Sabaton – The Great War

Il 01/08/2019, di .

Gruppo: Sabaton

Titolo Album: The Great War

Genere: ,

Durata: 38 min.

Etichetta: Nuclear Blast

Distributore: Warner

80

Quando sono venuto a sapere che il nuovo album dei Sabaton sarebbe stato una sorta di tributo alle gesta e agli avvenimenti della Prima guerra mondiale – perché il termine concept non lo vedo ancora oggi adatto e di questo scusatemi – mi sono fatto un paio di domande. Non che dubitassi della capacità del gruppo svedese, oramai conscio dei propri mezzi e sicuro della sua proposta, ma mi scervellavo su quali episodi o personaggi avrebbero potuto scegliere per dar vita a questa fatica. Sì, perché questa volta il compito era davvero arduo. Ebbene, la risposta è arrivata poco dopo, prima con la tracklist e poi con il promo dalla casa discografica. Brodén & Co., a dir la verità, non si sono smentiti, almeno a per quanto riguarda l’attenzione che ripongono nella selezione degli argomenti su cui basare le loro canzoni. Questo è il primo punto a favore che assegno al quintetto di Falun.

In seguito, la curiosità si è spostata sul lato musicale. Questo lo temevo, davvero molto. I Sabaton, infatti, sono diventati negli ultimi anni una della band più in vista del panorama metal internazionale, conquistando plotoni di fan in tutto il mondo e impossessandosi di palchi nei maggiori festival del pianeta. Ecco, a proposito di quest’ultima cosa, gli organizzatori di Hellfest hanno avuto il fegato di un bufalo a piazzarli in posizione da headliner per sostituire i defezionari Manowar. Quando l’ho saputo in diretta dal nostro inviato sul campo di battaglia, Alex Ventriglia, immaginavo una sommossa popolare degna della Rivoluzione d’Ottobre. Poi, ognuno dia il proprio giudizio, ma probabilmente neppure io mi sarei incazzato. È stato forse il segno che i tempi, e con loro le band di riferimento, stanno cambiando anche per il nostro amato metallo? Chiusa parentesi.
Si diceva che i Sabaton si sono presi l’attenzione mondiale, soprattutto dopo quello che resta presumibilmente il loro capolavoro, ovvero ‘Carolus Rex’. Un capolavoro che per tanti ha anche segnato il calo qualitativo nei dischi da studio. Sì, perché dal vivo il carroarmato dei Sabaton ha continuato a macinare fino a trasformarsi in una macchina quasi perfetta. Le parole “calo qualitativo” usate in precedenza non si riferiscono però al fatto che gli album dopo ‘Carolus Rex’ non si possano ascoltare, ma che sembrino l’uno la fotocopia dell’altro. E questa, ahimè, è una questione annosa relativa alla musica in generale. Io, tra me e me, ho incessantemente difeso le scelte degli artisti, persino ai tempi di ‘St. Anger’ e del rullante di Lars Ulrich. Lo so, può anche essere vista come una decisione oltranzista. Amen. Inoltre, è necessario considerare un piccolo dettaglio (piccolo, ovviamente, è un eufemismo): una volta trovata la ricetta giusta e che piace al pubblico è raro, molto raro, trovare qualcuno che abbia il coraggio, la voglia, la necessità, il desiderio, le capacità per cambiarla. Dentro di me, però, sono certo che chi ama il quintetto svedese non si stancherà mai della loro musica – e nemmeno degli ipotetici dischi-fotocopia – però si potrebbe anche arrabbiare se gli svedesi, in un impeto di follia, decidessero di cambiare radicalmente sound. Insomma, se vi hanno scocciato, ignorateli. Vale un po’ la stessa cosa che diciamo sempre per un altro gruppo iperseguito e stracriticato del metal contemporaneo, i Powerwolf.

Dopo questo inutile soliloquio, passiamo a parlare di ‘The Great War’. Ormai avete capito che la proposta musicale è quella, inutile che stiamo a girarci attorno sprecando fiumi di lettere. Io, poi, sono uno di quelli che non ha affatto disprezzato ‘The Last Stand’, dunque non me la sento di dire che questo disco è di molto superiore o inferiore al precedente. Lascio a voi l’ardua sentenza. Di sicuro, c’è una cosa che cambia, ed è l’atmosfera generale. ‘The Great War’ è forse meno baraccone di ‘The Last Stand’ e riecheggia, in alcuni casi, il clima di ‘Heroes’ o ‘Coat Of Arms’. Non voglio stare qui a farvi il track-by-track, dicendovi “il riff roccioso, la batteria martellante, il chorus trionfante”. Pure questo, ormai, è obsoleto. Per il resto, in ‘The Great War’ si trovano energia, attitudine, vistosità e convinzione. Alla fine, oggi, è questo ciò che conta.

Nota a margine: Ho apprezzato davvero molto la scelta di chiudere con ‘In Flanders Field’ di John McCrae. Chi conosce il peso letterario degli war poet e degli war poem della Prima guerra mondiale sa cosa intendo.

Tracklist

01. The Future Of Warfare
02. Seven Pillars Of Wisdom
03. 82nd All The Way
04. The Attack Of The Dead Men
05. Devil Dogs
06. The Red Baron
07. Great War
08. A Ghost In The Trenches
09. Fields Of Verdun
10. The End Of The War To End All Wars
11. In Flanders Fields

Lineup

Joakim Brodén: vocals
Chris Rörland: guitars
Tommy Johansson: guitars
Pär Sundström: bass
Hannes van Dahl: drums