A New Tomorrow – Un Nuovo Inizio

Il 03/02/2015, di .

A New Tomorrow – Un Nuovo Inizio

Dopo qualche anno dal trasferimento in Inghilterra, Metal Hammer incontra Alessio Garavello (ex-cantante di Arthemis e Power Quest) degli A New Tomorrow per una chiacchierata su questo suo nuovo progetto e per parlare della sua esperienza inglese, sia come musicista che come produttore musicale. Un’intervista che inizia contromano, nel vero senso della parola, visto che Alessio, col suo aplomb britannico, decide di guidare all’inglese nelle strade italiane. Dopo aver rischiato la vita inizia il nostro incontro…

Ciao! Benvenuto su Metal Hammer Italia! Come va?
Benissimo, grazie! Una capatina italiana di una settimana mette apposto anima e stomaco. Abbiamo appena fatto tre date nel Nord-Est, una bella esperienza, divertentissima e fra poco si torna in Inghilterra.
Meglio così, no?
Dipende dai punti di vista…Se per il cibo non ne sarei così certo (ride,ndr.)
Parliamo degli A New Tomorrow. Puoi parlarci di come è nata la band?
Certo! Nel 2009 con un paio di amici, tra cui Andrea Lonardi che è ancora oggi il bassista della band, abbiamo deciso di lasciare l’Italia e di provare una carriera differente in Inghilterra, cercando di vedere com’era la scena rock-metal da quelle parti. In parte conoscevo già l’ambiente per aver militato nei Power Quest per 7/8 anni e poi avevo il desiderio di intraprendere la professione di produttore musicale, dunque ho scelto di studiare music producing in un college londinese. Da quel momento abbiamo iniziato a suonare, scrivere canzoni, ma in ottica totalmente diverse da come eravamo abituati in precedenza. Non ci siamo dati tempistiche o limiti con lo scopo di scrivere la miglior musica che potevamo, che ci siamo riusciti o no è tutto da vedere (ride, ndr.). Abbiamo passato mesi in jam session a scrivere pezzi orchestrati dalla band e non più da una o due persone. È nato tutto dalla voglia di cambiare schema.
Quindi vi conoscevate tutti già prima di formare il gruppo?
Abbiamo il batterista, Tim Hall, con noi da tre anni ormai, che è parte della famiglia e parla anche qualcosa di italiano, ovviamente solo frasi e parole cattivissime. Il chitarrista è Daniele Panza, un ragazzo giovane che è stato trapiantato da giovane, a 18 anni, in Inghilterra. Finito il liceo ha scelto di trasferirsi e di studiare musica nel Regno Unito, un artista completo devo dire. Dan e Tim hanno oltretutto suonato in vari tour assieme perché hanno militato in una band female-fronted che si chiama Achilla. In realtà Daniele ci ha consigliato Tim e durante il percorso anche lui, dopo aver lasciato l’altro gruppo, è entrato negli A New Tomorrow.
Come classificheresti il vostro genere? Alternative-rock/metal?
Sì, direi di sì. Non voglio dire la solita ca**ata, che lavorando in uno studio l’avrò sentita un miliardo di volte, ma siamo un mix tra rock pesante, con qualche momento di metal. Ho sempre visto il Metal come una musica aggressiva, anche per interpretazione non solo per il sound, cosa che vedo differente nel Metal attuale. Abbiamo la raw energy dei Rage Against The Machine, con un cantato melodico, complici i miei trascorsi. Sì, direi un alternative rock-metal.
Vuoi presentare ai nostri lettori il vostro nuovo EP “Back To Life”?
È uscito lo scorso Novembre ed è composto di cinque pezzi. È molto vario come la proposta della band. Abbiamo pezzi pesanti come “Back to Life”, “Fade Your Shadows”, “Like a Rolling Stone” ed altri diversi, uno acustico e quello più epico che abbiamo scritto sinora, dal quale viene il nome della band. Un EP vario che può incontrare i gusti di vari ascoltatori. C’è qualche puntata verso il metal, alla Alter Bridge, ed altri momenti più pensati, intimi. Abbiamo rilasciato un lyric video di “Leaving All Behind” e stiamo lavorando in questi giorni al video di “A New Tomorrow”.
Recentemente avete rilasciato una cover di Dirty Diana di Michael Jackson. Puoi parlarci della scelta del pezzo?
Premetto questo, siamo una band vera. Dopo aver fatto diverse cose con varie band ho pensato che volevo fare quel ca**o che mi andava di fare senza che nessuno mi rompa i co****ni. Questa canzone viene proprio da questa scelta. Quando ero piccolo, avrò avuto otto anni, avevo due album preferiti: “Bad” di Michael Jackson e “Oro, Incenso e Birra” di Zucchero. Li ho ascoltati per diverso tempo e quando sei bambino questi dischi ti restano dentro; quello di Zucchero, a mio parere, è ancora uno dei migliori della musica italiana. “Dirty Diana” ha un’atmosfera unica, anche a livello di scrittura, e, non avendo trovato tante cover, ho pensato rivisitarla in maniera rock, registrarla in studio e rilasciarla come singolo per divertimento.
Ascoltando le vostre canzoni si intuisce che pescate elementi da diversi generi. Chi sono gli artisti che vi influenzano maggiormente?
Abbiamo dei gusti molto vari. Il batterista, Tim, ha iniziato ascoltando Metallica, è patito di Dream Theater e Rush, poi Tesseract e Periphery, musica “batteristicamente” impegnata. Daniele è più orientato verso il rock, hard-rock, come Skid Row, Alice in Chains, anni ’90. Andrea, il bassista, viene dal punk, Millencolin, vecchi Green Day. Io sono un mix tra i Death e Jamiroquai. Anche come cantante ho influenze dentro e fuori il Metal, come Robert Plant, James Hetfield, Stevie Wonder, Glenn Hughes, Jamiroquai. In un ambiente come quello di Londra assorbi tantissime cose differenti, ti capita di vedere molte band diverse che fanno i generi più disparati. È un mix fra le nostre influenze e quello che ci è stato dato dalla città.
Questi gruppi sono gli stessi che ti hanno ispirato a cominciare la carriera nella musica o hai cambiato gusti nel corso del tempo?
Mi sento una persona abbastanza coerente. Se una cosa mi piace si radica dentro di me. Ho iniziato a suonare la chitarra esclusivamente per Metallica e Megadeth. Dave Mustaine e in particolare James Hetfield, se lo vedo ancora adesso entrare qui dentro svengo all’istante, sono i due personaggi che mi hanno influenzato più di tutti. Quando torno in Italia ed entro in camera mia, ricoperta di cd, vado a pescare un disco che non ascolto da un sacco di tempo e prendo quelli a cui sono più affezionato, ad esempio ora ho in macchina “Symbolic” dei Death. Ovviamente i gusti cambiano, anzi si evolvono. A me piace la musica che a nerbo, che ha qualcosa da dare, che vuole dire qualcosa, con buone atmosfere. Un gruppo che mi ha colpito ai tempi dell’uscita sono stati i Linkin Park, con “In The End”, un grandissimo pezzo con un bellissimo video. Poi sono passato per Korn…
Quindi anche nu-metal?
Sì, a me del nu-metal piace il ritmo, quella dose di r’n’b e hip-hop, groove più lenti, l’opposto del power metal…
E del -core, un genere ancor più moderno, cosa ne pensi?
Non sono mai entrato troppo nel merito, però a mio parere il cantante deve sempre cercare di essere unico e faccio fatica nel -core a trovare identità. Per me la voce -core nasce da Phil Anselmo, lui al tempo ha dato quell’impronta, in “Far Beyond Driven”, dove c’era un miscuglio fra lo scream e la melodia, poi l’evoluzione è stata quella che è stata. Ma comunque non sono mai entrato troppo nel merito del genere. Se prendi ad esempio il djent e nuovi generi, ho un sacco di amici che hanno suonato con Periphery e gruppi così, Boris Le Gal, un nostro caro amico, ha suonato con loro durante un tour…A Londra siamo immersi in tutti queste ultime tendenze. Se cerchi del djent puoi ascoltarlo quasi ogni sera. Però personalmente non ho mai sentito quella spinta di inserire quegli elementi dentro la nostra musica, anche se magari incoscientemente qualcosa entra. Io ed Andrea abbiamo uno studio di registrazione a Londra e capita che molte band vengano a far delle prove e ascolti di tutto. Una cosa che mi piace dell’Inghilterra è che è sempre pronta all’evoluzione. Poi bisogna considerare il Metal in se stesso, che è comunque un genere chiuso e varianti come il -core capisco non vengano apprezzate da tutti.
La maggior parte di noi ti ricorda come cantante degli Arthemis e dei Power Quest. Cosa ti porti dietro da queste due esperienze?
Beh, ho suonato dieci anni con gli Arthemis e sette/otto con i Power Quest, abbiamo fatto un sacco di cose assieme. Se ricordi, io e Andrea Martongelli eravamo in entrambe le band contemporaneamente, era un’interfaccia costante fra me e lui. Siamo cresciuti musicalmente assieme, lui spronava me a cantare meglio e io spronavo lui a migliorare. Mi porto dietro la voglia di far sempre meglio e la professionalità in tutto ciò che si fa, l’essere sempre in gioco. Andrea Lonardi mi dice che, ogni volta che registriamo qualcosa, nota sempre qualcosa di diverso nel mio cantato, io non me ne accorgo ma fa piacere, vuol dire che c’è un’evoluzione costante come artista.
Il cambio di genere si rispecchia per caso anche nel nome della band ‘A New Tomorrow’, un tuo nuovo inizio?
Esattamente. La band che abbiamo adesso mi piace proprio tanto. È un qualcosa di reale, il momento in cui viviamo si rispecchia nei pezzi, cosa che non è così per tutti. Alcuni pensano solo a come fare a vendere di più, noi abbiamo invece scelto di tornare alle radici, un nuovo inizio in questo senso, dedicarci interamente all’amore per la musica. Che genere facciamo? Che ca**o me ne frega, suoniamo e vediamo cosa esce. Ci sono voluti anni per stabilizzare la nostra musica, siamo arrivati ora a capire chi sono gli A New Tomorrow. Nei nuovi pezzi l’evoluzione è ancor più marcata e di tutto questo sono felice e soddisfatto.
Ci puoi raccontare del tuo trasferimento a Londra?
Con le altre band avevo già vissuto mesi nella capitale inglese e avevo voglia di cambiare aria. Ancora adesso, dopo sei anni che vivo lì, mi sembra sia passato pochissimo. La vita è velocissima a Londra, conosci gente che viene da qualsiasi parte del pianeta, è una grande scuola di vita. Dal punto di vista musicale la città è ancora vibrante. Ricordo al tempo del primo concerto con gli A New Tomorrow a Camden Town, al Purple Turtle, in quello stesso momento, nel locale di fronte, il KOKO, e negli altri situati entro un kilomentro e mezzo, si potevano trovare altre band come Motorhead e Coldplay. È un continuo fermento, particolarmente in estate con i festival. L’anno scorso hanno fatto un festival di un mese ad Hyde Park, dove ogni sera suonava un gruppo al livello di Bon Jovi, Coldplay. Puoi trovare qualsiasi genere tu voglia, incontrare gente famosa per caso. Un mio amico una sera ha trovato Kirk Hammett e gli ha offerto da bere…Capisci, è tutta un’altra cosa.
Recentemente abbiamo parlato con un altro emigrato per musica, Francesco Artusato. Puoi parlarci della differenza di concepire lo studio della musica in Italia e in Inghilterra?
Quando sono arrivato al college sapevo l’inglese decentemente. Alla seconda lezione di fisica del suono avevo già qualche dubbio su cosa avrei potuto capire, ma alla fine è andato tutto per il meglio grazie all’approccio britannico dello studio. Nella mia classe c’erano un portoghese, uno svedese, gente da ogni dove. Abbiamo fatto un corso di nove mesi full-time, un macello, notti in bianco a studiare…io ho una laurea qui in Italia, ma là è differente, vanno direttamente al fulcro del discorso. Non c’è tutta quella teoria che lascia il tempo che trova. Nello studio di registrazione è la stessa cosa. È per questo che sono nate band come i Led Zeppelin, i gruppi quando vanno in studio non pensano troppo, fanno quello che sentono giusto e scrivono quello che sentono in quel momento.
Raccontaci un po’ del tuo lavoro ai Rogue Studios di Londra…
Lo studio esiste dal 1987 ed è stato costruito da due giovani ragazzi che volevano creare un quartier generale per la loro band. Io e Andrea (Lonardi, ndr.) lavoriamo lì da quattro anni e facciamo di tutto. Nella stessa giornata possiamo lavorare con artisti totalmente diversi, dal pop al deathcore, e questo è fatto per me, odio la routine quotidiana…
Chi sono gli artisti più importanti con cui hai lavorato in studio e quelli con cui hai lavorato meglio?
Un nome in particolare non mi viene. Nel passato sono venuti i Muse, Ian Gillan…Una volta, questo è molto curioso, è venuta Lil’ Kim (rapper americana, ndr.) e lavorare con gente come lei per un metallaro è stranissimo (ride, ndr.). Puoi capitarti un quartetto d’archi e poi registrare un pezzo rap, è molto stimolante…Anche per quello la nostra musica è influenzata da tantissimi generi. Non ti dico quanto rap ho registrato negli ultimi anni, mi ci è voluto diverso tempo per arrivare a scalfire questo genere che da fuori è difficile da capire. Come un rapper vede il metal, noi facciamo di conseguenza…Dopo circa un anno ho cominciato a capire perché uno si appassiona al rap, come funziona questa musica e ci sono degli artisti che vengono a registrare che scrivono testi veramente notevoli. In particolare un ragazzo, si chiama Neo, ha scritto un pezzo che raccontava una storia che ti teneva incollato dall’inizio alla fine.
Dall’estero come vedi la scena metal italiana e c’è qualche band che ti attira, ti piace?
Mi arriva poco, a dirti la verità. Guardo a band di amici storici, Labyrinth, Vision Divine, quello che fa Michele Luppi, un mio caro amico…Ma di nuove band non so dirti niente, mi trovi un po’ impreparato (ride, ndr.).
La differenza tra il pubblico italiano e quello inglese?
Il pubblico è un po’ diverso, è un’audience che ascolta nel vero senso della parola, cerca di capire la band. Mi è capitato qualche volta di avere della gente che alla fine del concerto mi faceva dei commenti così precisi da farmi pensare che quella persona avesse realmente metabolizzato la nostra musica…Nota particolare va ai locali, da quelli piccoli a quelli giganti, che hanno un suono di alto livello. Il locale in Inghilterra è concepito per far suonare la band, quindi la prima cosa è fare l’impianto, mettere il palco, il backstage, il fonico, tutto è concentrato attorno al gruppo. Poco tempo fa abbiamo suonato al “229”, dove hanno appena rifatto l’impiantistica, e raramente ho sentito in un locale da 250 persone con un suono del genere. L’audience quindi tende ad assorbire la musica, oltre che far casino…
Abbiamo finito. Vuoi fare un saluto ai tuoi fans italiani e di Metal Hammer?
Grazie mille a voi per l’intervista, vi seguo da una vita ed è un onore essere sulle vostre pagine virtuali. Seguiteci, ascoltate i nostri pezzi, scaricateli, non me ne frega un ca**o, basta che ascoltate!

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