Diamond Head – Un Diamante è per sempre

Il 01/06/2019, di .

Diamond Head – Un Diamante è per sempre

Brian Tatler è su di giri, il nuovissimo corso marchiato Diamond Head gli sta regalando risultati forse insperati, e lui che, anche ridendo e scherzando, riesce sempre ad esser lucido e attento sul da farsi, ha preso coscienza che sì, ora si può tornare a far sul serio. Chitarrista, fondatore e nume tutelare dei Diamond Head fin dal 1976, Brian, originario di Stourbridge, cittadina delle West Midlands situata a una manciata di chilometri da Birmingham, è fiero come non mai degli ultimi, felici sviluppi artistici avvenuti, primo su tutti il reclutamento di Rasmus Bom Andersen, vocalist di origine danese che, specie nel nuovissimo full length album ‘The Coffin Train’ (uscito per la Silver Lining Music), fa il bello e cattivo tempo, per come riesce ad essere il decisivo ago della bilancia, all’interno di un disco che smuove antiche passioni, suggestioni mai sopite, pur aizzando gli animi con ritmi freschi e chiassosi. Ma non solo. Molte le novità in casa Diamond Head, a marchiare quasi una sorta di rinascita per una formazione che, e lo ripeterò fino allo stremo, ha raccolto (molto) meno di quanto meritasse, da annoverare obbligatoriamente tra le più brillanti espressioni fuoriuscite dal calderone della leggendaria New Wave Of British Heavy Metal, ma tutto questo, lasciamo che sia lo stesso Brian a raccontarcelo…

‘The Coffin Train’ suona veramente variegato, musicalmente parlando, con un occhio di riguardo verso il ritmo e suoni decisamente più dinamici: questo il risultato che vi eravate imposti?
“Sì, è così, io ho sempre provato a favorire la dinamica nel mio processo di scrittura, e credo di esserci riuscito positivamente con molte canzoni di questo nuovo album; provo sempre ad aggiungere luci e ombre quando si tratta di costruire una canzone, è un’ambivalenza che mi piace molto; i Led Zeppelin furono gli autentici maestri della dinamica musicale, e io mi sono limitato a prendere esempio da loro. Sui primi album dei Diamond Head provammo già a creare delle atmosfere diverse, usando cambi di tempo e cose del genere, è un qualcosa che come band abbiamo sempre provato a fare e che continuiamo ancora oggi. È più facile scrivere dei pezzi lenti rispetto a quelli più veloci, quindi tutto ciò che facciamo è provare a bilanciare il tutto, con roba veloce e altra più lenta”.

Qual è la destinazione di questo ‘Coffin Train’? Quale il tuo significato, la tua interpretazione personale?
“Il mio sogno è praticamente uguale a quello che è sempre stato: vale a dire fare parte di una grande band di successo. Suonare davanti a grandi folle, realizzare grandi dischi e divertirsi nel fare tutto questo. Io mi sforzo sempre per far sì che i Diamond Head possano avere ancor più successo e che siano richiesti in tutto il mondo, e uno dei fattori che guida il mio songwriting è aver la possibilità un giorno di scrivere qualcosa di veramente grande! Io credo che ‘Am I Evil?’ sia una grande canzone, ma è stata scritta ormai quarant’anni fa, e io spero sempre di scrivere qualcosa di ancor più grande e di migliore (ride, ndr.)!”.

Il fatto che ‘The Coffin Train’ sia nato praticamente on the road, mentre attraversavate l’Europa in tournée, è questo che lo rende appunto così “alive and kicking”?
“Beh, diciamo che non è propriamente nato on the road, anche se in pratica può sembrare, per come suona l’album. In verità è stato scritto e registrato tra un tour e l’altro, trovo che sia dura scrivere mentre sei on the road, preferisco conservare la mia energia per lo show che mi aspetta. Quando sei in tour, è tutto un viaggiare, fare il soundcheck, mangiare e bere, preparare i bagagli, dormire, insomma sono pochi i momenti di relax per noi comunque! Non possiamo permetterci il lusso di una band come i Metallica che suonano a giorni alterni (ride, ndr.)! L’energia che trovi nelle nostre performance all’interno dell’album deriva dalla determinazione che ci abbiamo messo, nell’affrontare ‘The Coffin Train’, io suppongo che siamo ancora una band bella tosta e cazzuta! In particolare Ras (Rasmus Bom Andersen, cantante, ndr.), non si è minimamente risparmiato, è stato molto duro con sé stesso pur di trasmettere grande energia su nastro, ci sono state delle volte che, nonostante 25 takes di registrazione, ancora non era soddisfatto o felice della sua prova vocale!”.

E proprio di Rasmus vorrei parlare, il quale ha decisamente dato una marcia in più al nuovo album, con una prestazione a dir poco impressionante, superba. In molte parti del disco mi ha ricordato perfino il glorioso stile di Sean Harris, lo storico vocalist originario dei Diamond Head, per esempio sull’opener ‘Belly Of The Beast’ e su ‘The Phoenix’. Il precedente, omonimo ‘Diamond Head’ era un bel disco, certo, ma ‘The Coffin Train’ lo supera di brutto, anche grazie alla prova di Rasmus, appunto…
“Credo che da ‘Diamond Head’, album del 2016, Ras abbia intanto guadagnato in sicurezza, e comunque sì, sono d’accordo, la sua prestazione vocale su quest’album è davvero impressionante! Sono stato fortunato a trovarlo, perché è un grande cantante ed è perfetto sia per il mio songwriting che per lo stile dei Diamond Head. C’è infatti qualcosa di Sean Harris nella sua voce e nelle liriche, Ras ha molto rispetto per le prime, storiche canzoni e considera sempre quello che i fans vogliono e si aspettano da noi. L’ultima cosa che Ras voleva fare era appunto deludere i nostri fans, specie quelli di vecchia data, tanto che ha incoraggiato un ritorno al classico sound dei Diamond Head, quello dei primi tre album.”

Tre anni dopo l’uscita di ‘Diamond Head’, sei ancora soddisfatto dei risultati ottenuti con quell’album?
“Sì, assolutamente. Quel disco ha ricevuto una buona accoglienza anche da parte della stampa, migliore di quanto mi aspettassi… Erano passati ben nove anni dalla pubblicazione di ‘What’s In Your Head?’, avevo cominciato a chiedermi se il nome Diamond Head fosse ancora importante nell’odierno mondo del metal moderno. Le cose son cambiate molto, certo, ma sia i giornalisti che i fans, tutti ci hanno detto che amavano quel disco, e questo ha dato alla band e a me stesso una grandissima iniezione di fiducia per continuare e fare un altro album, sperando, se possibile, di farlo più bello, migliore insomma! E io credo che, in effetti, ‘The Coffin Train’ suoni già molto meglio! Quando faccio un disco, provo a farlo che mi piaccia, con la speranza che venga apprezzato da altri…”.

Tornando al nuovissimo full length, viene naturale chiederti a questo punto le canzoni più importanti dell’album, a tuo avviso…
“La mia canzone preferita è la title-track stessa, credo che ‘The Coffin Train’ sia uno dei migliori brani che io abbia scritto in assoluto, è lungo poco più di sei minuti e mi fa partire per un gran bel viaggio, è un brano via via in grado di costruire la sua perfetta dimensione! Anche ‘The Sleeper’ impressiona positivamente, con le sue dinamiche e una orchestrazione geniale, cortesia di Ras. Invece ‘The Messenger’ possiede forse il coro migliore, e già posso immaginare la gente come lo canterà insieme a noi una volta che lo suoneremo dal vivo. Non abbiamo ancora suonato nessuno di questi pezzi dal vivo, quindi non vedo davvero l’ora di farlo!”

Subito dopo l’uscita dell’album, partirete appunto con il suonare alcuni concerti speciali, mi pare ci sia parecchia sostanza sul fronte degli show dal vivo. E, alcuni di questi, saranno in compagnia dei Saxon, quasi una conferma che il glorioso NWOBHM mouvement detti ancora legge…
“La nostra prima data sarà il 21 giugno, all’Hellfest francese. Sono sette anni che proviamo ad andare a suonare a quel festival, e finalmente quest’anno ce la faremo! Poi abbiamo il Bestival, il Rock & Blues e lo Stonedeaf in Inghilterra e il Wacken in Germania, il 3 agosto. L’ultima volta che suonammo al Wacken fu nel 2003, e la band ora è di gran lunga superiore a come suonava allora… Davvero non vedo l’ora di suonare al più grande festival metal del mondo! Sì, anche le date di ottobre con i Saxon saranno speciali: noi siamo la prima band, apriremo per Girlschool e Krokus, con i Saxon infine a suonare come headliner. I Diamond Head hanno già supportato questi gruppi in passato, sarà molto divertente tornare in azione insieme!”.

La prima volta che vidi in azione dal vivo i Diamond Head fu al Marquee di Londra, a metà anni Ottanta, e c’era un’atmosfera particolare, elettrizzante, vivendo quella sorta di Età dell’Oro musicale. Ma perché la New Wave Of British Heavy Metal è stata così speciale, secondo te?
“Era tutto così fresco, con tutte queste giovani band che facevano della nuova musica rock, ognuna con il suo stile ben definito. Il Punk in Inghilterra stava andando forte, stava diventando davvero un grosso fenomeno di successo, lo pensavo pure io che sarebbe stata la classica “next big thing”… E io invece vidi nella NWOBHM una buona opportunità per me e per la mia band, di essere notati dalla stampa e magari strappare anche un contratto discografico; diciamo che tutto fu sincronizzato in maniera perfetta, avevamo tutti diciannove anni, nel 1979… Una volta che la NWOBHM esplose, i Diamond Head apparvero su un articolo di Sounds, e da lì cominciò forse tutto, iniziando a suonar concerti un po’ in tutta l’Inghilterra. Mi piaceva veder suonare le bands appartenenti alla NWOBHM quando queste passavano per Birmingham, diciamo anche per controllare la concorrenza (ride, ndr.)…”.

Però insisto e continuo a scavare nel passato: qual è stato il passo più importante compiuto nel nome dei Diamond Head e della loro musica? Cosa più ricordi con gioia e orgoglio?
“Io e Sean (Harris, il primo cantante, Nda) insieme eravamo davvero bravi a scrivere, lo facevamo anche velocemente, scrivemmo tanti pezzi che non furono mai registrati se non su qualche classica cassettina demo incisa dal vivo. Ed è così che imparammo a scrivere canzoni, semplicemente ascoltandole e lavorandoci sopra… Una volta che entrammo in uno studio vero e proprio, per registrare il nostro primo singolo ‘Shoot Out The Lights’, le cose migliorarono, finalmente il nostro pubblico che ci seguiva ai concerti poteva conoscere almeno due dei brani del nostro set, i singoli, lato A e lato B. Mi ricordo di quanto eravamo eccitati di avere un album fuori, e di come questo suonava bene! La gente partiva alla grande, quando nei rock clubs mettevano su ‘Am I Evil?’, che diventò la nostra canzone più di successo, votata nelle poll di Kerrang! come una tra le top tracks di tutti i tempi! La nostra apparizione al Reading Festival del 1982 fu grandiosa, sembrava davvero essere il culmine di sei anni di lavoro, finalmente stavamo andando da qualche parte… Per non dire di ‘Borrowed Time’, album che alla sua uscita andò dritto al numero 24 delle classifiche nazionali, fu una cosa sensazionale, eccitante. Suonammo da spalla agli AC/DC nelle loro ultime due date fatte con Bon Scott. Abbiamo fatto tour con Megadeth, Metallica, Black Sabbath, Thin Lizzy, Saxon e Europe. Portare Ras nella band e far con lui due dischi, beh, è stato come stipulare un nuovo contratto nella vita dei Diamond Head. Questi siamo noi ora, pronti per il 21o secolo”.

Brian, dove saresti se tu non avessi trovato la tua catarsi nella musica?
“Morto, sarei probabilmente morto. Non credo potrei vivere senza la musica. Io sono ossessionato dalla musica fin dall’età di 12 anni. La chitarra è stata la mia assidua e fedele compagna e mi sento fortunato ad aver trovato la mia passione in età così giovane. Ne sono letteralmente rapito. Amo ascoltar musica, guardare i gruppi suonare, parlare di musica, leggere di musica, oltre che seguire programmi e films, in tema ovviamente! A proposito di libri, il mio preferito in fatto di musica si intitola ‘Whinos, Rhino’s and Lunatics’, è stato scritto da Deke Leonard, un musicista che suonava nei Man, una band gallese. E, ovviamente, mi godo quasi tutti gli aspetti dell’essere in tour o in studio con una band come i Diamond Head”.

Ovvio allora chiederti qual è per te il riff perfetto…
“Non è una domanda facile a cui rispondere! Sono molti quelli che preferisco, ‘Kashmir’, ‘Sympton Of The Universe’, ‘Ain’t Talkin’ About Love’, ‘Hell Ain’t A Bad Place To Be’, ‘Immigrant Song’, ‘Children Of The Grave’, eccetera eccetera. Immagino che debba essere memorabile e resistere alla prova del tempo. Mi piacciono per esempio i riffs semplici, che magari possono sembrare ripetitivi… I Beatles e i Rolling Stones ne componevano di riffs, ‘Day Tripper’, ‘I Feel Fine’, ‘Satisfaction’, ‘The Last Time’, e prima di loro ci fu il blues… diciamo che i guitar riffs sono in circolazione da molto tempo, e io sto solo aiutando a mantenere viva la tradizione”.

Siamo alla battute finali: per spiegare l’essenza dei Diamond Head, quali i tre brani che useresti?
“ ‘Am I Evil?’, ‘In The Heat Of The Night’ e ‘Bones’”.

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