Amaranthe – Living On The Edge

Il 20/10/2016, di .

Amaranthe – Living On The Edge

Non si arresta la corsa impazzita degli Amaranthe… in solo cinque anni il supergruppo con tre cantanti è giunto infatti all’agonato quarto capitolo discografico, il discusso ‘Maximalism’. Curiosi di scoprire cosa si nasconde dietro questa apparentemente infinita instancabilità, raggiungiamo per telefono un entusiasta Olof Morck, compositore principale della band, per sottoporlo a qualche interessante domanda.

“’Maximalism’ è il contrario di ‘Minimalism’. Certo, è un termine che non esiste o comunque poco usato, ma noi volevamo proprio rappresentare l’opposto di quell’altro termine: ‘minimalismo’”. Con queste esatte parole esordisce Olof, parlandoci della sua nuova creatura. “Non c’è infatti assolutamente nulla di minimalista negli Amaranthe, né nella musica che facciamo né nel modo in cui pensiamo”. Ci spiega meglio l’artista. “Sono molte le band che applicano anche loro un concetto simile, ma noi volevamo che fosse l’espressione di una filosofia di vita, una sorta di nostro vessillo da mostrare fieramente”.
Sprizza di energia Olof Mork, chitarrista e compositore degli Amaranthe, questo è certo. Dall’altra parte della cornetta con la quale comunichiamo con lui in questo piovoso pomeriggio di ottobre, riusciamo quasi a immaginarcelo, mentre gesticola con sguardo convinto cercando di spiegarci i motivi per cui il tema di quest’album è così importante per lui e per i suoi compagni. “Vedi, noi cerchiamo di ottenere il massimo da tutto…” Ci racconta. “Cerchiamo ad esempio di comporre musica con più elementi possibile. Cerchiamo di vivere al massimo della velocità che ci è possibile, proviamo ad essere il meglio che riusciamo, insomma. Cerchiamo di ottenere il massimo del divertimento da quello che facciamo, insomma, di massimizzare il risultato. E questo termine, ‘massimalismo’, penso rappresenti quindi fedelmente il nostro approccio alla vita!”.
Una filosofia di vita positiva e lodevole, che sicuramente sembra adattarsi all’estremo dinamismo che hanno mostrato gli Amaranthe fino ad adesso. Dall’anno del debutto infatti – era il 2011 – i cinque ragazzi della band non hanno avuto mai un momento di riposo. Tour, album, tour, album, tour… Un ritmo di vita che non in molti non sarebbero in grado di reggere. “E’ vero lavoriamo davvero tantissimo!” Ammette infatti Olof, quando gli chiediamo come possa non sentire minimamente il peso di questa vita frenetica che ha deciso di condurre. “Ma devo dirti che non mi pesa assolutamente. Basta saper ricaricare le pile quando è tempo di farlo. Ad esempio appena ho un attimo di pausa dalla band, vado subito in vacanza. Vengo spesso lì in Italia, e grazie a quel relax, ritorno sul pezzo veramente in fretta!”. E’ un vero vulcano di energie il giovane svedese. “E poi, bisogna valutare anche il contesto. Si, tra album e tour sembra davvero che non ci siamo mai fermati in cinque anni, ma in realtà anche durante un tour ci sono molti giorni liberi, giorni in cui ti trovi in altri bellissimi paesi e puoi visitarli, per scoprire come sono”. Ci fa un esempio. “Qualche settimana fa, per dirne una, appena finita la serie di date in Giappone, ci siamo spostati subito in Russia, a Mosca. Abbiamo lavorato praticamente tutti i giorni, ma nei vari momenti liberi ho potuto vedere il Cremlino, la Piazza Rossa, che non avevo mai visto… E’ quindi vero che suonare con gli Amaranthe è un lavoro, ma per me è anche una passione, e questo rende più difficile stancarsi fino a non poterne più. Sai quel detto: ‘fai il lavoro che ami e non lavorerai un solo giorno in tutta la tua vita?’ Ecco, per me è una grande verità”.
L’ottimismo non lo abbandona, nemmeno quando cominciamo finalmente a parlare di ‘Maximalism’, il loro quarto prodotto in studio. Un album che lui stesso definisce come il più ‘estremo’ della band. “’Estremo’ nel senso che esplora gli estremi della nostra musica”, precisa. “Nel disco infatti ci sono tutti i nostri elementi base, ma sono stati spinti, ingranditi. Le parti pop, ad esempio, sono ora ancora più radiofoniche, mentre nei passaggi estremi abbiamo inserito ancora più aggressività. Il contrasto è da sempre una nostra firma, e ora l’abbiamo addirittura accentuato”. A detta sua un album come questo ha rappresentato per gli Amaranthe quasi un azzardo. “Penso proprio che con ‘Maximalism’ abbiamo deciso di prenderci dei rischi in più. Come band abbiamo avuto successo in fretta, questo è noto a tutti, sarebbe stato facile per noi sedersi per un paio di anni e raccogliere i frutti di quanto seminato con ‘The Nexus’ o ‘Massive Addictive’. Ma non sarebbe stato giusto”. Le scelte compiute sull’album ci rassicura poi, sono state prese assolutamente a mente fretta, e non un po’ di corsa come poteva essere successo per i dischi precedenti. “Questa volta non eravamo in tour mentre scrivevamo l’album…”, ci dice infatti. “Tutte le altre volte abbiamo sempre più o meno composto mentre eravamo in giro, usando l’equipaggiamento che c’era… Stavolta ci siamo presi un paio di mesi di stop dall’attività live, proprio per poterci trovare in uno studio allestito e pensare all’album da seduti, con in mano la strumentazione che volevamo noi, e non quella che avevamo in quel momento. Abbiamo cercato di realizzare il miglior album possibile… proprio perché abbiamo deciso di lavorare con dedizione solo a quello, senza distrazioni!”.
Il discorso scorre piacevolmente, e si arriva a toccare argomenti relativi al modo in cui si compone un pezzo degli Amaranthe. “Il punto focale sta solo nel riuscire a mantenere una mentalità aperta…” è la sua idea al riguardo. “Voglio dire, io – ma in generale ogni altra persona – siamo sottoposti alla musica praticamente tutti i giorni… tra la roba metal che ascolto per i miei gusti personali, la musica da radio che sento in giro tutto il giorno ovunque mi rechi, e il background classico che proviene invece dai miei studi iniziali; il punto sta proprio nel non chiudersi mentalmente, nel non fossilizzarsi solamente su un singolo genere. Io non mi pongo barriere di questo tipo, per me il punto nella composizione è solo quello di lasciar scorrere l’ispirazione, e vedere dove essa mi porterà…” L’approccio di Olof su questo album sembra quindi essere uno di grande apertura mentale, un approccio grazie al quale il compositore svedese sembra essere riuscito anche a dare un maggiore spessore alle liriche, da sempre tallone d’Achille della band. “Vedi, a noi è sempre piaciuto scrivere qualcosa che avesse una storia… canzoni che trattasero di generi fantascientifici o futuristici, che parlavano di mondi non ancora esistenti o di storie mozzafiato…” così ci descrive il comparto lirico degli scorsi album. “Ma ci siamo resi infine contro che questi temi risultavano un po’ troppo svicolati dal lato umano, dalla sfera dei sentimenti, delle emozioni. Con ‘Maximalism’ abbiamo indugiato un po’ di più su questo aspetto invece, parlando di cose argomenti a noi cari come il migliorare se stessi, il cercare di ottenere sempre il massimo… le stesse cose di cui parlavamo prima! Ci sono vari temi legati alla sferza delle emozioni in ‘Maximalism’: ad esempio ‘Boomerang’ parla di non farsi sopraffare dagli eventi e non farsi mettere sotto da ciò che accade, mentre l’ultima traccia, ‘Limitless’, invece è una sentita canzone d’amore, di quelle che analizzano soprattutto la parte sentimentale. Un approccio nuovo per noi, come vedi!”.
L’accenno fatto prima da Olof a un successo arrivato davvero molto in fretta ci spinge a mandare avanti l’intervista toccando proprio quell’argomento. La domanda sorge spontanea: erano gli Amaranthe pronti al successo che così improvvisamente sembra averli investiti? “Io penso che ogni band cominci la propria carriera con l’obbiettivo ‘successo’ in mente, o quanto meno nel cassetto delle possibilità”. Ci risponde. “Ma devo dire che, quando siamo entrati nel mercato nel 2011, le speranze di arrivarci davvero ci sembravano un po’ bassine. C’era talmente tanta competizione nel genere in cui ci eravamo inseriti, che sembrava un azzardo anche solo sperarlo. Nel power metal ci sono band che sembrano essere in giro da sempre, e i fan sembrano alle volte voler ascoltare solo quelle. Basta guardare le line-up dei festival estivi: gli headliner dell’edizione 2006 – per dire – sono grossomodo gli stessi dell’edizione 2016, un decennio dopo. Questo secondo me è indicativo”. Il discorso lo prende, e va avanti a dirci la sua. “E’ difficile per una band appena nata inserirsi in questo ambiente, devi proporre qualcosa di nuovo altrimenti la gente continuerà a preferire i nomi storici a te”. Sentenzia. “E non è così facile riuscire ad introdurre novità senza essere etichettati a priori. Nightwish, In Flames, Arch Enemy… loro ce l’hanno fatta, si sono inseriti in un genere molto conservatore, e hanno introdotto un modo diverso di interpretare quello stesso genere. I semi da loro sparsi hanno attecchito… adesso, non sto dicendo che noi siamo proprio come quelle band, ma di sicuro abbiamo camminato sulla medesima linea sottile. Ci siamo buttati nel calderone power con un approccio lontano da quei canoni, abbiamo inserito una voce growl senza però fare musica estrema. Ci siamo in definitiva presi dei rischi nel cercare di essere ‘nuovi’ e per fortuna questo ci ha pagato in tempi brevi. Ce l’aspettavamo? No. Eravamo pronti quando il successo è arrivato? Questo sì. Abbiamo preso il successo con compiacimento, ma non con arroganza”.
E come contano di reinvestire gli Amaranthe nel breve periodo questo successo? “Vogliamo allestire show più grossi e ricchi”, è la sicura risposta. “Il sogno di mettere in piedi uno show grandioso, alla Kiss per intenderci, penso sia il sogno di ogni band ai propri esordi. Quindi investiremo in quello. Ma non sarà l’unico elemento. Anzi, più di quello, a rendere grande uno show, a gonfiarlo veramente, secondo me è la risposta dei fan. Quindi, venue più grossa, più fan, e più ritorno per la band. E’ su questa equazione che impunteremo i prossimi act; cercheremo di creare un interazione forte col pubblico, alimentando lo show con la sua risposta. Quando abbiamo suonato a Milano l’ultima volta, per esempio, sulle note di ‘Amaranthine’ cantavano tutti… è proprio questo tipo di risposta che fa letteralmente esplodere la performance!”

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