanziale affinità tra i fan della NWOBHM e questo pugno di riscrittori della tradizione prog anni ’70, proseguito con l’accasamento presso la EMI e l’importanza data ai simbolismi nell’artwork (il Giullare da un lato e Eddie dall’altro, con un’attenzione non comune ai particolari), fino al breve periodo con Rod Smallwood nel management. Ovvio, il dualismo Fish/H percorre come un basso continuo le pagine della presente pubblicazione, a partire dalla tensione accentratrice dello scozzese fino ai rimbeccamenti reciproci, con H che perde la pazienza con la stampa (ma non lo faceva anche Dickinson quando veniva messo a confronto con Di’Anno?) e per via dell’incidente diplomatico creato dall’ospitata dei vecchi compari su ‘Market Square Heroes’. Nella realtà, i rapporti si sono progressivamente distesi, pur nel fermo riconoscimento della pari dignità dei due progetti che ha portato Mark Kelly a rifiutare una di quelle offerte che… non si potevano rifiutare! Insomma, per essere una biografia “non autorizzata” l’autore ha lavorato davvero sodo, non mancando di passare in rassegna tutte le sagaci trovate promozionali che culmineranno nei Marillion Weekend e di effettuare una o più giustificatissime tiratine di orecchie alle strutture concertistiche del Bel Paese, spesso inadeguate all’accoglienza di act internazionali di questo calibro; forse, a cercare il pelo nell’uovo, manca uno dei pochi episodi che conoscevo dell’era post-Fish, la collaborazione tra i due Steve e i Dream Theater uscita sul DVD ‘5 Years in a LIVEtime’ della band di Long Island. Però, piuttosto che riascoltare quella versione di ‘Easter’ preferisco qui tornare alla grandezza di ‘Brave’, fantastico conpcept arricchito da un cortometraggio appositamente realizzato…

Indovinate poi qual è il disco che l’autore definisce il più marillico e che al contempo H non vuole mai interpretare? In ogni caso, sono d’accordo con l’autore. E ho sempre sostenuto che su questo finale Rothery batte in epicità persino un esperto in materia come Steve Harris

OK, ho un po’ trasformato la mia lettura di ‘Marillion – Tutta la storia: la biografia non autorizzata’ in una réclame sull’importanza di non fermarsi all’era Fish, che è un po’ l’insegnamento che ho ricavato dalle ampie pagine dedicate a quanto intercorso tra ‘Seasons End’ e il recentissimo ‘An Hour Before It’s Dark’. In mezzo, quello che Longoni definisce un capolavoro assoluto: ‘Marbles’, il tredicesimo album dei Marillion. Va detto che quando si ascolta un pezzo come ‘Neverland’, la conclusione è sempre quella: non importa che la band sia all’apice del successo prog ottantiano, o invece nel periodo più sperimentale e “modernista”, o magari che flirti con il pop o che riabbracci con rinnovata maturità le radici… Steve Rothery è sempre Rothery, su ‘Assassing’ o su ‘Easter’ conta poco!

DESCRIZIONE DEL LIBRO
I Marillion hanno superato da un po’ i quarant’anni di carriera, ma sono al passo coi tempi oggi più che mai. Questo libro racconta tutta la loro storia, dai primi passi agli ultimi appuntamenti live che li hanno portati per la prima volta a organizzare anche in Italia un Marillion Weekend, una due giorni di concerti ed eventi totalmente dedicata a loro.

DETTAGLI DEL VOLUME:
Titolo: Marillion – Tutta la storia: la biografia non autorizzata
Autore: Massimo Longoni
Anno: 2023
Editore: Tsunami Edizioni
Pagine: 384
ISBN: 978-88-94859-78-2
Prezzo: Euro 23,75
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