Bruce Dickinson – The Mandrake Project

Il 01/03/2024, di .

Gruppo: Bruce Dickinson

Titolo Album: The Mandrake Project

Genere:

Durata: 59 min.

Distributore: BMG

84

L’uscita di un nuovo album solista di Mr. Dickinson è sicuramente un evento per molti di noi. Giustamente diremmo, per diversi motivi. Chiaramente il primo è la caratura del nome: non si pubblicano inni come ‘The Number of the Beast’ e ‘Fear of the Dark’ senza poi generare clamore qualsiasi cosa si faccia… si chiama ‘successo’, ed è un concetto che ai membri degli Iron Maiden non è certo nuovo. Poi c’è la qualità intrinseca di questi lavori: se magari ‘Skunkworks’ ha fatto storcere qualche naso, di sicuro non l’ha fatto ‘Tattooed Millionaire’; e certamente possiamo considerare ‘Accident of Birth’ e ‘Chemical Wedding’ alla stregua di capolavori del genere heavy. Però, più sottile ma ugualmente determinante, è la voglia sopita di noi di essere stupiti. Già, come diceva un grande Michael Caine nel masterpiece di Nolan ‘The Prestige’: “in fondo voi volete essere sorpresi”.  Come astanti a uno spettacolo di magia, quello che ci aspettiamo è il colpo di scena, la ‘magia’ e anche stavolta – a distanza di tipo vent’anno – è così.

Perché Bruce non ha mai fatto album attesi. Nemmeno gli Iron a ben vedere, la curiosità appartiene a un nuovo album della Vergine di Ferro sicuramente più di uno degli AC/DC; però il bravo singer ha sempre spinto questo punto a un livello superiore. Moderno o tradizionale? Affrancato dal sound della band madre o in piena confort zone? Metal o non metal, addirittura?

Le risposte ci vengono dall’ascolto e questa sarà la parte più tradizionale di questa recensione: ‘Afterglow of Ragnarok’ è un bel brano metal, forse non esplosivo come potevamo immaginarci un opener di un disco heavy, ma ben composto e originale, con un cupo riffi di Roy Z a mettere le cose in chiaro sull’ultima domanda posta in precedenza; e col buon Bruce a lavorare di contrasti tra una minacciosa strofa, un bridge più strozzato su tonalità alte e un ritornello melodico e di facile presa. Più tradizionale è ‘Many Doors to Hell’, che ci ricorda come sound generale i fasti di ‘Accident of Birth’. Riff classico che più classico non si può, tonalità per cui il Nostro è noto da sempre e ancora azzeccate soluzioni melodiche: non è una novità, ma Bruce la padronanza della materia heavy ce l’ha, e questo è indiscusso. Di nuovo si sterza con ‘Rain on the Graves’, con le sonorità che vanno addirittura più indietro nel tempo, ad abbracciare soluzioni di Purpleiana memoria: con chitarre meno opprimenti ma più ‘grasse’ e una prestazione più teatrale abbracciamo con gioia il cambiamento perché – ricordate – noi vogliamo essere stupiti. ‘Resurrection Man’ fa poi dell’effetto sorpresa la propria arma migliore… tutto quanto abbiamo apprezzato prima su tre brani lo troviamo qui, condensato in cinque minuti che iniziano misteriosi, si evolvono in una sorta di colonna sonora da western movie, abbracciano col tempo sonorità prettamente metal, per poi collassare in un riff che Iommi dei Sabbath avrebbe magari anche salutato con il gesto delle corna. La vena scoppiettante e sorprendente dell’album continua, e ‘Fingers in The Wound’, seppure rimanendo un pelo meno bella della precedente ci continua a far viaggare, arricchendo il sound delle spesse orchestrazioni del bravo Mystheria e condendo il tutto con input etnici mediorientali assolutamente inediti per un album del genere. ‘Eternity Has Failed’ si ricollega a vecchi ricordi… in precedenti interviste con la band apprendemmo che l’anthem ‘If Eternity Should Fail’ di ‘Book Of Souls’ era la riscrittura in chiave Maiden di un brano ai tempi composto da Bruce per la propria carriera solista… non sta a noi adesso dire quale delle due versioni ci piace di più, a dobbiamo ammettere un certo piacere nell’averla ascoltata nella sua forma originale, meno epica ma probabilmente più concreta. ‘Mistress Of Mercy’ si ricollega a periodo metal della seconda metà degli Anni ’90 ed è un buon pezzo metal che potrebbe aver scritto a quattro mani col sodale Smith, ma scorre fin troppo anonima prima di ‘Face in the Mirror’, relativamente corta ballad che se anche non raggiunge le vette emozionali di una ‘Omega Zero’ o ‘Navigate The Seas Of The Sun’ sicuramente ci piace e mostra la naturale predisposizione del Nostro a questo genere di composizioni. ‘Shadow Of The Gods’ è un’altra abbuffata di sonorità sapientemente scelte… partenza da ballad pianistica, inserimento graduale di solenni orchestrazioni, iniezioni successive di metallo grazie alle chitarre fino a sfociare in una mirabile rappresentazione artistica di 30 e passa anni di metal classico. Un brano davvero micidiale, che batte il paio con la conclusiva ‘Sonata (Immortal Beloved)’, che rispetto alla precedente ha però la pecca di non centrare subito il punto e di presentarci una realizzazione forse talmente multisfaccettata da risultare alla fine disomogenea e un po’ confusionaria.

Un bell’album – certo – ma al di la di tutte le (troppe) parole spese, c’è una cosa che più di tutte ci è piaciuta e ci ha fatto mettere l’alto voto in calce. Il punto è che ci siamo sentiti parte di una sorta di condivisione con Bruce. Come se ci avesse in qualche modo invitato a casa sua, e lui è lì, con lo sguardo carismatico di chi compone musica ma anche tira di scherma e guida gli aerei, e ci intrattiene con interessanti racconti, seduti sul divano, con una birra a fianco. E i suoi racconti sono questi brani, e non per forza parlano degli Iron, non per forza parlano di heavy metal e non per forza sono quelli che volevamo sentire. Ma è quello che voleva raccontarci lui, ed è li tranquillo, guardandoci negli occhi, pienamente consapevole che – beh – ha fatto centro anche stavolta. E sentendoci cosi a casa, per dire, non possiamo che apprezzare un disco che sembra composto proprio appunto per raccontare di sè senza problemi e senza filtri. Ecco, forse vi bastavano queste ultime righe ma… noi la nostra l’abbiamo detta, no? Esattamente come Bruce.

Tracklist

01. Afterglow Of Ragnarok
02. Many Doors To Hell
03. Rain On The Graves
04. Resurrection Men
05. Fingers In The Wounds
06. Eternity Has Failed
07. Mistress Of Mercy
08. Face In The Mirror
09. Shadow Of The Gods
10. Sonata (Immortal Beloved)

Lineup

Bruce Dickinson: vocals
Roy Z: guitars, bass
Dave Moreno; drums
Mistheria: keyboards