Ihsahn – Thus spake the Emperor

Il 16/02/2024, di .

Ihsahn – Thus spake the Emperor

In occasione della pubblicazione del nuovo disco omonimo, abbiamo avuto l’occasione di scambiare due chiacchiere con Ihsahn, affascinante oratore con cui abbiamo approfondito la nuova pubblicazione e altri dettagli più personali, dagli Emperor alla storia della musica, al mercato discografico, ai social media. Buona lettura!

Benvenuto sulle nostre pagine, il tuo nuovo lavoro ‘Ihsahn’ esce oggi 16 febbraio, un doppio album in cui il progressive metal incontra la grandeur orchestrale in modo toccante ed estremamente cinematografico. Ho avuto la possibilità di ascoltare entrambi i dischi ed è stato un bel viaggio. Ne ho apprezzato la vasta gamma di sfumature e il pugno sui denti quando gli elementi black, che adoro, si fondono con le atmosfere evocative sinfoniche. Come ti senti a tornare sulla scena dopo diversi anni?
“Sono molto entusiasta di aver pubblicato questo album, devo ammettere che sono molto orgoglioso di ciò che sono riuscito a ottenere, considerando la complessità e la quantità di lavoro che ho svolto, perché, l’ho detto molte volte, questo è il disco più difficile che abbia mai dovuto fare”.
Davvero?
“Non in modo creativo, è stato difficile per tutto quello che riguarda l’aspetto tecnico, cercare di costruire gli arrangiamenti in modo tale che riuscissero a supportare sia la versione orchestrale sia la versione metal e, ovviamente, funzionare anche individualmente. E’ stato un bel rompicapo. Mi sono anche dato delle regole per evitare l’armonia tradizionale. Ho imparato molto e sono davvero entusiasta di averlo pubblicato”.

Perché hai scelto di farne due versioni, prog e orchestrale. Come l’hai gestita?
“Quella era una delle idee fondamentali prima che iniziassi a scrivere la musica. Nel corso degli anni ho fatto molte cose ancora più sperimentali, nonostante mantenessi una connessione abbastanza evidente con la tradizione ma non mi sono mai limitato nello sperimentare. Prima di questo, dall’ultimo full-length, ho fatto tre EP, due di loro in contrasto con il black metal vecchia scuola, un altro molto più sperimentale, quasi pop e cose che normalmente non suono. Per questo album avevo il desiderio di centrarmi, di tornare al cuore di quello che faccio, infatti porta ancora con sé lo scream, le chitarre elettriche, il black metal tradizionale e anche l’orchestra, che comunque è stata un elemento ricorrente nella mia musica nel corso degli anni. Volevo prendere questi elementi fondamentali e, plasmandoli sulla mia esperienza, provare ad elevarli a un livello che non avevo mai esplorato prima. Ovviamente, avendo fatto parecchie orchestrazioni in passato, ci sono molte sfumature della musica sinfonica che si perdono nell’espressione più densa di una produzione metal. Immagino di aver avuto qualche problema a riguardo, alcuni dei dettagli orchestrali più fini su cui ho lavorato in studio si perdono nella trasposizione metal. Mi interessava provare a prendere quello che è esattamente lo stesso brano musicale e presentarlo solo con le parti orchestrali. È la stessa musica ma espressa ad un livello diverso. Dato che hai ascoltato entrambi gli album, avrai notato come ho lavorato sul primo singolo, ‘Pilgrimage to Oblivion’, la traccia più difficile dell’album che inizia con una scalata, e poi boom… si proietta direttamente nel blast beat e nel metal estremo, ma se ascolti la versione orchestrale parallela, inizia con violoncelli silenziosi e sussurrati, violoncelli tremolo, ma che suonano essenzialmente lo stesso riff. È la stessa musica ma ha un impatto emotivo e una dinamica completamente diversi”.
Assolutamente.
“Ho trovato interessante il fatto che la stessa musica possa mostrarsi in un certo senso in due dimensioni. E concettualmente, i testi, l’artwork e tutto il resto, tutto si converge su questo tipo di spinta attrattiva, su questo tipo di dualità”.

Come pensi che suonerà dal vivo? Pensi che in futuro ci sia qualche possibilità di suonarlo dal vivo con un’orchestra? Magari come hanno fatto i Septicflesh qualche anno fa a Città del Messico.
“È assolutamente possibile. Nel senso che l’ho composto come se lo stessi scrivendo per un’orchestra sinfonica tradizionale, inutilmente complicato forse, ma per me stesso é stato utile per imparare. Quindi direi di si, potrei stampare la partitura così come la conosco e probabilmente con alcune correzioni sulla dinamica potrebbe già essere suonata così com’è. Quando ho chiamato Chris, che ha fatto tutte le sovraincisioni dei primi e dei secondi violini per questo album, ho letteralmente stampato la partitura per quelle sezioni. In pratica sarebbe tutto già pronto per quel tipo di performance. Lo svantaggio ovviamente c’è, ho già fatto delle ricerche perché mi piacerebbe davvero farlo, ma un’orchestra sinfonica norvegese, che penso sarebbe perfetta per questo lavoro, ha un costo di almeno 100.000 euro solo per avere le prove. Poi se avrà molto successo e diventerà il nuovo ‘S&M’ dei Metallica vedremo (ride)”.
Puoi dirci di più sulla trama, sulla narrazione dei testi? È come se avessi scritto la colonna sonora di una storia e vorremmo sapere qualcosa di più al riguardo.
“Beh, immagino che potrei parlarne in senso generale perché sono un po’ riluttante a rivelare troppi dettagli della storia reale perché sai, da fan, odio quando un artista sovrappone la sua immaginazione e e la sua  interpretazione alle mie. Preferisco di gran lunga vivere l’esperienza dell’ascolto e crearmi una personale versione percettiva. E voglio che i miei ascoltatori creino la propria versione di questa storia. La mia storia non è così importante. Ma da quello che hanno detto anche altre persone, amici, parenti e colleghi, quando ho fatto sentire l’album, quando era finito e prima che qualcuno avesse letto i testi o avesse avuto qualsiasi informazione, loro hanno avuto la percezione si sentirsi come se stessero guardando un film. Il punto era proprio questo, scrivere una trama dietro alla musica, dietro questa sensazione. I testi hanno seguito la musica: ci sono motivi leggeri, temi ricorrenti, proprio come se fosse una colonna sonora, c’é questa sensazione di coesione e i testi sono scene astratte di questa storia. Qualche indizio si può trovare nei tre video che ho pubblicato con i singoli che cercano anche di illustrare parti di questo racconto completo. In fondo è un concetto, una storia, molto tradizionale che segue le tracce di un viaggio da eroe in stile Joseph Campbell. C’è un incentivo a fare qualcosa o intraprendere un viaggio in cui si é esposti a qualcosa di nuovo, c’è l’ambizione, c’è la perdita, c’è il fallimento, c’è l’amore, c’è la tragedia, tutti gli aspetti classici. E anche alcuni degli archetipi a cui mi appoggio simbolicamente sono, ancora una volta, classici, come Dioniso o Apollo. Quindi è davvero come se la musica, gli elementi black metal, l’orchestra sinfonica non apportassero nulla di nuovo, la trama stessa non é niente di innovativo in sé e per sé, ma spero che nell’insieme sia qualcosa di rinfrescante e buono per l’immaginazione e l’esperienza di chi ascolta”.

Da fan degli Emperor, ci hai abituati all’importanza della qualità. Era questo un obiettivo essenziale da raggiungere o semplicemente un risultato naturale del tuo modo di scrivere canzoni? Quanta energia hai investito e investi nella qualità?
“Beh, dipende che tipo di qualità intendi. Cerco di essere molto ponderato e cauto in tutto ciò che faccio. E io sono molto, forse troppo, maniaco del controllo a volte. Penso che tutti questi piccoli passi siano necessari per cercare di rendere le cose il più rappresentative possibili. Mi piace pensare di avere standard elevati, ma alcune persone potrebbero non essere d’accordo quando si tratta di musica e arte. É molto soggettivo. Come posso dirlo? Ogni volta che realizzo un album, cerco sempre di mettermi in una situazione in cui sono entusiasta di farlo proprio come quando avevo 16 anni. Voglio essere entusiasta e voglio approfondire e realizzare il miglior album possibile. Non vedo alcuna utilità nel cercare di fare un buon album. Anche questo è molto soggettivo, ma per quanto mi riguarda cerco sempre di spingerlo oltre e renderlo il miglior album che posso permettermi di fare, in base al tempo e alle risorse”.
Ottima risposta. Quindi stai già pensando a nuova musica?
“Sempre (ride) e soprattutto adesso perché, sai, ho consegnato i master per entrambi gli album il 1° aprile 2023, poi due mesi di finalizzazione, mixaggio e mastering, ormai è passato quasi un anno da quando scrivevo qualcosa di nuovo in modo creativo. E ho un sacco di idee da portare avanti, ma ho dovuto prendere la decisione di metterle da parte per il momento perché devo dedicarmi alla promozione, parlare con te e i tuoi colleghi, cose del genere, ma nonostante ciò penso di essere molto fortunato rispetto al fatto che le persone siano interessate alla mia musica. Poi, tra le interviste e tutto il resto mi sto preparando, sto facendo un sacco di pre-produzione e prove per i prossimi spettacoli dal vivo. Sono solo una persona, se dovessi concentrarmi anche sulla nuova musica in questo momento, diventerei ossessivo e deluso dal fatto di non avere abbastanza tempo per dedicarmi come vorrei a quello che voglio fare. Quindi sto lasciando in sospeso delle idee per quando avrò tempo sufficiente per concentrarmi completamente”.

La promozione fa parte del pacchetto, forse ad alcuni artisti non piace tanto farsi pubblicità, ma fa parte del lavoro.
“Assolutamente. E onestamente sono molto onorato del fatto che le persone mi prestino attenzione, in caso contrario, se non avessero interesse a fare interviste o parlare di musica significherebbe che probabilmente non avrei la possibilità di fare un altro album. Fa tutto parte del gioco. Sono molto grato che così tante persone siano interessate al mio lavoro”.

Sì, siamo ancora interessati a quello che fai.
“Grazie”.
Ti vedremo dal vivo con gli Emperor in Italia quest’estate. Per quanto riguarda il tour da solista? Hai pianificato qualcosa?
“Al momento stiamo prenotando parecchi concerti e stiamo anche cercando di adattare il calendario a tutti gli spettacoli degli Emperor. Non sono del tutto sicuro che ci sia già qualcosa in programma per l’Italia ma c’è sicuramente qualcosa in arrivo, anche se non è ancora stato annunciato. Fortunatamente ho delle persone di grande talento che lavorano su quel fronte e non devo fare da solo”.

Quest’anno cade il trentennale della release di ‘In the Nightside Eclipse’, provi nostalgia per quei tempi?
“No, non sono molto nostalgico. Avevo 25 anni quando lasciai gli Emperor, quando smettemmo di essere una band attiva. E da allora non c’è voluto molto perché la gente iniziasse ad avere nostalgia di quei vecchi dischi. Penso che ci siano tante persone che hanno nostalgia degli Emperor così com’erano. Il mondo non ha bisogno che io lo sia (ndr: nostalgico). Ho nostalgia di ognuno dei miei amici. Sono grato di aver fatto parte degli Emperor, è stata una piattaforma di lancio per tutto quello che ho fatto da allora, e poi ora viaggiamo per il mondo a suonare le vecchie canzoni insieme. Aggiungerei anche che oggi le dinamiche all’interno della band sono probabilmente migliori di quanto non siano mai state. C’é una bella atmosfera all’interno di tutta la crew, band e troupe, persone che, indipendentemente dallo stipendio o altro, stanno bene in compagnia, e poi ovunque andiamo troviamo persone straordinarie e riconoscenti che ci danno molto, rende davvero umili vedere come tutte le nostre vecchie canzoni e i vecchi dischi abbiano ancora valore per le persone e anche per i giovani che non erano nati in quel momento”.
Sono stata al tuo ultimo concerto con gli Emperor l’anno scorso a Milano, e ho visto davvero un pubblico di ogni età.
“Si, siamo una di quelle band ai cui concerti i papà portano i figli”.
Sei una leggenda per molti metallari, quindi è normale.
“Non lo direi”.
Vabbé ma noi possiamo dirlo.
“Il 95% del tempo sono solo un papà. Per lo più sono a casa quando non suono. Sono molto privilegiato. In generale siamo stati molto fortunati”.
Hai mai sognato che potesse andare così?
“No, per niente. Io e Samoth ne abbiamo parlato anche l’altro giorno. Quando la band era in attività non facevamo molti tour. In un certo senso abbiamo mollato prima di arrivare a suonare in tour di alto livello, in tour importanti. Tutte le cose che siamo riusciti a fare in seguito non sono paragonabili a ciò che abbiamo fatto quando eravamo in attività. Abbiamo iniziato a suonare in grandi tour tardi, nel 2006 al Wacken siamo stati headliner davanti a 80.000 persone, lo spettacolo più grande che avessi mai fatto. E ho dovuto darmi un pizzicotto. É stato pazzesco. Poi abbiamo iniziato a girare il mondo: sono stato in Giappone molte volte, diverse volte in Australia, abbiamo fatto il nostro primo tour in America Latina l’anno scorso. É scioccante, soprattutto considerando il tipo di musica che suoniamo, probabilmente uno dei generi di musica più underground, più estrema e odiata. E’ un paradosso che sia andata così, ma allo stesso tempo è grandioso, perché posso confessarti che non c’era alcun tipo di ambizione commerciale o di guadagno nel realizzare quei dischi. Le nostre ambizioni erano puramente artistiche. E penso che forse sia questo il motivo per cui questi album risuonano ancora tra la gente. Perché a livello subconscio penso che le persone sappiano che sono autentici, non scritti a tavolino per motivazioni superficiali. E questo è ancora il modo in cui mi avvicino alla scrittura della musica oggi. Perché per qualche motivo ha funzionato. Penso che se provi a fare musica con la premessa di cercare di accontentare un certo mercato, o un certo pubblico, o una certa etichetta discografica o qualcosa del genere, inevitabilmente fallirai”.

Perché non viene dal cuore.
“Esatto, proprio da lì deve venire. Come ho detto prima, se non ne sono entusiasta, se non sono orgoglioso della musica, se non cerco di fare la migliore musica che è nelle mie possibilità, come potrei mai aspettarmi che le persone siano entusiaste nell’ascoltarla? É l’unica ricetta che funziona per me”.
Cosa ne pensi dei pro e dei contro dell’evoluzione del black metal? Come vedi il black metal negli anni a venire? È stato detto tutto?
“Cosa posso dire? Personalmente non mi sono mai interessato veramente del black come scena collettiva. Per me è sempre stato solo un sentimento fondamentale, un’atmosfera e una sorta di natura intransigente. C’era una così ampia varietà di band, alcune anche molto genuine. E a oggi si vedono un sacco di band che in un certo senso emulano qualcosa del passato. A volte può essere funzionale. Guarda gli AC/DC e i Motörhead che hanno continuato a suonare sempre la stessa formula con grande successo, affinandosi davvero quasi come Rembrandt, che faceva continuamente autoritratti (ride). Non c’è niente di sbagliato in questo. Ma poi ci sono altri, come David Bowie e i Radiohead, che invece cambiano continuamente sonorità pur mantenendo sempre intatta l’integrità artistica. Penso che il black metal non sia diverso da qualsiasi altro genere. Voglio dire, in tutti i filoni, il 90% della musica è al massimo mediocre nel migliore dei casi. L’unica che non puoi considerare cattiva musica é quella che ti rimane dentro. Ripeto, la mia é un’opinione molto soggettiva. Il futuro del black metal? La mia é solo un’osservazione, ma mi chiedo quale sarà la prossima cosa “pericolosa“. Ogni decennio precedente a questo ha avuto il suo tipo di estremo, negli anni Settanta c’era il punk e sembrava non potesse andare peggio di così e invece guarda come é andata (ride), alla fine degli anni Ottanta c’è stata l’esplosione del thrash seguito dalla nascita del death metal e poi del black e tutto diventava sempre più estremo. Immagina quando la gente pensava che Elvis fosse estremo, o che lo fossero i Rolling Stones e i Beatles. Diciamo quindi che, per adesso, sto ancora aspettando il livello estremo successivo”.

Credo sia molto difficile nell’era della visibilità brillare a sufficienza per essere visti davvero, nel senso che in giro c’é tantissima musica e confusione, non fraintendermi, intendo dire che da caporedattore di Metal Hammer ricevo quasi un centinaio di email al giorno con nuovi album in promozione, su nuova musica, sia da etichette sia indipendente. Forse su cento album c’è davvero qualcosa che vale la pena ascoltare, che può essere il nuovo estremo, che possa avere idee nuove. Ma rischia di andare perduto nella moltitudine di input. Per te è diverso perché hai un nome. E quando vedo il tuo nome su un’e-mail, dico “okay, fermi tutti, abbiamo qualcosa da ascoltare”.
“Si, il mercato é saturo. Ovviamente ci ho pensato anch’io in relazione al mio nuovo disco. Voglio dire, nel 2024, la capacità di attenzione delle persone è probabilmente nella media. E ho realizzato questo duplice concept nonostante pensi che sia un compito arduo per le persone cercare di prestare attenzione a questo tipo di formato. Quello che dici è corretto, credo sia molto difficile per le band più giovani, perché è fantastico che la tecnologia riesca ad attirare più persone, é fantastica la libertà di espressione, tutti possono accedervi ed è così facile pubblicare la propria musica, costa circa 15 dollari rendere la tua musica disponibile in ogni servizio di download digitale online nel mondo. Ma pubblicare un singolo su Spotify senza un’adeguata promozione a supporto, vale quanto masterizzarlo su CD, buttarlo nell’oceano e sperare che qualcuno lo trovi. E lo vedo io stesso nella promozione, non è sufficiente per molte band, specialmente se vuoi espanderti oltre i media più dedicati. Ma se vuoi uscire dai confini assoluti della tua scena, ci vogliono idee, soldi e molto impegno per suonare ai concerti, far uscire gli album, le copertine e tutto ciò potrebbe comunque non essere abbastanza. La gente si aspetta che tu serva loro qualcosa di privato o qualcosa di veramente esclusivo o, che so, che tu faccia uno spettacolo di cucina. Capisci cosa intendo? Tutte queste digressioni lontane dall’arte, lontano da ciò che la musica è veramente. E personalmente, probabilmente è l’età, ma ovviamente è troppo tardi per dire che non voglio fare interviste (ride). Probabilmente é questo il motivo per cui in questo disco ho scritto la narrazione con un personaggio immaginario. Non perché voglia alienarlo, ma in un certo senso vorrei creare una distanza tra me come persona e la musica che faccio uscire là fuori. Perché con i social media tutto questo si é perso, è diventato tutto molto integrato, sei esposto a ciò che il tuo artista preferito ha mangiato a cena, se ha fatto jogging la mattina. Per me non é interessante. Adoro il ricordo dei momenti in cui ho visto i Maiden, rendermi conto che stavo respirando la loro stessa aria e guardarli fisicamente suonare davanti a me. Era come un’esperienza religiosa, come essere alla presenza di semidei. Questo faceva parte dell’esperienza. E penso che, se vedi il successo di band come gli Sleep Token, i Ghost e questo filone di artisti mascherati, beh loro hanno messo in scena uno spettacolo. E’ come un rituale di Dioniso nell’antica Grecia. É mistero, é quasi teatro. Non è la spettacolarizzazione della vita quotidiana. E penso ci sia il rischio, quando si confondono queste cose, di perdere qualcosa, togliere l’elemento magico di mistero alla nostra esperienza musicale è pericoloso. Tutti sanno chi sono i Ghost ormai, che facce abbiano, ma il pubblico vuole che sia mantenuto lo spettacolo. Perché non si tratta del segreto ma riguarda l’elemento teatrale, é l’underworld ciò che le persone vogliono sperimentare”.

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