Elvenking – La fine della storia… e un nuovo inizio
Il 20/04/2025, di Dario Cattaneo.

E così anche la trilogia del ‘Reader Of The Runes’ alla fine è finita… questo viaggio è iniziato con recensione e intervista a Damna per Metal Hammer in occasione dell’esordio ‘Divination’, è proseguita sempre con 2 articoli sul tumultuoso e tragico ‘Rapture’ per poi terminare con questo, stupendo, ‘Luna’, il capitolo forse più “Elvenking” di tutti… dopo sette anni di cammino, quindi, è ora di risentire un’altra volta il cantante Damna, e scoprire come vanno a finire queste e altre cose… la parola al carismatico cantante, come sempre ai microfoni di Dario Cattaneo.
Bene Damna… la trilogia legata al misterioso ‘Reader Of the Runes’ adesso è finita! Ti devo dire che oltre al lavoro di giornalista in campo metal, scrivo anche cose più lunghe tipo libri e romanzi, e devo ammettere che – a volte – quando finisci un lavoro cui hai dedicato anni c’è un misto sì di soddisfazione, ma anche un gusto un po’ agrodolce, come di qualcosa che ci è stato portato via… Quali sono le vostre sensazioni al riguardo, adesso che un progetto che è partito ben sei anni fa è terminato?
“Sì esatto! E’ come dici tu, appunto questo lavoro è in piedi da sei anni, e c’è proprio questo misto di sensazioni contrastanti. Da un lato un po’ c’è una consapevolezza che si è arrivati alla fine di un percorso lunghissimo – è l’ultima volta che parliamo di questa storia e di questi personaggi a cui abbiamo lavorato a lungo, quindi è a tutti gli effetti una sorta di addio – e questo sì, dà un po’ quella sensazione strana come di aver concluso qualcosa che non vorresti che finisse mai… Dall’altro parte però avendo lavorato anche appunto non solo alla storia e ai testi ma anche alla musica, ed essendo stata la musica così legata a doppia mandata ai testi a quello che erano un po’ gli alti e i bassi della storia, siamo stati così vincolati nel songwriting che adesso sentiamo proprio la liberazione. Già, strano dirlo ma finalmente siamo liberi di scrivere un disco senza queste costrizioni che ti assicuriamo sono state pesanti, quindi c’è la cosa di dire finalmente: “ok il prossimo disco sarà un disco un po’ come era prima, libero dalla storia, libero da dover comunque considerare quell’aspetto anche se musicalmente avessimo voluto far funzionare le cose in modo diverso”. Quindi sì siamo da un lato un po’ tristi ma dall’altro felicissimi di guardare al futuro.”
Ecco hai in parte anticipato una mia domanda perché stavo chiedendovi se c’era in mente un’idea di continuare questo concept o se i temi qui ormai trattati sono una vena ormai esaurita completamente per voi.
“No, direi che la storia era stata concepita così e così finirà. Insomma, dicendola ‘da fan’ non ci saranno sequel, prequel, non ci sarà nulla di tutto ciò, ecco.”
Non siete così ‘hollywoodiani’ per fortuna! Ora si fa il sequel di tutto… Senti entriamo però meglio nel merito di questo lavoro ‘Luna’. All’alba della pubblicazione di ‘Rapture’ si era notato che ‘Divination’ era stato un album a sé, diciamo, mentre invece quello appena citato e quest’ultimo sono figli delle stesse sessioni compositive, forse addirittura delle stesse sessioni di registrazione. Aidan parlò addirittura quasi di una sorta di doppio album, tanto i due lavori sono figli dello stesso periodo. E’ vero? Come avete lavorato a ‘Luna’, e come siamo giunti alla sua pubblicazione solo ora, visto che a quanto ho capito ce l’avevate in mano già da un po’?
“Sì esatto, è assolutamente così, confermo. E’ stato proprio nel periodo COVID che -essendoci fermati dal punto di vista live e purtroppo anche per quanto riguarda le attività personali – abbiamo avuto tutto il tempo di concentrarci sulla scrittura dei brani e dei testi per questi due lavori. Quindi sì effettivamente è stata praticamente una lunghissima sessione unica dove abbiamo scritto sia le musiche che i testi di tutte le canzoni di cui avevamo bisogno per i due dischi successivi, per poi registrarne parti subito. Abbiamo registrato infatti le preproduzioni di tutti i brani, e abbiamo avuto la possibilità di scegliere con cura dove potessimo collocarli a seconda appunto di come stavamo sviluppando la storia. Quindi sì, tutte canzoni scritte in unico – sebbene lungo – periodo, e siamo arrivati così al 2022, quando abbiamo registrato le tracce finali di batteria per ambo i dischi. Dopodiché chiaramente ci siamo soffermati solo sui brani di ‘Rapture’ per quanto riguardava tutte le altre tracce: chitarre, voci eccetera. Una volta finito quello avevamo già tutte le parti e tutte le idee pronte quindi non abbiamo fatto altro che riprendere i mano gli strumenti per registrare le tracce per questa terza parte”.
Ho capito la situazione… la pandemia ha modificato molte routine in band ben più abitudinarie della vostra, lo sento ad ogni intervista che faccio. Senti, con la domanda di prima non vogliamo dire che i due dischi si somiglino molto, anzi. Il mood di ‘Rapture’ era molto scuro, si differenziava molto da quello di ‘Divination’. Dopo la presentazione dei personaggi avvenuta nel primo disco, l’incominciare a verificarsi delle varie divinazioni loro fatte portava infatti la musica ad adottare un approccio in qualche modo più drammatico e violento. In questo terzo capitolo un fan si aspetterebbe che le varie situazioni vadano un po’ risolvendosi, ma è così oppure no? Ci parli del mood di quest’album, che forse è un pochino più malinconico rispetto a quello precedente?
“Esattamente come dici, sicuramente ‘Rapture’ era un disco molto oscuro – più tragico se vogliamo – perché andava a toccare quella parte di storia che era fondamentalmente quella più disastrosa, la più violenta, la più definitiva diciamo. Questo perché appunto dopo le divinazioni descritte nel primo capitolo, tutti gli otto personaggi nel secondo capitolo hanno trovato il proprio destino ultimo. Le loro divinazioni sono diventate reali e ovviamente finivano tutte malissimo. Il perché lo scopriamo in questa terza parte: tutte queste arrivavano in realtà per via di una volontà vendicativa per via di alcuni eventi passati. Non capiremo mai bene se questa volontà fosse diretta proprio dal Reader of the Runes, il personaggio principale, in persona o se ciascun personaggio se l’è un po’ cercata diciamo, scatenando forze negative che poi sono arrivate a culminare in quel modo. In ogni caso, ‘Luna’ come dici tu ha sicuramente una vena più malinconica, ma non è solo quello. C’è anche un approccio volendo più leggero che era voluto. Io dico sempre che questo disco ha due anime, la prima è appunto quella un po’ più scanzonata, un po’ più allegra, perché nella storia andiamo a raccontare il passato dei personaggi, quando tutti loro erano dei ragazzini, e andiamo quindi a scoprire di come fossero legati fra di loro, e di come fossero tutti comunque legati al Reader of the Runes. Da un lato quindi anche musicalmente il disco risulta un po’ più melodico, più leggero, più disteso; c’è però l’altra anima del disco, che come dicevi è quella malinconica, triste e tragica. Questa parte tendente più alla tristezza è presente perché si viene a scoprire qual è l’evento iniziale che ha scatenato il tutto, un evento molto triste e molto doloroso, che musicalmente siamo andati a sottolineare con canzoni molto magari più lente, più cadenzate”.
Ci hai incuriosito! A questo punto ci dovresti spiegare la copertina: vediamo il Reader andare via… lui è sopravvissuto, ma in primo piano ci sono soltanto scheletri e quindi anche in base a quanto ci hai detto non finisce tutto bene, ecco…
“No, esattamente, gli otto personaggi – che vediamo raffigurati come degli scheletri appunto nella copertina – hanno avuto la loro fine già nel secondo capitolo. Così è andata, infatti se lasciamo stare la sezione di questo disco che racconta il passato dove tutti sono ancora vivi; in questo terzo capitolo della trilogia ci soffermiamo di più su questo evento che è scaturito nel passato, che ci porta a capire nel presente che cosa ne sarà del Reader of the Runes, di quella sua forte rabbia vendicativa che a quanto sembra ha portato alla distruzione di tutto e di tutti. Quindi gli scheletri erano lì giù da prima, diciamo”
Prima di passare a qualche domanda di carattere un po’ più generale, volevo giusto concludere i vari punti sulla trilogia, quindi ti faccio una domanda simpatica: dal punto di vista dello stage porterete sul palco dei riferimenti o parte di questa storia? Chessò, qualcosa di particolare come suonare i pezzi in un certo ordine o chiamare un narratore per spiegare alcuni passaggi; oppure dal punto di vista live vince l’approccio da rock band e quindi non avete intenzione di fare nulla di ciò?
“Beh, l’intenzione ci sarebbe tutta, tant’è che abbiamo proprio iniziato anche a organizzarci in tal senso; ma il problema è che a farla da padrone ci sono sempre da un lato il budget e dall’altro la logistica. Quindi per tutte le buone idee che potremmo avere dobbiamo sempre scontrarci contro questi grandi limiti, che tarpano le ali, ovviamente. Sicuramente l’idea di inscenare parti di questo concept ce l’abbiamo, e speriamo di poterlo fare soprattutto in alcune date da headliner che stiamo pianificando, magari mettendo in scena qualche piccola immagine legata alla trilogia. Ecco, questo credo che riusciremo a farlo. Poi ci sarebbe anche l’idea, ne parliamo sempre, di uno show o una serie di show dedicati proprio in toto alla trilogia, ovviamente non proponendo tutti i brani, ma incentrando magari l’intero show solo su pezzi tratti dalla trilogia in un ordine sensato. Questo sarebbe super, vediamo però se ne avremo l’occasione”.
Stessa domanda di prima, ma dal punto di vista promozionale: avete previsto un cofanetto, una deluxe edition con tutti e tre gli album? Qualcosa come un comparto grafico che li unisca, una versione estesa… o per adesso ancora no?
“Per quanto riguarda una raccolta dei tre album sarebbe bellissimo farla – ne abbiamo ampiamente parlato nella band ovviamente – ma come penso sai, abbiamo cambiato l’etichetta su questo terzo capitolo, quindi bisognerà vedere se sarà possibile realizzare una cosa del genere sentendo le case discografiche. Di certo – per chi se lo ricorda – tra un capitolo e l’altro, abbiamo pubblicato alcuni singoli digitali che erano poi canzoni che andavano a collegare i diversi capitoli della storia, e non ci siamo affatto dimenticati di averli pubblicati, Ne abbiamo degli altri in cantiere e quindi probabilmente, anzi te lo dico sicuramente, dopo l’uscita di questo disco qualcosa con quei brani inediti lo faremo. Potete aspettarvi qualcosa in tal senso probabilmente entro l’anno prossimo”.
Ok, adesso come premesso veniamo a domande di tema un po’ più generale. Una cosa che ho sempre notato è che – ai tempi degli album con i quali vi ho conosciuto, ‘The Winter Wake’ e ‘The Scythe’, i pezzi erano sempre firmati o da te oppure da Aydan. Adesso invece quasi tutto è creato praticamente a quattro mani. Come siete arrivati a questo equilibrio? Cos’è che è cambiato negli anni che vi ha portato a una diversa maniera di gestire una parte importante come quella compositiva?
“Mah, la cosa che più ci ha portato a fare questa scelta è stato banalmente osservare quanto bene lavorassimo assieme nello scrivere i pezzi, nello stendere brani. Se in passato lavoravamo più separatamente a delle bozze per poi magari portarle quando erano praticamente finite o complete; ci siamo invece resi conto di quante idee, di quante buone idee, venivano fuori quando ci trovavamo in coppia semplicemente improvvisare qualcosa di nuovo. Col tempo abbiamo dunque prediletto questo approccio, adottandolo anche nel corso di tutta questa trilogia. In realtà abbiamo inziato a preferire questo approccio già da ‘The Pagan Manifesto’, sviluppandolo poi ulteriormente in ‘Secrets of the Magick Grimoire’, ma per tutto il corso di questa trilogia abbiamo lavorato fondamentalmente così per dare coesione al tutto. Ci sono ovviamente brani che un po’ come nel passato abbiamo portato già semi-pronti comunque, avendo piccoli studi di registrazione a casa nostra lavoriamo autonomamente delle preproduzioni, però se una canzone arrivava pronta per metà, poi le abbiamo comunque sempre viste assieme. Molti brani però come ‘Gone Epoch’, ‘Season of the Owl’ e altre sono nate fondamentalmente ascoltando i riff che avevamo, suonandoci sopra e da lì e iniziando a formare l’intera canzone assieme, in presenza. Penso che questo modo di lavorare sia un punto di forza degli ultimi dischi”.
Questa domanda che ti faccio adesso non vuole essere una provocazione (visto che può essere fraintesa), è solo per sapere cosa ne pensi. A parte un’unico album in cui non figuri tu nei credits, la storia degli Elvenking ha sempre girato più o meno intorno alle vostre due figure. Ci sono però altri membri importanti che hanno legato il proprio lavoro e la propria bravura alla storia della band. Symhon è andato e tornato dietro le pelli, del violino di Elyghen ancora tanti ne parlano, e così via. Guardando agli anni passati, nonostante gli avvicendamenti e i cambi di line-up, voi vi considerate comunque una banda molto unita? La classica ‘famiglia’ di cui parlano così tanto le rock band nelle interviste, come i Motley Crue eccetera; oppure essere in una metal band come la vostra è qualcosa di diverso?
“Allora, io credo che sia fondamentale che ci sia una band, ed è fondamentale che in qualche modo sia unita. Come dici tu, probabilmente è vero che le cose hanno sempre ruotato attorno alle nostre due figure, ma semplicemente perché nel caso di Aydan, lui è il fondatore di questa band assieme a Jarpen (che però non c’è più). Io ci sono stato però praticamente da sempre, quindi per forza di cose, in qualche modo facilmente veniamo identificati come i leader. Inoltre, dicevamo prima, il songwriting soprattutto negli ultimi anni è stato seguito sempre da noi due, quindi è ancora più marcato il fatto che il tutto ruoti attorno a noi due. La vedo probabilmente più come una sorta di un’identità storica, diciamo. Per quanto riguarda il lato artistico però senza gli altri membri noi non avremmo fatto né faremmo nulla, e il fatto che anche loro portino la propria identità nel playing è fondamentale; così come lo è il modo in cui approcciano le idee che gli proponiamo. Riassumendo, penso sia importante che una band sia tale, sia una band a tutti gli effetti. Io anzi non sopporto le band che continuano a farsi chiamare così, ma in realtà dietro c’è una sola persona che a ogni disco cambia line-up… è una cosa che da fan faccio proprio fatica a digerire. Credo che una band debba avere una propria identità, e che la sua identità sia fatta da chi c’è in line-up, da chi c’è sul palco e da chi registra i dischi.”
La trovavo una domanda interessante perché tante volte si sente dire: “è come essere in una famiglia”, ma sono convinto che non tutti gli artisti la pensino così… comunque per molti è anche un lavoro, un modo di portare avanti la propria carriera, a ben vedere.
“Può essere, ma io la vedo più come delle persone che fondamentalmente hanno una forte passione, e condividono il viaggio assieme. Certo ci sono dei ruoli all’interno di un qualsiasi gruppo, e ognuno in genere sa benissimo qual è il proprio ruolo; ma è giusto che sia così, e deve esserci un’armonia nella condivisione e nella suddivisione dei ruoli. Sarebbe una stupida questione di ego se non funzionasse così e purtroppo dove ci sono figure che accentrano tutto su di loro questo non accade; ma nel nostro caso io non penso sia così. Che si perdano per strada alcuni membri è naturale, perché la vita ovviamente fa anche questo. Ci sono persone che mettono su famiglia e non hanno più tempo; però devo dire nella nostra storia non ci sono stati grandi litigi o split dove qualcuno è andato via perché ci si odiava o ci si insultava. No, nulla di tutto ciò. Quindi, ripeto, condividiamo una forte passione e questo deve essere la base di una band come l’intendiamo noi.”
Perfetto, senti un’altra domanda proprio sulla band. Quando si parla di Elvenking sorge spesso una contraddizione. C’è una narrativa che è quella di album molto diversi fra di loro, tipo ‘The Scyithe’ che è diversissimo da ‘Red Silent Tides’, o ‘The Pagan Manifesto’ così diverso da ‘Era’; ma c’è anche l’immagine di una band con un’immagine molto solida e ben precisa. Com’è successo secondo te abbiate questa personalità molto forte anche a livello d’immagine, ma date vita poi a prodotti tra di loro piuttosto distanti?
“Sicuramente in passato non abbiamo fatto questo tipo di percorso più coeso degli ultimi anni musicalmente parlando. Abbiamo dato libero sfogo al songwriting, e se devo dirti la verità ci siamo curati poco della nostra identità musicale, soprattutto nella fase centrale della nostra storia. Abbiamo messo davanti a tutto la volontà di essere abili scrittori di canzoni, cosa che secondo me è andata a scapito di quella che è, la forte identità attuale di cui parli. Magari a livello d’immagine siamo riusciti a mantenerla in maniera più solida con i riferimento pagani e tutto, ma musicalmente siamo consci di aver messo una certa coesione artistica in secondo piano. E’ con ‘The Pagan Manifesto’, lo diciamo sempre, che ci siamo un po’ impuntati e abbiamo deciso di smetterla con la sperimentazione continua. Ecco, forse è ingeneroso chiamarla cosi, proprio sperimentazione non era, diciamo fondamentalmente la decisione di lasciare libero sfogo alla scrittura senza curarsi del resto. Abbiamo deciso di concentrarci di più sulla identità musicale da ‘The Pagan Manifesto’ in poi, e da li siamo riusciti a mantenere comunque una certa eterogeneità in virtu delle nostre influenze personali, che sono molto ampie.”
Ok, perfetto. Ti ringrazio il tempo dedicato a Metal Hammer e ai suoi lettori. Grazie per le risposte, Damna!
“Grazie mille, a te come sempre Dario. Ci vediamo!”