Foreigner – Moment of Truth

Il 17/09/2009, di .

Foreigner – Moment of Truth

Dopo quindici anni di silenzio tornano a far parlare di sè i leggendari Foreigner, band in grado di conquistare il mondo nell’ormai lontano 1984 grazie al singolone ‘I Want To Know What Love Is’. C’è però molto di più dietro a questa super-ballad, ci sono 50 milioni di dischi venduti, ci sono tour planetari e ci sono valanghe di dischi di eccelsa fattura. L’ultimo dei quali, ‘Can’t Slow Down’, vede il gruppo anglo/americano alle prese con una vera rivoluzione a livello di line up, a partire dal cantante, Kelly Hansen a sostituire il defezionario Lou Gramm. Ed è proprio l’ex singer degli Unruly Child a raccontare a Fabio Magliano un ritorno che ha del clamoroso.

I Foreigner hanno scritto la storia del rock melodico, inutile girarci troppo attorno. Hanno saputo mettere d’accordo sia gli amanti dell’hard rock sia i discepoli del pop, varcando senza traumi quella sottile linea di confine che separa le band di classe capaci di dire la loro nelle classifiche di tutto il mondo da quei fenomeni momentanei da “un hit e via”. Il grande pubblico ha conosciuto infatti Mick Jones e soci per la ballata strappa orecchie ‘I Want To Know What Love Is’, anno di grazia 1984, però già da anni il gruppo era riuscito a fare incetta di dischi d’oro e di platino (il solo omonimo album di debutto ne aveva conquistati cinque negli Stati Uniti), a conferma di come i Foreigner siano più che una meteora (e gli oltre 50 milioni di dischi venduti in tutto il mondo, giocano dalla loro parte…) e di come il loro hard rock elegante ed estremamente ricercato, sia davvero in grado di abbattere qualsiasi barriera stilistica e generazionale. Oggi, però, una nuova, ardua prova si para davanti alla band anglo/americana. Dopo quindici anni di silenzio e con una formazione totalmente rinnovata, con l’inserimento dell’ex Hurricane/Unruly Child Kelly Hansen a sostituire lo storico singer Lou Gramm, la band torna ad affacciarsi sul mercato discografico con un nuovo lavoro, ‘Can’t Slow Down’ che, pubblicato ad ottobre in America, ha iniziato a riscuotere ottimi consensi, debuttando al numero 29 della classifica di Billboard. Riuscirà a suscitare lo stesso clamore sbarcando con cinque mesi di ritardo anche sul mercato europeo? E’ quello che si augura il disponibile Kelly Hansen, intercettato in America in una gelida serata invernale.
Prima di incidere ‘Cant’t Slow Down’ avete atteso ben quindici anni. Come nasce in una band in letargo da così tanto tempo e che, apparentemente, non ha più nulla da chiedere al mondo della musica, il bisogno di rimettersi in gioco e di rimettersi a comporre?
“(Kelly Hansen) In questi anni non siamo stati fermi, ma la nostra attività è stata estremamente ricca. Abbiamo suonato tantissimo in giro per il mondo, anche in Paesi spesso esclusi dai grandi tour. Abbiamo suonato in Africa, in Sud America, in Asia, e questo se da un lato ci ha consentito di consolidare la line-up permettendo ai nuovi, me compreso, di calarsi perfettamente nei meccanismi della band, dall’altro ha fatto nascere in noi nuovi stimoli. Abbiamo registrato DVD, abbiamo tenuto grandi concerti, ma a mano a mano che andavamo avanti ci siamo proprio resi conto che nasceva in noi la voglia di metterci alla prova, di tirare fuori nuovo materiale, di scrivere tutti insieme. Vedi, quando si accusano grandi cambi di line-up c’è sempre un po’ di timore nell’entrare subito in studio, perché se non c’è il giusto affiatamento all’interno della band il risultato che si tirerà fuori non sarà mai all’altezza del gruppo. Quando abbiamo sentito il bisogno di scrivere insieme, è stato perché finalmente avevamo raggiunto la giusta chimica all’interno della band, da qui è stato tutto molto naturale”
Il nuovo disco ti vede alle prese con il lavoro che, in passato, è stato svolto più che egregiamente da Lou Gramm. Come ti sei trovato ad affrontare un compito così gravoso?
“Guarda, una cosa che mi piace di questa band è che non si vive nel passato, si è consapevoli di ciò che sono stati i Foreigner ma si cerca sempre di guardare avanti. La band in passato ha avuto la fortuna di poter contare su un ottimo cantante, ora però ha aperto un nuovo capitolo della propria storia e pensare a ciò che è stato finirebbe per risultare dannoso per tutti. Mick ha grande fiducia in me, e questo è di fondamentale importanza perché mi consente di lavorare come so, senza avere troppe pressioni addosso. Mick e gli altri ragazzi del gruppo sono convinti che io abbia la voce giusta per i Foreigner, questo mi basta per poter fare il mio lavoro al meglio. Penso si senta bene tutto questo nel nuovo disco: non è un lavoro per nostalgici, non mi è stato chiesto di imitare chi c’era prima di me e tantomeno sono stati scritti brani guardandoci alle spalle… le canzoni sono state cucite addosso a me, personalmente mi sono sentito molto a mio agio nel cantare questi pezzi, e sono stato felice di aver potuto mettere la mia esperienza a favore della band aiutandola a aprire nel migliore dei modi questo nuovo capitolo discografico”.
Dopo aver venduto milioni di copie in tutto il mondo, aver sbancato le classifiche un po’ ovunque, aver suonato in ogni parte del globo, quali obiettivi vorreste ancora raggiungere con il nuovo corso dei Foreigner?
“Si dice sempre che una band debba essere in grado di dare alla gente ciò che la gente si aspetta, però negli anni ci siamo resi conto che i nostri fan vogliono dai Foreigner più cose differenti, se chiedi a dieci persone cosa vorrebbero trovare nel nuovo disco della band, riceveresti dieci risposte diverse, quindi come unico obiettivo ci siamo posti quello di incidere buona musica. Stop. Siamo convinti che se fai le cose con il cuore, se metti tutto te stesso in quello che fai e scrivi canzoni con onestà, la gente sicuramente ti premierà perché si renderà conto che non li stai prendendo in giro ma che sei sincero, e questa è la cosa più importante”.
La storia insegna che i Foreigner sono prima di tutto una straordinaria hit single band. Visto in quest’ottica, avete avvertito pressioni esterne al momento di entrare in studio per incidere ‘Can’t Slow Down’?
“Noi viviamo sotto pressione, non potrebbe essere altrimenti, proprio perché la storia insegna che i Foreigner hanno saputo produrre musica di grande qualità, quindi ci si aspetta sempre molto dalla band. Però attenzione, la pressione non sempre è negativa, noi la viviamo in modo molto positivo, persino stimolante. Se non avessimo pressioni addosso molto probabilmente tenderemmo a sederci sugli allori, a prendere le cose alla leggera, a lasciare che le cose facciano il loro corso. In questo modo, invece, sei stimolato, motivato a lavorare duro e a dare il meglio di te. Una volta c’era la certezza della vendita, una volta bastava il nome per vendere dischi, oggi se non sei in grado di dare il 110% e a comporre musica di altissima qualità, non vai da nessuna parte, quindi sei portato a dover rimanere concentrato sul tuo lavoro sino a quando il disco non è finito e a curare in modo maniacale ogni aspetto dell’album. In questo senso la pressione finisce per essere essenziale”.
Dovessi scegliere una sola canzone per inquadrare quello che è ‘Can’t Slow Down’, che pezzo sceglieresti?
“Probabilmente ‘I Can’t Give Up’ è il pezzo che meglio mi rappresenta, perché da un punto di vista vocale in questa canzone ho realmente dato il meglio di me. Tutto il disco è basato su ottimi brani, però questa traccia ha una carica emotiva fortissima. L’ho scritta insieme con Mick Jones e con Marti Frederiksen basandomi su un’esperienza personale che ha un grande significato per me, inoltre è stata costruita su un riff davvero buono che dona al brano un che di speciale”.
Questo disco è stato prodotto da Mick Jones insieme con Marti Fredricksen, uno dei migliori produttori attualmente in circolazione. Come si è sviluppata la collaborazione tra questi due incredibili personaggi?
“Marti è meraviglioso, non è uno di quei produttori che ti mordono le caviglie per farti finire il lavoro al più presto, non è di quelli che ti stanno addosso in modo soffocante, però riesce ugualmente con il suo modo di fare e con la sua competenza a farti fare il lavoro nel miglior modo possibile ma soprattutto nel minor tempo possibile. Ti fa lavorare sodo, cura molto il dettaglio ma grazie al suo approccio positivo al lavoro ti consente di registrare bene dando il meglio di te. E poi, cosa molto importante, non è di quei produttori che si pongono al servizio della band, ma è estremamente propositivo, ti sa consigliare, dice la sua, ti indirizza e ti aiuta quando sorge un’indecisione. Il lavoro con Mick è stato molto fluido, sono due personaggi con un grande carisma ma prima di tutto sono persone molto intelligenti, quindi sapevano bene come collaborare e sapevano che pestandosi i piedi a vicenda avrebbero fatto del male solo a sé stessi. Hanno affrontato invece entrambi questo impegno con grande umiltà, Mick ha composto in totale libertà e ha avuto da Marti un grande aiuto in fase di produzione, è stato alleggerito in parte nel lavoro più importante e questo ha senza dubbio giovato al songwriting, mentre penso che anche Marti abbia tratto giovamento dalla collaborazione con un personaggio come Mick, quindi la collaborazione ha fatto molto bene ad entrambi, ma prima di tutto ha fatto bene ai Foreigner”.
‘Cant’t Slow Down’ esce oggi in Europa ma in America è in distribuzione da mesi in America unicamente attraverso il circuito Wal-Mart. Come mai questa decisione?
“Onestamente non conosco le ragioni di questa decisione, però posso dire di trovarla un’idea molto valida perché ci consente di promuoverlo nel migliore dei modi. Da quando è uscito in America, ad ottobre, lo abbiamo lavorato benissimo, suonando dal vivo, facendo interviste, presentandolo un po’ ovunque. Oggi esce in Europa e possiamo concentrarci sulla promozione europea senza sprechi di energie. Ci possiamo dedicare unicamente al mercato europeo supportandolo come meglio non potremmo. Se il disco esce in contemporanea in tutti i Paesi, viene da se che anche tu devi essere ovunque contemporaneamente per poterlo presentare, e visto che è assolutamente impossibile si finisce per lasciare qualcosa per strada e non promuovere il disco come si vorrebbe. In questo modo, invece, riusciamo a presentare il disco capillarmente, e solo noi sappiamo quanto importante sia, oggi, promuovere al meglio il proprio lavoro”.
Ma così facendo non avete paura che, una volta arrivati in Europa, i fan europei si siano già scaricati da mesi il vostro disco da internet, messo in rete da chi lo ha comprato ad ottobre in America?
“(Stizzito, che non abbia capito la domanda?) Ognuno può pensarla come vuole, noi non abbiamo paura perché ci fidiamo dei nostri fan, se iniziassimo a fare questi calcoli smetteremmo di vivere. In secondo luogo, poi, posso dire che quello del download illegale è una piaga che ci sarà sempre, a prescindere da quando esce il disco in quel Paese o in quell’altro. ‘Can’t Slow Down’ gira in rete già da tempo, non ci possiamo fare nulla. L’unica cosa che speriamo è che i nostri fan siano intelligenti da capire che è da stronzi scaricarsi la musica, perché dietro ad una canzone scaricata c’è la creatività, la fatica, il sacrificio di un musicista, e se scarichi illegalmente un disco non sei più furbo degli altri, sei solo più stronzo, perché così facendo mandi in crisi un intero mondo, come quello della musica. Come ti dicevo prima, però, questo è un fenomeno che esisterà sempre, non serve uscire con un disco in contemporanea mondiale per aggirare il problema, quindi proseguiamo sulla nostra strada e speriamo che chi scarica musica si renda prima o poi conto del danno che sta creando”.
L’impressione è che, soprattutto negli ultimi anni, la gente stia riscoprendo il rock melodico. Ti sei mai chiesto il perché di questo “ritorno alle origini”?
“Prima di tutto sono da sempre convinto che quello della musica sia un mondo ciclico, ciò che era popolare vent’anni fa prima o poi tornerà ad essere popolare, tutto gira…tutto ritorna… il perché oggi si stia riscoprendo il rock melodico è semplice: il rock moderno ed il pop finiscono per annoiare alla lunga. La qualità nella maggior parte dei casi si è abbassata drasticamente, le canzoni non durano più di qualche settimana all’apice ma soprattutto non si stanno più scrivendo pezzi memorabili. Gruppi che oggi tirano, tra un paio di mesi manco esistono più, e la gente che non è stupida se ne sta rendendo conto. Per questo ha rialzato la testa e si sta guardando attorno. Se i Foreigner sono in circolazione da quasi 35 anni e continuano a sfornare dischi è perché non sono una meteora, del buono ci deve essere alla base di tanta longevità, ed allora perché non riscoprire questa band piuttosto che lasciarsi abbindolare dall’ennesimo fenomeno del momento? E’ una questione di stabilità e di garanzia, oggi la gente ha bisogno di qualità e visto che non ha né tempo né denaro da perdere, torna a guardare a ciò che può essere sinonimo di garanzia”.
La scorsa estate la vostra ballata ‘I Want To Know What Love Is’ è stata adottata qui in Italia da una nota marca di gelati per pubblicizzare il suo cornetto, questo a conferma della potenza di questa canzone. Onestamente, non vi da fastidio essere associati dalla massa ad una singola canzone, tenendo conto che nella vostra carriera avete inciso centinaia di canzoni?
“Probabilmente in Europa l’appeal di questa canzone è ancora fortissimo, però fortunatamente non è la stessa cosa nel resto del mondo. In America, ad esempio, abbiamo avuto decine di singoli finiti in classifica, la gente ci riconosce quello che abbiamo saputo fare negli anni attraverso i nostri album, non a ciò che abbiamo fatto in un estate con una canzone. Perché sarebbe riduttivo e non renderebbe giustizia alla storia dei Foreigner. Io sono dell’avviso che, quando si giudica una band, sia indispensabile guardare alla sua carriera nella sua interezza, senza limitarsi ad un preciso periodo di tempo. Noi abbiamo saputo scrivere una canzone che ha fatto storia, questo è vero, ma abbiamo anche saputo bissare il successo di questa ballata con canzoni molto più rock, e se dopo ‘Agent Provocateur’ hanno visto la luce album altrettanto validi come ‘Inside Information’’ o ‘Unusual Heat’, è perché la nostra forza andava oltre quell’evergreen radiofonico”.
Concludiamo con un’indiscrezione: pochi mesi fa è uscito il disco solista di Lou Gramm, lo hai ascoltato?
“Ho solo sentito quello che è stato pubblicato sul suo sito. Lo apprezzo come cantante, lo rispetto, sono felice per questo nuovo capitolo della sua carriera solista…. Non penso di aver motivo di parlare male di lui, non ce ne sarebbe la ragione”.

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