Sabaton – In trincea con la Storia

Il 04/03/2022, di .

Sabaton – In trincea con la Storia

Se pensiamo all’heavy classico come un fenomeno in evoluzione nonostante tutto, non possiamo tralasciare i Sabaton. Per il fatto di essere apparsi sulle scene dopo il 2000, questo è certo; ma anche per essere riusciti a incarnare quello spirito “identitario” che – nel bene e nel male – era tra i nuclei fondanti di fenomeni mitici come la NWOBHM o il thrash della Bay Area. Certo, i loro detrattori potranno pensare che si tratti di un gruppo bidimensionale, plasticamente arroccato su stilemi ormai desueti, ma ciò che rende il quintetto svedese unico nel suo genere (e figlio dei suoi tempi, va detto) è quella passione propriamente da nerd per la narrazione storica, una sorta di catechizzazione al grande flusso di eventi dell’umanità per mezzo di una delle pratiche più riconoscibili e (purtroppo) costitutive degli abitatori della Terra: gli eventi bellici. Potrà sembrare la trasposizione in musica di uno di quei videogiochi di cui sono tanto appassionati, ma non dimentichiamo che furono gli stessi Maiden a lanciare un ponte tra la popular culture e l’ambito storico/letterario tramite un mezzo così poco convenzionale, ora come allora. E se sono in tanti ad essersi avvicinati con passione a Coleridge e Poe grazie alla Vergine di Ferro, non possiamo sapere in quanti avranno voglia nel corso del tempo di approfondire le vicende più buie della storia del mondo grazie ai Sabaton e magari al loro ultimo ‘The War To End All Wars’. In più, Joakim Brodén si è dimostrato conversatore brillante e affabile, un valore aggiunto in un’intervista che ha toccato alcuni degli argomenti che più appassionano il sottoscritto, da Enrico Brizzi ai Night Flight Orchestra, passando per Quentin Tarantino, Luigi Cadorna e Yngwie Malmsteen…

A parte l’argomento comune, la Prima Guerra Mondiale, qual è la connessione principale tra il precedente ‘The Great War’ e questo ‘The War To End All Wars’?
Direi che si tratta di una continuazione naturale, ma allo stesso tempo di una relazione simile a quella che c’è tra un fratello e una sorella. Dal primo dei due dischi in oggetto erano state escluse alcune tematiche note ai più, come quella sulla Tregua di Natale, ma avevamo comunque parlato del Barone Rosso e di episodi piuttosto conosciuti; tuttavia, credo che ‘The War To End All Wars’ presenti una varietà ancora maggiore del precedente, sia dal punto di vista musicale che testuale.

La mia impressione è che, album dopo album, il vostro stile narrativo abbia preso sempre più la forma di una “Storia composta da storie comuni”, sempre meno legato a episodi trattati dai manuali e sempre più vicino alle moderne scelte storiografiche. Come si è sviluppato in tutti questi anni?
Beh, la gente ha sempre quest’idea secondo cui eravamo concentrati su argomenti storici sin dagli inizi, ma non è così. Eravamo sicuramente interessati alla Storia, ma non al livello di nerd che abbiamo raggiunto ora! Il nostro interesse per queste tematiche è cresciuto con la band, e con esso abbiamo affinato una pratica testuale che ha raggiunto un livello diverso proprio quando ci siamo occupati di tematiche più recenti, come quelle sulla Seconda Guerra Mondiale

Volevo sapere qualcosa di più sulla scelta dei video per i singoli: ‘Christmas Truce’, ma anche l’interessante storia ‘The Unkillable Soldier’ e ‘Soldier of Heaven’.
A parte ‘Christmas Truce’, che è stata quasi una scelta obbligata per l’importanza degli avvenimenti che descrive, c’è ‘Soldier of Heaven’ che è riferito proprio a un episodio avvenuto sul fronte italiano, sulle Alpi [il cosiddetto Venerdì Bianco del 1916, NdR]: una song catchy ma che tratta di qualcosa che raramente trova spazio tra le cronache più comuni della Grande Guerra. E poi c’è ‘The Unkillable Soldier’ che è una storia fantastica, stranissima… sembra quasi un fumetto della Marvel, guarda!

Che poi… Adrian Carton de Wiart sembra proprio il tipico personaggio di un qualche film di Quantin Tarantino, o no?
Sì, direi che è una descrizione appropriata! È la tipica storia che ti aspetteresti proprio da Tarantino!

Allora teniamocela per noi… non vorrei che qualche regista americano ci rubasse l’idea, magari per un ‘Inglorious Basterds’ part 2! Tra l’altro, tornando a ‘Soldier of Heaven’ e all’Italia, ricordo che non è la prima volta che i Sabaton parlano del fronte meridionale: all’epoca di ‘Coat of Arms’ avevate ad esempio descritto l’eroica resistenza che i greci opposero al Regio Esercito Italiano nella Seconda Guerra Mondiale… è vero o no che man mano il vostro punto di vista narrativo si sta spostando verso quello dei soldati in trincea, degli “ultimi”, in sostanza?
Sì, credo che tu abbia ragione nel descrivere questo disco come un lavoro più vicino al punto di vista dei soldati rispetto ai precedenti. Se guardiamo alla storia dei Sabaton, iniziammo a dare questo “taglio” proprio a partire da ‘Coat of Arms’, con il pezzo ‘Aces in Exile’, che trattava della presenza di piloti polacchi e cechi nella Battaglia di Inghilterra. Fu quella probabilmente la prima volta in cui ci focalizzammo su piccoli gruppi di persone, pochi individui che hanno giocato un ruolo eroico e che in qualche modo vengono riportati a galla dalla narrazione. È come se negli anni l’interesse per il lato umano abbia sovrastato quello per i carri armati, sostanzialmente.

In effetti, la differenza con i classici affreschi a carattere storico presenti su dischi come ‘Carolus Rex’ è evidente… vorrei comunque che spiegassi qualcosa su alcuni episodi del nuovo disco: ad esempio, la mia preferita stavolta è ‘Lady of the Dark’…
Ah-ah!

Ecco, potresti dire qualcosa in più su questo personaggio? È un soldato o una spia? Parliamo del fronte serbo, se non sbaglio…
Sì, si tratta di Milunka Savić, una soldatessa serba che prese il posto di suo fratello sotto le armi… una vera forza della natura, che negli anni successivi non mancò di sposare varie cause di beneficenza. Quando si parla di questi personaggi, la cosa difficile è riassumere ogni cosa nel ristretto spazio di una canzone; si tratta comunque di storie molto stimolanti e ogni volta non si sa mai da dove iniziare. In ogni caso, mi sento di raccomandare a chiunque di documentarsi su Milunka Savić, poiché quando abbiamo cercato un po’ di argomenti per il disco e abbiamo scoperto la sua storia, la nostra reazione è stata “come mai non ne avevo mai sentito parlare prima?”. Davvero, in ogni disco c’è qualcuna di queste storie, una di quelle per cui non puoi fare altro che esclamare “come diavolo ho fatto a non sentirne mai parlare prima?”. Ogni nazione ha le sue cronache, e questa è una cosa bellissima, e magari un bambino di dieci anni in Italia o in Serbia le conosce perché le ha studiate in Storia, e io invece non ne avevo idea…

Vero, la Storia si regge spesso su queste piccole storie, che ci consegnano un volto più umano di eventi altrimenti terribili; d’altronde, la Grande Guerra è stata una strage su larga scala, al di là di vincitori e vinti. Ad esempio, in Italia a volere la guerra era una piccola minoranza: irredentisti e nazionalisti, con Cadorna che combatteva contro i suoi soldati prima ancora che contro il nemico. Ma a parte questo, volevo chiederti un’opinione sulla Storia alternativa, sul genere letterario ucronico…
In realtà mi piace molto: penso a videogiochi come Iron Harvest [ambientato in un 1920 alternativo, NdR] ma anche a libri e film; sono tematiche molto affascinanti e di mio interesse personale, di cui però non ho mai modo di parlare nei Sabaton [ride, NdR]. Come dicevo, il tutto ha un certo fascino e qualche volta abbiamo anche accarezzato l’idea di occuparcene; però non siamo buoni scrittori, nella misura in cui non ci sentiamo pronti ad affrontare una narrazione di sana pianta e dovremmo basarci sull’opera di qualcun altro. Ma magari non dovrebbe essere qualcosa di contemporaneo, quanto piuttosto qualcosa di futuristico. Ecco, sono anche un grande fan della fantascienza, che trovo anche più interessante del genere fantasy: sai, sono cresciuto con il fantasy ma con il tempo mi sono avvicinato alla fantascienza, in un percorso opposto a quello che compiono la maggior parte delle persone. Tornando alla Storia alternativa, mi piace soprattutto la roba strana, che magari non ha alcun senso e che trasforma l’ucronia in commedia: questa è una cosa che apprezzo davvero.

Sì, mi vengono in mente un po’ di esempi in merito, persino tra i romanzieri italiani, come Enrico Brizzi e la sua epopea fantastorica, di cui trovo interessante anche il lato ironico…
Ah, poi c’è quel libro… ‘Sono tornato’ o ‘Lui è tornato’ [Er ist wieder da, di Timur Vermes, NdR] in cui Adolf Hitler si sveglia nella Berlino di oggi, chiedendosi “ma che sta succedendo qui?”.

Ne è stato anche tratto un film, per non parlare di un remake italiano dal titolo ‘Sono tornato’, con Benito Mussolini che torna nella Roma odierna e all’inizio crede che le genti del Corno d’Africa si siano impossessate dell’Impero…
Bellissimo! Si trova in inglese?

Questo non lo so; sicuramente si trova con i sottotitoli!
Allora lo cercherò!

Tornando al disco, mi è molto piaciuto anche ‘The Valley of Death’, che mi ha ricordato il tipico sound anni ’80, molto hard rock; mi sono in effetti chiesto se l’intento in fase compositiva fosse proprio quello…
Grazie per averlo detto: si tratta esattamente di ciò che io e Chris [Rörland, uno dei due chitarristi, NdR] stavamo pensando in quel frangente. Eravamo lì, seduti a scrivere un po’ di musica e a lavorare su qualche idea, finché siamo arrivati a un punto morto. Dunque, ci siamo detti: “è tutto il giorno che siamo all’opera; apriamo una birra e rilassiamoci”. E proprio mentre ci stavamo rilassando abbiamo iniziato a chiederci cosa sia successo ai guitar heroes, al fantastico periodo di Ozzy Osbourne con Jake E. Lee, a Van Halen… ed è stato allora che abbiamo messo via le birre e abbiamo iniziato a scrivere questo pezzo!

In effetti, anche se il genere è diverso, il pezzo mi ha ricordato l’approccio targato The Night Flight Orchestra. Ti piacciono?
Non li ho ascoltati con attenzione, conosco qualche pezzo… forse dovrei approfondire!

A proposito, una domanda che vorrei porre riguarda le vostre influenze e i vostri gusti: se ascoltate ancora qualcosa con continuità e se c’è qualche gruppo nuovo che vi ispira…
Se penso alle mie prime influenze, devo dire che ho iniziato presto, con i Twisted Sister, quando ero molto giovane. E poi, un sacco di musica britannica che ho recepito dai miei cugini, come gli Slade, i Queen… ma anche gli Helloween. Passando alle cose più recenti, penso che uno dei gruppi migliori tra i più giovani siano i Battle Beast, che ho intercettato sette o otto anni fa con il loro secondo album omonimo. Comunque sia, il metal gode di ottima salute: tra le band svedesi che mi piacciono ci sono sicuramente i Twilight Force, con cui canta proprio il vostro Alessandro Conti, nonché i Brothers of Metal.

I Sabaton vengono spesso accostati al power metal, ma credo che sia proprio il tuo stile vocale ad avvicinarli alle radici dell’heavy metal, con un registro che non indugia sugli acuti tenorili badando piuttosto all’espressività. Cosa ne pensi?
Prima di tutto, grazie ancora per quanto hai appena affermato: sono completamente d’accordo. Non ho nulla contro il power, tanto che i nostri primi dischi, fino a ‘Metalizer’, contenevano un sacco di power metal e tutti noi siamo cresciuti con questo genere, in qualche modo. Tuttavia, se pensi al power le prime cose che ti vengono in mente sono gli acuti, le tematiche fantasy e la doppia cassa. Certo, noi abbiamo tanta doppia cassa, ma il resto non c’è, quindi… sono d’accordo con la tua analisi: le nostre radici affondano nell’hard rock classico e nell’heavy ottantiano. Certo, abbiamo degli elementi di power nella nostra musica, ma credo che classificarci in quel sottogenere darebbe a chi si approccia ai nostri dischi una visione distorta dei Sabaton!

Cosa puoi dirmi del vostro primo deal con l’italiana Underground Symphony? Dopo tutto, è curioso che abbiate trovato un accordo con un’etichetta così lontana.
Beh, all’inizio è stato tutto perfetto e davvero non saprei dirti cosa sia successo verso la fine dei nostri impegni contrattuali. Posso dire che si è trattato di una bella esperienza, e probabilmente Maurizio e il suo staff erano andati incontro a ristrettezze economiche tali da non poter seguirci fino in fondo, perciò abbiamo cercato un’altra soluzione. Tra l’altro, per noi era tutto nuovo: non sapevamo nulla di contratti discografici ed eravamo molto giovani. Anche per questo motivo, non me la sento di giudicare l’operato della Underground Symphony, dato che all’epoca sapevamo poco o nulla di come funzionassero certe cose.

E della situazione in Ucraina, che mi dici? Qual è la tua opinione? [va detto che gli ho posto questa domanda a pochissime ore dall’inizio del conflitto, NdR]
Ah, non saprei davvero cosa dire. Per quello bisognerebbe interpellare l’opinione di chi è sul campo, di un esperto di strategia e di intelligence militare, non certo quella di un metallaro svedese. Tuttavia, ciò che va tenuto sempre presente è che la guerra è un mezzo per ottenere un obiettivo: pochissime volte è l’intervento militare a costituire l’obiettivo stesso. D’altronde, non credo che nella storia militare si sia mai verificato che la gente andasse in guerra per il piacere di farlo [vallo a dire ai nostri futuristi, NdR]: volevano ottenere qualcosa dalla prova di forza costituita dal conflitto armato. Speriamo comunque che il tutto si risolva per il meglio per il popolo ucraino…

Un’altra cosa che vorrei chiedere è se amate usare sonorità tratte dalla tradizione dei Paesi a cui appartengono le cronache da voi narrate. Un esempio che mi viene in mente dal nuovo disco è ‘Sarajevo’, in cui sembrano farsi strada le sonorità mitteleuropee delle Scuole Nazionali di fine ‘800…
Beh, sarà un paragone sciocco e non so se sia stato usato da qualcun altro, ma qualche volta ci si sente proprio come un cuoco che impiega più spezie e più sapori nella propria cucina. Poi, se si parla di un melting pot culturale come quello che poteva essere l’Europa centro-orientale un secolo fa, riconoscere determinate sonorità può sembrare del tutto naturale per un abitante dell’Europa dell’Est, mentre alle mie orecchie mantiene comunque quel sapore esotico. Comunque sia, la musica tradizionale dei Paesi lontani mi è sempre piaciuta, poiché è un modo per imparare qualcosa di un mondo diverso dal proprio. Per dire, se vado in Turchia, magari a Istanbul, o se vado a Tokio non voglio vedere una cover band che suona i Van Halen: voglio piuttosto vederli suonare la “loro” musica. Lo stesso vale per l’Irlanda: vado in un pub, voglio sentire musica irlandese, o comunque qualcosa che ne porti le influenze, come è avvenuto con Gary Moore…

O con i Thin Lizzy, ovviamente. A proposito, cosa puoi dirmi dello stage setting per i vostri tour futuri? E soprattutto… porterete con voi sul palco Floor Jansen? [che tra l’altro ha partecipato ai cori di ‘Christmas Truce’, NdR]
Ah, questo dipende da lei [ride, NdR]! Posso dire che la priorità è quella di andare in tour, ora come ora: è la nostra ragione di vita, noi amiamo suonare. L’album è pronto, sarà fuori a giorni e ne siamo molto contenti. Per quanto riguarda lo stage setting, abbiamo iniziato a lavorarci da ottobre: siamo pronti per tornare on the road e iniziare il nostro tour, ecco tutto.

Bene, ora che siamo verso la fine vorrei chiederti se sei preoccupato per la possibile reazione di Yngwie Malmsteen al fatto che il vostro disco si chiami ‘The War To End All Wars’…
Ah, non sono affatto preoccupato: sono cresciuto amando Yngwie e dunque dico: Yngwie, per favore… sii comprensivo!

Che poi, il contributo di Malmsteen allo sviluppo dell’epic, del neoclassico e del power è fuori discussione…
Sì, è stato incredibile, specie da ‘Rising Force’ a ‘Facing the Animal’… assolutamente fantastico!

E allora… ci vedremo in Italia!
Sì, tra l’altro mi piacerebbe dirti con precisione quando e dove, ma ora come ora c’è ancora molta incertezza in giro [pare confermata la data del 27 agosto a Milano con gli Helloween, NdR]. Intanto partiamo, poi si vedrà. Grazie per l’intervista e… ciao ciao [in italiano, ovviamente, NdR]!

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