Avatar – On Production (‘Feathers & Flesh’)

Il 02/01/2016, di .

In: .

Avatar – On Production (‘Feathers & Flesh’)

di Johannes Eckerström

Avete già sentito tutto! No, non sto parlando della musica, oh no! La musica è di fatto più distante da qualsiasi altra cosa stia succedendo nel mondo in questo momento. È come il metal di oggi dovrebbe essere, secondo cinque arroganti svedesi. Ha una profondità ed un limite a cui la nostra generazione non sembra preoccuparsi di mirare. Non si tratta in alcun modo di un album dal sound retrò, ma si colloca chiaramente nella categoria “arte perduta”, nell’arte perduta del cercare di fregarsene e di fare del metal qualcosa con un po’ di significato. No, ciò che avete sentito prima è la cronaca della registrazione di un album! Ci sono troppe trappole in cui cadere. Mi sono già dato un paio di pacche sui polsi per averlo voluto definire come un qualcosa di strabiliante, una giostra, un “hell of a ride”, ma poi è stato quello a colpirmi, perché questo è l’album più meritevole di una tale descrizione, perché abbiamo fatto un bel viaggio per farlo. Per “Hail the Apocalypse” questa giostra ci ha portato in Thailandia, stavolta volevamo invece essere più vicini a casa, cosa che ci ha alla fine portato a girare ancor di più. Abbiamo iniziato da Dresda, in Germania, per la batteria, il basso e le chitarre e da tutte quelle cose che puoi fare quando affitti uno studio in un antico castello. Già! Eravamo in un castello pazzesco, proprio come i Sabbath per “Sabbath Bloody Sabbath”, o gli Stones per “Exile on Main Street”. Fottutamente creativi! La parte migliore erano tutti i giocattoli che i ragazzi del posto avevano radunato: hammond, cembalo, pianoforti, arpe, sintetizzatori e quant’altro. Questi avevano tutti i tipi di microfoni strani da mettere sulla batteria per farla suonare in modi diversi. Era un ambiente creativo al massimo per lavorare su un album creativo. C’era anche qualcosa di veramente speciale nell’uscire dal letto, aprire la porta e andare al lavoro, almeno per un po’. In più avevamo in nostro bar, cosa ancora più pazzesca, almeno per un po’. Ugualmente speciale è stato essere a casa per una session. Non ho dormito nel mio letto durante le registrazioni delle parti vocali per un album dal 2009, quindi è stato bello farlo ad Helsinki, sull’isola-fortezza Suomenlinna, nello studio con lo stesso nome. L’edificio era una prigione, ma registrare lì è stato più liberatorio di qualsiasi altra cosa. Il fil rouge nel creare quest’album è stato quello di variare il suono e l’attrezzatura di registrazione per ogni canzone, per contrastarle e renderle dinamiche. Avevamo un paio di microfoni che si scambiavano, e la cosa preferita che dovevo fare nel registrare le mie parti in growl era di tenerli con una mano, facendo saltar fuori la voce come se fossi sul palco, cosa che ha reso il processo più veloce. Quindi, dalla Germania alla Finlandia e per finire la Svezia. Abbiamo passato gli ultimi giorni a Spinroad a Lindome, dove sono nato e cresciuto. Abbiamo registrato un po’ di chitarre e qualche parte vocale in parallelo mentre Tim e Jonas stavano ancora registrando gli assoli in Germania, dunque Lindome è stato in effetti il primo posto dove abbiamo messo tutto assieme. Ci sono veramente molte tracce stavolta. Solamente per quelle di batteria si potrebbe raccontare una storia per tutti gli arnesi e le stanze che abbiamo adoperato. Ho detto storia? Che volevo dire con questo? Credo voi dobbiate rimanere sintonizzati con gli Avatar per scoprirlo. E ciò che potrei dire è che abbiamo sempre cercato di superare noi stessi, di surclassare le precedenti conquiste e di essere e far diventare gli Avatar la più grande cosa possibile, qualunque essa sia. Può ancora suonare come un frontman che sputa cliché, ma credo che non appena avrete la possibilità di ascoltare ciò che abbiamo fatto sarà evidente anche per voi. Tre studi, tre paesi, un mese. Cinque tipi svedesi e una tipa americana. Sylvia Massy ha dimostrato di essere la chiave per far funzionare questo mostruoso progetto. Lei ha tirato fuori il meglio di noi, come musicisti e come creatori. È il perfetto misto di conoscenza tecnica, visione artistica e pazzia. Ci siamo spronati a vicenda, l’unica reale maniera per misurare la qualità di quello che si sta facendo. Ci risiamo. Un altro cliché per finire. Ma state sicuri che la musica si spiega di gran lunga da sola. Alla prossima!

Leggi di più su: Avatar.